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RIVOLUZIONE
Cambiamento apparentemente completo, talvolta repentino e più spesso processuale, dello stato di cose presente. In origine il termine indicava soltanto i cambiamenti politici repentini, violenti e organizzati, come per esempio la rivoluzione inglese del 1648-1649 (guerra civile inglese) e la rivoluzione francese. Ma con l'affinamento della scienza storiografica esso si è esteso anche a campi diversi da quello politico-statuale. Un caso esemplare è quello della rivoluzione copernicana, con cui, grazie a N. Copernico, a partire dal XV secolo venne ribaltata la concezione secondo la quale la Terra sarebbe collocata al centro dell'universo e il Sole le ruoterebbe attorno come i pianeti e le altre stelle, concezione prevalente nell'età classica e nel Medioevo, detta tolemaica dal nome del geografo greco del II secolo d.C., Tolomeo, che la codificò. Quella rivoluzione è esemplare in quanto un tale mutamento radicale della verità stabilita da secoli in campo cosmologico e astronomico comportò anche un rovesciamento dello stesso modo di pensare, rivolgendosi contro le autorità, religiose e filosofiche, che sostenevano tale verità e quindi contro altre loro verità, scientifiche in primo luogo ma anche sociali e politiche, ponendosi alla base del pensiero laico moderno. Per quanto innescato da un singolo atto ben circoscrivibile nel tempo e nello spazio, si trattò di un processo lungo e profondo, durato secoli e che finì per trasformare lo stato di cose preesistente anche in campi del tutto diversi da quello cosmologico e astronomico.

MUTAMENTO E PERSISTENZA.
Analogamente, lo stesso singolo atto o serie di atti che denota una rivoluzione è spesso soltanto la precipitazione di una serie di piccoli smottamenti già in corso da lungo tempo, mentre il mutamento radicale in cui essa consiste (come è stato dimostrato nel caso della rivoluzione francese) riguarda certo moltissimi aspetti della vita politica, economica e sociale, ma lascia spesso inalterate molte altre caratteristiche la cui persistenza ha durata secolare, mettendo addirittura in discussione lo stesso concetto di rivoluzione e in ogni caso la sua pervasività. Questa accezione del termine rivoluzione come processo si è venuta quindi applicando, oltre che ai più svariati campi dell'attività umana, anche a mutamenti lenti, lunghi e sotterranei. Tali furono, per fare due esempi molto distanti fra loro temporalmente ma attinenti entrambi alla sfera del sistema produttivo dalla quale si estesero a tutti gli aspetti della civiltà, la rivoluzione neolitica e la rivoluzione industriale. La dilatazione dell'area di applicabilità del termine ha finito per moltiplicare le occasioni per usarlo, talvolta anche a sproposito. In ogni caso in campo storico esso è venuto a distinguersi in modo sempre più netto dai termini insurrezione e rivolta, entrambi circoscritti all'ambito politico-istituzionale e indicanti, l'uno, un movimento armato organizzato per la conquista del potere e, l'altro, una sollevazione, più spesso spontanea che organizzata, suscitata dalla protesta e dall'insofferenza nei confronti del potere costituito ma non sempre in grado di rovesciarlo e di sostituirlo. Altra cosa ancora è il colpo di stato. La storia stessa è quindi un incessante susseguirsi e intrecciarsi di rivoluzioni e di persistenze.

RIVOLUZIONI SOTTO ALTRO NOME. L'individuazione delle rivoluzioni nella storia consente comunque di riconoscere i cambiamenti che vi si sono verificati, tanto che conviene adottare il termine anche per comprendere vicende alle quali non viene di solito applicato ma che hanno avuto una portata immensa. L'esempio più palese è quello del sorgere del cristianesimo, da molti punti di vista forse la più grande rivoluzione della storia. Ma, sia pure minore al confronto, anche quella introdotta da Giulio Cesare, e completata da Augusto, nella repubblica romana fu una rivoluzione di grandi proporzioni. Infatti non è detto che un cambiamento rivoluzionario debba avvenire su iniziativa di soggetti totalmente nuovi e inediti o, per così dire, dal basso. Per quanto paradossale possa apparire, la restaurazione Meiji nel Giappone della seconda metà del XIX secolo fu a pari titolo una rivoluzione, per i radicali mutamenti che, dietro il ripristino formale dell'autorità imperiale indebolita da secoli, introdusse nel regime politico e sociale di quel paese.

ALTRE RIVOLUZIONI MONDIALI. Rivoluzioni formalmente definite tali per convenzione storiografica e che hanno contato per l'umanità intera furono, oltre a quelle citate: la rivoluzione atlantica (XVI secolo), che spostò il baricentro dei traffici mondiali dal Mediterraneo all'Atlantico, ampliando all'intero pianeta l'ambito delle vicende europee; la rivoluzione americana (XVIII-XIX secolo), da cui sorse il primo stato democratico moderno; le rivoluzioni nazionali dell'Ottocento in Europa e del Novecento nel resto del mondo; la rivoluzione d'ottobre (XX secolo), che, benché fallita nei suoi obiettivi come processo, ebbe tuttavia conseguenze indirette incancellabili sia per le stesse rivoluzioni nazionali sia per la promozione di fondamentali interessi sociali. Il fallimento degli obiettivi dichiarati di quest'ultima rivoluzione, effettuata in nome del proletariato, ha fatto risaltare con maggior chiarezza come, dalla rivoluzione copernicana in poi, protagonista indiscutibile di ogni rivolgimento duraturo sia stata la borghesia, benché, dopo la rivoluzione industriale, sollecitata dallo scontro con il proletariato. In un certo senso perciò, rispetto all'insieme del corso delle vicende umane, tutto il complesso di trasformazioni di una profondità e di un'ampiezza assolutamente senza precedenti che negli ultimi sei secoli cambiò completamente esistenza e valori dell'intera umanità potrebbe essere definita rivoluzione borghese o, in riferimento al sistema socio-economico creato e alimentato dalla borghesia, il capitalismo, rivoluzione capitalistica, la prima rivoluzione che si sia ripercossa su tutto il genere umano.

G. Petrillo

K. Griewank, Il concetto di rivoluzione nell'età moderna, La Nuova Italia, Firenze 1979.
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