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RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
(7 novembre 1917). Presa del potere da parte dei bolscevichi in Russia, così chiamata perché realizzata tra il 25 e il 26 ottobre secondo il calendario giuliano, allora in vigore in tutti i territori già facenti parte dell'impero zarista.

TUTTO IL POTERE AI SOVIET. Essa costituì la conclusione del percorso di profonda trasformazione dello stato e del potere iniziato con la rivoluzione di febbraio di quello stesso anno. I governi provvisori nel frattempo succedutisi non erano riusciti a risolvere i gravi problemi della popolazione (in primo luogo le conseguenze negative della guerra sui livelli materiali di vita) e a interrompere il progressivo deteriorarsi dell'autorità politica e della credibilità delle istituzioni. I bolscevichi, sotto la direzione di Lenin, rientrato in marzo dall'esilio, divennero in pochi mesi la forza politica attorno cui si coagulò lo scontento, aumentando progressivamente la propria forza e influenza tra i settori popolari delle principali città e negli organismi di rappresentanza di recente formazione (vedi soviet). Con un programma sintetizzato nello slogan "tutto il potere ai soviet" (in particolare: nazionalizzazione delle banche e della terra, fine immediata della guerra in corso dal 1914 e costituzione di una repubblica dei soviet), i bolscevichi si presentarono come la componente più compatta e decisa tra i partiti russi, i soli a essere dotati di una precisa strategia politica. Queste caratteristiche, elementi caratterizzanti del leninismo, rivelarono il loro peso durante la crisi precipitata dall'estate del 1917. Dopo la fallita offensiva russa di giugno sul fronte tedesco, i bolscevichi decisero di passare all'azione dando vita a violente manifestazioni di piazza che a Pietrogrado furono duramente represse dall'intervento dell'esercito (3-4 luglio). Lenin dovette fuggire in Finlandia, mentre altri importanti dirigenti bolscevichi, tra cui Trockij e Kamenev, venivano arrestati. Pur in condizioni di semiclandestinità i bolscevichi incrementarono la propria iniziativa politica d'agitazione e propaganda; in particolare essi furono molto attivi tra gli operai dei grandi complessi industriali e i soldati delle retrovie, arrivando ad assumere il controllo dei "soviet dei soldati e degli operai" a Pietrogrado e Mosca; in tal modo la dualità di potere presente in Russia dalla rivoluzione di febbraio (soviet da un lato e governo provvisorio dall'altro) assumeva le caratteristiche dello scontro aperto. Il tentato colpo di stato di settembre del generale L.G. Kornilov, che tentò di occupare Pietrogrado per restaurare il regime zarista, determinò una polarizzazione ancor maggiore delle posizioni. Rientrato Lenin dalla Finlandia e liberati i dirigenti arrestati, i bolscevichi decisero di prepararsi alla presa del potere attraverso un'insurrezione armata. Questa decisione venne presa dal Comitato centrale del partito il 10 ottobre nonostante l'opposizione di influenti dirigenti bolscevichi come Kamenev e Zinov'ev. Nei giorni successivi, mentre continuavano scioperi e manifestazioni, il piano insurrezionale venne attuato a partire dalla costituzione del Comitato militare rivoluzionario del soviet di Pietrogrado (16 ottobre). L'organismo, nato per difendere la rivoluzione russa dalla ventilata possibilità di un'offensiva tedesca sulla capitale, permise ai bolscevichi di assumere il controllo militare delle truppe di stanza in città. Determinati a prendere il potere prima dell'inizio del Congresso panrusso dei soviet (previsto per il 25 ottobre), i bolscevichi diedero il via all'insurrezione il 24 ottobre.

I DECRETI SULLA PACE E SULLA TERRA. In due sole giornate, soprattutto grazie all'apporto dei marinai della flotta della base di Kronstadt e delle "guardie rosse" (soldati e operai armati dal soviet di Pietrogrado), il potere passava nelle mani dei bolscevichi in modo quasi incruento: la sera del 25 ottobre il governo Kerenskij veniva destituito e i suoi ministri arrestati durante l'assalto al Palazzo d'inverno (un avvenimento che divenne il momento simbolico dell'insurrezione). Contemporaneamente si apriva il Congresso panrusso dei soviet: mentre i menscevichi abbandonavano l'aula in segno di protesta contro l'insurrezione, la maggioranza dei delegati (bolscevichi e socialrivoluzionari di sinistra) le forniva l'avallo "legale". Il congresso si proclamava legittimo governo del paese e approvava i decreti sulla pace e sulla terra che costituivano i primi atti formali del nuovo potere sovietico. La vittoria politica, prima che militare, dei bolscevichi veniva poi confermata dalla decisione di delegare il consolidamento del nuovo potere al Consiglio dei commissari del popolo, organismo esecutivo di cui Lenin venne nominato presidente e che era composto principalmente da esponenti bolscevichi. Contro il nuovo potere l'ex primo ministro Kerenskij tentò un'offensiva con truppe rimastegli fedeli, ma venne sconfitto il 30 ottobre nella battaglia di Pulkovo. Nel resto del paese la rivoluzione incontrò una resistenza maggiore che nella capitale. A Mosca i bolscevichi assunsero il controllo della situazione solo il 2 novembre, dopo che il 28 ottobre la città era stata teatro di disordini che avevano provocato numerose vittime. Nelle altre città della Russia e nei principali distretti industriali il potere sovietico si consolidò in tempi e modi diversi: mentre nella gran parte del paese entro la fine del 1917 i nuovi organismi di potere si erano ormai formalmente consolidati, in Ucraina, nell'area del Don e nel Caucaso la rivoluzione trovava una più consistente opposizione che si protrasse, facendo sentire le proprie conseguenze in tutta la Russia, nei tre anni seguenti con la guerra civile russa. L'insurrezione non portò a un'immediata concentrazione del potere nelle mani dei bolscevichi. I socialrivoluzionari di sinistra presero parte attiva alle prime decisioni e ai primi organismi di governo, mentre menscevichi e socialrivoluzionari di destra iniziarono una violenta lotta al nuovo regime. Tuttavia, mentre le opposizioni erano destinate a essere presto messe fuorilegge sotto l'incalzare della guerra civile e dell'emergenza alimentare, il ruolo egemonico assunto dal partito di Lenin nella conquista del potere e le stesse modalità attraverso cui essa era avvenuta costituirono un forte condizionamento per il futuro. L'egemonia bolscevica (politica e militare) sui nuovi organismi di potere, unita alla situazione d'emergenza di un paese ridotto alla fame da anni di guerra, portarono presto a un accentramento del potere e segnarono fin dall'inizio la storia del nascente stato sovietico.

G. Polo
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