BRITANNICO, IMPERO COLONIALE (XVI-XX secolo). Insieme dei possedimenti conquistati e detenuti dall'Inghilterra prima e dalla Gran Bretagna poi a vario titolo in ogni parte del mondo, dall'Irlanda all'Oceania. L'apertura dei traffici atlantici diede all'Inghilterra di Elisabetta I (1558-1602) l'occasione di inserirsi con i suoi navigatori e corsari nella rapina dei tesori americani, egemonizzata da Spagna e Portogallo. Con la creazione di apposite compagnie commerciali private operanti su licenza regia (royal charter), sotto gli Stuart (XVII secolo) vennero create sia colonie di popolamento nell'America settentrionale (Nuova Inghilterra), nei Caraibi (Guyana, Barbados), in Africa occidentale (Gambia, Costa d'oro), sia stazioni commerciali in India con la East India Company. Il regime repubblicano di Cromwell (1648-1658) diede, soprattutto in funzione antiolandese, un impulso vigoroso alla creazione di una stabile potenza marittima già avviata con Enrico VIII ed Elisabetta. Ciò portò la Gran Bretagna uscita dal periodo rivoluzionario (Glorious Revolution, 1688) a confrontarsi su tutti i mari, una volta decaduta la potenza ispano-portoghese, con quella francese in una serie di guerre coloniali che accompagnarono quelle per l'equilibrio europeo nel XVIII secolo. Abilità diplomatica e ardimento bellico consentirono di strappare alla Francia il controllo dei territori del Canada (1763) e di una serie di empori in India, mentre i viaggi di James Cook consentivano il possesso di isole dell'Oceania e della Nuova Guinea (1769). Perduta la Nuova Inghilterra (1783), iniziò la penetrazione nell'India continentale per il controllo diretto delle fonti del commercio, il popolamento dell'Australia con deportati (1788) e quella del Canada, mentre fu creata nella Sierra Leone (1795) una colonia di schiavi neri liberati. Ma lo scontro con la Francia rivoluzionaria e napoleonica (1792-1815) e la rivoluzione industriale mutarono i termini del colonialismo britannico: esso perse sempre più la funzione privatistica divenendo funzione pubblica nell'interesse privato, assunse una prospettiva mondiale, abbandonò il criterio del monopolio commerciale seguito da tutte le potenze coloniali fino ad allora sulle orme del mercantilismo. In quei pochi anni e in quelli immediatamente successivi fu creata una catena di piazzeforti marittime in grado di controllare tutte le rotte vitali del mondo: Gibilterra, Malta, Cipro (1878), Città del Capo (1806-1814), Mauritius, Seychelle, Aden (1839), Socotra, Maldive, Ceylon, Malacca e Singapore (1819), Hong Kong (1841), isole Christmas, isole Salomone, i porti amici del Cile, Falkland (1833), Ascension, Tristan da Cunha e Sant'Elena. Sull'esempio di Singapore esse divennero porti franchi con piena libertà di navigazione, consentendo un rapido sviluppo dei commerci mondiali a tutto favore del capitalismo industriale britannico egemone sul mercato di manufatti, mentre per via diplomatica si imponeva analoga scelta anche là dove non c'era un controllo militare diretto (questione degli Stretti). Su questa base i domini commerciali e territoriali e lo stesso popolamento crebbero rapidamente, con il controllo dell'intero subcontinente indiano (1858) e dell'Egitto (1882), l'insediamento nell'Africa australe in concorrenza con i boeri, la creazione di colonie in Nigeria e nell'Africa orientale, la penetrazione in Cina, il popolamento massiccio di Canada, Australia e Nuova Zelanda. Sciolta anche l'ultima finzione della East India Company (1858) e assunta la quota egiziana di controllo del canale di Suez (1875), la regina Vittoria poteva assumere anche il titolo formale di imperatrice delle Indie (1876), mentre, grazie alle nuove acquisizioni in Africa ottenute con la conferenza di Berlino del 1885, veniva fissato il piano di dominio dell'Africa "dal Capo al Cairo". Nel 1909 l'impero copriva il 20 per cento della superficie del globo, con il 23 per cento della popolazione. Ma le pressioni delle colonie a popolamento bianco condussero all'abbandono del liberoscambismo e alla creazione di un'area a protezione doganale, formata dai dominion Canada (1867), Australia (1901), Nuova Zelanda (1907), Unione sudafricana (1910). Con la vittoria nella Prima guerra mondiale, la Gran Bretagna poté aggiungere i mandati sulle ex colonie tedesche in Africa e soprattutto il controllo, in compartecipazione con la Francia, sul medio Oriente, che già prometteva petrolio abbondante. Ma dopo la crisi del 1929, la creazione del Commonwealth autarchico (1931) non fu sufficiente a imbrigliare le forze nazionaliste centrifughe, che con la Seconda guerra mondiale ebbero la possibilità di approfondirsi e diffondersi. La Seconda guerra mondiale, nonostante la grande vittoria sul nazifascismo, privò la Gran Bretagna del ruolo di massima potenza mondiale, riducendola in secondo rango dopo Stati Uniti e Urss, e della forza per tenere sotto controllo nazioni e popoli cui essa stessa aveva contribuito a dare coscienza di sé. Entro il 1965 dovette abbandonare tutti i possedimenti "a est di Suez" e poco dopo anche Cipro e Malta, conservando soltanto Falkland, Guayana, Hong Kong (tornata il 1 gennaio 1997 sotto la sovranità della Cina, che non potrà però mutarne lo status socio-economico per cinquant'anni), il dominio di Gibilterra, e l'Irlanda del nord, mentre il Commonwealth si tramutava in una comunità di stati sovrani e indipendenti. G. Petrillo |