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GEOGRAFIA - ITALIA - SICILIA

IL TERRITORIO

Il territorio si presenta essenzialmente collinare e montuoso. I principali rilievi montuosi si allineano da Est ad Ovest, lungo la costa tirrenica e sono: i Monti Peloritani (Montagna Grande, 1374 m e Pizzo di Polo, 1286 m), simili ai rilievi calabresi, formati da gneiss e da filadi, quindi di natura cristallina, con un paesaggio aspro e selvaggio; i Monti Nebrodi (o Caronie) i più boscosi, con punte superiori ai 1500 m (Monte Soro, 1847 m) e forme arrotondate; il gruppo Le Madonie, di natura calcarea e ricco di fenomeni carsici, con cime più alte delle precedenti (Pizzo Carbonara, 1979 m) ricoperte anch'esse di boschi di faggi, lecci e querce. All'interno, all'altezza di Palermo si trovano i Monti Sicani (Rocca Busambra, 1613 m), tra i quali spicca il bosco della Ficuzza, ultimo residuo del mantello arboreo che una volta ricopriva l'intera Sicilia. L'ambiente si presenta molto diverso nella zona dei Monti Erèi, di modesta elevazione, dove l'arido terreno calcareo e l'abbandono del luogo, rendono il paesaggio assai desolato. A Sud-Ovest il tavolato dei Monti Iblèi (Monte Lauro, 986 m) mostra un paesaggio ingentilito dalla presenza dei mandorli. Nella morfologia dell'isola spicca, per altezza (3323 m) e per superficie (1570 kmq), l'apparato vulcanico dell'Etna. Piccoli coni vulcanici si trovano nelle isole minori: Stromboli e Vulcano (attivi), Ustica e Pantelleria. La regione, soggetta a terremoti, ha vissuto nel Novecento numerosi episodi sismici, tra i quali due di entità catastrofica, uno nel 1908 a Messina e uno nel 1968 nella valle del fiume Belice. All'interno dell'isola le colline sono arse dal sole e dalla siccità estiva; i pochi centri abitati e le campagne abbandonate contribuiscono ad accentuare la desolazione del passaggio. Le pianure sono ristrette a brevi tratti lungo la costa; la Piana di Catania, che si apre a Nord dei Monti Iblèi, è la più vasta di Sicilia (circa 430 kmq) ed una delle più fertili per i sedimenti lavici lasciati dall'Etna. Per la sua ricca vegetazione e per gli agrumeti che la ricoprono (da cui deriva il nome Conca d'Oro) molto importante è la Piana di Palermo. I fiumi sono brevi e a carattere torrentizio con piene improvvise in inverno e lunghi periodi di magra in estate; i più importanti sono: il Simeto (che canalizza le acque del Gornalunga, del Dittaino e del Caltagirone), l'Alcantara, l'Anapo, il Tellaro, il San Leonardo, il Salso, il Belice, il Torto e il Platani. Nell'interno si trova un solo lago naturale, quello di Pergusa, numerosi invece sono i bacini artificiali; nella zona litoranea a Sud-Est caratteristica è la presenza di alcuni laghi e stagni costieri chiamati "pantani". Degno di nota è il Lago di Lentini (15 kmq) nelle vicinanze di Catania, prosciugato negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento ed oggi riallagato. Sulle coste meridionali prevale un clima mite d'inverno e caldo d'estate; nell'interno è più caldo e talvolta torrido. Aspetto negativo del clima è la scarsità di piogge nella stagione estiva. Proprio l'andamento delle precipitazioni e le caratteristiche dell'idrografia determinano l'emergenza ambientale più grave della Sicilia: 'la sete', cioè il problema dell'approvvigionamento idrico. Questa antica piaga, che si è cercato di risolvere negli ultimi quarant'anni con la realizzazione di un imponente sistema di bacini artificiali (ben 23), la costruzione di alcuni dissalatori e il potenziamento della rete di distribuzione che raggiunge ormai la quasi totalità della popolazione, non è stata ancora risanata, visto che tuttora la metà dei siciliani riceve acqua razionata.

Scorci del paesaggio siciliano, uno dei più suggestivi del Mediterraneo

PARCHI NAZIONALI E REGIONALI

Nel territorio siciliano non esiste alcun parco nazionale ma ben tre parchi regionali (Parco dell'Etna, Parco dei Nebrodi e Parco delle Madonie) e circa 80 riserve naturali, tra le quali alcune aree marine del Mediterraneo, di straordinaria bellezza. Le aree protette più numerose sono quelle che salvaguardano l'ambiente montano, ma notevoli sono anche le riserve create per tutelare le foci dei fiumi (Simeto, Belice e Platani), per conservare grotte intagliate dal carsismo (ad esempio grotta Monello e grotta Palombara), per preservare dall'urbanizzazione selvaggia biotopi sempre più rari come ad esempio quello delle saline, e tratti di costa ancora incontaminati (come la riserva dello Zingaro, affacciata sul golfo di Castellamare, la prima ad essere istituita sull'isola nel 1981). Degne di nota sono le riserve naturali delle isole minori e del mare che circonda la Sicilia. La prima riserva marina italiana è stata costituita nelle acque di Ustica nel 1986, per proteggere gli stupendi fondali, casa di numerose specie vegetali e animali nonché dello straordinario e raro corallo nero del Mediterraneo. Le isole dei Ciclopi, le Egadi, l'area attorno ai faraglioni basaltici di Aci Trezza, le isole Eolie, Pantelleria e l'arcipelago delle Pelagie sono sede di altre importanti riserve ed aree marine.

Scorci panoramici dell'arcipelago delle Eolie

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Parco dell'Etna

Il Parco dell'Etna, istituito nel marzo del 1987, ha un'estensione di 58.095 ettari. La bellezza di questo comprensorio non deriva solo dalla presenza del vulcano, dalla grandiosità delle eruzioni e dalle colate di lava incandescente, ma anche dall'ambiente unico e straordinario, ricco di suoni, profumi e colori, che circondano la grande montagna. Il territorio del Parco, che si estende dalla vetta del vulcano sino alla cintura superiore dei paesi etnei, è diviso in quattro zone a diverso grado di protezione. Nella zona A, 19.000 ettari, quasi tutti di proprietà pubblica, non si registrano insediamenti umani. E' l'area dei grandi spazi incontaminati, regno degli enormi rapaci tra cui l'aquila reale. La zona B, 26.000 ettari, è formata in parte da appezzamenti agricoli privati. Vi sono splendidi esempi di antiche case contadine, semplici ricoveri per animali, palmenti, austere case padronali: segno di una antica presenza umana che continua tutt'oggi. Le zone C e D, 14.000 ettari circa, costituiscono l'area di pre-parco. La fauna del comprensorio, che dopo l'apertura di nuove strade rotabili, il disboscamento selvaggio e l'esercizio della caccia, ha visto l'estinzione di alcuni grandi mammiferi, è piuttosto varia. Sul vulcano vivono ancora l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il riccio, il ghiro, il quercino e diverse specie di topi e pipistrelli. Ricca è anche la fauna avicola tra cui i rapaci sono la varietà più rappresentativa, tra quelli diurni si ricordano lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino e l'aquila reale; tra i notturni il barbagianni, l'assiolo, l'allocco e il gufo comune. Lungo le sponde del lago Gurrida, unica distesa d'acqua dell'area montana etnea, si possono trovare aironi, anatre ed altri uccelli acquatici. Le zone boscose sono invece abitate da ghiandaie, colombi selvatici e coturnici che si mischiano ad una miriade di uccelli canori quali le silvie, le cince, il cuculo e tanti altri, mentre sulle distese laviche volteggia sovente il culbianco. Il sottobosco è popolato da diverse specie di serpenti, ramarri e lucertole, e da molteplici tipi di insetti e di altri invertebrati quali farfalle, grilli, cavallette, cicale, api, ragni, che ricoprono un ruolo fondamentale e insostituibile negli equilibri ecologici. La diversa compattezza del terreno e il continuo rimaneggiamento del substrato causato dalle colate laviche, il variare delle temperature e delle precipitazioni in relazione all'altitudine ed all'esposizione dei versanti, sono la causa di una vegetazione estremamente ricca e varia. A bassa altitudine, la zona un tempo ricoperta da foreste di leccio, accoglie oggi vigneti, noccioleti, boschi di querce, frutteti e castagni. A 2.000 m sono diffusi i faggi, mentre oltre l'area boschiva il paesaggio è caratterizzato da piante come lo spino santo (astragalo) che offrono riparo ad altri arbusti della montagna etnea quali il senecio, la viola e il cerastio. Tra i 2.450 ed i 3.000 metri pochissimi sono gli esemplari che riescono a sopravvivere alle condizioni ambientali dell'alta montagna, oltre queste quote e sino alla sommità si estende infatti il deserto vulcanico dove nessuna forma vegetale riesce a mantenersi in vita. Il Parco dell'Etna, ha il compito di conservare la natura in un quadro complessivo di recupero e difesa ambientale, e di promuovere lo sviluppo eco-sostenibile dell'area sottoposta a tutela.

Parco dei Nebrodi

Istituito nel 1993, il parco ha il compito di salvaguardare, conservare e difendere il paesaggio e l'ambiente, inoltre promuove la riqualificazione dei valori naturali presenti, la ricostruzione di quelli degradati e lo sviluppo della ricerca scientifica. Il territorio della riserva si estende per 85.600 ettari e comprende le più importanti ed estese formazioni boschive presenti in Sicilia (circa 50.000 ettari). I Monti Nebrodi, parte dell'Appennino Siculo, si affacciano a Nord sul MarTirreno e sono delimitati a Sud dall'Etna e dai fiumi Alcantara e Simeto. Le cime di questa catena non sono molto alte, probabilmente a causa della presenza di banchi di rocce argillose-arenacee. La vetta più alta è quella del Monte Soro (1.847 m), le vallate sono molto ampie e solcate da numerosi corsi d'acqua che sfociano nel mare antistante; dove predominano i rilievi calcarei invece, il paesaggio assume aspetti dolomitici, con forme aspre e profili irregolari, un esempio sono il Monte San Fratello (716 m) e le Rocche del Crasto (1.315 m). Gli Arabi definirono i Nebrodi "un'isola nell'isola" per via della ricca e varia vegetazione. Dal livello del mare e fino agli 800 m circa predomina la macchia mediterranea sempreverde, tra cui l'euforbia, il mirto, il lentisco, la ginestra, il corbezzolo, il leccio e la sughera (le principali sugherete si trovano nel territorio di Caronia). Oltre gli 800 m e fino ai 1.400 m circa, frequenti sono le querce di caducifoglie quali la roverella, la rovere e il cerro di gussone, mentre più in alto si trovano le faggete, che ricoprono quasi 10.000 ettari. Alle quote più elevate oltre ai faggi, sono presenti aceri e frassini. Il sottobosco è caratterizzato da piante di agrifoglio, pungitopo, biancospino, dafne e tasso. I Nebrodi, abitati nell'antichità da cerbiatti (da qui il nome della catena montuosa che deriva dal greco nebros appunto cerbiatto) daini, orsi e caprioli, vantano ancora oggi, nonostante un impoverimento ambientale rilevante, una fauna piuttosto varia. Tra i piccoli mammiferi, sporadici sono gli avvistamenti di istrici, gatti selvatici e martore, al contrario l'avifauna è molto ricca: sono state classificate circa 150 specie di uccelli, tra cui la cincia bigia di Sicilia, il codibugnolo, la poiana, il gheppio, il lanario, il nibbio reale, il falco pellegrino e l'aquila reale principalmente nelle zone rocciose delle Rocche del Crasto. Nelle zone umide si possono invece avvistare il tuffetto, la folaga, il merlo acquaiolo, il martin pescatore e la ballerina gialla, mentre sui pascoli volteggiano sovente la coturnice di Sicilia, il corvo imperiale e l'upupa. Tra i grandi mammiferi rilevante è la presenza del cavallo sanfratellano, originario di questi monti. Ventuno sono i comuni che rientrano nel territorio del comprensorio. Si tratta di centri la cui popolazione non supera i 18.000 abitanti (alcuni addirittura non arrivano a 1.000, come ad esempio Floresta, il comune più alto della Sicilia a 1.275 m) ma che vantano un'operosità straordinaria. L'antica tradizione dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si manifesta infatti in numerose produzioni artigianali: ricami di tovaglie e lenzuola eseguiti a mano, ceste e panieri di giunco o canna, oggetti per uso agricolo in legno o ferla, lavorazione della pietra e del ferro battuto, realizzazione, con vecchi telai, di colorate stuoie e tappeti, produzione di ceramiche (nota è quella di S. Stefano di Camastra). Rinomati sono anche i prodotti alimentari tra cui i formaggi (il canestrato dolce o piccante, il pecorino, la provola e la ricotta), i salumi (in particolar modo quelli di suino nero dei Nebrodi) i dolci (la pastareale, le chiacchere, le ramette, le crispelle, il latte fritto, le giammelle e la pasta di mandorle), l'olio d'oliva, il miele, le nocciole, il pistacchio, i frutti di bosco e le conserve di pomodori, funghi e melanzane. Anche la storia di questi centri ha una particolare rilevanza, molti sono i resti che documentano non solo la remota presenza dell'uomo ma anche l'ellenizzazione della zona (il monumento più rappresentativo è il tempio di Ercole a S. Marco d'Alunzio, IV sec. a.C., trasformato in seguito in chiesa cristiana). Ben rappresentate sono anche le successive colonizzazioni: quella bizantina (con la chiesa di S. Teodoro, ricca di affreschi, che testimoniano l'arte figurativa bizantina in Sicilia), quella araba (della quale restano numerose tracce nel dialetto e in alcuni nomi di paesi) e quella normanna (documentata da alcuni castelli, come quello di Caronia, quello di Longi e i resti di quello di S. Marco d'Alunzio, e da alcune chiese, tra cui l'Abbazia di S. Filippo di Fragalà).

Parco delle Madonie

Istituito nel novembre 1989, come tutte le riserve naturali, anche il parco delle Madonie è stato fondato con la finalità di proteggere e preservare l'ambiente naturale e il paesaggio anche nei suoi valori storico-culturali. Il comprensorio, che si estende per quasi 40.000 ettari, ha un notevole patrimonio naturalistico, storico ed artistico. La catena delle Madonie presenta le più antiche rocce di Sicilia, formatesi nel periodo del Triassico (numerosi sono i fossili ritrovati che documentano le antiche origini). Le cime più alte e spettacolari sono: Pizzo Carbonara (1.979 m), Monte San Salvatore (1.912 m), Monte Ferro (1.906 m) Monte Ouacella (1.869 m), Monte dei Cervi (1.656 m). Nonostante ogni vetta appartenga allo stesso complesso, diversi sono gli aspetti che le caretterizzano: tondeggianti o aguzze, coperte di vegetazione o spoglie, solcate da valli, pianori, altipiani, dirupi o dorsi dolcemente ondulati. Le rocce carbonatiche che costituiscono il Massiccio del Carbonara, mostrano una straordinaria ricchezza di organismi fossilizzati (coralli, spugne, alghe, idrozoi, gasteropodi, lamellibranchi, brachiopodi) a testimonianza del fatto che un tempo essi popolavano un mare poco profondo. Il Monte dei Cervi, separato dal complesso del Carbonara dal Vallone Madonie, è costituito da rocce in parte di natura carbonatica e in parte di natura argillosa, marnosa e silicea, che attestano la presenza di un antico mare profondo. Nelle aree periferiche intorno ai rilievi maggiori, un susseguirsi di rocce di natura argillosa, arenacea e marnosa, costituisce le colline ai margini dell'area protetta. I corsi d'acqua che attraversano il comprensorio sono numerosi e significativi, il più importante è l'Imera settentrionale, considerato limite occidentale delle Madonie. La distribuzione della vegetazione dipende dal tipo di substrato roccioso, dall'aspetto morfologico del territorio, dall'altitudine e dal clima. Nelle colline predominano paesaggi agrari caratterizzati da piante di agrumi, ulivi, vigneti, colture cerealicole e arbusti tipici della macchia mediterranea, quali il lentisco, il mirto, l'olivastro, l'olivello spinoso, il bupleuro fruticoso, il corbezzolo, l'erica e l'euforbia arborescente. Più in alto questo tipo di vegetazione è sostituita da colture legnose come il frassino da manna, il castagno, il nocciolo e il mandorlo, e dai boschi di sughera, lecci e roverelle. Seguono a quote più elevate il bosco misto di roveri e agrifoglio, e i faggeti. Anche il sottobosco è piuttosto vario e ricco: orchidee, viole, ciclamini, rose peonie e, negli ambienti umidi, la felce regale. Ad alta quota invece si nota la scarsa presenza di vegetazione, rappresentata unicamente da alcune specie di tipo erbaceo e da arbusti quali la ginestra, il ginepro e l'astragalo. Degni di nota sono l'agrifoglio di Piano Pomo, al limite tra il territorio di Castelbuono e Petralia Sottana, con esemplari che raggiungono anche i 15 metri di altezza, e l'abete dei Nebrodi, particolarissimo albero di singolare bellezza, che si trova esclusivamente sul vallone Madonna degli Angeli (qui esistono solo 31 esemplari unici in tutto il mondo). Per quanto riguarda la fauna, un tempo sulle Madonie vivevano il lupo, il cervo e il daino, il gufo reale, il gipeto e il grifone, a ricordarcelo sono anche i toponimi Monte dei Cervi e Monte Daino, oggi invece molte di queste specie si sono estinte, ma molteplici sono ancora le varietà che popolano le terre e i cieli madoniti. Tra i carnivori i più diffusi sono la volpe, la donnola, il gatto selvatico, la martora; tra i roditori, l'istrice, il ghiro, il moscardino, il quercino, il topo selvatico e l'arvicola del Savi. Abbondanti le lepri, i conigli selvatici e il riccio. Dei grossi rapaci resta il capovaccaio, mentre sopravvivono ancora pochi esemplari di aquila del Bonelli, di aquila reale e di falchi, tra cui il più noto è il falco pellegrino. I boschi sono popolati da diversi rapaci notturni quali l'allocco, la civetta e l'assiolo. Sulla macchia mediterranea aleggiano invece capinere, merli, fringuelli, usignoli, cardellini, cinciallegre, codibugnoli e rampichini. Degni di nota sono anche il passero solitario e la conturnice, mentre tra gli insetti si registrano trenta specie endemiche, tra cui il Parnassio apollo, una farfalla molto bella che si trova solo in alta quota. Nel territorio del comprensorio, che raccoglie quindici comuni, si possono ammirare numerosi edifici religiosi, monasteri, eremi, chiese rupestri e mulini, spesso al centro di vecchie masserie e nei casali romani. Inoltre i ritrovamenti di importanti reperti nella grotta del Vecchiuzzo nelle vicinanze di Petralia Sottana e in alcune grotte e conche intorno a Isnello e Gratteri, e la scoperta di alcuni resti pre-ellenici pervenuti nella Rocca, il promontorio che sovrasta Cefalù, testimoniano un'antica presenza dell'uomo.

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L'ECONOMIA

Nonostante lo sviluppo di alcuni settori, come quello turistico, la Sicilia non è ancora riuscita ad approntare una struttura economica completamente autonoma ed efficiente. Dopo la seconda guerra mondiale la regione ha ricevuto parecchie risorse (anche attraverso la Cassa del Mezzogiorno) che tuttavia non hanno generato meccanismi autopropulsivi di crescita. La rete imprenditoriale rimane perciò carente, ostacolata anche dalle numerose azioni criminali che frenano la crescita e la diffusione delle piccole e medie imprese. Per questo motivo il tasso di disoccupazione è ancora piuttosto elevato (quasi 1/4 della popolazione attiva). L'attività economica prevalente dell'isola è l'agricoltura che impiega l'8,3% della forza lavoro ed è tuttavia a bassa redditività. Questo settore che, nonostante la mancanza d'acqua, è riuscito a sfruttare intelligentemente clima e suolo, scegliendo le colture più adatte, registra una diminuzione degli addetti stabili, alla quale si cerca di sopperire per mezzo dell'impiego di manodopera stagionale, in prevalenza di origine extracomunitaria. L'agricoltura siciliana è caratterizzata da colture cerealicole (grano duro, orzo; la Sicilia è la prima regione in Italia per la produzione di cereali) all'interno e lungo la costa meridionale, e da agrumeti (limoni, arance, mandarini, di cui è la principale produttrice italiana). Notevole è anche la produzione di ortaggi (carciofi, piselli, cavolfiori). Segue per importanza la vite, da cui si ottengono vini ad alta gradazione alcolica e vini pregiati, come il famoso Marsala. Altre coltivazioni caratteristiche dell'isola sono quelle delle olive, del pistacchio, del mandorlo e dei capperi. A causa del terreno arido e dei rari pascoli si allevano pochi bovini; discreto è invece l'allevamento di ovini, suini e degli equini. Rilevante la pesca (tonni nel Trapanese, sarde, alici, pesci spada nel Messinese, molluschi e crostacei) tanto che la Sicilia è, con la Puglia, l'Emilia Romagna e le Marche, fra le prime regioni pescherecce italiane. In passato molto attive erano le tonnare di San Vito lo Capo, Favignana, Sciacca e Mazara del Vallo, in cui la pesca del tonno terminava con la cruenta fase della mattanza. Oggi i principali centri di pesca si trovano lungo le coste meridionali. L'industria impiega solo il 20,7% della popolazione attiva. In questo settore importanti sono le lavorazioni legate alle risorse agricole della regione, come le industrie alimentari e dei derivati degli agrumi (succhi, estratti, essenze, ecc.), ma soprattutto l'attività di trasformazione dei prodotti agricoli (mandorle e semilavorati, confetture, conserve di ortaggi e prodotti ittici) sta raggiungendo un ruolo notevole nel contesto nazionale ed internazionale. La vinificazione offre vini da taglio, e prodotti di qualità quali il Marsala, il passito corvo, la malvasia e il moscato di Pantelleria, che vengono abbondantemente esportati (la provincia di Trapani nel 1998 è risultata la quarta in Italia per volume di esportazioni). Riveste importanza notevole per l'economia dell'isola anche l'industria estrattiva: dal sottosuolo della Sicilia infatti si ricavano idrocarburi (petrolio, metano), salgemma e salmarino, asfalto. Lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, che per un lungo periodo ha rappresentato la maggior industria estrattiva dell'isola, è ora in declino. Grossi complessi industriali (chimici e petrolchimici) sono sorti nel secondo dopoguerra ad Augusta, Gela, Porto Empedocle, Milazzo, mentre negli ultimi tempi si sono sviluppate diverse aziende operanti in settori avanzati come l'elettronica e le telecomunicazioni. Il terziario occupa la stragrande maggioranza dei lavoratori (71%), soprattutto per l'importanza della pubblica amministrazione e del commercio al dettaglio. Il turismo risulta essere una delle maggiori risorse dell'economia, nonostante spesso l'attrezzatura ricettiva, le infrastrutture e i servizi siano ancora insufficienti. Le bellezze archeologiche, storico-artistiche e paesaggistiche richiamano infatti numerosi turisti italiani e stranieri e alcune città come Taormina, Siracusa, Agrigento, Palermo, le isole Egadi, le Eolie e Pantelleria, sono metà di orde vacanziere. Degne di nota sono anche le stazioni termali di Termini Imerese, Sciacca ed Acireale.

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