Microtrone.

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Microtrone.

Fis. - Macchina acceleratrice di elettroni di tipo circolare, con funzionamento analogo a quello del ciclotrone, ma dimensioni molto più limitate. Il m. fu proposto dal fisico russo V. I. Veksler nel 1944, ma venne realizzato solo alcuni anni dopo. Il m. è composto da un magnete, da una camera cilindrica a vuoto, nella quale circolano gli elettroni, da una cavità a radiofrequenza e dai relativi alimentatori. Il magnete di forma circolare crea un campo magnetico uniforme entro il quale è posta la camera a vuoto. Gli elettroni, per effetto del campo elettromagnetico, seguono orbite circolari tangenti la cavità a radiofrequenza e ad ogni passaggio in prossimità della cavità stessa guadagnano una certa energia E. Attraverso un canale magnetico, gli elettroni, che hanno compiuto n passaggi nella cavità e hanno guadagnato un'energia pari a n x E, vengono estratti dalla macchina. L'energia massima, relativa al massimo diametro che si può dare al magnete, è dell'ordine della decina di MeV; la massima intensità del fascio, legata alla potenza dell'alimentatore a radiofrequenza, varia da qualche decina di µA a qualche mA. Il m. è utilizzato in sostituzione degli acceleratori lineari, rispetto ai quali è molto più economico per le basse energie.

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Màcchina.

(dal latino machina). Congegno atto a permettere la trasformazione di una data forma di energia in un'altra energia di forma diversa; apparecchio capace di compiere meccanicamente delle operazioni. - Per antonomasia, con il termine m. oggi si intende l'automobile, o anche, a seconda dei contesti, la m. fotografica, la m. da presa, la rotativa, la locomotiva ferroviaria o l'elaboratore elettronico. - Termine generico con cui si indicano i mezzi bellici dell'antichità e del Medioevo finalizzati all'assedio; ordigno esplosivo. - Costruzione architettonica molto complessa e articolata. - Nel teatro antico, congegno per ottenere effetti scenici e per far intervenire nell'azione drammatica la rappresentazione della divinità. - Fatto a m.: detto di prodotti confezionati con procedimenti meccanici, contrapposto a fatto a mano. - Vincere per due m.: nelle gare ciclistiche indica la lunghezza del veicolo per determinare la distanza tra un concorrente e l'altro. - Fig. - Persona che pensa e agisce in modo meccanico, ripetitivo e disumanizzato, soggetto privo di sentimenti. - Parlare a macchinetta: in maniera meccanica, senza che intervenga la riflessione. - Secolo delle m.: si designa l'età contemporanea caratterizzata dall'avvento tecnologico. - M. elettorale, m. dello Stato, m. della giustizia: insieme costituito da più parti o settori preposti ad un medesimo scopo (assicurare lo svolgimento di libere elezioni, l'insieme degli organi che compongono lo Stato, il complesso dei mezzi che garantiscono l'esercizio della legge. - Fis. - M. semplici: nome di un gruppo di meccanismi elementari, nei quali una forza si equilibra con un'altra forza, in genere diversa dalla prima per grandezza, direzione e verso. Le due forze sono dette: potenza (quella che si considera attiva), resistenza (quella che deve essere vinta). Sono m. semplici la leva, la carrucola, il verricello, il piano inclinato, il cuneo, la vite, il torchio idraulico. - Tecn. - M. elettriche: sono quelle destinate a trasformare l'energia elettrica in energia meccanica o viceversa. All'interno si possono distinguere le m. elettriche statiche in cui non vi sono organi in moto (come i trasformatori) e le m. elettriche ruotanti. Le m. elettriche ruotanti si suddividono in m. sincrone e in m. asincrone. - M. sincrone: m. elettriche in cui la velocità di rotazione è costante, proporzionale alla frequenza delle correnti assorbite e inversamente al numero di poli della m. - M. asincrone: m. elettriche a induzione in cui la velocità di rotazione è variabile intorno a un certo valore, proporzionale questo alla frequenza delle tensioni di alimentazione, e inversamente proporzionale al numero di poli della stessa. Sono fra le m. più usate industrialmente. - M. elettrostatiche: servono a generare una differenza di potenziale fra due conduttori isolati. Le m. elettrostatiche a strofinio utilizzano le cariche prodotte per strofinio su un isolante; le m. elettrostatiche a induzione utilizzano le cariche prodotte per induzione su un conduttore. Sono di questo tipo l'elettroforo di Volta, le m. di Wimshurt, il generatore elettrostatico di Van de Graaff. - M. a fluido: sono quelle m. che lavorano trattando un fluido e sono le m. più frequenti: se il fluido non si lascia comprimere, in generale si parla di m. idrauliche, se invece è comprimibile ed innesca delle trasformazioni termodinamiche, si parla di m. termiche. - M. idrauliche: a tale categoria appartengono le m. che trasformano l'energia cinetica di un liquido in movimento, generalmente acqua, in energia meccanica, o viceversa. Nel primo caso si hanno le m. idrauliche motrici; nel secondo caso si hanno le m. idrauliche operatrici. - M. termiche: sono le m. capaci di trasformare energia termica in lavoro meccanico. Poiché non avrebbe senso considerare le m. che operano la trasformazione inversa, cioè quelle che utilizzano l'energia meccanica fornita da un motore per ottenere calore, si definiscono m. termiche operatrici quelle che utilizzano l'energia meccanica fornita da un motore per imprimere energia a un fluido. Le m. termiche possono essere divise in due grandi gruppi: m. a vapore e m. a gas. Al primo gruppo appartengono le m. a stantuffo (alternative) e le turbine a vapore; al secondo, i motori a combustione interna e le turbine a gas. - M. di Linde: m. per la liquefazione dei gas a bassissime temperature, usata per liquefare l'aria. Fu inventata dall'ingegnere tedesco C. Linde (1842-1934). - M. eoliche: sono quelle m. che utilizzano la forza dei venti e la trasformano in energia elettrica, ad esempio i mulini a vento o i più moderni impianti delle centrali eoliche. - M. a dividere: serve per graduare le scale degli strumenti di misura e di precisione. Possono essere lineari, come quelle idonee a dividere un metro in centimetri e in millimetri, o circolari, come quelle per fare cerchi graduati, per esempio, negli strumenti di topografia. - M. combinata: m. per la lavorazione del legno che sulla stessa incastellatura porta diversi utensili azionabili da un solo motore, in modo da poter compiere, in tempi successivi, lavori diversi. In alcune m. (combinate multiple), vari utensili possono lavorare contemporaneamente, compiendo così lavorazioni diverse con un solo passaggio del pezzo. - M. continua: m. per la fabbricazione della carta. - M. agricole: non si limitano a sostituire, imitandolo, il lavoro umano o degli animali, ma consentono di eseguire operazioni con tecnica diversa, ottimizzando i risultati finali. Le m. agricole per i lavori sui campi possono essere a traino animale o meccanico; portate dalla trattrice o semoventi, dotate cioè di motore proprio. - M. utensile: m. che lavora sia per la deformazione del materiale che per l'asportazione del materiale ad essa sottoposto. Le m. utensili realizzano i moti relativi fra l'utensile e il pezzo, con possibilità di regolare la velocità di taglio e la velocità di avanzamento. Alcune m. utensili (di tipo universale) realizzano più di un'operazione. - M. operatrice: m. destinata a eseguire sui materiali operazioni che ne alterano la forma. Comprendono, oltre le m. utensili, quelle che eseguono lavorazioni a caldo sui metalli. - M. utensile a copiare: m. utensile dotata di particolari organi sensori, capaci di leggere la forma di un pezzo campione e di guidare l'utensile in modo che, nella lavorazione, siano prodotti pezzi aventi uguali la forma e le dimensioni. - M. a platina: m. da stampa, che funziona a pressione sul foglio da stampare, di piani di piccolo formato (platine), talvolta azionata a pedale. - M. a schede perforate: dispositivo elettromeccanico o elettronico adibito alla elaborazione dei dati contenuti su schede perforate. - M. fotografica: V. FOTOGRAFIA. - M. da presa: m. fotografica in cui l'emulsione fotosensibile viene esposta alla luce per singoli fotogrammi con velocità costante. Si compone di una cassa, avente funzione di camera oscura; di una serie di obiettivi, intercambiabili o montati su di una torretta girevole davanti al quadruccio di esposizione; di un motore per il trascinamento regolare della pellicola; di un diaframma posto tra obiettivo e quadruccio; di un mirino, dispositivo ottico atto al controllo dell'inquadratura; di magazzini che raccolgono la pellicola da impressionare e quella impressionata. Altri componenti accessori, ma diventati indispensabili per la cinematografia professionale, sono filtri, paraluci, cavalletti, carrelli ecc. Questi componenti possono variare a seconda degli scopi e degli usi professionali. Avremo così m. da presa cadenzate alla velocità di 24 fotogrammi al secondo, 36, 72, ecc. (12 o 16 fot/sec nelle cineprese per dilettanti); formati da 8 mm e da 16, 35 e 70 mm per gli usi professionali; diversi metraggi di pellicola trascinabile: 30, 60, 120 o 300 m. - M. per scrivere: m. che serve per imprimere su un foglio di carta un testo con lettere, cifre e segni e ottenere volendo alcune copie di esso. Formata da una tastiera con 42-46 tasti, su quattro file; ciascun tasto è idoneo a muovere un sistema di leve che terminano in un blocchetto con impressi i caratteri. Questo, battendo sul nastro inchiostrato, imprime sulla carta appoggiata a un rullo il segno corrispondente. Il foglio su un carrello mobile è fatto scorrere in corrispondenza del punto dove battono i blocchetti. - M. per cucire: inventata nel 1829 da Bartolomeo Thimonnier e in pochi anni perfezionata e diffusa largamente, ha segnato per l'industria dell'abbigliamento l'inizio di un tempo nuovo. - M. pianocilindriche: m. da stampa, in cui la composizione tipografica ha la forma piana ed è collocata su di un piano (o carro) dotato di moto alternativo in piano orizzontale: il foglio di carta invece si avvolge su di un cilindro, che è dotato di moto di rotazione in concordanza col moto del carro per la fase di stampa, ed esercita sul materiale portato dal carro, la necessaria pressione. - M. per legnami: m. per la lavorazione meccanica del legno, nelle quali si hanno due movimenti fondamentali: uno di lavoro (rettilineo, rotatorio, elicoidale) impresso all'utensile e uno di alimentazione, continuo o intermittente, impresso all'utensile o al pezzo. Questi movimenti avvengono a velocità superiori a quelle consentite nelle m. per i metalli. - M. per prova di materiali: apparecchiature che servono per eseguire esperienze idonee a determinare le proprietà elastiche e di resistenza meccanica di materiali su opportuni campioni (provini). Possono essere per prove statiche o per sollecitazioni ripetute o per prove di urto. - M. pneumatica: V. POMPA PNEUMATICA. - Telecom. - M. segnali: nelle centrali telefoniche dispositivo che serve per la generazione dei segnali e dei toni acustici necessari per informare gli utenti del progredire o meno del collegamento della linea.

La macchina a vapore

La macchina a vapore

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Acceleratore.

Mecc. - Dispositivo dei motori a combustione interna che, variando l'afflusso di combustibile, fa variare la potenza e di conseguenza la velocità del veicolo su cui è montato. Negli autoveicoli è costituito da un leveraggio che, comandato da un pedale, varia la posizione della farfalla del carburatore (nei motori a carburazione) o del pistoncino della pompa d'iniezione (nei motori Diesel o a iniezione). Nelle moto il comando è manuale e posto sul manubrio (manopola del gas) e va ad azionare come nelle auto o la farfalla del carburatore o la pompa d'iniezione, oramai diffusa anche nei motocicli. - Econ. - Coefficiente che misura l'ammontare di nuovi investimenti resi necessari da un dato incremento di reddito. - Chim. - Composto che rende più veloce una determinata reazione. - Elettr. - Elettrodo a potenziale positivo rispetto al catodo, la cui funzione consiste nell'accelerare gli elettroni da questo emessi. - Fis. - A. di particelle: macchina che, per mezzo di opportuni campi elettrici, o elettrici e magnetici, imprime a particelle subatomiche o ad atomi elettricamente carichi (cioè ioni) una velocità e quindi un'energia elevata. Comunemente, vengono accelerati elettroni, positoni o protoni; in alcune macchine possono essere accelerate anche particelle più pesanti, quali elioni (o particelle alfa) e ioni di diversi elementi, anche pesanti come l'uranio. In tutti i casi, il funzionamento di queste macchine richiede che le particelle da accelerare siano elettricamente cariche di segno positivo o di segno negativo; non si possono infatti accelerare particelle elettricamente neutre (come fotoni o neutroni), in quanto l'accelerazione viene impressa alle particelle per interazione fra la loro carica e un campo elettrico (o elettrico e magnetico) opportunamente generato. Particelle di natura diversa possono però essere prodotte indirizzando il fascio di particelle accelerate su un pezzo di materiale opportuno (di solito un metallo); questo materiale viene detto bersaglio e può essere sia interno alla macchina sia esterno. Molto interessante si rivela l'analisi dei risultati di un bombardamento del bersaglio: essa, infatti, può fornire utili informazioni sulla struttura dei nuclei, sul meccanismo delle reazioni nucleari e sulle proprietà delle particelle elementari. Inoltre, si possono anche ottenere dati importanti per la progettazione di reattori nucleari. Nella descrizione di queste macchine, più che parlare della velocità raggiunta dalle particelle, è d'uso parlare della energia ad esse comunicata. Quest'ultima è legata alla velocità per mezzo della formula:

Energia delle particelle

ove E è l'energia cinetica della particella, v è la sua velocità e m è la sua massa. Esistono diversi tipi di a., e precisamente: a. elettrostatici, a. circolari e a. lineari. - A. elettrostatici: l'azione accelerante è originata dall'intensa tensione continua esistente tra sorgente e tubo a. e la traiettoria delle particelle è lineare. - A. circolari: hanno traiettoria circolare delle particelle; ciò è dovuto a un campo di induzione magnetica, perpendicolare al piano della traiettoria, per effetto del quale le particelle subiscono la forza di Lorentz. Questa forza centrale incurva la traiettoria delle particelle ma non vi imprime alcuna energia. - A. lineari: devono la loro azione accelerante a una tensione variabile a radiofrequenza, la quale alimenta una serie di tubi o cavità allineate che accelerano le particelle in sincronismo con il loro passaggio. - Med. - A. lineare radioterapico: macchina produttrice di raggi X utilizzata nella radioterapia. La produzione di raggi X si ottiene introducendo nell'a. una certa quantità di elettroni che vengono progressivamente accelerati tramite passaggi attraverso elettrodi cavi risonanti. Terminato il percorso all'interno della macchina gli elettroni urtano contro un bersaglio di tungsteno: l'azione di frenamento determina così la produzione di RX. L'a. consente un'ottima collimazione sul bersaglio e garantisce pertanto una buona riuscita della terapia; inoltre consente un'emissione assai concentrata di raggi, riducendo notevolmente i tempi di applicazione e i disagi tipici delle situazioni in cui sia difficoltoso mantenere il paziente immobile nella posizione richiesta per lungo tempo.

Elettrone.

Particella elementare leggera di carica negativa; può essere libera. Ogni atomo risulta composto di un nucleo, con carica positiva, determinata, e di un numero di elettroni tale da neutralizzare la carica del nucleo; perciò, il numero atomico esprime tanto il numero degli e. periferici, quanto le cariche del nucleo. Gli e. periferici sono distribuiti in orbite; quelli più esterni sono detti e. di valenza perché, se sono allontanati dall'atomo, questo assume tante cariche positive quanti sono gli e. asportati, e diventa uno ione positivo, di valenza uguale al numero di e. asportati; viceversa se un atomo assume e. dall'esterno, esso diventa uno ione negativo di valenza uguale al numero di tali e. La distribuzione degli e. di valenza segue il sistema periodico; fornisce l'interpretazione elettronica dei fatti periodici di valenza, che sono la base del sistema periodico di Mendeleev. I fenomeni chimici, ottici, spettroscopici di bassa e alta frequenza, magnetici, di coesione, di struttura cristallina e molecolare, ecc., sono connessi con disposizioni o movimenti dei soli e. planetari, e non implicano disintegrazioni o trasmutazioni atomiche, perché queste sono causate da perdita od acquisto di cariche elettriche del solo nucleo. E. liberi ed in movimento costituiscono i raggi delle sostanze radioattive ed i raggi catodici; vengono emessi e funzionano da portatori di corrente nelle cellule fotoelettriche e nelle lampade termoioniche. La conduzione elettrica nei metalli deriva dal moto di elettroni. - E. pesante o mesotrone: particella di carica elettrica unitaria negativa, come quella dell'e. - E. di conduzione: sono gli e. più esterni degli atomi di un metallo che, messi in moto da un campo elettrico, determinano un passaggio di corrente nel conduttore. - E. di valenza: e. più esterni di un atomo e in grado di partecipare alla formazione di un legame chimico.

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Circolare.

Che ha forma o proprietà affini a quelle del cerchio o della circonferenza. - Lettera c. o c.: atto interno della pubblica amministrazione rivolto dai ministri agli uffici dipendenti, allo scopo di far loro conoscere programmi e direttive. La c. può avere anche lo scopo di imporre l'osservanza di determinate norme nell'applicazione di leggi o di regolamenti, e nell'esercizio di determinati poteri discrezionali. Nessun effetto produce la c. fuori dall'organizzazione amministrativa. - Trasp. - Linea tranviaria che segue un percorso circolare; quindi il suo capolinea d'arrivo coincide con quello di partenza.

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Ciclotróne.

Fis. - Macchina acceleratrice di particelle, appartenente alla classe degli acceleratori circolari, adatta ad accelerare protoni, deuteroni, particelle α (nuclei di elio) e anche atomi di metalli pesanti ionizzati. Il principio di funzionamento di questa macchina è dovuto ad E.O. Lawrence, dell'università della California (USA), che lo espose nel 1930; l'anno seguente questo ricercatore, in collaborazione con altri, costruì la prima macchina di questo tipo che accelerava protoni fino ad una energia di 1 MeV circa (mega-elettronvolt, cioè un milione di elettron-volt). Basilarmente un c. è costituito da una camera a vuoto in cui viene praticato un vuoto molto spinto (10-5 o meno mm di mercurio di pressione residua). In questa camera sono alloggiati due elettrodi, aventi una caratteristica forma a D, fra i quali viene applicata la tensione (alternata) che ha la funzione di accelerare le particelle. La camera a vuoto ha la forma di un cilindro con altezza molto piccola rispetto al diametro; sulle sue basi sono poste le espansioni polari di un grande magnete che genera un forte campo magnetico costante, destinato a mantenere le particelle accelerate su un'orbita circolare o, in presenza di accelerazione, su un'orbita a spirale piana. Tra i due elettrodi a D è applicata una tensione alternata a frequenza costante, di valore molto elevato e di forma d'onda pressoché sinusoidale. Le particelle sono generate, al centro della camera a vuoto, con un dispositivo opportuno; solitamente è un arco elettrico in un gas che dipende dal tipo di particelle che si vogliono produrre. Le particelle qui generate, per effetto del campo magnetico sopra detto e della differenza di potenziale fra i due elettrodi a D, si posizionano su un'orbita a spirale piana (approssimativamente); nel passaggio da un elettrodo all'altro esse quindi subiscono un'accelerazione dovuta alla differenza di potenziale fra i due elettrodi; dato che questa è alternata, le particelle tendono a stabilizzarsi su un'orbita sincrona, cioè a passare da un elettrodo all'altro nell'istante in cui il campo alternato si trova nel senso di accelerarle. È questa la cosiddetta condizione di risonanza del c.: le particelle che la rispettano si trovano a passare nel tratto libero fra i due elettrodi sempre nella stessa fase con la tensione alternata, e quindi ogni passaggio incrementa la loro energia. Perché ciò si verifichi occorre che il tempo impiegato dalla particella a percorrere l'arco di circonferenza posto entro ognuno dei due elettrodi a D sia esattamente uguale al tempo di inversione del campo: questo si ottiene se la particella si sposta man mano che aumenta la sua velocità (e quindi la sua energia) su un'orbita sempre più larga, in modo da percorrere una traiettoria più lunga: ciò equivale a dire che essa deve seguire una spirale di parametri opportuni. Se V1 è la differenza di potenziale fra i due elettrodi nell'istante in cui la particella si trova nello spazio intermedio fra essi, l'incremento di energia che subisce in quel passaggio sarà:

ΔE = e·n·V1

in cui E è l'energia posseduta dalla particella, che viene incrementata di ΔE, e è la carica dell'elettrone (in valore assoluto), n è un numero intero che esprime di quante volte la carica della particella considerata è multipla di e e V1 ha il significato detto. È ovvio che V può essere al massimo uguale al valore di picco della tensione alternata applicata ai due elettrodi; questa condizione si verifica però solo per un certo numero di particelle. Per altre la V sarà senz'altro minore della tensione di picco; al limite, se la particella è sfasata di un quarto di periodo, la V che essa trova è nulla. Questa particella si dispone su un'orbita circolare, non viene più accelerata tangenzialmente ma solo radialmente (per tenerla sull'orbita circolare) e, in teoria, continuerebbe a ruotare indefinitivamente. In pratica si perde per diversi motivi dopo un certo tempo. In teoria si potrebbe pensare di far compiere alle particelle che si mantengono in fase un numero molto più alto di giri, in modo che sommando molti ΔE l'energia finale sia molto elevata. In pratica diversi fattori limitano questa possibilità. Innanzi tutto la focalizzazione del raggio viene meno, cioè il fascio di particelle si allarga, mentre nelle esperienze che si vogliono condurre è molto importante avere un raggio ben focalizzato. Un secondo fattore limitativo per le potenze raggiungibili è dato dalla legge della relatività. L'aumento delle energie cinetiche delle particelle si realizza come aumento di velocità; in molti casi si giunge a frazioni apprezzabili della velocità della luce. Si sa però dalla trattazione di Einstein che all'aumentare della velocità di un qualsiasi corpo aumenta anche la sua massa, e quindi occorre una forza sempre maggiore per imprimergli una certa accelerazione. Inoltre il campo magnetico generato dalle espansioni polari del magnete non è uniforme, ma leggermente decrescente secondo il raggio; ne consegue che le orbite e la condizione di risonanza sono sempre più difficili da mantenere man mano che ci si avvicina alla periferia della camera a vuoto. Per tutti questi motivi l'energia massima che si può comunicare alle particelle è limitata: nei c. semplici più potenti si giungeva a non più di 25 MeV per i deuteroni e a circa 40 MeV per le particelle α (o elioni). Per ovviare agli inconvenienti presentati dal c., che ne limitano le prestazioni in potenza, sono state successivamente messe a punto delle macchine acceleratrici di particelle cosiddette sincrone, nelle quali la frequenza della tensione applicata agli elettrodi è variabile in modo opportuno. Queste macchine prendono diversi nomi quali sincrotone, sincrociclotrone, protosincrotone, elettrosincrotone, ecc. Il c. però presenta proprietà interessanti per diversi motivi, primi fra i quali l'elevata corrente ottenibile (fino a 250 milliampère) e il fatto che il fascio è continuo e non impulsivo come sulla maggior parte delle macchine. I tentativi di miglioramento del c. per superare le limitazioni sopra riportate hanno dato luogo ad una nuova generazione di c., detti c. isocroni o AVF (dall'inglese Azimuthally Varying Field, cioè campo magnetico variante azimutalmente). In questi c. le espansioni polari dei magneti che stanno sulle basi della camera a vuoto non sono piane ma opportunamente sagomate a settori sporgenti e rientranti, detti rispettivamente creste e valli; in questo modo si compensa parzialmente l'influsso dell'aumento relativistico di massa sull'orbita delle particelle. Ciò consente di ottenere dei fasci di particelle aventi energia anche di 100 MeV e più, pur conservando un fascio continuo con intensità di corrente di qualche centinaio di milliampère. È stato messo a punto anche un piccolo c. per l'accelerazione di elettroni, che è detto microtrone (V.). Fra i c., merita di essere ricordato il c. ad orbite separate o SOC, che è di costruzione completamente diversa. In questo infatti la cavità in cui si è fatto il vuoto e nella quale si muovono gli elettroni è costruito a forma di spirale; attorno ad essa sono posti dei magneti e l'accelerazione avviene nelle cavità risonanti in modo identico a quello proprio degli acceleratori lineari. Il SOC anzi può essere considerato un acceleratore lineare a spirale; sugli acceleratori lineari veri e propri esso presenta però il vantaggio di un'estensione molto minore e la possibilità di avere molte estrazioni di raggi e quindi la disponibilità di fasce di particelle praticamente in tutto lo spettro delle energie presente nella macchina. L'estrazione di particelle avviene deviandole dalla loro traiettoria con una forza (generalmente dovuta ad un campo magnetico) che si oppone e annulla quella che le tiene su un'orbita a spirale; le particelle allora escono dalla macchina secondo la tangente alla loro traiettoria (approssimativamente) e possono essere utilizzate. Lo stesso sistema è usato per il sincrotone; non si ha però la possibilità di estrazioni intermedie in quanto le particelle escono solo quando hanno raggiunto l'orbita più esterna, cioè quando posseggono il massimo dell'energia. Le applicazioni del c., sono ancora per lo più limitate al campo della ricerca. Il fascio di particelle accelerate viene mandato a collidere su un bersaglio opportuno per esaminare le interazioni fra la materia e queste particelle ad elevata energia. Se il bersaglio è opportuno e posto entro la macchina, si può avere all'uscita un fascio di particelle diverso da quello accelerato; in questo modo si producono ad es. fasci di neutroni o di mesoni. Il c. però comincia anche ad essere utilizzato industrialmente (produzione di isotopi radioattivi, esami non distruttivi di materiali, ecc.) e in medicina nella terapia di certi tumori. Un'applicazione importante del c. è stata la produzione di uranio 235 a partire dalla miscela di isotopi naturali. Lawrence stesso aveva dimostrato nel 1941 la possibilità di separare a mezzo di un c. gli isotopi di metalli pesanti e in particolare dell'uranio. In un c. più potente costruito sempre presso l'università della California che aveva delle espansioni polari di 95 cm, fu dimostrata la possibilità di applicare industrialmente il frazionamento isotopico dell'uranio con c. Nel 1942 entrò in funzione un grande c. (4,7 m di diametro delle espansioni polari) costruito sempre presso la stessa università, che permetteva la separazione di qualche centigrammo/giorno di uranio 235. Questo c. fu detto calutrone (V.) ed ebbe una grande importanza storica e militare in quanto, sulla scorta dell'esperienza acquisita con esso, un consorzio di industrie statunitensi costruì a Clinton un grande impianto di produzione dell'isotopo 235 dell'uranio a mezzo di c. specializzarli a questo uso. Questo impianto entrò in funzione verso la fine del 1943 e fino alla conclusione della seconda guerra mondiale produsse grandi quantità di uranio 235 di purezza sufficiente per la costruzione di bombe e di pile atomiche. Oggi questo metodo di frazionamento isotopico è stato abbandonato per l'uranio, ma è ancora in vigore per altri isotopi, soprattutto di metalli rari o altri elementi (ad es. terre rare), per i quali il frazionamento della miscela naturale non è stato realizzato in modo conveniente con metodi diversi.

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