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In questa pagina: La musica medievale e il canto gregoriano Funzione ricostruttrice della Chiesa I principali monasteri in Svizzera e in Italia I Longobardi in Italia e l'origine del potere dei Papi Funzione civilizzatrice della chiesa Desiderio di indipendenza della Chiesa San Benedetto da Norcia e la sua regola L'Italia longobarda e bizantina
![]() Gregorio Magno «apprese talmente bene la grammatica, la dialettica e la retorica, che nella stessa città di Roma non era reputato secondo a nessuno» Papa Gregorio Magno, il suo pontificato è compreso tra il 590 e il 604, rappresentante, nella serie dei pontefici romani, una figura della più grande importanza. Egli è lo scrittore di maggiore significato nell'Italia altomedievale fino all'anno 1000, è al centro della politica del tempo grazie ai suoi rapporti con Costantinopoli, con i Visigoti, i Franchi, e in particolare i Longobardi, e intrattiene con personaggi politici e ecclesiastici di Occidente e Oriente una corrispondenza che ci è in gran parte rimasta (più di 800 lettere). Maestro di vita spirituale e di esegesi biblica, ha scritto la più antica e più importante biografia di San Benedetto da Norcia. Rappresenta l'avvio dell'epoca medievale e di quella fondazione cristiana dei popoli europei avvalorata anche dalla missione da lui inviata in Inghilterra. Prefetto di Roma Nato a Roma nel 540 circa da una famiglia appartenente all'aristocrazia senatoria romana, il giovane Gregorio, secondo la testimonianza di Gregorio di Tours, «apprese talmente bene la grammatica, la dialettica e la retorica, che nella stessa città di Roma non era reputato secondo a nessuno». Intorno all'età di trent'anni assume la carica di praefectus Urbi, che lo pone al centro dell'attività politica e giudiziaria della città. Monaco a Roma Convertitosi alla fede in Cristo, Gregorio fondò a Roma un monastero che dedicò a Sant'Andrea, trasformando la dimora paterna in una comunità monastica. Anche da pontefice, Gregorio continuerà a sentirsi legato alla «sua» comunità di monaci. Apocrisiario a Costantinopoli Nominato da papa Pelagio II (578-590) membro del collegio dei diaconi, fu inviato a Costantinopoli come apocrisiario, ossia ambasciatore del papa presso la corte imperiale. Gregorio creò intorno a sι una rete di relazioni di altissimo livello, esercitando una forte influenza spirituale. Pontefice romano Alla morte di Pelagio, il 7 febbraio 590, in circostanze drammatiche per la città di Roma, a una disastrosa esondazione del Tevere seguì un'epidemia di peste, Gregorio è acclamato papa da tutta la gente dell'Urbe. Per tutto il tempo del suo pontificato [3 settembre 590 - 604], papa Gregorio I dette prova di straordinarie doti organizzative e di governo. Gregorio Magno e l'Europa Con Gregorio nasce la visione di un Occidente europeo, che, sottratto all'influenza di Bisanzio, vede nella centralità del vescovo di Roma e nella novità geopolitica e culturale dei regni barbarici il fondamento della cristianità. L'inventore del Medioevo Gregorio, erede del passato romano-cristiano, ha costruito un presente di grande novità, che il futuro ha raccolto e fatto proprio per secoli: le sue iniziative politiche, la sua attività intellettuale, la sua esperienza di Dio hanno creato condizionamenti storici tali che un nuovo tempo, con lui, pare propriamente avviarsi: il Medioevo. Le opere di Gregorio Gli scritti esegetici. Dell'imponente opera letteraria di Gregorio gli scritti dedicati al commento della Bibbia costituiscono la sezione di gran lunga preponderante. I Moralia in Iob, un commento al libro di Giobbe in 35 libri, costituiscono una sorta di enciclopedia della vita cristiana, nella quale l'autore, muovendo dal testo biblico, affronta una massa enorme di temi attinenti ai comportamenti del cristiano. L'Expositio in Cantica canticorum e l'Expositio in librum primum Regum, rispettivamente dedicate ai libri del Cantico e al primo dei Re, sono anch'esse, come i Moralia, destinate a commentare per intero e continuativamente un libro biblico. Le quaranta omelie sui Vangeli (Homiliae in Evangelia) e le ventidue sul profeta Ezechiele (Homiliae in Hiezechihelem prophetam) rappresentano ciς che resta di un'opera assidua di predicazione che Gregorio poneva tra i suoi doveri principali di vescovo. Mentre le prime sembrano destinate al popolo, al pubblico non selezionato dei fedeli venuti in chiesa ad ascoltare la parola del loro pastore, le seconde forse presuppongono un pubblico più selezionato, costituito da monaci ed ecclesiastici. La Regula pastoralis. Con la Regola Gregorio compone un trattato sulla predicazione, sui compiti del pastore di anime. Ognuna delle quattro parti che la costituiscono esamina un aspetto del difficile compito: come prepararsi ad esso, come comportarsi, come insegnare agli altri, come riconoscere in tutta umiltà i propri limiti e non lasciarsi travolgere dall'orgoglio. I Dialoghi. In quattro libri i Dialoghi narrano i miracoli compiuti da santi italiani sotto il regno del goto Totila e durante l'invasione dei Longobardi. Del primo libro sono protagonisti dodici santi, del terzo oltre una trentina. Il secondo è interamente dedicato a san Benedetto da Norcia. Nel quarto il racconto dei prodigi mostra la sorte delle anime nell'aldilà. Dal punto di vista letterario i Dialoghi sono l'opera più importante di Gregorio, il suo capolavoro. Il Registrum epistolarum. Di Gregorio possediamo una raccolta epistolare in 14 libri, uno per ogni anno del pontificato. Si tratta di più di ottocento lettere che costituiscono una testimonianza di straordinaria importanza sulla storia del suo tempo e consentono di seguire minutamente il suo operato di pontefice. La musica medievale e il canto gregoriano L'embrione della musica medievale In termini storici l'inizio dell'epoca medievale viene convenzionalmente posto "nell'anno del signore" 476 con la deposizione di Romolo Augustolo. Ovviamente si tratta di una palese forzatura, non esiste una data precisa che possa indicare l'inizio di un epoca che è stata definita tale a posteriori. Come spesso accade, la necessità spesso imposta da ragioni scolastiche di trovare appiglio in un anno, un giorno, in una fatidica svolta che possa segnare l'inizio di una nuova epoca, non è altro che la costruzione forzata di un rigido spartiacque di cui nell'effettivo passato nessuno si rese conto. Ciò è testimoniato dal fatto che l'arte medievale viene convenzionalmente fatta nascere nel 315, circa un secolo e mezzo prima, con l'Arco di Costantino e che le origini della musica medievale siano ancora più antiche, oltre che di impossibile datazione. Oggi per musica medievale di matrice occidentale potremmo citare i primi canti cristiani ed a questo punto sorge un problema non indifferente: la totale assenza di notazione musicale scritta prima della fine del X secolo. Le nozioni che possediamo della primissima musica cristiana d'occidente sono le seguenti: Fu un'espressione esclusivamente vocale, corale o solistica; Si trattava di riadattamenti di celebri melodie preesistenti, quindi di matrice profana, a testi liturgici; Fu tramandata oralmente, in modo mnemonico, fino alla fine del millennio; Non dobbiamo dimenticare che la nostra cultura è per molti versi figlia delle culture orientali. Fondamentalmente fu l'ebraismo la radice della nostra religione e sono stati gli ebrei convertiti ad importare la fede cristiana nella nostra terra cosi come molto probabilmente importarono i loro canti. La religione cristiana venne ufficialmente riconosciuta dall'imperatore Costantino nel 313, anno dell'editto di Milano, e fu al di là di questa data che si iniziò a porre il problema di istituire una liturgia ed i relativi aspetti musicali che, furono ricalcati su quelli impiegati nelle cerimonie di culto giudaico e non sulla musica greco-romana. Tra i primissimi repertori italici va sicuramente citato il canto milanese, più noto come canto ambrosiano dal nome di Sant'Ambrogio, morto nel 397, a lui spettò infatti il merito di diffondere i primi inni. Ne compose certamente quattro, forse anche più. Col trascorrere del tempo si sentiva sempre più l'esigenza di trovare un repertorio unico per dare coerenza teologica ad una chiesa in via di formazione. Seguendo questo percorso incontriamo quello che oggi viene erroneamente ricordato come canto gregoriano. Tale denominazione prese vita nel IX secolo, quando il cronista Giovanni Diacono attribuì al pontefice Gregorio Magno [590-604] il merito di aver unificato il canto liturgico latino, affermando che il pontefice avrebbe composto egli stesso alcuni canti, e di aver fondato la schola cantorum. In realtà la critica più recente ha fatto emergere la totale falsità delle affermazioni di G. Diacono che non si era accorto che la fondazione della schola cantorum era precedente al pontificato di Gregorio; inoltre i primi esempi di notazione sono posteriori di circa due secoli alla morte del Papa in questione. Oggi la definizione di canto gregoriano viene accettata nonostante se ne conosca l'infondatezza, come una sorta di riferimento ideale radicato nel nostro sentire comune. Esistono tuttavia termini alternativi, e in un certo senso più corretti, per indicare la monodia, cioè la singola melodia vocale, liturgica cristiana in lingua latina riconosciuta dalla chiesa romana, essi sono: cantus planus, o cantus firmus, romana cantilena, canto ecclesiastico e canto cristiano latino. Come detto sopra tali canti erano tramandati oralmente e conservati mnemonicamente; un cantore era perciò tenuto a ricordare tutti i canti a memoria: sia quelli eseguiti frequentemente, ordinarium missae o parti fisse, che quelli eseguiti solo in certe ricorrenze, proprium missae o parti mobili. Proprio questo era il fine della Schola: formare i cantori. Il periodo di formazione era decisamente lungo ed ostico, le testimonianze del tempo parlano di circa dieci anni di formazione, il periodo che impiega nella media un odierno diploma in pianoforte. Apparentemente le melodie che caratterizzano il canto gregoriano sono piuttosto semplici. Erano canti a voce singola o a più voci che procedevano all'unisono (canti monodici) e la loro estensione vocale era decisamente ridotta, ma non erano solo le scholae ad eseguire i canti, essi erano eseguiti quotidianamente e prima delle scholae sia da coloro che celebravano le messe che dai fedeli stessi! La messa era infatti un continuo "dialogo sonoro" tra celebrante ed assemblea, facciamo qualche esempio: il celebrante eseguiva un frammento musicale ed i fedeli rispondevano con un versetto intonato, sempre lo stesso; oppure ad ogni verso del "solista" l'assemblea cantava "alleluja", tale pratica in particolare veniva detta salmodia allelujatica. Tra i più suggestivi modi di cantare del primissimo medioevo era l'accentus, un canto semi lamentoso e basato su un'unica nota con lievi inflessioni melodiche, una sorta di lettura intonata derivante anch'essa dalla cantillazione ebraica. Il "restauro" del canto gregoriano e tutta la nostra conoscenza in merito deve moltissimo ai primi tentativi di recupero filologico di questa splendida pratica ad opera di alcuni monaci benedettini del XIX secolo, nella Francia centro-occidentale. L'ottocento è il primo secolo in cui si inizia a dare valore ad un'epoca tanto ingiustamente screditata in precedenza. I primi canti medievali devono essere considerati gli incunaboli di tutta la più (ingiustamente) celebre cultura musicale moderna e contemporanea. Funzione ricostruttrice della Chiesa. Ciascun tempio distrutto era rimpiazzato da una chiesa e ben presto l'oratorio o la parrocchia diveniva il centro di un raggruppamento di villaggi. Fino allora le campagne erano quasi deserte e i contadini vivevano disseminati nei grandi domini agricoli; in seguito però le chiese, moltiplicate nei campi dai missionari cristiani, dettero origine a numerose località e contribuirono casi ad un rapido ripopolamento delle campagne. Gregorio di Tours Norme di vita monastica. Se i monaci devono avere qualche cosa di proprio. In modo speciale bisogna estirpare radicalmente dal monastero questo vizio, che cioè nessuno osi dare o ricevere qualche cosa senza il permesso dell'abate, né avere qualche cosa di proprio, assolutamente nulla, dal momento che non è più lecito avere in proprio possesso né corpo né volontà. Tutto sia comune a tutti e nessuno dica o consideri sua una cosa qualsiasi. Del lavoro manuale quotidiano. L'ozio è nemico dell'anima, perciò i monaci in determinate ore devono attendere al lavoro manuale e in altre ore, anch'esse determinate, alla lettura spirituale. Qualora poi le esigenze locali o la povertà richiedessero che i monaci siano personalmente occupati nella raccolta delle messi, non abbiano ad adirarsene, poiché allora sono veramente monaci se vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli. Tutto però si compia con misura, avendo riguardo ai più deboli. Letture durante la quaresima. Nei giorni di quaresima, dal mattino fino alle ore nove, ciascuno attenda alle sue letture e poi fino alle sedici faccia quel che gli si ingiunge. In questi giorni di quaresima, ciascuno prelevi dalla biblioteca un libro e lo legga ordinatamente e per intero; questi libri devono essere consegnati all'inizio della quaresima. Innanzitutto si scelgano due anziani, che vadano in giro per il monastero nelle ore in cui i fratelli si dedicano alla lettura e guardino se qualche vagabondo non se ne stia in ozio o a chiacchierare, anziché a leggere. Se si scoprirà, Dio non voglia, qualcuno incorso in questa mancanza, lo si riprenda una e due volte; se non si correggerà, lo si punisca come prescrive la regola e in modo tale che gli altri ne siano intimoriti. Fuori delle ore stabilite, però, nessun fratello deve essere sorvegliato. Dalla Regola di San Benedetto. I principali monasteri in Svizzera e in Italia. ![]() I Longobardi in Italia e l'origine del potere dei Papi Dopo appena quindici anni di incontrastato predominio bizantino una nuova invasione barbarica si abbatteva sull'Italia per farle rivivere le tragedie di un'altra guerra e per dare il colpo di grazia alla sua civiltà. Nella primavera del 568 infatti una bellicosa tribù germanica, quella dei Longobardi, stanziata fra l' Elba superiore e il Danubio, dopo avere invaso la Pannonia, odierna Ungheria, e vinto il popolo dei Gèpidi, aveva iniziato sotto la guida del fiero Alboino una marcia di avvicinamento verso le promettenti terre della Penisola.Detti così, se dobbiamo credere allo storico Paolo Diacono, celebrato autore di una «Historia Langobarrum» nel secolo VIII, perché portavano lunghe barbe; e; se dobbiamo invece, seguire un'interpretazione moderna più attendibile, perché recavano con sé lunghe lance [dal tedesco Barté=scure, lancia], i Longobardi erano rimasti fra tutti i Germani i soli a vivere in uno stato di primitiva e selvaggia barbarie, i soli ad avere il gusto della devastazione, dell'incendio e del massacro al di là di ogni ripensamento morale. A rendere poi ancor più precaria la situazione contribuiva il fatto che la loro avanzata era un atto del tutto arbitrario, in quanto si attuava senza alcun riconoscimento formale da parte dell'autorità imperiale, anzi in contrasto con essa: il che non poteva altro preannunciare se non sfrenatezze, illegalità, arbitri e crudeltà di ogni genere. Era inoltre, anche questa volta, non un esercito ad avanzare, ma un intero selvaggio popolo di circa 250.000 anime, di cui solo una piccolissima parte atta alle armi, mentre la restante, assoluta maggioranza, era costituita da donne, vecchi e bambini, nonché da eterogenei contingenti di altri gruppi etnici, più che mai indisciplinati e assetati di preda. Sulle ragioni, che ebbero a spingere questa massa di barbari a scendere in Italia, si è molto discusso senza tuttavia riuscire a risolvere in forma definitiva la questione: vi è infatti chi ne attribuisce la chiamata a Narsète, indignato con Bisanzio per essere stato sostituito da un altro funzionario a causa della sua esosità fiscale; vi è chi ritiene responsabili gli stessi Italiani, stanchi delle vessazioni bizantine; vi è infine chi pensa di dover attribuire l'invasione alle sollecitazioni di quei Longobardi, che, per aver militato in Italia al tempo della guerra gotico - bizantina, avevano avuto modo di apprezzarne la bellezza, il clima e l'eccezionale feracità. A nostro avviso, però, ha fondamento storico solo la tesi di coloro che spiegano lo spostamento dei Longobardi come il risultato di una forte pressione esercitata dagli Avari, popolazione mongolica spintasi sino al basso Danubio e al territorio dei Gèpidi. Quando attraverso le Alpi Giulie i Longobardi penetrarono nella pianura veneta, non trovarono opposizione, essendosi tutti dati, militari e civili, alla precipitosa fuga. Origine di Venezia Fu appunto in tale circostanza che gli abitanti del Veneto, e in particolare quelli della città di Aquileia, fuggendo dinanzi agli invasori, cercarono rifugio negli isolotti della laguna, già asilo di pescatori e di mercanti di sale durante l'invasione di Attila (452), dando origine così a dodici diversi nuclei abitati destinati a costituire il centro della futura repubblica di Venezia. Posti dinanzi alla nuova drammatica realtà i Bizantini non seppero fare altro che abbandonare a poco a poco, oltre ai territori di confine, anche tutte le regioni interne della Penisola, riuscendo a mantenere soltanto il possessi di quelle costiere grazie alla presenza della flotta e alla nessuna familiarità degli invasori col mare. Conquistare la pianura padana, la Toscana e parte dell'Emilia fu pertanto cosa facile per i Longobardi, favoriti anche dalla depressione demografica delle zone invase, dalla scarsezza delle forze militari messe in campo da Bisanzio, nonché dalla passività degli abitanti, che amareggiati e delusi dall'esosa fiscalità bizantina vivevano in un clima di profonda sfiducia e di sordo risentimento. Suddivisione della Penisola L'Italia si trovò così in breve tempo divisa in due parti, ciascuna delle quali distinta con un proprio nome: 1. Longobardia o Lombardia propriamente detta, comprendente il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, parte dell'Emilia, la Toscana e i due ducati di Spoleto e di Benevento; 2. La Romania o Romagna di cui facevano parte Ravenna e il territorio circonvicino, noto sotto il nome di Esarcato; la Pentapoli marittimo, che comprendeva per l'appunto cinque città sulla costa [Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona]; e la Pentapoli annonaria, costituita a sua volta da cinque citta dell'interno [Urbino, Fossombrone, lesi, Cagli, Gubbio], nonché la Campania, la Puglia, la Calabria, la Liguria, la riviera toscana e le isole. Capitale della Romania fu Ravenna, della Longobardia Pavia. Libero dalla dominazione longobarda e sempre più autonomo nei riguardi dell'impero bizantino rimase invece il territorio di Roma, ormai avviato a divenire proprietà esclusiva della Chiesa. L'Italia perdette cosi la propria unità politica, avviandosi a quel frazionamento regionale che doveva scomparire soltanto circa tredici secoli dopo. Origine del potere temporale Sin dall'epoca delle invasioni e dei gravi torbidi che avevano funestato l'Italia dopo la caduta dell'impero d'Occidente, ma specialmente durante l'occupazione longobarda, i vescovi delle varie città si erano trovati infatti ad esercitare importantissime mansioni: particolari circostanze li avevano obbligati a provvedere di volta in volta alla difesa e alla protezione dei deboli, all'amministrazione della giustizia e della finanza locale, nonché alle più diverse forme di beneficienza, rese peraltro possibili dall'ingente patrimonio ecclesiastico formatosi con donazioni in numero e proporzioni sempre crescenti. Ora, poiché tutti i vescovi facevano capo a quello di Roma, si venne a poco a poco costituendo un'organizzazione ecclesiastica periferica e centralizzata insieme, che a volte si affiancava a quella civile e militare dei Bizantini, a volte si sovrapponeva ad essa, valendosi del fatto che lo stesso Stato da Costantino a Giustiniano aveva a più riprese abdicato alle proprie funzioni a favore della Chiesa, riconoscendole particolari diritti e privilegi. Nel disordine, nell'anarchia, nella violenza che allora imperavano, l'autorità dei vescovi e del clero, i solo capaci di parlare in nome dell'amore e della giustizia, crebbe notevolmente specie nelle città, ove gli abitanti presero a considerare il capo della comunità locale come loro unico protettore e a sollecitarlo a pubbliche attività. Nessuna meraviglia quindi se i cittadini di Roma, politicamente decaduta con lo spostamento della capitale a Ravenna, finirono per ritenere il loro vescovo quasi un continuatore dell'autorità imperiale. Funzione civilizzatrice della chiesa Il papato inoltre, specie sotto l'energica guida di grandi pontefici,nell'acquistare con la sua organizzazione un valore universale (come era ormai attestato dall'afflusso di numerosi pellegrini provenienti dalle più remote contrade di Spagna, di Gallia e di Bretagna), contribuì validamente al processo di incivilimento dei barbari: basti ricordare al riguardo quello che fu l'influsso della civiltà romano-cristiana sia sui Longobardi, sia sulle popolazioni dell'Europa settentrionale e orientale, che, distaccate dall'arianesimo e dal paganesimo, furono convertite alla nuova fede. Fra quanti ebbero una parte di primo piano in quest'opera di elevazione morale delle popolazioni barbariche e di rafforzamento del prestigio della Chiesa va senza dubbio ricordato San Gregorio Magno. Discendente da nobilissima famiglia e dotato di eccezionale energia e cultura, Gregorio era stato chiamato a ricoprire in Roma altissime cariche politiche, alle quali però aveva rinunciato per ritirarsi ad austera vita monastica nel silenzio di un chiostro benedettino sul monte Celio. Qui egli acquistò ben presto fama di sapienza e di santità al punto che nel 590 venne designato quale successore di papa Pelagio II. Castel Sant'Angelo vuole che proprio nei giorni, nei quali era stato elevato alla cattedra di Pietro, imperversasse in Roma una fierissima pestilenza e che per combatterla il neoeletto avesse ordinato una processione di penitenza, invitando tutti a parteciparvi. Mentre tale funzione era in pieno svolgimento e molti fedeli cadevano a terra fulminati dall'inesorabile male, si racconta che Gregorio avesse avuto la visione di un angelo, che, stando sul Mausoleo di Adriano, riponeva nel fodero la spada, quasi a voler indicare la fine del terribile morbo: di qui il nome di Castel Sant'Angelo dato al maestoso edificio e la statua di bronzo posta a ricordo dell'avvenimento sul suo punto più elevato. Desiderio di indipendenza della Chiesa Va osservato che ancora nel VI secolo la Chiesa di Roma riconosceva nello Stato bizantino il protettore legittimo e non pensava a ribellarsi, se non quando esso cercava di interferire apertamente nell'esercizio delle cose spirituali. Tuttavia, quando i tentativi di coercizione da parte dell'imperatore d'Oriente divennero più frequenti e pressanti, la Chiesa avvertì la necessità di sganciarsi dalla tutela della potestà terrena e di garantire la propria libertà religiosa mediante l'indipendenza politica: nasce così il principio ispiratore della sua pubblica attività nei secoli futuri, che la vedranno in aperto conflitto con lo Stato e costantemente preoccupata di suscitare antagonismi fra le varie potenze aspiranti all'egemonia in Italia. Liutprando (712-744). Ad esercitare un ruolo fondamentale nella complessa storia relativa alla formazione del potere temporale dei papi fu senza dubbio il re longobardo Liutprando, un uomo di alte capacità politiche e militari, giunto al trono in seguito ad una fitta serie di interminabili e complicate lotte intestine seguite alla morte di Rotari. Nel 726 l'imperatore bizantino Leone III l'Isàurico, timoroso di veder degenerare la religione cristiana in idolatria e desideroso di smentire l'accusa mossa ai Greci in tal senso da parte soprattutto degli Arabi ormai da mezzo secolo in lotta contro l'impero, aveva emanato un editto col quale ordinava la distruzione di tutte le immagini [iconoclastìa dal greco eikón = immagine e klào = spezzo], senza tenere in alcun conto il particolare attaccamento delle popolazioni a certi culti, divenuti ormai tradizionali. Un tale provvedimento, vero e proprio errore dal punto di vista politico, dovette a molti apparire sacrilego, se ebbe la virtù, davvero negativa, di far scoppiare tumulti gravissimi nella stessa Costantinopoli e in altri centri della Grecia e dell'Italia, non esclusa Ravenna. Fu allora che Liutprando ritenne fosse giunto il momento di attaccare decisamente gli imperiali e di cacciarli dalla Penisola. Si affrettò quindi ad occupare l'Esarcato e Ravenna e ad avanzare nel ducato romano, conquistando Narni e Sutri, presso l'odierna Viterbo. Di fronte al pericolo di nuove calamità e distruzioni per Roma, il papa Gregorio II [715-731] mosse subito incontro al re cattolico e riuscì ad indurlo non solo al ritorno, ma addirittura alla consegna del castello di Sutri al pontefice unitamente ad altri centri del Lazio meridionale (728). Con tale gesto, che sul piano giuridico costituiva un fatto assolutamente nuovo, il re longobardo riconosceva la sovranità territoriale del papa e dava ufficialmente inizio al dominio temporale della Chiesa, destinato con l'andare del tempo a dividere con una barriera continua dal Tirreno all'Adriatico il settentrione dal mezzogiorno della penisola. Più tardi la Chiesa, preoccupata di dare veste legale al potere temporale, fece redigere la donazione di Costantino, un famoso documento indirizzato dall'imperatore Costantino a papa Silvestro I nello stesso anno dell'Editto di Milano [313 d.C.] e ritenuto autentico per tutto il Medioevo. In esso si parla fra l'altro del primato del vescovo di Roma e del passaggio di Roma e di alcuni territori circostanti sotto il suo diretto dominio. Solo nel XV secolo, ma in modo inconfutabile, l'umanista Lorenzo Valla riuscì a dimostrarne la non autenticità. Ora, vien fatto di chiedersi, che cosa spinse i falsificatori a prendere una simile iniziativa? Una delle principali ragioni va cercata nel fatto che i Longobardi, una volta insediatisi in una parte della penisola, si erano proposti di occupare anche l'altra e quindi anche il Lazio e Roma, ove risiedeva il pontefice, per nulla propenso a diventare un vescovo longobardo. Di qui la sua opposizione. Ma a quale titolo? Che aveva egli a che fare con le cose terrene? Non era forse soltanto il capo spirituale della Cristianità? A togliere ogni dubbio in merito intervenne il «documento», accuratamente elaborato nel segreto della Curia romana: in base ad esso il papa esercitava una sovranità legittima su tutto il territorio ricevuto in spontaneo dono da un imperatore romano. La «donazione di Costantino» pertanto servì in un primo momento a frenare lo spirito di conquista dei Longobardi e in seguito a consolidare il potere temporale della Chiesa. La concessione di Sutri segna pertanto l'origine dello Stato Pontificio, destinato a durare sino al 1870 e, sia pure in proporzioni ridotte, ricostituito nel 1929 con i Patti Lateranensi e la creazione dell'attuale Città del Vaticano. Gli antichi ordini. Mentre la Chiesa veniva sempre più e sempre meglio strutturandosi e sviluppandosi, alcuni fedeli, spinti dal desiderio di fuggire la «civiltà», il suo caos, la sua corruzione e la sua violenza e di abbandonare ogni cura delle cose materiali per rendersi bene accetti a Dio con la pratica delle virtù insegnate dal Vangelo, si ritrassero sin dal III secolo in luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione: costoro furono detti eremiti [dall'aggettivo greco éremos = solitario]. Nei secoli IV e V molti altri, invece, anche se desiderosi di vivere in contemplazione e in penitenza lontano dai rumori e dalla corruzione del mondo, si unirono in conventi [dal latino conventus = riunione] o cenobi [koinós = comune - bíos = vita], nei quali vivevano sotto la guida di un abate [da abba = padre] e secondo una determinata «regola» che fissava nei più minuti particolari le pratiche del culto e della vita in comune. San Benedetto da Norcia e la sua regola. L'indirizzo di questi conventi fu però diverso in Oriente e in Occidente: quelli orientali, organizzati soprattutto da San Basilio nel secolo IV, ebbero carattere ascetico, contemplativo; quelli occidentali, invece, organizzati da San Benedetto da Norcia nei secoli IV e V, fondatore del celebre monastero di Montecassino, ebbero carattere pratico, attivo e operoso. Per i Benedettini infatti la miglior preghiera fu il lavoro, sia materiale che intellettuale. «Ora et lavora» [= prega e lavora] fu il loro motto, né lo smentirono mai, dedicandosi alle più disparate attività, che andavano dalla coltivazione dei campi al prosciugamento delle paludi, dalla costruzione di fattorie e borgate alla fondazione di ospizi e ospedali: un atteggiamento, questo, di enorme portata storica in quanto basato sulla rivalutazione del lavoro in mezzo ad una società che lo riservava esclusivamente alle classi inferiori e agli schiavi. Il lavoro era inoltre ritenuto da essi il migliore complemento della preghiera, un vero e proprio mezzo di elevazione morale, fonte prima di un nuovo concetto di società, fondata sulla solidarietà collettiva e non più su una visione ristretta ed egoistica della proprietà privata: una società autosufficiente, che lavorava e produceva. Né, mentre dilagava ovunque l'ignoranza, essi trascurarono il lavoro, anzi vi si dedicarono con tale ardore da creare quelle famose intellettuale biblioteche monastiche, nelle quali le generazioni seguenti avrebbero ritrovato la luce del pensiero. I monaci infatti, custodendo nel chiostro rotoli e codici in cui erano riportati preziosissimi testi dell'età classica e trascrivendoli a mano, di qui il nome amanuensi, fecero in modo che gran parte del patrimonio spirituale della latinità giungesse sino a noi, mantenendo viva così una tradizione di cultura che altrove si andava spegnendo. Né va dimenticato che le uniche scuole efficienti, data la calamità dei tempi, furono quelle parrocchiali o vescovili, uniche biblioteche quelle dei conventi, unico impulso allo studio lo spirito religioso. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Dizionario Storia Antica e Medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z |
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