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La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
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Presentazione

Il territorio Gmap Cartina

Meteo

Parchi nazionali e regionali

Parco Nazionale delle Cinque Terre

Nelle Cinque Terre la coltura è cultura

Parco naturale regionale dell'Aveto

Parco naturale regionale del Beigua

Parco naturale regionale Montemarcello-Magra

Parco naturale regionale di Piana Crixia

Parco naturale regionale di Portofino

Riserva naturale regionale di Bergeggi

Riserva naturale regionale dell'Isola Gallinara

L'economia

Cenni storici

La Liguria antica

Genova: una capitale tutta da scoprire

Il percorso artistico e culturale

Liguria, un porto d'arte

Dalle incisioni rupestri alle vestigia romane

Il periodo comunale e delle Signorie

La splendida stagione del barocco genovese

Settecento, tra Rococò e Neoclassicismo

Architettura e urbanesimo: le forme del moderno

I parchi culturali

Parco Culturale Riviera dei Fiori-Alpi Marittime

Parco Culturale del Tigullio

Geografia Italia

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GEOGRAFIA - ITALIA - LIGURIA

PRESENTAZIONE

Tra le più piccole regioni d'Italia per superficie (5.421 kmq), la Liguria si estende ad arco su una stretta fascia della costa tirrenica.

Confina a Est con la Toscana, a Nord-Est con l'Emilia Romagna, a Ovest con la Francia e a sud si affaccia sul Mar Ligure.

Ha una popolazione di 1.507.636 (2023) abitanti; la densità media è di 301 abitanti per kmq, la più alta dopo la Campania e la Lombardia.

L'insenatura del Mar Ligure lungo l'arco alpino-appenninico, fra Capo Mele e l'Isola Palmaria, prende il nome di Golfo di Genova.

La regione è priva di pianure considerevoli, essendo il suo territorio costituito per la totalità da montagne e colline.

La costa è tutto un susseguirsi di promontori rocciosi, insenature e strette spiagge, e si distingue in Riviera di Ponente, nel tratto a Ovest di Genova, e Riviera di Levante, formata dal litorale ad Est del capoluogo.

Oltre a Genova, capoluogo di regione, la Liguria è divisa in altre tre province:

La Spezia, Savona e Imperia

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Regione Liguria

Cartina della Liguria

Cartina della Liguria

Meteo

Meteo Liguria

IL TERRITORIO

La mancanza di pianura distingue questa regione dal territorio stretto e disposto ad arco.

Predominano i rilievi, costituiti dalle Alpi Marittime e dall'Appennino Ligure.

I due sistemi risultano contigui e si differenziano solo per la formazione geologica.

Il loro punto di saldatura è per convenzione posto al Colle di Cadibona, alle spalle di Savona.

La catena appenninica, che corre lungo la costa, possiede cime poco elevate (la più alta è il Monte Saccarello, 2.200 m).

Le vallate trasversali permettono un facile accesso alla Pianura Padana.

Oltre al Colle di Cadibona, i valichi più importanti sono il Passo del Turchino (538 m) e il Passo dei Giovi (472 m).

I fiumi che percorrono le vallate sono brevi e a regime torrentizio; il maggiore è il Magra, mentre tra i minori ricordiamo il Roia, il Bisagno, il Polcevera e il Vara.

Il litorale, variegato e ricco di insenature naturali, è più aspro e selvaggio a oriente, lungo la Riviera di Levante, in cui ripide scarpate seguono ad aspri promontori, quelli di Portofino e Portovenere.

A occidente le montagne scendono più gradatamente verso il mare, permettendo la formazione di spiagge e di piccole pianure (Piana d'Albenga).

Il clima risente dell'influenza del mare, che esercita un'azione benefica e mitigatrice.

La catena montuosa dell'Appennino protegge la fascia costiera dai venti del Nord.

Il clima quindi è mite d'inverno e ventilato d'estate.

Notevole è la piovosità, perché le montagne condensano l'umidità generata dall'acqua marina che evapora.

Le caratteristiche climatiche fanno sì che cresca spontanea la macchia mediterranea, che solitamente è presente a latitudine inferiore.

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PARCHI NAZIONALI E REGIONALI

Parco Nazionale delle Cinque Terre

Oasi naturalistica che nel tempo ha preservato intatte le caratteristiche di una natura non contaminata. Il paesaggio, formato da rocce di origine ed età diverse, è segnato da una particolare acclività e dalla mancanza di tratti pianeggianti. La costa, alta e frastagliata, è lineare, scarsamente incisa da insenature e promontori, scavata dal mare in amene e suggestive grotte. Le poche spiagge, sabbiose e ciottolose, sono il risultato di apporti detritici dei corsi d'acqua, di frane o di accumuli di materiali lasciati dall'uomo. Il Parco Nazionale delle Cinque Terre è naturalmente anche felice habitat per svariate specie faunistiche che qui trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi. La riserva, ricca di specie animali e vegetali, è stata istituita per conservarne la biodiversità e gli habitat lungo la costa, regolando gli usi e le attività che vi si svolgono: qui si alternano falesie a strapiombo sul mare, baie, spiaggette, grotte e anfratti fra gli scogli. I fondali delle Cinque Terre sono considerati fra i più vari e ricchi di fauna marina della Liguria. In una superficie di fondale relativamente ridotta come quella delle Cinque Terre, condividono lo spazio vitale numerosissime specie, alcune poco frequenti in altre località del Mediterraneo, ciascuna delle quali rappresentata da un notevole numero d'individui. Il fondale costiero roccioso, caratterizzante la quasi totalità dell'area protetta, se si escludono le spiagge di Monterosso e Corniglia, agevola l'insediamento di numerose specie algali. Alle varie profondità si osserva infatti una grande presenza di questi organismi che, grazie alla loro capacità di produrre nutrimento a partire dall'energia solare, realizzano il primo anello della catena alimentare.

Nelle Cinque Terre la coltura è cultura

Le attività umane hanno contribuito a creare un paesaggio unico al mondo espressione di una cultura profondamente legata alla terra d'appartenenza, di un'ineguagliabile vicenda a carattere collettivo capace di piegare le avversità dell'ambiente naturale ai propri bisogni di vita. Modifiche sono state portate dall'uomo nel corso di circa mille anni di storia, con il lavoro continuo ed assiduo di molte generazioni che hanno sostituito il manto boschivo originario che copriva i fianchi scoscesi dei monti con la coltivazione della vite in terrazzamenti, resa possibile dalla frantumazione della roccia, dalla realizzazione di muri a secco e dalla creazione dell'humus coltivabile. Dal primo secolo del Basso Medioevo fino ai nostri giorni, è stata la lotta continua fra l'uomo e la natura sostenuta da uomini e donne delle varie generazioni, a modellare il paesaggio a ricostruirlo ad ogni crollo provocato dal cedimento di muri sotto le frane causate dalla pioggia. I muri a secco sono costituiti esclusivamente con massi d'arenaria sapientemente sovrapposti e saturati di pietrisco e terra, senza l'uso di materiali di coesione. La buona qualità della pietra, ma soprattutto la sapiente arte della messa in opera dei sassi sono la garanzia di una più elevata resistenza ai crolli. Fra i terrazzamenti sono state costruite, sempre in pietra, lunghissime e ripidissime scalinate, scale ricavate a sbalzo sui muri stessi, piani dove posare e riprendere agevolmente i materiali trasportati a spalla, canaletti di scorrimento ai lati delle mulattiere. Un'opera titanica ancora più apprezzabile in quanto eseguita né con il lavoro coatto né per il capriccio di capi o sovrani, ma di libera iniziativa da più generazioni, tramandata unicamente per conoscenza senza la guida precostituita da nessun potere centrale e con il solo fine di rendere produttiva una zona incoltivabile. Non si è reso necessario l'apporto di alcun capitale, tutto è stato trovato in loco ed i vitigni si sono moltiplicati con il metodo della propaggine. Il contadino delle Cinque Terre è stato produttore per secoli oltre che del pregiato vino anche e soprattutto di stabilità idrogeologica e di un paesaggio che oggi è stato riconosciuto patrimonio mondiale dell'umanità. Il mantenimento del territorio e la difesa della sua peculiarità sono unicamente affidati al puntuale assolvimento delle certosine operazioni manutentorie connesse con la coltivazione: laddove la presenza dell'uomo si allenta l'insorgere del degrado è immediato. La sistemazione a "terrazze" eseguita dagli abitanti delle Cinque Terre a partire dall'anno mille per finalità esclusivamente produttive, ha pertanto determinato effetti, addirittura superiori per importanza, all'obiettivo originario quali: - la stabilità idrogeologica dei versanti e dei centri abitati sottostanti - la connotazione del paesaggio. Nei tempi recenti il mutato equilibrio economico e sociale ha avuto un effetto diretto sul territorio con il conseguente progressivo abbandono delle colture tradizionali che rappresentavano nel frattempo la salvaguardia del territorio stesso. Tale processo ha raggiunto uno stadio assai prossimo all'irreversibilità; l'inevitabile e drammatica conseguenza sarà il sempre più accelerato degrado dei suoli che comporta: - l'insorgenza d'eventi franosi di sempre maggiore estensione che minacciano gli stessi centri abitati; - la sottrazione alla fruizione di rilevanti porzioni di territorio; - la modifica dei caratteri del paesaggio.

Parco naturale regionale dell'Aveto

Il parco tutela le più alte montagne dell'Appennino Ligure, culminanti nei 1.800 metri del Monte Maggiorasca, in un ambiente prevalentemente di crinale e di pascolo, in parte sullo spartiacque tirrenico-padano. Accanto alle vaste aree prative, troviamo però estese faggete, castagneti, quasi un centinaio di zone umide e lacustri, particolarità geologiche, floristiche e altro ancora. Un ambiente vario, dove, accanto al capriolo e al cinghiale, ha da poco fatto ritorno il grande predatore per eccellenza: il lupo. Senza dimenticare le interessanti testimonianze lasciate dalla millenaria presenza dell'uomo. L'alta Val d'Aveto, con i suoi laghetti glaciali, è contornata dalle vette più alte della Liguria: il già citato Maggiorasca e il Monte Penna, che con i suoi 1.735 metri di roccia basaltica e il suo profilo slanciato, ha ispirato il simbolo del parco. Altrettanto interessante la Valle Sturla, con i suoi ambienti tipicamente montani e i suoi vasti boschi di castagno. Il territorio è meta ideale per gli escursionisti; dispone, infatti, di una fitta rete di sentieri segnalati, percorrendo i quali sarà possibile imbattersi in piccoli borghi ancora tipicamente medioevali, castelli, chiese e, a volte, veri tesori d'arte, come l'abbazia di Borzone. Si tratta di un pregevole edificio sacro costituito da una chiesa con torre campanaria, dai resti del chiostro e dagli edifici di Case Araxi. Le origini di questo luogo si perdono nei secoli bui del Medioevo, ma probabilmente il primo nucleo risale all'epoca bizantina (VI secolo). Di grande interesse sono le miniere della Val Graveglia: grazie all'intervento del parco, è stato completato un ambizioso progetto di recupero delle miniere abbandonate e di allestimento di un Museo Mineralogico a Reppia. Addirittura, la miniera di Gambatesa è oggi visitabile grazie al riuso delle strutture - tra cui un trenino - una volta utilizzate per l'estrazione del manganese.

Parco naturale regionale del Beigua

Il più vasto parco naturale regionale della Liguria rappresenta uno straordinario spaccato della regione: nel raggio di pochi chilometri possiamo trovare ambienti e paesaggi estremamente diversificati, in un mosaico di grande interesse. A cominciare dagli spettacolari panorami visibili dai lunghi crinali del parco: a Sud verso il mare, vicinissimo, e a Nord verso la pianura, con sullo sfondo l'intera cerchia delle Alpi. Una delle caratteristiche del parco è proprio il notevole sviluppo dei suoi crinali - oltre 26 chilometri - toccando numerose vette, di facile accesso e una più panoramica dell'altra: Monte Beigua (1.287 m), Cima Frattin (1.145 m), Monte Rama (1.148 m), Monte Argentea (1.082 m) e Monte Reixa (1.183 m). Un territorio quindi facilmente percorribile senza grandi dislivelli, caratterizzato da vaste praterie, preziose zone umide, fitte foreste di faggi, roveri e castagni, rupi scoscese, affioramenti rocciosi, pinete di pino marittimo e, infine, lembi di tipica vegetazione mediterranea. La zona del Monte Beigua viene considerata, in particolare, una tra le aree più ricche di biodiversità della Liguria: questo territorio è segnalato a livello internazionale per il fenomeno della migrazione dei rapaci diurni (in particolare il biancone) e, inoltre, da alcuni anni ha visto il ritorno stabile dell'aquila reale. Tra la fauna terrestre, dobbiamo ricordare il ritorno del lupo e i tipici ungulati appenninici: cinghiale, capriolo e daino. Con un'opportunità tutta particolare: dai crinali affacciati sul mare non è raro poter scorgere, con un po' di fortuna e d'attenzione, le affusolate sagome delle balene transitare nello specchio d'acqua di fronte a Varazze, Cogoleto e Arenzano. Ma il territorio del parco è stato, da sempre, abitato dall'uomo, come testimoniano numerose e suggestive testimonianze: una miriade di incisioni rupestri, oltre a due siti di grandissimo interesse. Stiamo parlando della famosa "strada megalitica" nella zona di Alpicella - un tratto di sentiero lastricato e delimitato da grandi pietre di oscuro significato - cui si aggiunge il "riparo sotto roccia", frequentato da cacciatori e pastori del Neolitico medio e dell'Età dei Metalli (Rame e Bronzo). A tempi ben più recenti risalgono invece i numerosi e caratteristici borghi rurali, testimonianza di una secolare cultura contadina, a cui si aggiungono pregevoli testimonianze artistiche, con in primo piano la badia di Tiglieto, che può vantarsi di essere la prima abbazia cistercense in Italia, fondata nell'anno 1120.

Parco naturale regionale Montemarcello-Magra

Il parco nasce dall'unione di due preesistenti aree protette: il Parco Fluviale della Magra, istituito nel 1982, e il Parco di Montemarcello, istituito tre anni più tardi. Un'area protetta che presenta quindi due ambienti naturali nettamente diversificati: il fiume e la collina. L'area fluviale del parco comprende l'ultimo tratto del fiume Magra - che scorre in un ampio solco vallivo pianeggiante, coltivato e urbanizzato - e il suo maggiore affluente, il Vara, che percorre una valle in gran parte boscosa e ben conservata, specie nella parte alta. Questi due fiumi rappresentano un ambiente fluviale unico per la Liguria, ospitando tra l'altro un patrimonio faunistico particolarmente qualificato, per la presenza di un'importante via migratoria. è così possibile osservare numerose e pregiate specie di volatili, tra cui: airone cenerino, airone rosso, tuffetto, garzetta, gallinella d'acqua, e molte altre. Una fauna facilmente osservabile grazie ai numerosi sentieri che fiancheggiano i due fiumi, in particolare il Magra. La valle del Vara è invece nettamente meno urbanizzata, specie nella parte alta, e offre al turista un ambiente quasi rurale, con numerosi e tipici borghi, a volte con caratteristiche medioevali, con torri e castelli. L'area collinare del parco è invece costituita dal promontorio del Caprione, che si spinge nel mare con forme aspre e rocciose: da un lato il Golfo di La Spezia e il mare aperto, dall'altro la piana della foce del Magra con, sullo sfondo, le Alpi Apuane. Ricco di boschi e di macchia mediterranea sul versante del Magra, viceversa il versante a mare del promontorio appare molto più aspro, e a tratti roccioso. Anche qui troviamo molti uccelli, oltre a vari mammiferi, tra cui il cinghiale, la donnola e il tasso. Il promontorio si presta a piacevoli passeggiate, con la possibilità di visitare l'orto botanico e il borgo storico di Montemarcello, in bella posizione panoramica, con le sue viuzze ad angolo retto che non possono non ricordare un "castrum" romano. Interessante anche Punta Bianca, ovvero l'estremità meridionale del promontorio: il nome è dovuto alle bianche rocce calcaree che affiorano, utilizzate in epoca romana come materiale decorativo.

Parco naturale regionale di Piana Crixia

Un parco piccolo, ma di grandissimo interesse naturalistico, con fenomeni erosivi spettacolari, unici in Liguria e con pochi paragoni in Italia, con il famoso "fungo", alto 15 metri. L'area protetta rientra nel territorio comunale di Piana Crixia: un nome suggestivo, di probabile origine romana. L'ambiente naturale è prettamente collinare - le famose Langhe - con una serie di fenomeni erosivi concentrati in uno spazio ristretto - calanchi e valli sospese - originati dalla particolare morfologia e tipologia dei versanti collinari, che offrono al visitatore spettacolari scorci panoramici e interessanti spunti geologici. Nel dettaglio, i calanchi sono forme di erosione tipiche di versanti costituiti da rocce sedimentarie argillose o marnose, impermeabili e nello stesso tempo poco consistenti. L'acqua piovana vi scorre tutta in superficie, producendo sulla roccia tenera un'azione erosiva molto accentuata. Si formano così solchi che tendono via via ad allungarsi e a ramificarsi, generando una rete di valli dai fianchi nudi, separate tra loro da crestine sottili in rapida evoluzione. Troviamo poi numerosi piccoli corsi d'acqua dall'andamento irregolare, con meandri incassati e piccole valli sospese, originate tra l'altro dalla notevole differenza di attività erosiva tra i corsi d'acqua principali e quelli minori, unita alla scarsa consistenza del substrato argilloso. Questi fenomeni erosivi, con il loro tipico colore grigio, contrastano in modo straordinario con il verde dei campi coltivati e dei boschi circostanti, creando tavolozze di colore tutte particolari. Famoso è il Fungo di Piana Crixia; alto una quindicina di metri, è formato da un gigantesco masso di roccia ofiolitica, sorretto da una colonna di conglomerato (roccia sedimentaria costituita da ciottoli di varie dimensioni, cementati da materiale più fine). Il masso ha protetto dal dilavamento la porzione di conglomerato sottostante, mentre tutt'intorno il terreno veniva progressivamente asportato dall'erosione. Sembra impossibile che l'alta colonna di ciottoli cementati possa reggere il peso del gigantesco masso sommitale, ma occorre tenere presente che il conglomerato è una roccia molto più solida di quanto faccia pensare il suo aspetto detritico. L'erosione, tuttavia, continua giorno dopo giorno, e in un giorno più o meno lontano, il masso non potrà che crollare rovinosamente.

Parco naturale regionale di Portofino

Il Parco di Portofino offre una visione sintetica della costa ligure, sia dal punto di vista naturalistico sia da quello storico-antropologico. L'assetto attuale del territorio è infatti il risultato di un'originale forma di coevoluzione tra natura e attività umana, che ha dato luogo a una sorprendente varietà di sistemi biologici e di ambienti, ma anche a una specifica cultura materiale (alla confluenza di tre "civiltà": quella marinara, quella dell'ulivo, e quella del castagno). Una fittissima rete di sentieri attraversa ambienti selvaggi, insediamenti rurali e borghi marinari ricchi d'arte e storia, offrendo paesaggi che sono ormai entrati nella leggenda visiva del Mediterraneo. All'area protetta vera e propria (1.200 ha) è associata un'area cornice di 3.400 ha circa. Nel complesso il territorio del Parco si estende sui comuni di Recco, Camogli, Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Zoagli, Chiavari. Il settore settentrionale (su calcari marnosi, argilliti e arenarie a strati alterni) è dominato da boschi mesofili (carpino nero, frassino, castagno, nocciolo, acero oppio), mentre quello meridionale (su puddinga: un conglomerato di detriti tondeggianti cementati da matrice calcarea) è ricoperto da una densa macchia mediterranea (erica, corbezzolo, lentisco, mirto), da pinete, foreste di leccio, garighe, praterie di ampelodesma e di felce aquilina. Peculiari sistemi biologici sono inoltre insediati sulle falesie a mare, sulle rupi e sui muri a secco, nelle vallette fresche originate dalla complessa orografia del Promontorio. Il paesaggio agricolo è dominato da uliveti coltivati su fasce spesso con orti al piede in tipiche colture "miste". Presso gli insediamenti, tra lembi di foresta e di macchia, si ritrovano antichi castagneti da frutto, filari di pini domestici, microscopici orti, frutteti, agrumeti, giardini. L'eccezionale varietà di ambienti e microclimi determina una delle più elevate concentrazioni floristiche del Mediterraneo: oltre 700 specie spontanee abitano un territorio di estensione limitata e con modeste variazioni altitudinali (0-610 m). Una specie delle Alpi Marittime, la rara sassifraga spatolata (Saxifraga cochlearis), convive con quelle mesofile dei boschi misti, con quelle della macchia o addirittura con elementi decisamente termofili, come l'euforbia spinosa o l'ampelodesma africano. Ulivo, pino, leccio e castagno, che altrove occupano quote distinte, qui convivono fin quasi al livello del mare. Di particolare interesse le felci (felci rupicole e dei muri, felce florida, pteride di Creta). Oltre 20 endemismi liguri sono presenti tra gli invertebrati. Merita anche di essere ricordata la "ninfa del corbezzolo" (Caraxes jasius), in forte rarefazione in Liguria. Tra gli anfibi, da segnalare la raganella mediterranea, il geotritone, la rana italica. Tra i rettili, il geco verrucoso, la tarantola muraiola, il ramarro. L'avifauna (un centinaio di specie) comprende uccelli di macchia (occhiocotto, magnanina, capinera, sterpazzola), di radura (upupa, ortolano, cardellino), di bosco (tordo, cinciarella, fringuello, pettirosso, ghiandaia), di pineta (tortora, colombaccio), rapaci (gheppio, poiana, pellegrino, lodolaio), uccelli marini (gabbiani, sterne, berte, sule). Tra i mammiferi, sono presenti la volpe, il tasso, lo scoiattolo, il riccio, la faina il cinghiale e numerosi micromammiferi. Lo sperone roccioso del Promontorio, proteso verso il mare aperto e caratterizzato da coste a strapiombo, genera una serie di fondali tra i più interessanti e intatti del Mediterraneo. Vi è rappresentato l'intero spettro delle biocenosi dell'alto Tirreno. Di particolare rilievo la presenza di numerose specie del Mediterraneo meridionale, l'eccezionale ricchezza vegetale e animale del mesolitorale, la varietà dei poriferi, le praterie di posidonia (Posidonia oceanica), le formazioni di gorgonie gialle (Eunicella stricta), arancioni (Eunicella cavolinii), rosse (Paramuricea chamaelon), i popolamenti di corallo (Corallium rubrum). A maggior tutela di questi splendidi fondali è stata di recente istituita dal Ministero dell'Ambiente una Riserva marina.

Riserva naturale regionale di Bergeggi

La riserva di Bergeggi occupa un tratto costiero a scogliera, ricco di grotte e insenature e l'isola antistante, dove si trovano rovine di vari edifici. Per la grande ricchezza dei fondali marini prospicienti la falesia dell'isola, sia dal punto di vista geologico, sia da quello biologico, è prevista l'istituzione di un'area protetta marina.

Riserva naturale regionale dell'Isola Gallinara

La riserva di Gallinara ospita una delle più grandi colonie di gabbiani reali del Tirreno settentrionale, specie floristiche paleomediterranee e rettili rari; l'ambiente marino dell'isola è ancora in gran parte integro e prossimamente sarà tutelato con l'estensione al mare dell'area protetta.

L'ECONOMIA

La struttura economica della Liguria è nettamente diversa da quella di qualsiasi altra regione dell'Italia settentrionale. Il reddito annuo per abitante è tra i più elevati, ma l'economia regionale si basa, più che sull'industria, in grave crisi a partire dagli anni Ottanta (nel 1970 contribuiva per un terzo alla formazione del prodotto regionale, oggi per un quarto), su un'agricoltura specializzata e su una gamma assai vasta di servizi. La regione vive essenzialmente di due risorse, il clima e il mare; l'economia si basa sul turismo balneare, oltreché sulle attività portuali (con le connesse attività finanziarie, bancarie, assicurative) e commerciali. è scomparsa da tempo l'agricoltura tradizionale, particolarmente faticosa e che produceva, per l'autoconsumo, cereali e patate su fondi esigui, su difficili terreni collinari e montani, su strette terrazze strappate ai pendii, spesso franosi. Anche lo sfruttamento del bosco, che rappresentò nei secoli passati una discreta risorsa per gli abitanti dell'entroterra e da cui si otteneva in primo luogo legna da ardere, oggi non è più conveniente. Il settore agricolo, il cui reddito globale è comunque tutt'altro che trascurabile, si è indirizzato su alcune produzioni specifiche di alta qualità e di tipo commerciale: un'olivicoltura molto affermata, le primizie ortofrutticole anche in serra nella piana di Albenga (carciofi, asparagi, albicocche ecc.), che vengono poi inviate alle grandi città della Pianura Padana, i vini rinomati prodotti nelle Cinque Terre, e soprattutto i fiori e le piante ornamentali coltivati nelle serre della zona di Sanremo e destinati con successo anche all'esportazione.

Pur essendo la principale regione marinara d'Italia, quella che ha sempre fatto del mare il suo motivo di orgoglio e di particolarità, la Liguria oggi si dedica assai poco alla pesca; le sue acque sono d'altronde povere di pesce (e in più parti sono state inquinate dagli scarichi delle industrie). Il pescato, che comprende i crostacei e i più importanti molluschi, rappresenta poco più del 5% del totale nazionale; occorre dire però che è mancata anche un'adeguata modernizzazione del settore, soprattutto per la carenza di stabilimenti conservieri. Fin dalle sue origini nel XIX secolo l'industria, invece, ha avuto uno dei suoi poli principali in Liguria, e particolarmente a Genova, che costituiva, con Milano e Torino, il cosiddetto "triangolo industriale", in cui si concentrava la parte più cospicua del settore in Italia. Il ruolo di Genova era quello di centro portuale e cantieristico (secondo una tradizione secolare), dove arrivavano e venivano lavorate le materie prime d'importazione e da dove partivano i prodotti destinati all'esportazione. Questo ruolo venne ulteriormente esaltato negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, che cambiarono il volto dell'economia del Paese, quando nuovi impianti industriali vennero creati tra Genova e Savona. In quegli anni, insieme all'edilizia, la struttura portante dell'industria ligure era rappresentata dalla siderurgia, dalla meccanica pesante, dalla chimica e dalla petrolchimica, lavorazioni tutte basate su materie prime d'importazione e che dunque si avvantaggiavano della presenza di un grande porto. Lungo il tratto di costa compreso tra il capoluogo regionale e Savona si addensarono i complessi industriali. Le vie di comunicazione stradali e autostradali si moltiplicarono, spesso con viadotti, sopraelevate, trafori stradali, data l'esiguità dello spazio a disposizione: lo stesso aeroporto internazionale di Genova fu costruito nel 1955-1962 su un terreno artificiale, ottenuto colmando un tratto di mare davanti a Sestri Ponente.

L'industria ligure puntò su pochi settori, che meno di vent'anni dopo sarebbero entrati in una crisi più o meno profonda; la stessa edilizia ha ormai scarsa, se non nulla, possibilità di espansione. Sono state così fortemente ridotte le attività del complesso siderurgico di Cornigliano Ligure (sobborgo occidentale di Genova), quelle cantieristiche di Voltri, quelle chimiche di Sestri Ponente; nel frattempo esse avevano provocato danni assai gravi all'ambiente, come accadde ad esempio nello stabilimento chimico di Cengio, in provincia di Savona. Abbastanza sviluppato è rimasto il settore alimentare, che può contare su oleifici, pastifici e stabilimenti conservieri degli ortaggi. La complessiva partecipazione dell'industria al prodotto regionale è ormai solo del 25%, molto più bassa non solo del resto dell'Italia settentrionale, ma persino della media nazionale. Quasi i tre quarti del reddito della regione provengono dal settore terziario: solo il Lazio supera questo primato, ma sulla base di attività legate essenzialmente alla presenza di Roma, e quindi all'eminente ruolo burocratico e amministrativo della capitale. La Liguria, meta di turisti stranieri già a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha attualmente nel settore turistico il fattore trainante della propria economia, grazie anche ai collegamenti autostradali e ferroviari con le principali città della Pianura Padana. Le attività portuali, soprattutto quelle legate al porto di Genova, sono state in passato un altro caposaldo dell'economia regionale; a lungo Genova contese alla città francese di Marsiglia il primato nel Mediterraneo. Oggi rappresentano invece un altro settore in crisi (con tutti i servizi finanziari che ne derivano): sia per i costi molto elevati del carico e scarico delle merci, dello stoccaggio e dei trasporti, sia per un certo ritardo nell'ammodernamento delle strutture, sia per la crisi industriale che coinvolge, in maggiore o in minore misura, l'area del Nord-Ovest d'Italia, gravitante su Genova. Nuoce altresì alla città la concorrenza anche di altri porti, liguri e non, appositamente attrezzati per il traffico di container o per il trattamento di merci oggi importantissime, come il petrolio, per il quale, ad esempio, si va sempre più affermando lo scalo di Savona-Vado Ligure, terminal dell'oleodotto per Trecate, in provincia di Novara. Il porto di Genova è passato da un movimento pari al 25-30% del totale delle merci importate ed esportate d'Italia, a poco più del 10%; con 32 milioni annui di tonnellate di merci smistate ha oggi perso il suo primato italiano, superato da Trieste e tallonato da vicino da Taranto. Anche il movimento dell'aeroporto di Genova è modesto. Data la conformazione territoriale, con le montagne a picco sul mare, la realizzazione di vie di comunicazione con la Pianura Padana è sempre stata piuttosto difficoltosa. I romani realizzarono lungo la costa la via Aurelia, che collegava Roma con la Francia; su questa arteria furono innestate due diramazioni, una che partiva da Genova e attraversava il passo dei Giovi, l'altra che iniziava a Savona e superava il colle di Cadibona. Ancora oggi le arterie principali, stradali e ferroviarie, seguono questi tracciati. Sulla ferrovia costiera Roma-Livorno-Genova-Ventimiglia si innestano la Genova-Milano e la Savona-Torino; le autostrade comprendono la Milano-Genova (la cosiddetta Autostrada dei Fiori), le litoranee Genova-Ventimiglia e Genova-La Spezia-Livorno (sulla quale si dirama, attraverso il passo della Cisa, il raccordo con Parma e l'Autostrada del Sole), la Savona-Torino e la Voltri-Gravellona Toce (l'Autostrada dei Trafori), che collega la Svizzera con o scalo portuale di Voltri.

CENNI STORICI

La Liguria antica

In Liguria la fascia rivierasca che va da Finale Ligure alla Francia costituisce un'area di notevole interesse paleoantropologico, in quanto sono state qui rinvenute tracce di insediamenti umani che risalgono al Paleolitico (grotta dei Balzi Rossi, zona delle Arene Candide, grotta della Basura a Toirano) e che, insieme con i ritrovamenti nel Finalese relativi all'Era neolitica, offrono la più preziosa documentazione di tutta l'Italia nord-occidentale dell'epoca. Nelle ere protostoriche la regione fu popolata da etnie celtiche e, soprattutto, da Liguri, uno dei principali gruppi dell'Italia primitiva. I Liguri, che occupavano un vasto territorio che si estendeva dall'Appennino settentr7onale alle Alpi meridionali e alla valle del Rodano, furono divisi e dispersi dalle ondate migratorie dei Celti: gli abitanti della costa si difesero arroccandosi tra il mare e le montagne e si dedicarono alla navigazione e ai commerci marittimi. Acquisirono così una coesione che permise loro di contrastare l'espansione romana, iniziata al tempo delle guerre puniche, nel III secolo a.C. La romanizzazione della zona litoranea si completò dopo circa un secolo. Nell'Italia augustea la Liguria fece parte della Regio IX, i cui confini andavano dal mare al Po, dal Trebbia alla Lunigiana. La costruzione della litoranea via Iulia Augusta realizzò la concezione romana della strada orizzontale, dal tracciato coerente con le esigenze di comunicazioni a lunga distanza (da Genova alla Francia e di qui alla Spagna), che interrompeva la supremazia dei percorsi marittimi. Ai secoli di pace, assicurati dall'Impero romano, seguì il periodo delle incursioni barbariche e dei saccheggi, che in Liguria furono compiuti prima dagli Eruli e poi dai Goti; successivamente la regione passò sotto la dominazione bizantina, che la protesse dall'avanzata dei Longobardi fino al 641 d.C., anno in cui re Rotari occupò Genova e ne distrusse le mura. Tra il IX e il X secolo, l'appartenenza al regno dei Franchi orientali, in cui la Liguria era inserita, non servì a proteggerla dalle devastanti incursioni dei Saraceni e dei Normanni. Il feudalesimo accentuò le peculiarità dell'economia agropastorale di montagna, priva di zone cerealicole, in quanto le poche aree pianeggianti erano paludose e disabitate. In Liguria, come in tutta l'Italia nord-occidentale, a partire dall'XI secolo la rinascita politica ed economica fu dovuta al fiorire della civiltà comunale: Genova fu la prima città a costituirsi in Comune autonomo, sancito dal patto federativo del 1099. Genova, forte della nuova realtà comunale, avviò un processo di espansione e di predominio nel territorio ligure, cimentandosi al contempo con la concorrente Repubblica marinara di Pisa nel controllo dei commerci con la Francia e l'Oriente. La conquista dell'entroterra potè dirsi compiuta alla fine del XIV secolo, quando i confini della Repubblica di Genova si stabilizzarono nella fascia compresa tra Nizza e Portovenere, con ampie diramazioni appenniniche verso Ovada e Gavi. Da allora fino al XIX secolo la Liguria come stato territoriale dovette tutto a Genova, le cui casate nobiliari (i Grimaldi, gli Spinola, i Doria, i Fieschi, i Clavesana) influenzarono la vita sociale di tutto il territorio costiero, con l'eccezione del Finalese, appartenente al marchesato del Carretto.

Genova: una capitale tutta da scoprire

La Liguria visse le alterne vicende di Genova, la cui storia fu scandita da tre grandi fasi: l'ascesa militare e mercantile come repubblica marinara nel tardo Medioevo, intervallata da lotte tra fazioni nobiliari e da periodi di sottomissione ai Visconti di Milano e ai Francesi; il periodo d'oro della repubblica aristocratica, rafforzata dall'iniziativa diplomatica di Andrea Doria (1528); il declino politico tra Sei e Settecento. Dopo la parentesi della Repubblica Ligure (1797-1805), voluta da Napoleone in accordo con i gruppi giacobini locali, Genova e la Liguria divennero territorio dell'Impero francese fino a che, con il Congresso di Vienna (1814-15), non furono consegnate ai Savoia. Durante il Risorgimento, sul ceppo della tradizionale ostilità antisabauda mise radici il Movimento democratico repubblicano, nel quale si riconobbe una parte dei ceti professionali urbani, e che fu incarnato dalla figura del genovese Giuseppe Mazzini. Da Quarto, presso Genova, mosse la spedizione dei Mille guidata da Garibaldi (1860), il più rilevante contributo militare e politico dei democratici all'unità nazionale. In quel periodo iniziò un movimento demografico che portò all'abbandono delle zone di montagna: fu l'effetto del successo della coltura dell'olivo, culminata tra la fine del Settecento e la fine dell'Ottocento, il cui alto valore, tipico di ogni coltura specializzata, trasformò radicalmente numerose zone della Liguria occidentale. Sulle Riviere di Ponente e di Levante una novità fu rappresentata dalla ferrovia, che seguiva il percorso dell'Aurelia, la strada il cui ripristino fu iniziato da Napoleone e completato nel 1830. Con il treno cominciò la stagione del turismo, inizialmente elitario e prevalentemente costituito da stranieri, alla ricerca di oasi climatiche lungo la costa (Sanremo, Bordighera, Alassio, Santa Margherita e Rapallo), così che la Liguria verso la fine dell'Ottocento poteva considerarsi la prima regione turistica d'Italia. Il coevo decollo industriale si concentrò a Genova, come si è detto, favorito dalla costruzione tra il 1880 e il 1900 di grandi infrastrutture portuali, e a Savona, entrambe collegate dalla ferrovia alle regioni dell'Italia settentrionale. All'inizio del Novecento si formò il polo industriale di La Spezia, legato ai cantieri navali, mentre nell'entroterra genovese si radicava il paesaggio industriale delle ferriere e delle filande, e la zona di Oneglia si specializzava nell'industria alimentare. Proprio la presenza di strutture industriali e aeroportuali espose la Liguria a pesanti bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, epoca in cui la regione fu percorsa da un forte movimento antifascista di resistenza armata all'occupazione tedesca.

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IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE

Liguria, un porto d'arte

Contrariamente al facile stereotipo che la vorrebbe una terra chiusa, serrata tra il mare e le montagne, abitata da gente altrettanto ostica, la Liguria è in realtà, da sempre, uno dei crocevia del mondo. Ragioni geografiche e storiche ne hanno favorito il ruolo di frontiera tra rotte marittime e terrestri, fra il Mediterraneo e l'Europa, e tra questi e il resto del pianeta. Nel campo della produzione artistica, committenti e autori hanno avuto modo di confrontarsi per secoli con culture forestiere, sia attraverso opere giunte da ogni dove, sia per l'arrivo di stranieri.

Dalle incisioni rupestri alle vestigia romane

Le tracce più remote si incontrano nell'estremo Ponente, ai Balzi Rossi - uno dei siti più importanti della preistoria italiana, insieme ad altri nel Finalese e a Toirano - frequentato per oltre centomila anni, dal Paleolitico inferiore fino a circa diecimila anni fa. Vi compaiono anche le prime espressioni figurative, con il profilo di un cavallo graffito su una parete rocciosa e una quindicina di statuine femminili, simboliche "Veneri" di fertilità e abbondanza. Sulle Alpi Marittime, attorno al Monte Bego - oggi oltre il confine francese - si sviluppò dall'Età del Bronzo un eccezionale santuario all'aperto, con circa centomila incisioni rupestri. All'Età del Ferro risale la necropoli di Chiavari, presentata nel locale Museo Archeologico, con corredi che rimandano a una comunità già articolata in classi sociali nell'VIII-VII secolo a.C. Ben più ricca la necropoli della Genova preromana (V-III secolo a.C.), con raffinate ceramiche e altri oggetti importati soprattutto dal mondo greco ed etrusco, in buona parte esposti nel Museo Archeologico di Pegli. Il lungo processo di romanizzazione, ostacolato dalla strenua resistenza degli indigeni e suggellato infine dall'imponente Trofeo di Augusto a la Turbie (13-5 a.C.), portò alla fondazione di città provinciali - ma non per questo prive di motivi di interesse - quali Luni (177 a.C.), legata all'esportazione del marmo apuano, Albintimilium (Ventimiglia, 180 a.C.) e Albingaunum (Albenga, un secolo più tardi). In quest'ultima, subentrata Bisanzio a Roma, si realizzò nel Battistero l'unico - piccolo e magnifico - mosaico bizantino del V secolo conservato nel Nord Italia fuori Ravenna. Qui e altrove si incontrano poi marmi e altri segni del successivo dominio longobardo. Rapporti con l'oltremare della rinascenza macedone, tra X e XI secolo, sono dichiarati nell'abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte - incastonata in un'incantevole baia del promontorio di Portofino - tanto nell'impianto architettonico della chiesa, quanto soprattutto nei tipici capitelli "a stampella" del chiostro. Elementi analoghi vennero recuperati a Genova nell'ottocentesca demolizione della chiesa di S. Tommaso e sono ora nel Museo di Sant'Agostino, scrigno di frammenti scultorei recuperati dalle distruzioni degli ultimi due secoli, prodotti dall'età romana al tardo Settecento.

Il periodo comunale e delle Signorie

Costituitosi sul finire dell'XI sec., il Comune genovese mise in atto già nel XII secolo una forte politica di espansione lungo le riviere e penetrazione all'interno, confrontandosi con i poteri feudali e le altre comunità locali, ora accordandosi, ora conquistando, ora fondando città, come Chiavari (1147-78), caposaldo contro i Fieschi, conti di Lavagna, ricordati al di là del torrente Entella dal palazzo con l'adiacente gotica basilica di S. Salvatore, voluta da papa Innocenzo IV nel 1245 sul luogo d'origine del proprio casato. Vari territori resistettero a lungo, con l'elaborazione di esperienze artistiche autonome e parallele a quelle del capoluogo. Il Comune di Savona capitolò nel 1528, troncando un Rinascimento che aveva visto protagonisti i due pontefici Della Rovere - Sisto IV e Giulio II - con Giuliano da Sangallo architetto del palazzo di famiglia e pittori come Donato de' Bardi e Vincenzo Foppa. Il Finale rimase ai marchesi Del Carretto fino al 1598, per passare alla Spagna e poi all'Austria, che solo nel 1713 lo vendette a Genova. Al confine col mondo toscano, Sarzana, a lungo contesa tra pisani, lucchesi, milanesi, genovesi e fiorentini, passò alla Repubblica di Genova nel 1562. Erede dell'antica Luni, a cavallo della Via Francigena che dal Nord portava a Roma, essa conserva nella cattedrale la Croce di Maestro Guglielmo, il primo esempio - datato 1138 - dei molti crocifissi dipinti di cui sono ricche la Toscana e l'Umbria. Durante il tardo Medioevo e il primo Rinascimento, per l'edificazione, la decorazione e l'arredo della metropoli ci si rivolse in prevalenza ad artefici forestieri e a importazioni, accogliendo culture architettoniche e figurative da varie zone d'Europa e del Mediterraneo. Si andava dall'Oriente islamico e bizantino a diverse aree della Francia; dalla Penisola Iberica alle Fiandre, meta di interessi commerciali riflessi nella cospicua presenza di capolavori fiamminghi. Da regioni italiane, in un ampio arco di tempo giunsero - o inviarono opere - Manfredino da Pistoia, Giovanni Pisano, Barnaba da Modena, Giovanni Mazone, Carlo Braccesco, Matteo Civitali, Andrea Sansovino e molti altri. Preziose reliquie e oggetti di culto pervenuti o prodotti a Genova nei secoli sono splendidamente esposti dal 1956 nel Museo del Tesoro di San Lorenzo, di Franco Albini, gemma della museografia mondiale del dopoguerra. A maestranze lombardo-ticinesi, altamente specializzate nel costruire e scolpire, si affidò la maggior parte del patrimonio architettonico, dal Romanico all'Ottocento, passando dal rinnovamento edilizio quattrocentesco e dai grandi cantieri del Cinque e Seicento. Tra le principali dinastie che si tramandavano il mestiere di padre in figlio citiamo i Gagini, i Carlone, gli Orsolino. Nel Ponente - tra Albenga e Briga - i piemontesi Giovanni Canavesio e i Biazaci lasciarono nel tardo Quattrocento polittici e affreschi di un gustoso realismo popolaresco, mentre il nizzardo Lodovico Brea propose a Taggia, Savona e Genova ben più raffinati richiami all'area ligure-provenzale. Si data al 1528 l'avvio del "secolo dei Genovesi". Artisti romani furono chiamati a lavorare a Genova e genovesi inviati ad aggiornarsi a Roma. Nel 1548 il perugino Galeazzo Alessi innalzò un rivoluzionario palazzo "alla romana" per Luca Giustiniani nella villeggiatura di Albaro (attuale facoltà di Ingegneria), prototipo seguito per secoli in analoghe realizzazioni in città e fuori. Lo stesso architetto realizzò per i Sauli l'enorme basilica gentilizia di S. Maria Assunta, ispirata in versione ridotta a una delle proposte per il San Pietro vaticano. Nel Cinquecento si diffuse l'uso di rivestire ad affreschi e stucchi non solo gli interni, ma anche le facciate degli edifici. Un tripudio di figure, colori, messaggi allegorici e finzioni architettoniche trasformò la scena urbana in un paesaggio fantastico, oggi solo in parte conservato nella sua autenticità, in parte irreparabilmente slavato e in parte da poco ridipinto con esiti non sempre convincenti. Luca Cambiaso, Giambattista Castello il Bergamasco, i Semino, i Calvi, e poi Lazzaro Tavarone e Bernardo Castello sono i campioni di questa felice stagione della grande decorazione di palazzi e chiese, autori anche di numerose tele.

La splendida stagione del barocco genovese

Proseguirono e si intensificarono i rapporti con le Fiandre, con una vivace colonia di pittori e argentieri fiamminghi che nel primo Seicento accolse prima Peter Paul Rubens e poi Antonie Van Dyck, autori di pale d'altare, superbi ritratti e altri soggetti. La rubensiana Circoncisione nella chiesa del Gesù (1605) è indicata da alcuni critici come il primo dipinto barocco nella storia dell'arte. Lo stesso Rubens, colpito dalla modernità e dall'alta qualità residenziale delle dimore genovesi, tornato in patria curò la pubblicazione di un repertorio di accurati rilievi, edito ad Anversa nel 1622. Molti aristocratici intrapresero l'acquisto di opere sul mercato internazionale, unitamente a specifiche commissioni a pittori locali e stranieri. Si costituirono così nell'arco di alcune generazioni favolose quadrerie in parte tuttora private e difficilmente accessibili, in parte purtroppo disperse dagli eredi, in parte divenute musei, come le Civiche raccolte dei Palazzi Rosso e Bianco e le Gallerie nazionali dei Palazzi Spinola e Reale. Tra i nomi forestieri ripetutamente presenti, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Guido Reni, i Carracci, Guercino, Procaccini, Caravaggio, Mattia Preti, Aurelio Lomi, Orazio e Artemisia Gentileschi, Luca Giordano, oltre ai già citati fiamminghi e altri. Grazie anche a queste presenze, nel Seicento maturò in Liguria una cultura pittorica che con linguaggi originali e variati seppe rielaborare autonomamente una moltitudine di spunti e suggestioni. Si possono ricordare Gio Andrea Ansaldo, Gioacchino Assereto, Gio Bernardo Carbone, i Carlone, Valerio Castello, Gio Andrea e Orazio De Ferrari, Domenico Fiasella, il Grechetto, Giambattista Paggi, Bernardo Strozzi. A secolo inoltrato, la civiltà barocca espresse capolavori quali gli apparati scultorei del marsigliese Pierre Puget e del genovesissimo Filippo Parodi, di chiara ascendenza berniniana, o la grande pittura - affreschi e tele per trasfigurare palazzi e chiese - soprattutto di Domenico Piola e di suo genero Gregorio De Ferrari, originario di Porto Maurizio. I Ricca, architetti di Lavina di Rezzo (Imperia), tra Sei e Settecento edificarono interessanti chiese non solo nel Ponente, ma nella stessa Genova e dintorni. Edicole votive disseminate ovunque nel capoluogo e negli altri centri - la maggior parte dedicate alla Vergine e risalenti ai secoli XVII e XVIII - testimoniano un'intensa religiosità popolare, con oscuri scalpellini a fianco di celebri scultori come Francesco Maria Schiaffino. Allo stesso periodo risale la massima fioritura di presepi artistici, con figurine articolate di legno e vestite, molte delle quali rimangono visibili anche al di fuori del periodo natalizio, in musei e allestimenti stabili. La scultura lignea sei-settecentesca - nella quale si distinguono i Bissoni e Anton Maria Maragliano, in una tradizione protrattasi nell'Ottocento - produsse gruppi sacri di veristica teatralità, crocifissi e casse processionali tuttora esibiti dalle confraternite nelle manifestazioni devozionali in tutta la regione, tra le quali spiccano le processioni del Venerdì santo a Savona e del 24 giugno a Genova, festa del patrono San Giovanni Battista. Figli d'arte, Domenico Parodi e Lorenzo De Ferrari condussero l'esperienza tardo-barocca attraverso la prima metà del Settecento, cimentandosi anche in sfarzose "gallerie degli specchi", rimpicciolite reinvenzioni di Versailles. Nel panorama pittorico un posto speciale spetta alla potente visionarietà di Alessandro Magnasco.

Settecento, tra Rococò e Neoclassicismo

La dipendenza culturale dalla Francia, in gran parte conseguente al bombardamento navale del 1684 e riscontrabile in molteplici campi, in architettura raggiunse l'apice poco dopo la metà del secolo, con il Palazzo Durazzo Bombrini eretto a Genova Cornigliano da Pierre Paul de Cotte, grandiosa residenza parigina trasferita alla foce del Polcévera, con notevoli innovazioni strutturali e abitative. Scaduto il Rococò, gli anni Settanta e Ottanta del Settecento vissero intensamente l'affermarsi del neoclassicismo, con nuove costruzioni e ammodernamenti di palazzi e giardini, in città e in villa, avviati da Charles de Wailly e poi condotti da Andrea Tagliafichi, Gregorio Petondi, Giambattista Pellegrini e altri nomi. Il lombardo Simone Cantoni ricostruì il corpo centrale del Palazzo ducale devastato dall'incendio del 1777. Suo fratello Gaetano innalzò nel 1781 il Duomo di Porto Maurizio. Alla fine dell'antico regime, la scena genovese fu dominata fino al 1835 da Carlo Barabino, architetto e urbanista che gestì l'avvio della città moderna, con piani regolatori e vari edifici, tra cui il teatro Carlo Felice e l'adiacente sede dell'Accademia di Belle Arti, istituzione fondata nel 1751 dall'aristocrazia illuminata che, con donazioni dalle proprie quadrerie, la dotò di un museo via via ampliato, per lo studio degli allievi.

Architettura e urbanesimo: le forme del moderno

Nello sviluppo ottocentesco e di primo Novecento, il capoluogo e gli altri centri della regione - dopo un iniziale richiamo alle forme degli antichi palazzi patrizi ridotte a superficiali decorazioni per caseggiati borghesi - adottarono la variegata gamma di soluzioni architettoniche e decorative comuni a molte aree italiane e straniere, muovendosi tra stili storici, eclettismo e liberty, con esiti interessanti ma di non particolare originalità. Tra le poche eccezioni, le fantasmagoriche e spregiudicate creazioni del fiorentino Gino Coppedè, nel Castello Mackenzie di Genova e in altre ville e palazzi. Due belle piazze genovesi degli anni Trenta sono emblematiche degli opposti orientamenti dell'architettura italiana alla vigilia della seconda guerra mondiale: piazza della Vittoria, di Marcello Piacentini, richiama con retorica enfasi non priva di eleganza le aspirazioni del regime alla romanità imperiale; piazza Rossetti, di Luigi Carlo Daneri, propone con raffinatezza la semplice attualità del razionalismo europeo. Nel panorama architettonico contemporaneo, gli ultimi decenni hanno espresso opere di rilievo, oggetto di appassionati dibattiti. Fra i tanti esempi, a Genova si possono citare i musei di Albini e Helg; il viadotto sul Polcévera di Morandi e Cherubini; le ricostruzioni dello stadio Ferraris (Gregotti), del teatro Carlo Felice (Rossi, Gardella, Reinhart) e del complesso di S. Silvestro per la nuova facoltà di Architettura (Gardella, Grossi Bianchi); la progettazione del Centro di S. Benigno, dello studio americano "S.O.M"; la ristrutturazione del Porto Antico per l'Expo'92 di Renzo Piano. Il secolo XIX era stato anche il periodo della scoperta della Liguria da parte delle élites straniere attratte dall'ambiente e dal clima, di cui rimangono molteplici testimonianze. Il parco di Villa Pallavicini a Genova Pegli, inaugurato nel 1846, fu concepito non più solo per privato diletto, ma come attrazione turistica di fantastica scenograficità. Quasi al confine con la Francia, l'inglese Thomas Hanbury avviò nel 1867 un importantissimo parco di acclimatazione di piante esotiche. Bordighera presenta architetture di Charles Garnier, l'autore dell'Opéra di Parigi. A Sanremo il soggiorno della zarina Maria Alexandrovna nel 1874 è ricordato dalla chiesa russa del Cristo Salvatore, disegnata da A.V Scusev, progettista del Mausoleo di Lenin. Una straordinaria presenza di arte orientale in Italia si deve a Edoardo Chiossone, che donò al Comune di Genova le collezioni raccolte nel lungo soggiorno giapponese (1875-98), poi integrate da ulteriori acquisizioni ed esposte in un moderno museo. Altri musei documentano pittura e scultura degli ultimi due secoli, di autori sia liguri sia forestieri, nel variegato panorama dell'arte moderna e contemporanea, contemplata e promossa anche da varie gallerie private. Tra i musei d'ultima generazione emerge l'"Amedeo Lia" di La Spezia, frutto del mecenatismo di un collezionista d'arte antica. Parallelamente allo sviluppo del nuovo, già nel secondo Ottocento si era affermato l'interesse per le memorie del passato, con l'inizio di ricerche e restauri che - dapprima ad opera di Alfredo D'Andrade e con libertà oggi impensabili - hanno restituito immagini di un Medioevo perduto e in buona parte reinventato, ma di grande fascino: citiamo Palazzo S. Giorgio, porta Soprana e S. Donato a Genova; S. Paragorio a Noli e ad Albenga il Battistero. Con criteri diversi, il recupero dell'antico prosegue ora insieme alle nuove realizzazioni, accompagnando le città verso il futuro.

I PARCHI CULTURALI

Non sono parchi come tutti gli altri, con un territorio delimitato e dei confini precisi, ma sono parchi virtuali, luoghi della mente. I Parchi culturali hanno l'ambizione di spostare l'attenzione verso una maggiore consapevolezza e conoscenza di un territorio ricco sia dal punto di vista storico e architettonico che naturalistico e culturale.

Parco Culturale Riviera dei Fiori-Alpi Marittime

Il Parco interessa il territorio di tutta la provincia di Imperia e guarda con attenzione alla vicina Francia, in particolare alla regione di Nizza con la quale esistono storici legami. Copre un territorio molto vario: dalle spiagge di famose località balneari come Sanremo e Bordighera agli oltre duemila metri delle cime delle Alpi Marittime. Un territorio che presenta numerosi motivi di interesse: naturalistici, storici ed artistici. Un territorio molto conosciuto che però, e forse proprio per questo, può riservare piacevoli sorprese. Italo Calvino è nato a Cuba, ma è cresciuto a Sanremo, una città da cui si è allontanato dopo la seconda guerra mondiale per trasferirsi a Torino, poi a Parigi e a Roma; una città, Sanremo, dalla quale non è mai riuscito a liberarsi, quasi un'ossessione per lo scrittore che aveva sempre presente la Liguria nel suo immaginario quando si accingeva a scrivere. In questi luoghi sono ambientati quasi tutti i primi racconti e romanzi, tra cui Il barone rampante. Un itinerario calviniano a Sanremo conduce il visitatore in giro per la città nei posti frequentati dallo scrittore - la villa dove è cresciuto, la scuola, il cinema, la passeggiata Imperatrice - ma anche nei luoghi descritti da questo autore, ormai non più ligure né italiano, ma di fama internazionale. Imperia è forse meno conosciuta di Sanremo, ma è altrettanto invitante con uno dei centri storici più conservati della costa, il Parasio. In più ha avuto un ruolo di rilievo nella letteratura del Novecento. L'industria Sasso, oltre che produrre olio, divenne un luogo d'incontro letterario, tramite la rivista "La Riviera Ligure", alla quale collaborarono, sotto la guida dal poeta Mario Novaro, figlio del fondatore dell'oleificio, i migliori scrittori e poeti della prima metà del Novecento, tra cui Pascoli, Pirandello, Capuana, Deledda, Alvaro, Ungaretti, Campana, Rebora, Saba, Sbarbaro e Boine. Due itinerari, che si snodano tra Diano Marina, Oneglia e Porto Maurizio, conducono sulle tracce lasciate dalla famiglia Novaro e da Giovanni Boine. Il patriota Giovanni Ruffini, invece, ha ambientato tra Bordighera e Taggia il primo romanzo che descrive la Riviera. Aveva una casa a Taggia ma fu costretto a vivere in esilio in Gran Bretagna dove pubblicò il romanzo Doctor Antonio, che fece conoscere le bellezze della Riviera ai sudditi della Regina Vittoria che affluirono numerosi alla fine dell'Ottocento. Un itinerario a Taggia conduce nei luoghi descritti e "vissuti" dallo scrittore. Infine un pittore, il grande Claude Monet che trascorse dieci settimane a Bordighera. Lungo questi itinerari il Parco organizza visite guidate musicate ed animate con la presenza di attori e musicisti che accompagnano i visitatori alla riscoperta di questi luoghi carichi di storia ed atmosfera. Inoltre, ogni anno all'inizio dell'estate nei suggestivi giardini Hanbury, adagiati sul promontorio della Mortola, ha luogo il Premio Hanbury, dove vengono premiate opere dedicate alla botanica. è promosso dal prestigioso Premio Grinzane Cavour che è stato il primo in Italia a concepire il progetto dei parchi culturali.

Parco Culturale del Tigullio del Tigullio

Il Parco Culturale del Tigullio nasce nell'estate 1999, per creare un'ulteriore occasione alla conoscenza dei luoghi e della cultura di tutto il territorio, dalla costa all'entroterra, e offrire nuove opportunità a un turismo qualificato e di cultura. Sono stati così predisposti numerosi percorsi, sulle tracce di quelle presenze, attraverso reperti, testimonianze, opere, per condurre il visitatore nei luoghi e nelle atmosfere che furono scelti da scrittori, artisti, musicisti di tutto il mondo e di ogni tempo (Andersen, Cascella, Capote, D'Annunzio, Dante, Duse, Freud, Gadda, Garibaldi, Hesse, Kandinskij, Kokoschka, Lamartine, Manzoni, Marconi, Maupassant, Nietzsche, Petrarca, Picasso, Pound, Quasimodo, Sbarbaro, Sibelius, Stendhal, Wagner, Yeats). Un ricco programma di iniziative rivolte alle scuole di ogni ordine e grado contribuisce a radicare nelle giovani generazioni del Tigullio un concetto del territorio fatto di rispetto e valore.

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