Io era già da quell' ombre partito,
e seguitava l'orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
(3)
una gridò: «Ve' che non par che luca
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!»
(6)
Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
e vidile guardar per maraviglia
pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.
(9)
«Perché l'animo tuo tanto s'impiglia»,
disse 'l maestro, «che l'andare allenti?
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
(12)
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti;
(15)
ché sempre l'omo in cui pensier rampolla
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
perché la foga l'un de l'altro insolla».
(18)
Che potea io ridir, se non «Io vegno»?
Dissilo, alquanto del color consperso
che fa l'uom di perdon talvolta degno.
(21)
E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando 'Miserere' a verso a verso.
(24)
Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco;
(27)
e due di loro, in forma di messaggi,
corsero incontr' a noi e dimandarne:
«Di vostra condizion fatene saggi».
(30)
E 'l mio maestro: «Voi potete andarne
e ritrarre a color che vi mandaro
che 'l corpo di costui è vera carne.
(33)
Se per veder la sua ombra restaro,
com' io avviso, assai è lor risposto:
fàccianli onore, ed essere può lor caro».
(36)
Vapori accesi non vid' io sì tosto
di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d'agosto,
(39)
che color non tornasser suso in meno;
e, giunti là, con li altri a noi dier volta,
come schiera che scorre sanza freno.
(42)
«Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar», disse 'l poeta:
«però pur va, e in andando ascolta».
(45)
«O anima che vai per esser lieta
con quelle membra con le quai nascesti»,
venian gridando, «un poco il passo queta.
(48)
Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
sì che di lui di là novella porti:
deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?
(51)
Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infiino a l'ultima ora;
quivi lume del ciel ne fece accorti,
(54)
sì che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di sé veder n'accora».
(57)
E io: «Perché ne' vostri visi guati,
non riconosco alcun; ma s'a voi piace
cosa ch'io possa, spiriti ben nati,
(60)
voi dite, e io farò per quella pace
che, dietro a' piedi di sì fatta guida,
di mondo in mondo cercar mi si face».
(63)
E uno incominciò: «Ciascun si fida
del benefìcio tuo sanza giurarlo,
pur che 'l voler nonpossa non ricida.
(66)
Ond' io, che solo innanzi a li altri parlo,
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
(69)
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
in Fano, sì che ben per me s'adori
pur ch'i' possa purgar le gravi offese.
(72)
Quindi fu' io; ma li profondi fóri
ond' usci 'l sangue in sul quale io sedea,
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
(75)
là dov' io più sicuro esser credea:
quel da Esti il fé far, che m'avea in ira
assai più là che dritto non volea.
(78)
Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira,
quando fu' sovragiunto ad Oriaco,
ancor sarei di là dove si spira.
(81)
Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco
m'impigliar sì ch'i' caddi; e lì vid' io
de le mie vene farsi in terra laco».
(84)
Poi disse un altro: «Deh, se quel disio
si compia che ti tragge a l'alto monte,
con buona pietate aiuta il mio!
(87)
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch'io vo tra costor con bassa fronte».
(90)
E io a lui: «Qual forza o qual ventura
ti travïò sì fuor di Campaldino,
che non si seppe mai tua sepultura?».
(93)
«Oh!», rispuos' elli, «a piè del Casentino
traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano,
che sovra l'Ermo nasce in Apennino.
(96)
Là 've 'l vocabol suo diventa vano,
arriva' io forato ne la gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano.
(99)
Quivi perdei la vista e la parola;
nel nome di Maria finìi, e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola.
(102)
Io dirò vero, e tu 'l ridì tra ' vivi
l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno
gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?
(105)
Tu te ne porti di costui l'etterno
per una lagrimetta che 'l mi toglie;
ma io farò de l'altro altro governo!".
(108)
Ben sai come ne l'aere si raccoglie
quell' umido vapor che in acqua riede,
tosto che sale dove 'l freddo il coglie.
(111)
Giunse quel mal voler che pur mal chiede
con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento
per la virtù che sua natura diede.
(114)
Indi la valle, come 'l dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento,
(117)
sì che 'l pregno aere in acqua si converse;
la pioggia cadde, e a' fossati venne
di lei ciò che la terra non sofferse;
(120)
e come ai rivi grandi si convenne,
ver' lo fiume real tanto veloce
si ruinò, che nulla la ritenne.
(123)
Lo corpo mio gelato in su la foce
trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce
(126)
ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse;
voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
poi di sua preda mi coperse e cinse».
(129)
«Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via»,
seguitò 'l terzo spirito al secondo,
(132)
«ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che 'nnanellata pria
disposando m'avea con la sua gemma».
(136)
NOTE AL CANTO V
(3-9) drizzando il dito: «inverso me, come fa chi mostra col dito» (B.); Ve' che non par che luca, ecc.: «vedi che non pare che il raggio del sole risplenda al sinistro lato della persona che è di sotto nella più bassa parte. Dante era in basso rispetto a Virgilio che gli andava innanzi salendo il monte» (B. B.). «Il sole lo ferisce ora da destra, perché per salire al monte s'è voltato a ponente» (F.); e come vivo, ecc. «E pare che proceda (er gehabt sich; Fil.) in quella guisa che farebbe un uomo in carne e in ossa» (F.); pur me, pur me: solamente me; rotto: dall'ombra del mio corpo.
(10-18) s'impiglia: s'intriga, s'attacca ad attendere quello ch'altri dice di te; che ti fa ciò, ecc.: che t'importa ciò che ivi si mormora? Dicesi di un parlare fitto e sotto voce. «Si bucina» (Lanèo). Davanz.: «i pissi pissi»; non crolla: «non dimena la cima» (B.); per soffiar de' venti: «per li fiati de' venti» (B.); rampolla: germoglia, sorge; da sè dilunga il segno: «dilunga il fine al quale de' con deliberazione intendere, e svalorisce e non intende a quel che de', come il balestriero, che quando dilunga la posta, meno acconciamente dà nel segno» (B.); perché la foga, ecc.: perché l'un pensiero che sopravviene insolla, ammollisce, la foga, l'impeto dell'altro; «come insolla la foga del balestro, quando è più di lungi la posta che non suole». (B.). Il Borgh.: «Sollo vuole dire leggieri, o per me' dire: non pigiato, ma sollevato e come cosa che sta sempre in su l'ale: così chiamò il Villani una città insollita, sollevata e pronta a fare tumulto o novità... il nuovo pensiero che sopravviene, come sottentrando e sollevando l'altro, se lo leva, come dire in capo e facilmente lo caccia via». Purg., XXVII, 40: ...la mia durezza fatta solla.
(20-21) del color consperso, ecc.: suffuso di rossore; tal volta: «non sempre la vergogna fa l'omo degno di perdono ché sono certi peccati che richiedon altro che vergogna» (B.).
(22-24) di traverso: «a denotare che andavano intorno girando il monte» (B.). «Tagliando la via del monte» (Ces.); innanzi a noi: «questo innanzi s'intende quanto a tempo» (B.); a verso a verso: «come cantano li chierici in coro» (B.). «Non già un verso dopo l'altro; ma un verso cantava una parte di loro, ed un verso l'altra» (Ces.). «A vicenda» (T.). «Salmo a proposito, v. 3: "Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me"» (Fil.).
(27-30) in un 'Oh!' lungo: interiezione di meraviglia - roco. Nelle subite perturbazioni dell'animo suole alterarsi la voce; in forma di messaggi: a modo come messaggi; fatene saggi: «fateci saputi chi voi siete» (B.).
(31-36) andarne: andarvene; ritrarre: riferire. «Storie Pist., 104: "Ritrassino al signore loro la risposta dell'ambasciata"» (Ces.); Se per veder: se per aver veduto la sua ombra, o come egli faceva ombra restaro, si fermarono; avviso: mi penso, assai è lor risposto: basta la risposta ch'io vi ho fatta. «Però che sodisfà a la cagione» (B.); ed esser può lor caro: «imperò che potrà loro giovare» (B.). In quanto li ricorderà al mondo perché s'ori in loro suffragio. P. di D.: «Animae defunctorum quatuor modus solvuntur, aut oblationibus sacerdotum, aut precibus sanctorum, aut charorum eleemosynis, aut jejunio cognatorum».
(37-42) Vapori accesi: Brun. Lat., II, 37: «Avviene altresì che alcun vapore secco, quando è montato tanto, che s'apprende per lo caldo che è a monte, egli cade immantinente ch'egli è appreso in ver la terra, tanto che si spegne e ammortisce. Onde alcuna gente dice: ch'è 'l dragone; o che ciò è una stella che cade»; sol calando: «abl. ass.; lat.: cadente sole, quando descende» (B.). «Nota qui quelle strisce di lume, che talora, sul far notte, prima nocte, tagliano il sereno (razzi o stelle cadenti; F.), o sul far sera d'agosto le nuvole (baleni del caldo; F.)» (Ces.); suso: ai compagni; in meno: tempo; a noi dier volta: tornarono indietro verso noi: sanza freno: «quando le schiere scorreno vanno sfrenate» (B.).
(43-48) che preme a noi: che fa pressa o s'incalza per venire verso noi. «That presses unto us» (Lf.). «Quelle anime, correndo, si affollavano verso di loro» (Ces.); però pur va, ecc.: nondimeno continua a andare, e ascoltali mentre cammini; per esser lieta: «per purgarti e andare poi alla somma beatitudine» (B.); con quelle membra, ecc.: in carne e in ossa; queta: «riposa il passo un poco, non andare sì ratto» (B.).
(51-57) non t'arresti: non ti fermi; per forza: violentemente; quivi: all'ultima ora della vita. «Nota il quivi dato al tempo invece del luogo» (Ces.); lume del ciel ne fece accorti: «La Grazia illuminante dello Spirito Santo ne fe' ravvedere» (B.); pentendo: pentendoci; e perdonando: le offese; a Dio pacificati: nella grazia di Dio; n'accora: si crucia col desiderio di vederlo.
(58-63) Perché, ecc.: «Per guatar ch'io faccia negli aspetti vostri» (Ces.). «Per riconoscervi» (B.); ben nati: «bene nato è colui che è nel suo fine salvato» (B.); voi dite: ditemelo, dimandate; per quella pace: ve lo giuro per quella pace in Dio (ultima felicità; Lanèo) in cui queta ogni desiderio; cercar mi si face: fa ch'io la cerchi.
(64-66) E uno: «Questi è Jacopo del Cassero, cittadino di Fano, che da Azzo VIII d'Este, figlio d'Obizzo II, fu fatto uccidere in Oriaco, mentre andava podestà a Milano. Aveva odio contro Jacopo del Cassero, perché questi, essendo podestà di Bologna, contrastava a' suoi tentativi di prendere signoria in quella città, e perché lo straziava d'ingiurie. Azzo morì sul principio del 1308» (B. B.). «Semper obloquebatur temere de dicto Domino semper vocans eum proditorem Estensem, quia reliquerat Gibellinos Romandiolae. Marchio saepe audiens haec et indignans dixit: Certe iste agaso (asinaio) Marchianus non impune feret imprudentiam suam asininam, sed castigabitur fuste ferreo» (Benv.). Il Lanèo: «Non li bastava costui fare de' fatti contra li amici del marchese, ma elli continuo usava villanie volgari contro di lui; ch'elli giacque con sua matrigna, e ch'elli era disceso d'una lavandara di panni, e ch'elli era cattivo e codardo: e mai la sua lingua non saziavasi di villaneggiare di lui. Per li quali fatti e detti l'odio crebbe sì al marchese, che poi ch'elli uscìo di reggimento di Bologna, sempre li andavano direto assassini a posta del marchese per anciderlo quando fosse loro destro»; si fida: si tien sicuro; del beneficio tuo: «del servigio tuo, che tu hai promesso» (B.). «Quod tu offers» (Benv.); sanza giurarlo: senza che lo prometta per giuramento; pur che 'l voler: «purché non possa, il non potere non ricida, non rompa, non guasti il tuo buon volere. L'impotenza che escludesse o annullasse il buon volere di Dante potea nascere da Dio non permettente, e di questo forse temea quell'anima» (B. B.). Il Buti: «non posse, il non potere».
(68-72) quel paese, ecc.: Quel paese che siede tra Romagna e il regno di Napoli, governato da Carlo II. La Marca d'Ancona; de' tuoi prieghi cortese: preghi per me; che ben per me s'adori: «a Dio si porga preghi per me da' miei» (B.). Bocc., III, 10: «Posesi in ginocchione a guisa che adorar volesse»; ben: da persone in istato di grazia; offese: peccati.
(73-78) Quindi fu' io: Io fui di là. «Natio di Fano» (Ces.); ma li profondi fóri: «Foramina et vulnera multa facta mihi, penetrantia totum corpus» (Benv.); in sul qual io sedea: «il sangue si dice la sedia dell'anima» (B.). Levit., XVII, 2: «Quia anima carnis in sanguine est»; in grembo a li Antenori: «in le braccia, nel grembo, cioè nel distretto» (Lan.). «Nel territorio di Padova, fondata, secondo la fama, da Antenore troiano. Par quasi che Dante accusi i Padovani d'essersi intesi proditoriamente con Azzo, e pertanto li chiamò Antenori (Antenorei) dal traditore Antenore» (Fil.); là dov'io più sicuro, ecc.. «per la potenza de' Padovani» (B.). «Quia inter Venetias et Paduam, duas florentissimas urbes, ubi solet iter esse tutissimum» (Benv.); quel da Esti: il marchese d'Este; il fe' far: da' scherani suoi; che dritto non volea: il Lanèo: «Quasi dica: io non lo avea tanto offeso ch'elli dovesse fare ciò». Benv.: «fuori de' termini della sua giurisdizione».
(79-84) Mira: piccolo luogo nel Padovano, posto sulle rive d'un canale artifiziale che esce dalla Brenta al Dolo, e sbocca nelle lagune di Fusina; Orïaco: villaggio nei dintorni di Padova, dalla parte delle lagune; di là ove si spira: «si fiata, ancora sarei vivo» (B.). «In mundo viventium. Et vult breviter dicere: si ego arripuissem fugam per ripam fluminis Brentae, directe versus Paduam, adhuc essem inter vivos, quia poteram faciliter evadere cum equo veloci a manibus illorum peditum, perveniendo cito ad locum habitationis, ubi fuissem tutus. Sed contrarium fecit» (Benv.); 'l braco: «il pantano» (Lan.). «And reeds and mire did so entangle me» (Lf.); m'impigliar sì: il Buti: «m'appigliar tanto, m'impaccionno». «Me implicaverunt» (Benv.); ch'i' caddi: «ab equo, ubi habilius et tutius me trucidarunt» (Benv.); de le mie vene: del sangue che mi uscia dalle vene.
(85-87) se quel disio, ecc.: così si compia; con buona pïetate: con opera di cristiana caritade aiuta il mio desiderio.
(88-90) Io fui da Montefeltro, io son Bonconte: «Fu figliuolo del conte Guido di Montefeltro. Egli combatté in Campaldino contro i Guelfi, e vi fu morto, ma il cadavere non vi fu più trovato, e il racconto che Dante gli mette in bocca è immaginato secondo verisimiglianza. Del resto, questo fatto d'arme tra i fuorusciti ghibellini, aiutati dagli Aretini, e i Guelfi di Firenze, avvenne agli 11 di giugno del 1289 a Certomondo, nel piano di Campaldino in Casentino. Gli Aretini eran comandati da Guglielmino de' Pazzi, loro vescovo, che già s'era insignorito del governo della città, e da Buonconte. I Guelfi, a' quali restò la vittoria, aveano a capo Amerigo di Nerbona, ed era con essi, tra' soldati a cavallo, il nostro Alighieri» (B. B.). G. Vill., VII, 131: «E ricevuto per li Fiorentini allegramente il gaggio della battaglia, di concordia si schierarono e affrontarono le due osti più ordinatamente per l'una parte e per l'altra, che mai non s'affrontasse battaglia in Italia, nel piano a piè di Poppi, nella contrada detta Certomondo, che così si chiama il luogo, e una chiesa de' frati minori che v'è presso e in uno piano che si chiama Campaldino: e ciò fu uno sabato mattina a dì 11 del mese di giugno, il dì di santo Barnaba apostolo, e morivvi Bonconte, figliuolo del conte Guido da Montefeltro». «Bonus bellator fuit manu, uti pater (Guido) ingenio (Inf., XXVII). In conflictu Aretinorum apud Bibienam, missus a Guillelmino episcopo Aretino ad considerandum statum hostium, retulit quod nullo modo erat pugnandum. Tunc Episcopus, velut nimium animosus, dixit: Tu nunquam fuisti de domo illa. Cui Boncontes respondit: Si veneritis quo ego, nunquam revertemini. Et sic fuit de facto, quia uterque probiter pugnans remansit in campo. Ex isto Bonconte non remansit aliqua stirps» (Benv.); Giovanna: così si chiamava la moglie; o altri: de' miei parenti; non ha di me cura: non pregano Dio per me; con bassa fronte: vergognoso, perché altri non cura di mia salute.
(91-93) forza: de' nemici che l'avessono cacciato; ventura: d'esser uscito loro dalle mani; ti traviò, ecc.: «ti levò sì fuor della via di Campaldino, che mai non fu trovato lo tuo corpo, né saputo dove fosse sotterrato» (L.).
(94-96) a piè del Casentino: nella più bassa estremità di quel distretto; un'acqua: «un fiume» (B.); Archiano: oggi Archiana, «confine tra Casentino e Bibbiena» (B.); sovra l'Ermo: sopra l'eremo di Camaldoli.
(97-99) diventa vano: «dove si perde il suo nome, mescendosi in Arno» (Ces.); arriva'io: «a la foce che entra in Arno» (B.); 'nsanguinando: spargendo del suo sangue la pianura.
(100-102) la parola, ecc.: «mia ultima - dicendo: Vergine Maria, non potette dir più oltre» (B.). Finì, spirò nel nome di Maria; sola: abbandonata dall'anima.
(104-108) l'angel di Dio, ecc.: «Dice che il dimonio, avendo disdegno che costui per questa ultima buona disposizione era salvo, volle straziare alquanto il corpo per sfogarsi sopra lo temporale, poiché possanza non avea sopra lo eterno. E dice che fece levare vapori in aere, li quali, resoluti, sparseno tant'acqua, che quella contrada, dov'era il corpo di costui, allagò; essendo allagata, l'acqua, che tende al più basso luogo, menò questo corpo in l'Archiano; l'Archiano il menò in Arno, e lìe si coverse di rena e di ghiara» (Lanèo). «Per l'anima del padre combatterono Francesco e il Diavolo, e il primo perdè la lite per una sola parola peccaminosa che annullò i frutti della penitenza. Una simile tenzone segue tra l'Angelo e il Diavolo per l'anima del figlio, ma qui un solo sospiro alla Madre delle Grazie decide a favore dello spirito celeste, e il diavolo deve star contento al cadavere» (Fil.). Jud. Epist., IX: «Cum Michael archangelus cum diabolo disputans altercaretur de Moysi corpore, non est ausus judicium inferre blasphemiae: sed dixit: Imperet tibi Dominus»; e quel d'inferno: il diavolo; O tu del ciel: o tu de' celesti, o tu messo del cielo» (B.). Il Ces.: «Questo del ciel è un dinotare la patria sua o dove egli ha sua beatitudine: che può anche, in bocca del diavolo, sentir forse d'ironia»; perché mi privi: «dell'anima di costui - de la preda mia» (B.). «Mi privi così riciso ed in aria, ha più enfasi, come dicesse: mi truffi» (Ces.). «Why dost thou rob me?» (Lf.); l'eterno: la parte eterna, l'anima; per una lacrimetta: per una piccola contrizione che ha avuto alla fine della sua vita; de l'altro: del rimanente, o del corpo; altro governo: diverso trattamento.
(109-114) Ben sai come, ecc.: Brun. Lat., II, 37; si raccoglie: si condensa; che in acqua riede, ecc.: «'l vapore ascende alla seconda regione dell'aiere, e lìe si risolve per la freddura in acqua» (Lanèo); Giunse quel mal voler: «Lo mal volere del demonio, con la sua intelligenza e le naturali cose che li obbediscono, di tutte tre fu fatto uno grande nuvolo, il quale poi si gittò acqua tanta, che non fu sofferta dalla terra, cioè che la terra non l'assorbì, sicché fece lago» (L.). Altri intende per malvolere il demonio, e così l'Ariosto, XXVII, 4, lo chiamò La Malignità - giunse, varrebbe arrivò, e pur mal chiede - con lo 'ntelletto, studia sempre il male nella sua mente. «Vi sono due specie di cognizione: l'una mediante la grazia, l'altra mediante la natura. I demonj perduta la prima, serbano in sommo grado la seconda. Senzachè i demonj, secondo s. Tomaso, hanno due dimore: nell'Inferno per riguardo alle loro pene e nell'aere calignoso per tentare gli uomini. Onde è chiara la facoltà che Dante loro attribuisce di suscitare il mal tempo» (Fil.). Eph., II, 1: «Principem potestatis aeris hujus». P. di D.: «Unde dicit Petrus in Epistola canonica: In isto aere calignoso, quasi in carcere, sunt Daemones, et erunt usque ad diem judicium, tunc in barathrum inferni detrudentur».
(115-120) Indi la valle, ecc.: «Ordina: Indi, come il dì fu spento, coperse di nebbia la valle di Pratomagno, luogo che divide ii Valdarno dal Casentino, fino al gran giogo, all'Apennino - intento, denso di vapori. E' il coelum contraxit d'Orazio o l'obtenta nocte di Virgilio» (B. B.); Pratomagno: ora Pratovecchio, borgo di Toscana nel Valdarno superiore, a piedi dell'Apennino; pregno: di vapori. «Anche Dino Compagni dice che il giorno della battaglia l'aria era coperta di nuvoli; così che è al tutto verosimile che la sera si sian rivolti in dirotta pioggia» (Fil.).
(121-129) ai rivi grandi: a' grandi torrenti; si convenne: si venne riunendo; ver lo fiume... si ruinò: si precipitò tanto velocemente verso lo fiume reale dell'Arno che, ecc.; «Gelato fa vedere quel corpo alla bocca dell'Archiano, nudo e tutto dalla pioggia bagnato, e però irrigidito e duro dal freddo» (Ces.); rubesto: «impetuoso, per la piena rigoglioso» (Ces.); e sciolse, ecc.: «Quando si sentì che 'l moria elli s'incrociò le braccia; poi quando fu rivoltato dall'acqua, la croce delle braccia si disfece» (Lan.); 'l dolor: de' miei peccati, la contrizione. «When agony o'ercame, me» (Lf.); per lo fondo: dell'Arno; di sua preda: di terra o d'altro predato ai campi nel suo passaggio.
(132-136) seguitò: continuò; il terzo spirito: «E' lo spirito della moglie di messer Nello da Pietra da Siena, il quale fecela morire a mala morte in Maremma, per certi servigi ch'ella faceva ad altrui contro al volere di lui» (Chiose); la Pia: «gentildonna sanese, fu de' Guastelloni. Si maritò ad un Tolomei morto il quale, sposò un Nello o Paganello de' Panocchieschi, signore del castello della Pietra. Questi, o per sospetto d'infedeltà, o per torla di mezzo e potere sposare una contessa Margherita Aldobrandeschi, bella ed erede di molte ricchezze (il che poi gli fallì), menò la Pia in Maremma, nel suo castello, ove, essendo alla finestra, la fece da un famiglio prendere per le gambe e gettar giù. Il che avvenne intorno al 1295. Il giovane per cui la Pia dicesi che tradisse il marito, ch'era più che quinguagenario, fu, secondo alcuni, un Agostino de' Ghisi» (F.). «Secondo il Gigli la Pia era figlia di Buonconte Gastiglione, e vedova di un Baldo Tolomei» (Fil.); Siena mi fe': nacqui in Siena; disfecèmi Maremma: morii in Maremma; salsi colui, ecc.: «Se lo sa colui che avea sposato con la sua gemma me, che prima avea avuto l'anello da un altro, me già vedova. Col dire: Se lo sa colui, ecc., accenna al cupo segreto con che lo scellerato marito condusse il misfatto» (B.B.). «Vir meus bene scit sibi hoc, et bene conscius est meae mortis, licet diceret et dicere faceret, quod ego cecideram casualiter de fenestra» (Benv.). Altri, men bene: disposando, nell'atto di sposarmi mi avea messo in dito il suo gemmato anello.