Il Cinquecento Il Settecento L'Ottocento Archivio Rappresentazione grafica della costituzione di Sparta La «polis» e il nuovo ideale educativo: Sparta e Atene. Storia cronologia dall'anno 0 all'anno 2000 Curiosità Articoli Dal segno alla scrittura Tempo libero Novità scientifiche Istituzioni di Sparta. La tradizione racconta che la voce dell'oracolo di Delfi dettò a Licurgo, legislatore spartano, la costituzione di Sparta. In realtà, si trattò di un lungo processo politico, economico e militare, durato presumibilmente tutto l'VIII secolo a.C., a dare forma a quell'insieme di leggi che regolò la vita della città-stato greca durante l'antichità. Commistione di elementi democratici (assemblea del popolo o apella), aristocratici (consiglio degli anziani o gherusía) e monarchici (diarchia), la costituzione lacedemone venne considerata tra gli antichi come modello di governo della città greca. Spartiati. La società spartana era rigidamente divisa in tre classi sociali: gli spartiati, i perieci e gli iloti. Solo i primi, discendenti dagli antichi Dori che avevano conquistato e sottomesso il Peloponneso, godevano di pieni diritti civili e politici. Dediti esclusivamente all'arte militare, alla quale venivano educati fin da bambini, vivevano delle rendite delle proprietà terriere, nelle quali gli iloti lavoravano in condizioni di semischiavitù. Gli spartiati non si fusero mai con le popolazioni indigene e il loro numero decrebbe costantemente; nel IV secolo a.C. se ne contavano non più di 700. Gherusía. Consiglio degli anziani, la gherusía era composta da trenta membri (ghérontes) eletti a vita. Ventotto venivano nominati per acclamazione tra gli spartiati di oltre sessant'anni; i restanti due erano rappresentati dai re che facevano parte di diritto del Consiglio. Principale organo politico, la gherusía proponeva le leggi e giudicava i crimini più gravi, che potevano essere puniti con la condanna a morte, con l'esilio o con la perdita dei diritti civili e politici. Le assemblee plenarie tra geronti ed efori costituivano un'alta corte che poteva giudicare anche l'operato dei re. Apella. L'apella era l'assemblea popolare e riuniva gli spartiati al di sopra dei trent'anni. Tra i suoi compiti vi era l'elezione dei geronti e degli efori e la votazione delle proposte presentate dalla gherusía, dagli efori e dai re. Il ruolo effettivo dell'apella, che si riuniva una volta al mese, era più formale che reale; le proposte presentate all'assemblea potevano essere o accettate o respinte in blocco. Re. A capo della società spartana era posta una diarchia. Discendenti delle due famiglie reali di Sparta (gli Agiadi e gli Euripontidi), i due re governavano collegialmente, comandavano l'esercito e svolgevano mansioni sacerdotali. Nel V secolo a.C. il comando dell'esercito venne affidato a uno solo dei due sovrani. Progressivamente estromessi dalla vita politica, i re continuarono a esercitare una profonda influenza sullo stato in quanto membri di diritto della gherusía. Efori. "Coloro che osservano", gli efori rappresentavano i magistrati dell'antica Sparta. Sacerdoti o capi tribù scelti in origine dai re per esercitare le loro funzioni durante i periodi di guerra, divennero in seguito un consiglio di cinque magistrati, eletti annualmente dall'apella, l'assemblea popolare. Rientravano tra le loro funzioni: convocare e presiedere le assemblee, riscuotere le tasse, dichiarare la mobilitazione in caso di guerra. Essi inoltre formavano insieme ai membri della gherusía un'alta corte davanti alla quale anche i sovrani potevano essere chiamati. Questi poteri, considerati "smisurati e quasi tirannici", venivano però compensati dalla collegialità del ruolo e dalla sua durata annuale. La «polis» e il nuovo ideale educativo: Sparta e Atene. Sparta V secolo. La maggiore complessità dell'ideale educativo e la maggiore diffusione dell'educazione, unite alla complicazione della vita economica e politica, provocano il sorgere di un'istituzione specificamente educativa: cioè della scuola. La storia di Sparta va suddivisa in due periodi nettamente distinti: prima e dopo le guerre messeniche. Poco sappiamo della Sparta arcaica, che è già una polis fiorente quando Atene non rappresenta praticamente nulla: la Costituzione dei lacedemoni, Lakedaimonion politéia, di Aristotele è perduta; la Costituzione degli spartani, Lakedaimonion politéia, di Senofonte e la Vita di Licurgo [Lykourgos] e di Plutarco, oltre ad essere opere assai tarde, hanno un carattere elogiativo e sono costruite, specie la seconda, su fonti varie e di valore diseguale. Quanto a Tirteo, egli ci fa conoscere l'atmosfera ideale della città, ma nulla dice che favorisca la ricostruzione di avvenimenti ed istituti. L'ideale spartano, quale appare dalle liriche di Tirteo, è quello fissato da una diffusa tradizione: non è degno di gloria un uomo se non ha valor militare, se in battaglia non è capace di resistere in prima linea, ben piantato sulle gambe, cacciando dal cuore ogni pensiero di fuga. La più bella sorte è quella di morire per la patria, la peggiore è quella del vile, disprezzato e fuggito da tutti. Va notato che questi temi non caratterizzano tanto la civiltà spartana quanto quella comune a tutta la Grecia, e d'altra parte numerose testimonianze confermano che, ancora nel VII secolo, Sparta ama la poesia e la musica; lo spartano accoglie amabilmente gli stranieri. La svolta sembra verificarsi attorno alla metà del VI secolo: da questo momento Sparta si irrigidisce in un atteggiamento di intransigente conservatorismo che progressivamente si trasforma in totalitarismo reazionario. Sia che la causa di questo fenomeno vada ricercata in un'esplosione di razzismo conseguente alla ribellione di Messene, sia che essa risieda nella reazione aristocratica contro le classi popolari che, avendo partecipato alla repressione ei ribelli, chiedono l'estensione dei diritti civili e politici, il risultato è la trasformazione del gruppo dirigente in una perfetta organizzazione militare, ben addestrata e costituita da individui incondizionatamente fedeli al governo. Nasce il mito di Licurgo, la cui costituzione, dettata dall'oracolo di Delfo, avrebbe un carattere sacro e quindi definitivo, in contrapposto alla relatività delle leggi democratiche, meramente umane. L'ideale di Licurgo è quello di avvezzare i cittadini « a non avere il desiderio e neppure la capacità di vivere una vita propria, quasi liberati dal proprio io, raccolti, a guisa di api, attorno al sovrano ». La necessità di formare cittadini per un simile tipo di società spiega perché Sparta attribuisca somma importanza all'attività educativa, di cui lo stato si assume direttamente l'iniziativa e l'esercizio. Lo stato si impadronisce del bambino nel momento stesso in cui viene al mondo: una commissione lo esamina e giudica se egli promette di poter diventare un buon soldato o se, al contrario, presenti difetti tali che ne consiglino l'abbandono. La famiglia è retta da una disciplina rigida, sotto l'assoluta autorità del padre. Il bambino deve imparare a dominarsi, a non piangere, a non aver paura. A sette anni viene consegnato allo stato ed ha inizio il curriculum della sua formazione, che durerà complessivamente tredici anni, dai sette agli undici, dagli undici ai quindici, dai quindici ai venti. L'educazione viene impartita durante i primi quattro anni in un semiconvitto, successivamente in un convitto, che meglio si può definire caserma. I tratti essenziali dell'educazione spartana sono ben noti: il vestire rozzo, unico per l'estate e per l'inverno, il letto di foglie, il cibo grossolano e scarso che deve spingere il fanciullo a rubare senza farsi sorprendere, pena la frusta, l'importanza attribuita all'educazione fisica come preparazione all'esercizio delle armi, il culto del silenzio e del parlare conciso ed essenziale (laconismo), la musica e la poesia intese in funzione strumentale in quanto capaci di ispirare slancio vivido ed entusiasmo patriottico, sono stati esaltati dalla letteratura attraverso i secoli. Meno note sono altre, non meno importanti e forse più significative caratteristiche dell'educazione spartana. La resistenza al dolore fisico, per esempio, per cui, in occasione delle celebrazioni per la vittoria di Tirea, squadre di fanciulli nudi danzano davanti al tempio di Artemide Osthia in un'assurda gara di resistenza al sole cocente dell'estate e, più tardi, anche alla fustigazione, gara che, in qualche caso di fanatismo, giunge fino alla morte. Oppure l'organizzazione, da parte della polizia segreta politica (kriptia), di squadracce di « studenti » armati di bastoni e pugnali, le quali, allo scopo di educare lo spirito combattivo e il patriottismo dei giovani, vengono impiegate nell'aggressione e talora nei massacro di qualche popolano preventivamente designato, scelto, ovviamente. fra i più energici e capaci e, in quanto tali, potenzialmente « pericolosi ». Anche l'educazione della donna spartana è stata, nei secoli, argomento innumerevoli esaltazioni e non c'è, anche fra noi, fanciullo che abbia compiuto gli studi elementari, il quale non abbia sentito parlare di quel tipo ideale di donne che comanda al figlio di tornare dalla battaglia « o con lo scudo o sullo scudo », che teme assai più la sconfitta in guerra che la perdita dei suoi nati, che è disposta ad uccidere di propria mano un figlio vile e fuggiasco. L'educazione della donna spartana è subordinata allo scopo di farne essenzialmente una madre prolifica di figli vigorosi, togliendole ogni delicatezza e tenerezza tipicamente femminili. Di qui lo sviluppo dello sport femminile, fenomeno unico nel mondo classico: anche le fanciulle devono esibirsi nude nelle feste e nelle cerimonie, ciò che non può non contribuire, oltre che ad irrobustire il corpo, alla eliminazione di complicazioni sentimentali e di « complessi ». Vediamo, ora, di trarre da quanto è stato detto qualche conclusione al di fuori del tradizionale cliché, essenzialmente retorico, acriticamente accettato da numerosi ripetitori. Quanto all'esaltazione fatta della paidéia lacedemonica nel mondo antico bisogna tener conto di due ordini di considerazioni. In primo luogo: Sparta non fa che esasperare, deformandola, una concezione comune a tutta la Grecia. Tirteo è, in questo senso, il cantore di un ideale accettato anche in città che si danno un reggimento democratico, ed i suoi versi tornano in scritti sepolcrali e in orazioni funebri del V e IV secolo anche in Atene. Secondariamente: durante il V e il IV secolo la moda di esaltare Sparta, fatta simbolo di regime autoritario, si afferma, nelle città democratiche, tra i nostalgici della vecchia aristocrazia. Se volessimo identificare i motivi più validi dell'educazione spartana potremmo sottolineare: a) lo sviluppo della moralità intesa come superamento dell'utilitarismo, del gretto individualismo e come interpretazione della vita quale dovere; b) la dimostrazione, fornita praticamente, delle enormi possibilità che si aprono davanti a un'azione educativa « totale », in cui tutti gli sforzi suggestivi convergano verso una meta unica e immutabile. Senonchè, per quanto riguarda il primo punto, è indiscutibile che l'angusta concezione della vita degrada l'educazione a mero addestramento. Per quanto si riferisce al secondo è chiaro che l'educazione spartana si risolve in una intollerabile violazione dell'autonomia e della dignità personali. Anche la teoria dell'indurimento, quale fattore di robustezza psicofisica, cara ai pedagogisti moderni da Locke a Rousseau, degenera, qui, nel culto di una brutale selezione, atta più ad eliminare che a rafforzare e recuperare. Del resto già nel mondo classico la paidèia spartana è fatta segno di severe stroncature. Pericle secondo il discorso che Tucidide gli fa pronunciare per i caduti durante il primo anno della guerra del Peloponneso, critica gli spartani i quali « fin dalla puerizia cercano con faticoso allenamento una sudata intrepidezza », e nella lotta sono animati da un coraggio « imposto dalla legge »; che vivono nel costante incubo del futuro », in uno stato permanente di « duro tirocinio », e traggono vigore dall'ignoranza. Ben più aspro è Aristotele, il quale giudica l'educazione spartana atta a produrre nient'altro che dei manovali della guerra, bestiali e feroci e, quel che più conta capaci di superare soltanto avversari inesperti, ma soggetti a trovarsi in gravi difficoltà o addirittura battuti da ateniesi e tebani, assertori di metodi educativi profondamente diversi, ispirati all'ideale democratico. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Atene. La contrapposizione, introdotta da Tucidide ed Aristotele, fra l'educazione ateniese e quella spartana ci apre la strada a parlare brevemente dell'ideale e delle istituzioni educative della celeberrima polis dell'Attica. Ultima fra le grandi città-stato ad assumere un ruolo di primo piano nella storia, Atene può essere ragionevolmente scelta quale paradigma del reggimento democratico nel quadro della civiltà greca. Nel già citato discorso che Tucidide gli fa pronunciare, Pericle identifica l'originalità e l'esemplarità della vita ateniese nel raggiunto equilibrio fra individuo e collettività, pensiero ed azione, sagacia economica e valor militare, capacità di godere le comodità, il benessere, la bellezza e dedizione al dovere fino al sacrificio. È proprio la consapevolezza della superiorità del loro modo di vita, la deliberata volontà di difendere il bene inestimabile di un'esistenza libera e felice, che spinge gli ateniesi, qualora siano costretti alla guerra, a battersi con accanimento e valore insuperabili. Sempre da Pericle -Tucidide apprendiamo che tutti gli ateniesi hanno i medesimi diritti nella vita privata, che le cariche pubbliche sono assegnate esclusivamente in base al valore personale, che non esiste professionismo politico ma in ogni persona si riuniscono le cure familiari e le politiche, sicché il cittadino che non si occupa di politica è giudicato « non già tranquillo ma inutile ». In conformità col nuovo clima economico - sociale - politico viene via via prendendo forma un nuovo ideale educativo. La nuova areté è riposta nella coscienza e nel rigoroso rispetto del dovere civico e nella capacità di svolgere quell'attività politica che i vecchi tempi volevano privilegio esclusivo dei nobili. Lo sport, già riservato ai rampolli delle famiglie nobili, si popolarizza:
palestra e ginnasio sono frequentati dai piccolo-borghesi. Manca, invece, una
organica preparazione militare: l'efebia, di cui comunemente si parla nei
manuali, avrà una regolamentazione ed acquisterà una struttura ben definita solo
durante e dopo la guerra del Peloponneso. « Noi, » afferma Pericle, « non
fidiamo nella tecnica o nella scaltrezza di preparativi, ma più nell'innato
coraggio, che si rivela sul campo. » Fino a sette anni il bimbo vive in casa, affidato alle donne, e la sua educazione si attua attraverso il gioco, le favole, la morale spicciola, la partecipazione al culto domestico e alle feste. Ad Atene non esistono scuole statali. In questa rinuncia dello stato qualche studioso dei nostri giorni, fautore dell'iniziativa privata in campo educativo e desideroso di reperire nella civiltà antica qualche argomento atto a convalidare la sua tesi, pretende di scorgere una consapevole volontà di liberare l'educazione da ogni implicazione politica e di promuovere un più libero sviluppo della personalità. Si tratta, però, di un'interpretazione anacronistica ed errata, qualora si pensi al significato che il termine « libertà » ha nel quadro della polis: pur senza gestire la scuola, lo stato ateniese è e si considera eminentemente educatore ed il conferimento all'iniziativa privata dell'organizzazione della scuola va ricondotta a due cause: in primo luogo al fatto che la scuola ha il compito esclusivamente di istruire essendo la formazione della personalità morale e civile demandata alla famiglia e alla vita pubblica; secondariamente al carattere essenzialmente unitario della civiltà, che rende estremamente improbabile l'affermarsi di un insegnamento gravemente eterodosso. Ché se tale eterodossia dovesse affermarsi le leggi sono pronte a stroncarla. Il curriculum è, grosso modo, ancora quello antico: ginnastica e musica sono le discipline fondamentali, insegnate rispettivamente dal pedatriba e dal citariota. Il fine, però, al quale ora si tende è, più ancora che la formazione militare, l'equilibrio psicologico, la perfetta rispondenza fra l'interno e l'esterno: la musica è espressione sensibile dell'armonia, la ginnastica addestra al pieno dominio della volontà sul corpo. Sintesi di musica e ginnastica è la danza la quale, nella sua forma corale, diventa il fattore e al tempo stesso il simbolo più perfetto di una completa educazione anche sociale. Ancora nel V secolo la scrittura è poco diffusa. Un vero e proprio insegnamento della grammatica appare soltanto in un momento successivo: è comunque significativo il fatto che il grammatistés viene assumendo via via maggiore importanza, fino ad essere chiamato diddscalos, ossia maestro per eccellenza. La disciplina, anche se non assume forme eccessive come a Sparta, è senz'altro severa: Aristofane parla dei fanciulli che se ne vanno a scuola in fila, a capo scoperto piova o nevichi, in massimo ordine. Il periodo scolastico si estende fin verso i quattordici anni, mancando ancora qualcosa di analogo alla nostra istruzione secondaria. Nessuna istruzione professionale. Le tecniche vengono trasmesse empiricamente dall'esperto all'apprendista. Del resto la completa estraneità rispetto a qualsiasi impegno produttivo è chiaramente espressa dallo stesso termine scholè, corrispondente al latino otium e significante riposo, tranquillità, tempo libero da ogni cura domestica, professionale, amministrativa, militare. Abbiamo già accennato al fatto che l'educazione, nella polis, e particolarmente in Atene, ha nella scuola soltanto uno e probabilmente non il più importante dei suoi fattori: assemblee politiche, vita militare, gare sportive, cerimonie religiose e soprattutto spettacoli teatrali costituiscono un piano educativo di cui testimonia la fioritura, in poco più di un secolo, di personalità come Pindaro, Eschilo Sofocle, Euripide, Erodoto, Tucidide, Fidia, Apelle, inconcepibile senza un livelo medio altissimo, ottimamente disposto a promuovere ed a ricevere tante e tali espressioni di geniale creatività. Sparta. Città (15.000 ab.) della Grecia, capoluogo del nomo di Laconia; è situata a 224 m s/m., nel Peloponneso sud-orientale, sulla destra del fiume Eurota. Econ. - Al centro di una regione agricola (oliveti, vigneti, agrumeti), è il principale centro di commercio agricolo della zona e sede di industrie della trasformazione alimentare. La città attuale, ricostruita nel 1834 per volontà del re di Grecia Ottone, sorge un poco più a Sud del sito antico. St. - Dalle origini al VII sec. a.C.: la tradizione mitologica ellenica narrava l'episodio del "ritorno degli Eraclidi", secondo il quale i discendenti di Eracle tornarono nel Peloponneso e lo colonizzarono. Già Tucidide, alla fine del V sec. a.C., interpretava questa notizia come il racconto simbolico dell'invasione dei Dori nella regione, fatto che, tra il XIII e l'XI sec. a.C., pose fine alla civiltà micenea. Si trattava, come risulta dai dati archeologici, di una popolazione di stirpe greca, dotata di una forza militare tale da cacciare gli Achei dalle loro terre: i Dori occuparono in particolare l'alto bacino dell'Eurota e gli insediamenti micenei locali. Un precedente sito miceneo sul colle di Terapne divenne, intorno al X sec. a.C., il primo stanziamento dorico della futura S.: il centro fu noto come Lakedàimon, nome ufficiale della città che ne nacque e origine del termine Lakedaimònioi con il quale gli antichi indicavano i suoi cittadini. Successivamente, tra il IX e l'VIII sec., i Dori si stanziarono nella piana sottostante; fondarono quattro villaggi limitrofi (Pitane, Mesoa, Cinosura e Limne) e occuparono, alla fine dell'VIII sec., la località di Amicle, conquistando gradatamente tutta la valle dell'Eurota fino al mare. La struttura a insediamenti sparsi (donde il toponimo Sparté, da speíro: semino, spargo) determinò il carattere di "città aperta" che S. mantenne fino al III sec. a.C., quando furono edificate per la prima volta mura di difesa. Il nome S., infatti, si riferisce non tanto all'una o all'altra delle borgate che la costituivano, ma alla pianura su cui esse erano dislocate. L'espansione territoriale spartana non perse slancio fino al VII sec.; una volta assicuratisi uno sbocco sul mare, infatti, la polis si volse alla conquista della Messenia, la regione confinante a Ovest con la Laconia. La prima guerra messenica (Messenico) scoppiò intorno al 770 a.C. (ma secondo alcuni studiosi qualche decennio più tardi, tra il 743 e il 736): i Messeni furono cacciati dalla fertile piana in cui abitavano e costretti alla resistenza sul Monte Itome. Parte di loro fu ridotta a una condizione servile, cui si ribellarono circa un secolo più tardi, dando origine alla seconda guerra messenica, che durò dal 654 al 628 a.C. In questa occasione i Messeni furono appoggiati da altre città del Peloponneso, interessate a contrastare la potenza spartana: Argo, Sicione, Tegea, Pisa e l'Arcadia. Altre popolazioni, però, si schierarono con gli S., in particolare gli Elei e i Sami; in breve i Messeni furono ridotti a una estrema resistenza sul Monte Ira e poi sconfitti. Gli Spartani si volsero allora contro le altre città nemiche, soprattutto quelle degli Arcadi: Orcomeno e Tegea. La regione meridionale dell'Arcadia, la Sciritide, fu direttamente incorporata alla Laconia, mentre le città (oltre alle due succitate, anche Mantinea e altre minori) furono costrette a un'alleanza militare (summachía), nocciolo della futura lega peloponnesiaca (Peloponnesiaco). ║ Ordinamento sociale e istituzionale: durante l'VIII e il VII sec. a.C., S. non solo realizzò la prima espansione territoriale e militare, ma delineò anche la propria peculiare organizzazione socio-politica. Alla fine del VII sec., infatti, la costituzione spartana appariva già rigidamente delineata e non più passibile di modifiche né di diritto né di fatto, dal momento che il conservatorismo giuridico e sociale era esplicito e indicato come un preciso dovere della cittadinanza. La tradizione attribuiva a Licurgo, figura sulla cui storicità permangono fortissimi dubbi, la paternità dell'ordinamento di S. che sarebbe stato direttamente approvato da Apollo delfico; le leggi spartane risultavano così ammantate di sacrale irriformabilità. In realtà, il complesso legislativo fu esito di un lungo processo evolutivo, attestato con sufficiente certezza nelle sue fasi storiche e con ogni probabilità dipendente, almeno in parte, da quello dell'antica Creta. Fin dal principio al vertice della polis era una diarchia: due famiglie nobiliari, gli Agiadi e gli Euripontidi, davano di diritto i due re; la successione era ereditaria e spettava non al primogenito bensì al primo maschio nato dopo l'ascesa al trono. Gli storici hanno suggerito diverse possibili origini per questo istituto: esso era forse il risultato dell'antico dualismo di S., in origine formata dal borgo miceneo di Terapne e dai nuovi insediamenti di pianura; o forse l'esito di un compromesso tra una dinastia regnante e una stirpe nobiliare molto potente; o ancora si tratterebbe della semplificazione di una magistratura a tre (un re per ciascuna delle tre antiche tribù: Illei, Dimani e Panfili); infine alcuni ritengono che la diarchia fosse in origine una magistratura affine a quello che sarebbe stato il consolato romano, istituita dalla nobiltà come propria espressione in sostituzione del sovrano unico. Comunque fosse, i due re esercitavano in S. un potere di tipo esecutivo, che consisteva principalmente nella facoltà di dichiarare la guerra, nel comando dell'esercito e nella rappresentanza rituale della città ai sacrifici pubblici. I due re, tuttavia, compartecipavano alla gestione del potere legislativo e giuridico esercitato di diritto dalla gherusía, cioè da un consiglio formato da 30 membri (compresi i due re) eletti a vita e scelti tra gli aristocratici di S. che avessero compiuto i 60 anni. Il numero totale dei ghérontes (anziani) depone per l'antichità dell'istituto, che rispecchia certamente l'originaria divisione della popolazione in tre tribù. Il consiglio deliberava sulle questioni politiche e assolveva anche compiti giudiziari. Tutti i cittadini (spartiati) di età compresa fra i 30 e i 60 anni erano membri di diritto dell'assemblea cittadina (apella): essa veniva convocata regolarmente e aveva il potere di deliberare sulle proposte della gherusía, approvandole o respingendole. I membri dell'assemblea, tuttavia, non avevano diritto di parola e non potevano quindi presentare proprie proposte, ma solo valutare quelle degli anziani. La materia su cui l'apella era chiamata a deliberare riguardava questioni di pace e di guerra, la successione al trono in caso di controversie e le cariche elettive. Secondo Polibio, in una fase più tarda il voto dell'apella divenne da deliberativo solo consultivo, in quanto lagherusía, quando lo ritenesse opportuno, aveva la facoltà di non tenere conto dell'indicazione dell'assemblea generale. Oltre ai membri vitalizi della gherusía si eleggevano in S. con durata annuale cinque efóroi. Questa magistratura è forse la più recente e gli stessi antichi ne attribuivano l'istituzione non a Licurgo ma a un più tardo re Teopompo, vissuto forse nella seconda metà dell'VIII sec. a.C.; essa è comunque anteriore alla fine del secolo, dal momento che l'istituto collegiale degli efori si ritrova anche nelle prime colonie lacedemoni della Magna Grecia, Taranto venne fondata nel 706 a.C.. Il numero cinque, inoltre, sembra collegato a una più recente ripartizione dei collegi territoriali di nomina, sulla base dei cinque nomoi, borgate, che diedero vita allo Stato spartano. Il compito degli efori, che presiedevano l'apella, era quello di controllare gli atti dei funzionari statali, compresi i re e gli anziani, affinché non venissero commessi abusi nei confronti dei cittadini. Alla base di questo ordinamento politico stava un preciso assetto sociale, che venne forzosamente mantenuto inalterato a prescindere dal variare delle condizioni politiche e demografiche, conducendo così la società spartana verso il progressivo inaridimento civile e il declino militare. Le conquiste territoriali dei primi secoli costituirono il patrimonio fondiario iniziale di proprietà dello Stato, [politiké chora: territorio cittadino] esso venne diviso in uguali appezzamenti di terreno, [kléroi] e ogni spartiate ne riceveva uno in usufrutto inalienabile ma ereditario. L'essere titolari di un lotto di terra era infatti la condizione necessaria per ottenere o mantenere il diritto di cittadinanza: con i proventi della terra, infatti, gli spartiati pagavano il proprio contributo alla vita pubblica e si mantenevano in armi, secondo l'ordinamento oplitico. Per conservare integro il territorio cittadino, i singoli lotti venivano trasmessi senza frazionamenti al primogenito: gli altri figli maschi, ove ci fossero, dovevano acquistare un appezzamento nei territori dei perieci oppure decadevano dal diritto di cittadinanza, diventando hupoméiones, inferiori; tale diritto infatti dipendeva non solo dall'essere nati da padre spartiate, ma anche dall'essere proprietari di un terreno che consentisse il mantenimento degli obblighi economici verso lo Stato. Dal momento che ai cittadini di Sparta era vietato l'esercizio del commercio e dell'artigianato e il possesso di monete d'oro e d'argento, l'unica fonte di reddito consentita era quella agricola. Si comprende facilmente come l'espansionismo territoriale di Sparta fosse in gran parte esito inevitabile della necessità di conquistare nuove terre per i figli cadetti delle famiglie cittadine e come, cessate le conquiste, fosse cominciato un lento ma inarrestabile decremento della classe sociale degli spartiati e perciò del numero di opliti che la città era in grado di schierare in battaglia. Le altre classi sociali del territorio direttamente soggetto a S., infatti, non godevano della cittadinanza e dunque non combattevano con gli Spartani, se non in occasioni eccezionali e in numero limitato, per ragioni di sicurezza. Gli iloti erano una classe semiservile, affine ai medioevali servi della gleba, cui spettava il compito di coltivare i terreni di proprietà degli spartiati, mentre questi si dedicavano alla preparazione militare prima e alla conduzione delle guerre poi. Secondo gli storici, gli iloti erano inizialmente i discendenti degli abitanti predorici del bacino dell'Eurota: al loro rango furono poi via via assimilati gli abitanti superstiti delle città sottomesse, come accadde ai Messeni. Privi come gli iloti dei diritti politici ma non di quelli civili erano invece i perieci, che vivevano in villaggi esterni al territorio strettamente cittadino, per lo più dislocati lungo la costa, e che potevano esercitare il commercio e le attività artigianali. Essi godevano di autonomia amministrativa ma erano soggetti a precisi obblighi contributivi e, talvolta, militari; inoltre non potevano perseguire una propria politica estera. Sollevati dalle incombenze strettamente economiche, gli spartiati conducevano una vita interamente dedicata alle necessità dello Stato: fin da ragazzi venivano allontanati dalla famiglia per essere educati nelle discipline militari, organizzati in gruppi di coetanei [sissizi] guidati da un maestro responsabile del programma educativo [agoghé]. I ragazzi vivevano insieme, si allenavano e combattevano insieme e terminavano il proprio addestramento civile e militare intorno ai 20 anni. La rigida educazione spartana mirava a sviluppare coraggio e abilità: ci è stata tramandata la descrizione di alcuni cimenti cui venivano sottoposti gli allievi, come la kryptéia, in cui un giovane veniva abbandonato per un certo numero di giorni in un territorio sconosciuto, perché dimostrasse di saper sopravvivere in terra nemica. Coerente a questi dati è la tradizione secondo cui i bambini nati con difetti fisici che li rendevano inadatti alla guerra non venivano allevati ma esposti sul Monte Taigeto. A 20 anni si era soldati e si viveva negli accampamenti comuni; dai 30 anni i cittadini, se si era in tempo di pace, potevano sposarsi e vivere in una casa propria, ma la dimensione comunitaria veniva mantenuta dall'obbligo di prendere il pasto giornaliero alla mensa militare con il gruppo dei coetanei. Questo regime di estrema militarizzazione e austerità fu in realtà il punto terminale dell'evoluzione della società spartana; fino al principio del VI sec., infatti, l'egualitarismo socioeconomico stabiliva solo una condizione minima di ricchezza, che non precludeva possibilità di accumulo, ad esempio vi era chi riusciva a ereditare più lotti di terra. La vita culturale fu vivace, come dimostrano le composizioni poetiche di Alcmane o il prolungato soggiorno a S. di poeti come Terpandro di Lesbo e Stesicoro di Imera. Tuttavia, la rigidezza degli istituti sociali condusse alla tipica austerità della S. tradizionale, con un costante calo demografico della popolazione cittadina e una progressiva contrazione dei consumi interni, di modo che il declino di S. fu dovuto più alla sua struttura interna che ad eventi esterni. La lega peloponnesiaca, le guerre persiane e l'egemonia spartana nella guerra del Peloponneso: dopo il VII sec., S. abbandonò la politica di annessioni e di riduzione alla condizione di iloti delle popolazioni vinte. L'esercito rimase pur sempre il principale strumento della politica estera spartana, ma esso fu utilizzato in senso egemonico all'interno di un sistema di alleanze; due furono le cause di questa decisione strategica. Da un lato il numero dei cittadini spartani di diritto, i soli che potevano essere schierati in armi, non fu mai molto elevato e non era perciò in grado né di conquistare né di mantenere in stato di soggezione territori troppo vasti. Inoltre l'ordinamento civico della polis non poteva applicarsi a uno Stato di dimensioni regionali o nazionali, a meno di essere riformato cosa che gli Spartani non volevano. La soluzione della summachía o alleanza militare, aveva il duplice vantaggio di fornire forze militari da poter impiegare a difesa o promozione degli interessi di S. e insieme di conservare la dimensione ottimale e tradizionale della città-stato: S. infatti era in grado di imporre la sua volontà sulle città aderenti alla lega con la propria superiorità militare - senza doverle direttamente conquistare - offrendo volentieri come contropartita la loro autonomia amministrativa e di politica interna. Durante il VI sec. a.C. confluirono nella lega peloponnesiaca quasi tutte le città della Grecia meridionale: gli Elei, che esercitavano la presidenza sul santuario di Olimpia e sui suoi giochi, le città dell'Argolide, esclusa la sempre nemica Argo, Fliunte, l'Isola di Egina e la grande città di Corinto, che portò in dote alla lega una forza navale seconda solo a quella ateniese. Le prime azioni degli "Spartani e dei loro alleati" attestate dagli storici antichi sono quelle del 525 a.C. contro il tiranno di Samo Policrate e quella del 510 a.C. contro i Pisistratidi di Atene, su richiesta degli esuli ateniesi. Il re promotore di questi interventi, Cleomene, sconfisse anche in modo decisivo la rivale Argo, sancendo l'egemonia indiscussa di S. nella regione. Il delinearsi del pericolo persiano catalizzò questo sistema di alleanze tra le poleis greche; anche Atene, all'indomani della rivolta delle città ioniche contro i Persiani nel 499-495 a.C., vi aderì. In realtà, il peso della prima guerra persiana ricadde quasi totalmente sulle spalle della sola Atene, vittoria di Maratona, 490 a.C.: il contingente spartano di soccorso arrivò infatti quando la battaglia era già conclusa. La guerra contro Serse, invece, vide la partecipazione delle poleis greche, sotto il comando spartano, organizzate in un organismo molto forte. Le battaglie delle Termopili, 480 a.C. e di Platea (479 a.C.), rispettivamente guidate dagli spartani Leonida e Pausania, confermarono il mito dell'invincibilità militare di S. (Persiano). Con lo spostamento del teatro delle azioni militari in Asia Minore e in Tracia, gli Spartani cominciarono un lento disimpegno, essendo quelle aree troppo lontane dai loro interessi immediati: questo fu un grave errore, che lasciò spazio al costituirsi della lega delio-attica a supremazia ateniese e al costituirsi, grazie ad essa, dell'imperialismo marittimo di Atene (Atene e Delio-Attica, Lega). Presto Atene si staccò dalla lega peloponnesiaca, per organizzare subito, nel 462 a.C., una coalizione militare con i nemici storici di S.: gli Argivi e i Tessali, si sviluppò in questa occasione il mito dell'autoctonia continentale che contrapponeva i popoli pelasgici da sempre abitatori dell'Attica e della Grecia continentale alle stirpi doriche del Peloponneso. Seguirono anni di scontri per il controllo della Grecia continentale, nel corso dei quali, tra alterne vicende, prima S. si vide rinchiusa nel solo Peloponneso, poi l'Attica fu invasa dagli Spartani, fino a che si giunse nel 446 a.C. alla conclusione di una tregua trentennale tra le due città e al reciproco riconoscimento, tra le due leghe delio-attica e peloponnesiaca, delle rispettive zone di influenza, terrestre quella di S., sul Peloponneso e sulla Grecia centrale; navale quella di Atene, sulle Isole di Eubea e di Egina e sullo Ionio. Questa pace fu tuttavia di natura transitoria, dal momento che troppe erano le occasioni in cui l'una polis poteva entrare in competizione nella zona di influenza dell'altra. Nel 431 a.C., dunque, ebbe inizio la guerra del Peloponneso (Peloponneso) che terminò nel 404 a.C. con la vittoria spartana e l'estensione della sua egemonia in Grecia. Protagonisti del successo militare di S. furono soprattutto Brasida e Lisandro, che riuscirono a superare la tradizionale diffidenza spartana a portare i propri soldati fuori dal Peloponneso. La svolta decisiva che determinò la conclusione della guerra, tuttavia, fu l'alleanza strategica ed economica di S. con la Persia di Ciro. Alle città sconfitte furono imposti Governi oligarchici, come quello dei trenta tiranni ad Atene e l'adesione alla lega peloponnesiaca. La decadenza di S.: nonostante avesse raggiunto una posizione egemone addirittura superiore a quella conseguita con le guerre persiane, anche perché rimasta senza rivali, S. si avviò a un graduale declino, reso inevitabile sia da fattori interni sia da cause esterne. Il predominio spartano, infatti, assunse un carattere pesantemente impositivo e militare, molto più lesivo delle autonomie cittadine di quanto fosse stato in precedenza quello ateniese, senza per altro compensare questa sudditanza politica con significativi rapporti di tipo commerciale ed economico che portassero benefici e potessero saldare i rapporti tra polis egemone e centri sottomessi. Inoltre, il fatto che la flotta spartana fosse mantenuta con denaro offerto dalla Persia, sempre interessata a dominare le città greche d'Asia Minore e a stabilire una sua influenza su quelle continentali, dava all'egemonia spartana una natura anti-nazionale mal tollerabile. Per questa ragione gli scontri tra il re spartano Agesilao e il persiano Artaserse finirono per rimettere in moto la situazione anche in Grecia, dando fra l'altro ad Atene la possibilità di affrancarsi dalla soggezione a S. e di ricostituire una sua forza navale. La Pace di Antalcida nel 386 a.C. giovò agli interessi persiani più che a quelli di altri e rappresentò il punto di svolta verso la decadenza spartana. S. infatti, indebolita dallo sforzo militare e privata della flotta distrutta dall'ateniese Conone, vide crescere al suo interno una crisi economica e demografica: il gruppo degli spartiati era ormai ridotto a meno di 1.000 individui, mentre cresceva il numero di coloro che non riuscivano più a mantenere i requisiti minimi di cittadinanza. Inoltre, perieci e iloti premevano per affrancarsi dalla loro posizione subordinata e servile. Anche per questa debolezza S. non riuscì a impedire il sorgere della potenza di Tebe (V.), inizialmente appoggiata ma poi osteggiata da Atene: fu proprio Tebe a infliggere a S. la prima sconfitta in campo aperto della sua storia, a Leuttra nel 371 a.C. La guerra entrò nel Peloponneso, con il saccheggio della Laconia, la rivolta della Messenia e la battaglia di Mantinea [362 a.C.], che sancì la fine dell'egemonia spartana. Nessuna città poté però subentrare nel suo ruolo guida: Tebe non era sufficientemente potente, Atene era militarmente ed economicamente prostrata. Ciò lasciò spazio alla progressiva intromissione della Monarchia macedone. Dopo la battaglia di Cheronea nel 338 a.C. in cui Filippo il Macedone sconfisse Atene e Tebe, ancheS. fu costretta ad aderire alla lega panellenica. Nel 331 a.C., mentre Alessandro Magno, succeduto al padre si trovava in Asia, S. tentò una rivolta, subito soffocata. Da allora le vicende spartane coincisero con quelle della Grecia, fatti salvi due tentativi di restaurare l'ordinamento di Licurgo da parte di due re Agide IV e Cleomene III nella seconda metà del III sec. a.C., che ebbero come unico esito l'occupazione di S. da parte del re macedone Antigono Dosone (222 a.C.). Un ultimo tentativo di riacquistare a S. l'indipendenza fu operato dal re Nabide intorno al 192 a.C. e fu stroncato dai Romani. Assimilata da questi ultimi alla lega achea (Achea, Lega), S. ne condivise la sorte sotto la loro dominazione. Nel 395 d.C. S. fu saccheggiata dal generale vandalo Alarico e nei Secc. VII e VIII dovette essere più volte ricostruita dopo le invasioni dei popoli slavi. Nel X sec. la zona fu evangelizzata e, successivamente, diventò avamposto franco e quindi, dal 1260 circa, capitale del despotato di Morea, che dipendeva da Bisanzio. La regione, e con essa S., passò all'Impero ottomano nel 1460. Archeol. - I resti della città sono venuti alla luce solo dal 1906, anno in cui la Scuola archeologica britannica di Atene cominciò gli scavi nel sito dell'antica S. Tra i reperti individuati è il tracciato delle mura, lunghe circa 9 km: la cinta muraria sorse molto tardi, forse solo dopo l'attacco alla città perpetrato da Demetrio Poliorcete nel III sec. a.C. Essa era costituita da mattoni cotti al sole e disposti lungo uno zoccolo di pietra. A Sud-Est della città sorgeva il santuario di Artemide Orthia, il principale monumento della città, dal quale si è tratto il maggior numero di informazioni anche grazie ai numerosi rifacimenti cui fu soggetto in età antica. In una prima fase il culto si svolgeva all'aperto nei Secc. IX-VIII a.C., in un'area di circa 1.500 mq cinta da un peribolo e pavimentata con ciottoli di fiume; di questa fase si sono conservati i resti di due altari. Intorno all'800 a.C. furono realizzate delle fondamenta in pietra e un alzato in fango seccato e legno; questo edificio venne poi consolidato e ampliato, diviso in due navate da una fila di colonne lignee, tra cui anche il pilastro di Artemide, raffigurante la dea in peplo coronata di foglie, l'iconografia è desunta da quella di numerose statuette votive ritrovate in loco. Dopo il 600 a.C. il tempio fu abbattuto per far posto a una costruzione più grande, forse in antis, in stile dorico, con frontone decorato da due leoni araldici, il suo aspetto esteriore ci è noto attraverso una stele del II sec. a.C. che ritraeva il tempio dopo l'ultimo restauro. In età romana davanti al santuario fu costruita una cavea circolare a gradini per lo svolgimento delle cerimonie. Di particolare interesse il materiale votivo rinvenuto, che riguarda per lo più il periodo compreso tra il IX e il IV sec. a.C.: statuine della dea (in argilla, bronzo, piombo, avorio intagliato, ecc.), ex voto, maschere. Sul colle Paleocastro sorgeva l'acropoli, cinta da mura di età romana e bizantina: di particolare interesse il santuario di Athena Chalkioikos, Atena dalla casa di bronzo. Di esso restano poche rovine, ma sappiamo che la statua di culto e il rivestimento delle pareti dell'edificio con decorazioni in bronzo, donde il nome del santuario stesso, erano opera dell'artista spartano Gitiada nel VI sec. a.C.); la loro descrizione, come quella di un gran numero di monumenti di S. di cui oggi non abbiamo traccia ci è stata tramandata dal periegeta Pausania. Presso l'acropoli sono i resti dell'abitato di età romana, di cui restano un portico, le terme e case, alcune delle quali hanno restituito magnifici mosaici. Infine su un colle presso il fiume Eurota sorgeva la tomba di Menelao ed Elena, con numerosi ex voto. Tutto il materiale recuperato attraverso gli scavi è oggi custodito nel Museo archeologico presso l'agorà. Rappresentazione grafica della costituzione di Sparta Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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