Rifeudalizzazione.
Dizionario di storia moderna e contemporanea Lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Cliccando sulle lettere puoi accedere agli indici alfabetici dei lemmi del dizionario. RIFEUDALIZZAZIONE Ricomparsa o rafforzamento di elementi di carattere feudale nella vita sociale, politica, economica italiana a partire dalla fine del Cinquecento sino a buona parte del Settecento. I residui feudali furono di varia natura: dalla ricomparsa di titoli nobiliari (marchese, conte ecc.), alla riaffermazione della nobiltà nelle gerarchie sociali e nelle cariche politiche, alla ripresa di forme di oppressione dei lavoratori nelle campagne. Rifeudalizzazione è, dunque, sinonimo d'involuzione sociale, politica ed economica e di crisi. Qualcosa di analogo sembra essere avvenuto anche in Francia (réaction seigneuriale) Ricomparsa. Atto, effetto del comparire di nuovo. L'azione del rafforzarsi o il suo effetto. - Costr. - Nome generico con cui si indicano lavori fatti allo scopo di aumentare la resistenza statica e la durata di strutture murarie dissestate. I procedimenti di r. nelle costruzioni comuni sono finalizzati alla risoluzione di problematiche meramente tecniche; altro rilievo assumono nel caso di r. di opere di architettura importanti per valore artistico, dove diventano parte integrante del processo di restauro artistico. - Ling. - Sinonimo di raddoppiamento (V.). Sostanza semplice di cui sono formati i corpi. ║ Mezzo in cui vivono determinate categorie di animali e che è indispensabile alla loro vita. ║ E. nativi: e. chimici allo stato naturale. ║ Parte unitaria e indivisibile,che entra in modo essenziale nella costituzione di qualche cosa: gli e. di una pila. ║ Principi, primi rudimenti, nozioni fondamentali di uno studio, di una scienza, di un'arte e simili: e. di musica. - Ling. - Parte di una frase o di una parola, che si può isolare dalle altre per l'analisi: scomporre una proposizione nei suoi e. - Ant. - Lettera dell'alfabeto. - Rag. - Componente di un fondo complesso di beni posseduti o di un insieme di ricchezze erogate, consumate o ricevute. ║ E. complementare: mezzo o condizione per l'acquisto di beni futuri. ║ E. patrimoniale: componente attivo o passivo del patrimonio di un'azienda. ║ E. del capitale: componente del capitale di un'impresa. ║ E. di costo: spesa, consumo o perdita subita per acquistare, produrre e vendere un bene o per rendere un servizio. ║ E. ricavo: entrata o profitto conseguita direttamente od indirettamente con la vendita di un bene o la resa di un servizio. - Geogr. - E. climatici e meteorici: entità mediante le quali si manifestano il clima di una regione o, rispettivamente, i fenomeni meteorici. - Mat. - Ente appartenente ad un dato insieme. ║ E. d'arco: tratto infinitesimo di curva. ║ E. di volume: parte infinitesima del volume di un corpo. ║ E. lineare: ente geometrico formato da un punto e da una direzione uscente da esso. - Dir. - E. di giudizio: dati e notizie su cui si fonda un giudizio. - Filos. - Nella gnoseologia: e. della conoscenza: concetti e giudizi. - Astron. - E. dell'orbita: i sei dati necessari per determinare la posizione di un pianeta sulla propria orbita, ad un certo istante. - Miner. - In cristallografia: e. di simmetria, operatori di ricoprimento delle proprietà fisiche di un solido cristallino. - Mil. - Soldato appartenente a speciali corpi e con particolari funzioni. ║ E. celeri: nel periodo prebellico, quelli dotati di particolare celerità nel campo tattico. ║ E. informativi: specializzati nel servizio d'informazione, che agiscono sfruttando i risultati di tutte le fonti informative. - Chim. - Individui chimici fondamentali, ognuno composto da atomi fra loro tutti uguali; le loro proprietà sono collegate fra loro da una legge periodica. Tutti gli altri individui chimici presentano invece molecole composte da atomi di alcuni e., e sono con opportuni mezzi scindibili in tali e., ognuno dei quali è composto da atomi diversi da quelli degli altri. Gli e. sono dunque 103, tanti quanti sono i tipi di atomi esistenti: un tipo di atomo è differente da un altro se possiede una diversa struttura elettronica, cioè un diverso numero di elettroni (questo numero, detto numero atomico, è legato biunivocamente ad ogni e. e va da 1 a 103). Atomi aventi ugual numero atomico ma massa diversa appartengono ad un solo e., e ne costituiscono gli isotopi. Dei 103 e. esistenti, la maggior parte dei quali fu isolata nel secolo scorso, 81 si dicono stabili in quanto presentano almeno un isotopo stabile, cioè che non si decompone nel tempo (per esempio lo I ne ha 1, il Fe 4, lo Sn 10); fra i 22 non stabili, 8 (U, Pa, Th, Ac, Ra, Fr, Rn, Po) sono naturali, cioè si trovano in natura, originati dalla decomposizione di altri e.; i restanti 14 (Tc, Pm, At, Np, Pn, Am, Cm, Bk, Cf, Es, Fm, Md, No, Lw) sono artificiali, cioè prodotti mediante reazioni nucleari o bombardamento di altri e. con particelle accelerate. Il numero degli isotopi stabili è 281, quello degli instabili è di 1.400 circa ed aumenta continuamente; è possibile prevedere anche la "sintesi" di nuovi e. però instabili, come tutti quelli che seguono l'Uranio (numero atomico 92). Gli e., ordinati secondo il loro numero atomico crescente costituiscono la serie degli e.; ad ognuno di essi è dato su proposta del chimico Berzelius, un nome ed un simbolo, costituito da una o due lettere di cui la prima maiuscola. In tale ordine, si nota che le proprietà di ogni e. si ripetono periodicamente; tale osservazione fu fatta dal russo Dmitrij Mendeleev, il quale nel 1869 pubblicò una tabella, detta tavola di Mendeleev, nella quale tutti gli e. allora noti erano divisi in 8 gruppi di individui aventi proprietà affini. Tale tabella permise di predire l'esistenza e le proprietà di e. che a quei tempi non erano ancora noti. In seguito si scoprì che tale periodicità degli e. è dovuta al periodico ripetersi della struttura elettronica periferica degli atomi, che è responsabile delle loro proprietà. A temperatura ambiente, 11 e. (H, N, O, F, Cl, gas nobili) sono gassosi; 2 (Br, Hg) sono liquidi; gli altri sono solidi. Alcuni (ferro, oro, zolfo, ecc.) si trovano in natura allo stato puro, onde si dicono nativi; la maggior parte si trovano in natura variamente combinati. Gli e. più diffusi nella litosfera sono: Ossigeno (46,6% in peso), Silicio (27,72%), Alluminio (8,13%), Ferro (5%). In genere si osserva che "gli e. a numero atomico pari sono in natura più abbondanti di quelli a numero atomico dispari" (regola di Harkins). è da notare che l'abbondanza di un e. non è in relazione diretta alla facilità con cui lo si può ottenere puro: per esempio è molto più facile ottenere lo Zolfo (0,05% della litosfera) che il Silicio (27,7%). Ad ogni isotopo si assegna poi un peso atomico definito come il rapporto fra il peso di tale isotopo e l'isotopo 12 del Carbonio (12C) preso uguale a 12,0000. Il peso atomico di un e. è la media dei pesi atomici dei suoi isotopi, ognuno contato quindi per la % con cui è presente nella miscela naturale degli isotopi. In tale scala l'idrogeno, che è l'e. più leggero, pesa 1,00797 (l'ultima cifra varia da 6 a 8, a causa di variazioni naturali della composizione isotopica). Gli atomi degli e. hanno una tendenza a stabilire legami fra di loro o con altri e.; il numero di questi legami è per ogni atomo compreso fra 0 e 6 e si dice valenza dell'e. Gli atomi di un e. possono presentare in un composto valenza diversa da quella che presentano in un altro: si dice allora che l'e. ha più di uno stato di ossidazione. Il legame fra gli atomi può essere di 3 tipi fondamentali: ionico (un atomo si carica positivamente e uno negativamente per scambio di elettroni; i residui sono uniti da attrazione elettrostatica), covalente (fra 2 atomi c'è messa in comune di uno o più elettroni ciascuno; le due "atmosfere ioniche" in parte si fondono), metallico (alcuni elettroni per ogni atomo sono messi in comune fra tutti gli altri atomi, onde diventano "liberi" nel blocco metallico). Quest'ultimo legame è proprio di quel gruppo di e. detti metalli perché aventi "caratteristiche metalliche" (alta conducibilità termica ed elettrica, tenacità, lucentezza, alto peso specifico, ecc.); i restanti e. si dicono non metalli. Questa distinzione si presenta assai sfumata; è meglio riferirsi al valore del potenziale di ionizzazione in fase gas dell'e.; esso è per i metalli molto minore che per i non metalli. Si osserva inoltre che i metalli tendono a stabilire legami metallici o ionici, mentre i non metalli danno di preferenza legami covalenti.
Il segno tracciato, inciso o impresso, cui si conferisce un significato. Si dice della forma (o figura) delle lettere di un alfabeto, o dei segni di una scrittura. ║ Per estens. - Il modo di scrivere proprio di una persona. - Psicol. - Il termine indica l'insieme di tutti i tratti affettivi e volitivi di un individuo. In senso lato significa, quindi, il modo di comportarsi di un soggetto, in relazione all'ambiente circostante e agli altri. Per numerosi studiosi di psicanalisi il c. è innato e immutabile; i suoi tratti distintivi sarebbero acquisiti dall'individuo sin dal momento della nascita e non sarebbero suscettibili di modificazioni sostanziali. In questa linea di pensiero si inserisce l'interpretazione di R. Le Senne che, ricollegandosi a studi precedenti, ritiene che l'Io umano, inteso come centro di sensazioni e di atti di volontà, si serve di quello di cui è stato fornito dalla natura, senza modificare in nulla la sua naturale predisposizione verso le cose derivata dall'ereditarietà. A questa teoria si riallacciano i lavori dello Szondi. Lo stesso Jung può considerarsi, a buon diritto, all'interno di questa corrente di pensiero: secondo il grande studioso, il c. è originato da una serie di disposizioni organiche, unite con le caratterizzazioni portate dall'elemento istintuale. Per altri studiosi, tra i quali ad esempio Adler, il c. è una struttura aperta, pronta a ricevere i contributi che gli vengono offerti dai più diversi elementi dell'ambiente circostante: da quello culturale a quello sociale e fisiologico. Secondo questa teoria, il c. è, in ultima analisi, il modo in cui l'individuo prende posizione nei confronti della realtà sociale che lo circonda e nella quale deve agire come soggetto pensante. Si tratta dunque di un elemento non puramente organico, ma della risultante di una serie di componenti, tra le quali quella sociale tende ad avere il sopravvento. - Biol. - Caratteristica fenotipica, tratto o proprietà di un organismo, per lo più geneticamente determinati. ║ C. acquisito: caratteristica fenotipica non innata ma determinata solo dalle influenze ambientali. ║ C. dominante: c. che compare in tutti i discendenti della prima generazione di un incrocio. ║ C. recessivo: c. che non compare nei discendenti della prima generazione. - Tipogr. - L'elemento stampante, sia isolato, sia parte integrante (fissa o mobile) di una forma di stampa, utilizzato per imprimere segni, alfabetici e non. Si chiama c. anche il segno impresso. - Inf. - Elemento di stampa, caratterizzato da una certa forma riconoscibile come lettera, cifra o simbolo. Di solito, tutto l'alfabeto viene coperto da un set di c. di aspetto coerente tra loro (in inglese font). ║ Generatore di c.: componente (o banca dati) che, partendo dal codice (ASCII o altro) di un c., lo traduce in un certo numero di pixel (di solito 64), in modo da renderlo scrivibile sullo schermo o da una stampante ad aghi. ║ C. di controllo: c., generato da un opportuno algoritmo, che viene aggiunto a un messaggio trasmesso, in modo che il ricevente possa controllare l'esatta ricezione del messaggio stesso; ciò avviene perché il ricevitore, applicando lo stesso algoritmo, trova un c. che deve essere identico a quello ricevuto insieme al messaggio. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Organizzazione della società nell'alto Medioevo, caratterizzata dall'istituto del feudo. In senso più generale, per f. s'intende ogni forma istituzionale analoga all'istituto feudale del Medioevo. Con tale significato si prendono in esame anche sistemi diversi da quello feudale dell'Europa medioevale. Esempi di f. sono così rintracciabili nel Medio Oriente islamico, nell'India sotto il potere dei Mogol, in Cina, Giappone, ecc. Max Weber (Wirtschaft und Gesellschaft, 1922; trad. it. Economia e Società, 1961) distingue come forme "pure" di f. quelle fondate, rispettivamente, sulla concessione di feudi e sulla concessione di benefici. L'infeudamento deriva da una concessione in cambio di protezione specifica, in origine militare e in seguito amministrativa. Mentre il f. a base di feudi è tipico del sistema medioevale europeo, il f. a base di benefici, condizionato da motivi fiscali, è tipico del Medio Oriente islamico e dell'India. Il feudo europeo più tipico è quello su cui si reggeva la società franca e consisteva nell'atto mediante il quale un uomo libero (vassus, vassallo) si sottometteva a un altro (senior, signore), promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio la promessa di protezione. In seguito andarono creandosi vari ordini di dipendenza che diedero vita a una complessa gerarchia. Il feudatario, che aveva ricevuto la propria concessione direttamente dal re, aveva a sua volta dei vassalli, per cui nella gerarchia si distingueva il vassallo vero e proprio, dal valvassore (vassallo del vassallo del re) e dal valvassino (vassallo del valvassore) che costituiva l'ultima classe dei titolari di feudi. Le istituzioni feudali dominarono totalmente il Medioevo, ma non è possibile dare una precisa definizione del f., dato che esso comprende una grande varietà d'istituzioni e, inoltre, si sviluppò in tempi e luoghi diversi. In certi luoghi, istituzioni tipicamente feudali, come la servitù, esistevano sin dal IV-V sec., in altri si svilupparono solo più tardi. Nella sua completezza, il f. si sviluppò tuttavia solo dopo il crollo dell'Impero franco e produsse i suoi effetti più caratteristici nelle istituzioni sociali e politiche dell'XI e del XII sec., presentando però una grande varietà di sistemi e di idee politiche. La chiave del sistema feudale consiste nel fatto che esso si produsse e sviluppò in un periodo storico in cui, per il disordine generale, grandi unità politiche ed economiche erano impossibili. Pertanto, i governi tesero a ridursi a dimensioni minime, rispetto a quelle dell'Impero romano o degli Stati moderni. Organismo distinto dalla società feudale era la Chiesa, che, per quanto legata da molteplici relazioni ai poteri feudali, rimase un potere a sé, con una propria autorità. Nell'ambito economico, il fattore essenziale era costituito dalla particolare condizione agricola che rendeva la comunità del villaggio un'unità economica quasi autosufficiente. La fine del f. ebbe inizio col sorgere dei comuni nel XII sec, ma alcuni degli effetti politicamente più importanti del sistema feudale si manifestarono solo più tardi. Poiché la terra era l'unica vera forma di ricchezza, ogni classe sociale, compresa quella militare, era direttamente legata alla produzione agricola. L'organizzazione sociale e politica era essenzialmente locale, e ogni piccola comunità aveva i suoi regolamenti consuetudinari. Dato lo stato di disordine generale e la primitività dei mezzi di comunicazione, un governo centrale non era in grado di assicurare alcuna protezione, neppure sulla vita e sulla proprietà. Su queste premesse fu costruita l'organizzazione tipica feudale. Il piccolo proprietario, o chi disponeva di risorse inadeguate, per garantirsi in qualche modo dai pericoli, aveva come sola possibilità quella di mettersi alle dipendenze di qualcuno che fosse abbastanza forte per proteggerlo e aiutarlo in caso di necessità. Vennerò così intessendosi relazioni personali e di proprietà. Il debole, in cambio di protezione, si poneva al servizio del potente, rinunciava alla sua terra e diventava un vassallo che pagava un fitto in servigi o in beni. Ciò accresceva la proprietà e il potere del potente. Il risultato era più o meno lo stesso anche quando il processo era inverso, ossia quando era il potente a dare in usufrutto la propria terra in cambio di servigi. L'infeudamento derivò da una concessione in cambio di protezioni specifiche. In origine, la concessione avveniva in modo puramente personale, più tardi in virtù di un contratto. Il "contratto feudale" non costituì però mai un negozio, bensì una forma di affratellamento con reciproci doveri di fedeltà. Teoricamente, in un sistema feudale "puro " il re avrebbe dovuto risultare il solo proprietario terriero, i baroni essere locatari di terre concesse dal re per servigi specifici e avere dei locatari vassalli. Questi, a loro volta, avere dei sottoposti, così da giungere, per vari gradi, sino allo strato più basso della popolazione, quello dei servi, sul cui lavoro si fondava poi tutto il sistema feudale. La struttura del sistema feudale consisteva così in una "piramide sociale" la cui base era costituita dai contadini e dagli artigiani del castello, sul lavoro dei quali vivevano i guerrieri. In realtà il meccanismo complessivo del sistema feudale non funzionava in modo conforme allo schema teorico. Innanzi tutto, l'obbligo tra un signore e i suoi vassalli, per quanto non si svolgesse su un piano di perfetta parità, era però sempre reciproco e il signore doveva attenersi alle consuetudini e ai documenti che ne definivano i diritti. Almeno in teoria, il vassallo poteva restituire la concessione e rinunciare alla sua sudditanza. Nell'organizzazione feudale vi era un aspetto di reciprocità, di prestazione volontaria e di contratto, del tutto inconcepibile se paragonato alle relazioni politiche degli stati moderni. Tali diritti corrispondevano infatti alla possibilità per un cittadino dei giorni nostri di declinare, per esempio, il servizio militare, oltre un certo periodo, o di rifiutarsi di pagare le tasse oltre una certa somma, ecc. Per quanto il feudo tipico fosse costituito dalla terra, esso poteva essere legato a qualsiasi altra fonte di sussistenza, compresa una carriera pubblica. Il sistema pubblico amministrativo tendeva infatti a seguire anch'esso questa forma e a diventare, come la terra, un interesse che poteva essere ereditato. La corte di giustizia di un signore e dei suoi vassalli era la più tipica istituzione feudale. Si trattava di un "consiglio" di nobili al quale era affidata la risoluzione di dispute sorte in relazione agli accordi su cui erano basati i rapporti feudali. Sia il signore sia il vassallo dovevano ricorrere a questa corte quando l'uno o l'altro credeva che il suo diritto fosse stato calpestato. Teoricamente, la corte feudale garantiva a ciascun vassallo, da parte dei suoi pari, un giudizio conforme alla legge del paese. La decisione della corte era applicabile dal potere collegiale dei suoi membri e, in caso estremo, si pensava che la sanzione potesse aver corso anche contro il re che, in un'organizzazione tipicamente feudale, era considerato primus inter pares. Nelle dottrine politiche antirealiste del XVI sec., elaborate in connessione con le lotte di religione, non mancano passi in cui si auspicava un ritorno al sistema feudale "puro". In particolare, nella dottrina degli Ugonotti, e nel testo fondamentale che la rappresenta, il Vindiciae contra tirannos, frequenti sono le argomentazioni che si richiamano alla prassi medioevale contro le tendenze del moderno assolutismo regio. Molti rapporti feudali sopravvissero al f. stesso e molte sovrastrutture caratteristiche del sistema feudale vennero spazzate via solo dalla Rivoluzione francese. Infatti, il f. aveva intessuto una fitta intelaiatura che si dimostrò eccezionalmente robusta e capace di resistere di fronte alla stessa ascesa del capitalismo. La borghesia in espansione fu costretta per lungo tempo a sottomettersi politicamente, mentre la classe dei proprietari terrieri aristocratici rimaneva il cardine del sistema sociale. Mentre in Inghilterra e in Germania molti rapporti erano andati modificandosi nel corso del XVII-XVIII sec., in Francia essi erano rimasti per gran parte immutati. La Francia della fine del XVIII sec. si reggeva infatti ancora su un sistema politico e amministrativo di tipo feudale, quanto mai anacronistico rispetto all'assai più progredita struttura economica e sociale del paese. La tradizionale struttura giuridica concedeva particolari privilegi all'alto clero e alla nobiltà che costituivano insieme una sola classe, dato che tutte le alte cariche della gerarchia ecclesiastica erano ricoperte da aristocratici. Si trattava della classe più ristretta ed economicamente meno attiva, ma che deteneva il monopolio delle cariche. Infatti tutti i vescovi appartenevano alla nobiltà, mentre altri membri delle stesse famiglie detenevano le cariche più importanti dell'amministrazione pubblica e dell'esercito, godendo d'innumerevoli esenzioni fiscali. Pertanto, l'onere delle spese dello Stato e della Chiesa spettava quasi interamente alla borghesia. La monarchia francese rimaneva essenzialmente feudale, basata su un secolare accumularsi di rapporti tra il re, l'aristocrazia, il clero e tutto il resto della popolazione, raggruppata nel cosiddetto "terzo stato". Condizione propria degli organismi viventi, intesa come il complesso di fenomeni bio-chimici che determinano l'attività di tali esseri (da quelli unicellulari ai sistemi complessi) dalla nascita alla morte. ║ Nel linguaggio comune, esistenza, periodo temporale compreso tra la nascita e la morte di un individuo; il tempo in cui si vive. Il termine è spesso usato in locuzioni in contrapposizione a morte: essere tra la v. e la morte. ║ Per traslato, la v. dopo la morte: è passato a miglior v. ║ Forza, istinto, impulso a vivere; con valore affine a vitalità, identifica l'atteggiamento psicologico di una persona che si distingue per vivacità, intraprendenza e operosità: un uomo, una donna piena di vita. ║ Forza vitale, energia universale che anima ogni essere: l'acqua è fonte di v. ║ Per traslato, l'elemento che rappresenta l'interesse primario, lo scopo fondamentale di un'esistenza: la musica era la sua v. ║ Per traslato, ciò che consente la sopravvivenza, che risponde alle necessità materiali primarie: si guadagnava la v. con umili incarichi. ║ Sezione del corpo che si trova sopra i fianchi, all'altezza della cintura. ║ Per estens. - La parte degli abiti corrispondente alla v.: questo vestito ha la v. troppo bassa. ║ A v.: detto di cose o incarichi che durano per tutta l'esistenza: fu nominato senatore a v. ║ In v. mia, sua, ecc.: locuzione spesso usata enfaticamente per indicare l'intero tempo vissuto da una persona: non le ha mai detto una parola gentile in tutta la sua v.! ║ V. pubblica / privata: locuzioni indicanti i diversi e opposti ambiti di attività di una persona che esercita cariche politiche e amministrative: è ugualmente riservato nella v. pubblica come in quella privata. ║ Su con la v.: espressione di senso figurato che invita a raddrizzare il busto, la cui curvatura è segno di tristezza e scoraggiamento, e dunque sprona a non avvilirsi: non prendertela, su con la v.! - Stat. - Speranza media di v.: in ambito demografico e di statistica delle popolazioni, si intende per v. media o speranza media di v. il numero medio di anni che si calcola che un individuo di una determinata popolazione, in equilibrio demografico, possa aspettarsi di vivere. Tale cifra è il risultato della valutazione di appositi indici di sopravvivenza e mortalità riferiti a quella popolazione. Analogamente, la v. media residua rappresenta il numero di anni che un individuo di una certa età può attendersi di vivere, a fronte di una determinata v. media. - Biol. - Una definizione univoca ed esauriente della v. da un punto di vista scientifico è obiettivo ancora non raggiunto, in quanto molte proposte si sono dimostrate incomplete (a partire da quella meccanicistica di Lavoisier: "la v. è una funzione chimica"). In termini generici, si può affermare che la v. è un complesso di attività e di funzioni comuni a tutti gli organismi viventi, pur se molto differenti l'uno dall'altro (dagli unicellulari ai corpi più complessi). In riferimento ai viventi è possibile individuare alcune caratteristiche comuni che, indirettamente, possono aiutare ad elaborare una definizione della v. in quanto tale. Gli esseri viventi: sono generati da altri esseri viventi; si autoriproducono, mantenendo una morfologia praticamente costante; hanno come propria unità di base la cellula; sono dotati di morfogenesi autonoma, cioè sono in grado di sostenere la crescita della propria struttura in autonomia, ricavando le sostanze chimiche a ciò necessarie dall'ambiente circostante (metabolismo); sono sistemi aperti, cioè in costante rapporto con l'ambiente, da cui ricevono stimoli e a cui reagiscono; non sono perenni ma soggetti a un ciclo vitale, durante il quale la riproduzione è il momento a cui si connette la continuazione della specie e insieme la varianza evolutiva attraverso le generazioni (V. anche EVOLUZIONISMO). ║ Sostanze chimiche necessarie alla v.: su 90 elementi chimici naturali presenti nella crosta terrestre e nell'atmosfera, solo 24 sono necessari alla vita organica. I quattro elementi di gran lunga più rappresentati nella biosfera sono l'ossigeno, l'idrogeno, il carbonio e l'azoto. Questi ultimi non sono affatto abbondanti nella crosta terrestre, dove sono invece presenti in altissima percentuale alluminio, silicio e ferro, ma, al contrario, sono rilevati nell'acqua di mare insieme a tutti gli elementi chimici presenti negli organismi viventi; non a caso si ritiene che la v. sulla Terra abbia avuto origine dal mare. I quattro elementi chimici citati hanno rivestito un ruolo tanto importante nell'origine dei sistemi viventi in quanto sono dotati di una serie di qualità che si sono dimostrate essenziali allo sviluppo di organismi (capacità di formare legami covalenti tra loro e con altri elementi, realizzando una grande varietà di composti; solubilità in acqua e liposolubilità dei composti; ecc.). Con l'aggiunta di fosforo e zolfo essi sono i componenti delle principali molecole della v.: amminoacidi, carboidrati, acidi grassi, nucleotidi. Ciascuna di queste molecole può a sua volta combinarsi a formare polimeri (cioè macromolecole che ripetono più volte la molecola base) quali le proteine, gli acidi nucleici, il glicogeno, ecc. ║ Le origini della v.: la domanda sulle origini della v. riguarda il modo in cui un sistema fisico complesso assunse le caratteristiche cellulari, di un'entità cioè in grado di accrescersi e riprodursi. Gli scienziati (A.I. Oparin, J.B.S. Haldane, J.D. Bernal, M. Calvin), osservando che tutte le forme viventi sono accomunate dalla presenza delle medesime macromolecole, hanno ipotizzato che, a partire da composti inorganici, si sia verificata la sintesi di prebiotica di macromolecole. Ciò avvenne, con ogni probabilità, a livello dell'atmosfera che, per effetto del raffreddarsi della crosta terrestre, doveva essere assai ricca di vari composti. Ossigeno, azoto, idrogeno e carbonio sottoposti ai flussi di energia derivata dalle radiazioni ultraviolette del sole e alle scariche elettriche che percorrevano l'atmosfera determinarono la sintesi di biomolecole (prebionti) che man mano si accumularono in mare. L'accumulo nell'oceano di alte percentuali di reagenti inorganici e biomelocole costituì un ambiente particolare che gli scienziati hanno battezzato "brodo primordiale". In esso agirono ulteriori elementi catalizzatori delle reazioni che portarono alla sintesi di proteine funzionali e soprattutto degli acidi nucleici, su cui poggia tutto il sistema di corretta trasmissione e riproduzione delle funzioni vitali. Secondo studi condotti negli anni Sessanta del XX secolo, l'acido ribonucleico (RNA) fu la prima macromolecola, da cui grazie all'intervento di particolari enzimi diffusi in natura, si originò l'acido desossiribonucleico (DNA). Inoltre, l'RNA ha dimostrato di avere capacità catalitiche e di polimerizzazione. Anche se non tutti i passaggi successivi sono chiari, sembra deporre a favore della primogenitura dell'RNA il fatto che ogni organismo vivente, dai virus ai più complessi, è accomunato dalla presenza di un codice genetico. Se il processo di sintesi delle prime molecole è ancora assai indefinito agli occhi degli studiosi, lo studio dei primi organismi cellulari poggia su basi più certe, anche grazie al contributo delle paleontologia e dei reperti fossili. I più antichi risalgono a 3,5 miliardi di anni fa: sono stati rinvenuti in sedimenti precambriani del Sudafrica e sono visibili solo al microscopio elettronico e in qualche caso a quello ottico. Si trattava di batteri ancora incapaci di attività fotosintetica. Dalle ricerche in argomento sono state individuate tre differenti, autonome e contemporanee linee di organismi cellulari: gli archeobatteri, gli eubatteri e gli eucarioti. Intorno ai 3 miliardi di anni fa erano attivi i primi esseri capaci di fotosintesi (autotrofi): essi diedero inizio alla produzione di ossigeno, collaborando alla costituzione di un'atmosfera che, intorno ai 2 miliardi di anni fa, grazie all'altissima percentuale di ossigeno divenne capace di ospitare i primi organismi eterotrofi. ║ Gli organismi viventi sono di norma divisi nei due regni animale e vegetale. Il criterio seguito oggi per operare tale distinzione è quello inerente al metabolismo: gli animali sono organismi eterotrofi che si sostentano mediante l'introduzione nel proprio corpo di sostanze nutritive prese dall'ambiente esterno. I vegetali sono organismi autotrofi, in grado di trasformare sostanze inorganiche di partenza (acqua, sali, anidride carbonica) in sostanze nutritive. - Fis. - V. media: con riferimento a un sistema microscopico assegnato, valore medio dell'intervallo di tempo che intercorre tra l'inizio dell'osservazione e l'istante in cui ha luogo il decadimento. Tutti gli oggetti microscopici (atomi, nuclei, particelle elementari) possono compiere spontaneamente transizioni o decadimenti verso stati caratterizzati da energia minore, accompagnati da emissione di energia sotto forma di fotoni, nei decadimenti di particelle in stati inizialmente eccitati, elettroni o particelle alfa, nei decadimenti radioattivi dei nuclei, altre particelle, nei decadimenti delle particelle elementari. Si osserva sperimentalmente che se all'istante iniziale t = 0 sono presenti N0 sistemi microscopici nello stato iniziale, dopo un intervallo di tempo t decade una frazione pari a 1 - exp(-t/τ), dove τ è, appunto, la v. media dello stato (legge esponenziale del decadimento); in un intervallo di tempo dt molto piccolo rispetto alla v. media, pertanto, la probabilità di decadimento è costante e pari a dt/τ, dato che risulta dt/τ = -dN/N, essendo -dN il numero dei decadimenti nell'intervallo di tempo dt e -dN/N la frequenza dei decadimenti. La v. media è soggetta alla legge di dilatazione relativistica del tempo, e va considerata, pertanto, nel sistema di riferimento di quiete dell'oggetto microscopico in esame: se questo si muove con velocità v rispetto all'osservatore, la sua v. media risulterà pari a τ/(1 - v2/c2)1/2, essendo c la velocità della luce nel vuoto. La natura probabilistica del concetto di v. media deriva direttamente dalla meccanica quantistica, in particolare dal principio di indeterminazione di Heisenberg: non è possibile, infatti, determinare quando una particella subirà un decadimento, ma solo calcolarne la probabilità di decadimento. La misurazione della v. media, caratteristica per ogni sistema microscopico instabile, fornisce indicazioni dirette sulle interazioni che causano il decadimento. - Dir. can. - V. in comune: convivenza in una stessa casa di membri del clero secolare (il clero regolare, che si organizza in proprie case e conventi la pratica per sua stessa natura). - Filos. - V. attiva e v. contemplativa: secondo la distinzione aristotelica, la prima indica l'attività teoretica, definita come il culmine ideale cui l'uomo può aspirare, la seconda le attività pratiche, manuali e non, definite come necessarie ma inferiori. Attraverso il filtro della religiosità medioevale, la vita contemplativa assunse una notazione prettamente sacra e intesa come orientamento dello spirito che si prepara alla v. ultraterrena. Solo in età moderna si ebbe una radicale rivalutazione della dimensione pratica a fronte di quella teoretica. ║ Filosofia della v. (Lebensphilopsophie): orientamento filosofico attivo tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX. Ebbe le sue radici in talune tematiche proprie del Romanticismo, riprendendo in parte le distinte lezioni di Schopenhauer (volontà di v. come forza che eccede la ragione) e di Nietzsche (v. come crescita e mutamento, in opposizione ad ogni sapienza che pretenda di stabilire certezze in una dimensione di staticità). Vari esponenti di questa corrente di pensiero (J. Ortega, O. Splenger) hanno individuato nella perdita di vitalità (cioè di movimento, rinnovamento) della civiltà e del pensiero occidentale la causa della crisi: la conservazione delle certezze acquisite durante fasi precedenti della storia del pensiero avrebbe comportato la perdita di contatto con la v. attuale. A partire da tale convinzione si pervenne talvolta a porre un'antinomia tra v. e ragione. - Econ. - Costo della v.: somma di denaro che si calcola come occorrente al mantenimento di una persona (o di un nucleo familiare), relativamente ai generi di prima necessità o di comune consumo e ai servizi essenziali, durante un periodo di tempo standard. Tale somma è variabile al variare del costo di beni e servizi che fungono da indici (si parla anche di paniere per indicare il complesso di beni e servizi che vengono considerati come indicatori del costo della v.). - Mar. - A v.: espressione di avvertimento che viene rivolta a chi si trovi in una posizione o in un luogo dove, a causa di una manovra in corso, può essere esposto a pericoli. Invito a spostarsi: a v. sul ponte! (dal latino socialis, der. di socius: alleato, confederato). Che vive in società: l'uomo è un animale s. ║ Che riguarda la società umana, dove gli individui hanno, o dovrebbero avere, gli stessi diritti e doveri: giustizia s. ║ Che concerne la vita degli individui nella comunità: i rapporti s. ║ Relativo alla struttura e all'organizzazione di una determinata società storica: la questione s. ║ Romanzo s., cinema s., fotografia s.: quelle forme di comunicazione ed espressione artistica che si propongono di documentare e denunciare le ingiustizie e le contraddizioni di una società. ║ Il s.: tutto ciò che riguarda la vita e i problemi della società e soprattutto delle categorie s. più deboli ed emarginate: sono molti i volontari impegnati nel s. ║ Scienze s.: discipline che studiano i fenomeni relativi alle società umane; si parla, per esempio, di antropologia s. in quanto prevalentemente interessata, a differenza dell'antropologia culturale, allo studio dei sistemi s., in particolare delle strutture parentali. - Bot. - Pianta s.: tipo di pianta che non vive isolata, bensì in gruppi, più o meno estesi, di individui della stessa specie. ║ Movimento s. della popolazione: in demografia, variazioni nel numero e nella struttura della popolazione per effetto delle migrazioni. - Etol. - Comportamenti s.: le azioni e le interazioni codificate che gli individui della stessa specie compiono nell'ambito delle principali funzioni del ciclo vitale (per esempio: i rituali di accoppiamento, le cure parentali, il territorialismo). Tali comportamenti si ritrovano sia nelle specie s., dove gli individui si costituiscono in gruppi s. o società più o meno numerosi, sia in quelle solitarie, dove le relazioni tra individui intervengono solo in determinate circostanze, come durante la riproduzione o nella difesa delle risorse. ║ Insetti s.: alcune specie di formiche, api e termiti, che presentano un alto grado di organizzazione s. - Dir. ed Econ. - Che riguarda la vita di un'associazione e i suoi soci: gita s. ║ Con riferimento a società commerciali, sede s. è la sede giuridica della società; capitale s. è il capitale di cui dispone la società. - Fin. - In s.: espressione con la quale si indica un'operazione commerciale o finanziaria il cui risultato economico viene ripartito per convenzione fra due o più persone o imprese; il conto attraverso cui si rilevano, nella contabilità del partecipante a uno o più affari in s., le operazioni compiute e i rapporti di debito e di credito, derivanti dalle operazioni stesse, con altri partecipanti. - St. - Guerre s.: le guerre combattute, nell'antichità, tra membri di una stessa confederazione. Per esempio: la guerra che Chio, Rodi, Bisanzio e Coo sostennero contro Atene, dal 357 al 354 a.C., terminata con il riconoscimento, da parte di Atene, dell'indipendenza degli alleati ribelli; la cosiddetta guerra s. degli Achei (219-217 a.C.), che Filippo V di Macedonia combatté vittoriosamente contro Etoli, Elei, Spartani e Cretesi, in aiuto degli Achei e dei loro alleati (Macedoni, Tessali, Beoti, ecc.). La pace fu conclusa a Maupatto nel 217 a.C. e comportò una notevole espansione territoriale dell'Impero macedone. Più nota è la guerra s. che, dal 90 all'88 a.C., contrappose gli Italici a Roma, che non intendeva concedere loro la cittadinanza romana, da essi rivendicata per il contributo dato all'affermazione della supremazia romana nel mondo. La maggior parte delle popolazioni dell'antico Sannio e dell'Italia meridionale si unì in federazione ed elesse a capitale Corfinio, ribattezzata Italica. Fu una vera guerra civile, di cui Pompendio Silone, Papio Mutilo e Ponzio Telesino furono i capi principali. Sebbene Roma avesse opposto loro i suoi migliori generali (Mario, Silla, Quinto Metello, Pompeio Strabone, Cesare, ecc.) e avesse ricorso all'aiuto dei provinciali (Iberici, Galli, Africani), i ribelli condussero con successo la lotta, tanto che il Senato accordò agli Italici fedeli, e a quelli che avessero fatto atto di sottomissione, il diritto di cittadinanza, seppure con molte limitazioni. La rivolta si attenuò, soprattutto dopo la vittoria di Pompeo Strabone ad Ascoli (89 a.C.), la capitolazione dei Marsi e l'assedio di Nola (88 a.C.); i resti delle truppe alleate sfuggiti ai massacri si riunirono poi ai partigiani di Mario, e furono sterminati da Silla, al suo ritorno in Italia (82 a.C.). In generale, teoria delle forme di governo e di Stato desunta dall'osservazione e dalla descrizione delle forme di governo e degli Stati esistenti. ║ Linea di condotta riguardante ogni sistema di relazioni. ║ Teoria e pratica del governare. ║ L'ambito dell'attività politica comprende l'intera struttura e i rapporti che, ai vari livelli, regolano la vita pubblica di un Paese, dalle relazioni tra individuo e Stato alle formazioni intermedie, come i partiti, sino ai rapporti che i diversi organismi statali intrattengono tra loro, nonché le relazioni internazionali. La p. rappresenta inoltre la riflessione su tali strutture finalizzata alla ricerca delle regole sulle quali esse si basano o delle linee di tendenza del loro sviluppo storico. - Encicl. - Di vera e propria anatomia e fisiologia politica si può parlare solo quando una società abbia raggiunto un certo grado di maturità, per quanto non sia possibile fissare storicamente il momento in cui una determinata società si organizza politicamente. Le ipotesi antropologiche del secolo scorso, tendenti a scoprire e a ricostruire la storia dell'uomo sin dai suoi primordi, partivano dal presupposto che l'umanità, nel primo stadio della sua evoluzione, fosse spoglia di ogni assetto sociale e quindi priva di qualsiasi struttura politica. Le ricerche più recenti tendono a invalidare tali ipotesi, pur riconoscendo che è prematuro parlare di istituzioni politiche per i gruppi primitivi, soprattutto se nomadi e dediti alla caccia e alla pesca. Si riconosce tuttavia che ogni società presuppone un sistema politico, anche se le documentazioni etnografiche sulle piccole società isolate non sono in grado di chiarire il significato del termine. È comunque certo che la p., come arte del governo, è andata sviluppandosi attraverso l'evolvere dell'umanità, dal primitivo consorzio gentilizio al clan, alla tribù e, attraverso la polis e la civitas, sino ai moderni Stati nazionali. L'insieme degli istituti politici rappresenta infatti l'esigenza per cui si procede dal primitivo atomismo a una struttura sempre più complessa. Antropologi e sociologi, studiando i primi aggregati e mettendo a confronto società prive di organizzazione politica con altre che ne sono provviste, non hanno mancato di mettere in rilievo i benefici che ogni organizzazione strutturata comporta, soprattutto per quanto attiene alla cooperazione e al funzionamento della società. Gli interessi particolaristici, infatti, sono costretti a sottostare alla disciplina e ai limiti dettati da esigenze più generali. In realtà, nel mondo antico non esisteva una vera e propria distinzione tra la società civile e lo Stato e tutti gli aspetti inerenti la convivenza costituivano un fenomeno naturale e unitario, regolato dall'immanenza dell'ordine naturale. In un tale contesto sociale la p. veniva di fatto a coincidere con la morale e le azioni umane venivano inquadrate esclusivamente alla luce della loro minore o maggiore bontà ai fini del benessere dello Stato. Fu solo attraverso un lungo processo storico che emersero le diverse componenti che caratterizzano una società politicamente matura. Infatti, per quanto i primi grandi organismi statali si fossero costituiti prima del III millennio a.C., in Asia, Egitto e Arabia, raccogliendo sotto un'unica direzione centrale vasti territori, essi fornirono in realtà scarsissimi apporti alla dottrina politica. Assai ricco è invece il patrimonio dottrinario trasmesso dai Greci. Dalla filosofia della natura dei pensatori presocratici, attraverso la critica sofista, il pensiero greco elaborò una filosofia dell'uomo che, con Platone e Aristotele, assunse la fisionomia di una vera e propria dottrina politica. Gran parte degli ideali politici moderni, come i concetti di giustizia, libertà, Governo costituzionale, democrazia, traggono origine dalla riflessione dei pensatori greci intorno alle istituzioni vigenti nella città-Stato. In quel contesto, e in modo diametralmente opposto a quanto accade ai nostri giorni, quando lo Stato è ritenuto semplicemente il mezzo per garantire il benessere individuale, era il singolo individuo che aveva la funzione di strumento finalizzato al raggiungimento del bene comune della società-Stato. Platone, nell'idealizzazione della sua Repubblica, affidava il compito di governo a un sovrano-filosofo che, libero dalle passioni e da ogni interesse particolare o individualistico, si appoggiava esclusivamente alla ragione e al rispetto delle leggi. L'immenso patrimonio dottrinario della classicità greca fu accolto dai Romani che ne ampliarono i risultati sia sul piano teorico, in particolare nell'ambito giuridico, sia sul piano pratico, realizzando un sistema politico che si allargava a comprendere gran parte dell'Europa, dell'Asia e dell'Africa settentrionale. Il mondo classico, nella sua globalità tese in realtà a non operare una netta distinzione fra morale e politica così come fra sacro e profano, avvertendo invece una continua e immanente commistione dei diversi elementi. Se il pensiero classico, sia greco sia romano, fu sostanzialmente unitario da questo punto di vista, l'ideologia cristiana proiettò l'ideale etico al di là della p., contribuendo a dare nuova dignità all'uomo, accomunato agli altri suoi simili dalla comune fratellanza di fronte a Dio. Pur trattandosi di una dignità puramente religiosa, essa consentì tuttavia di cominciare a definire in qualche modo gli ambiti operativi, e anche a porre le basi per la successiva contrapposizione, del potere spirituale e di quello temporale, che si verificò in epoca medioevale. La reale svalutazione del mondo della p. fu retaggio del pensiero patristico, e venne riaffermata con decisione da sant'Agostino, laddove asseriva che le istituzioni politiche possedevano un valore secondario e affatto relativo. Il periodo dei Padri della Chiesa, che si estende sino ai secc. VI-VII, appartiene ancora all'antichità e il pensiero si svolge ancora in buona parte nell'ambito delle concezioni politiche romane. Nei secoli seguenti la situazione politica generale divenne tale da non consentire una grande attività teoretica e almeno fino alla fine dell'XI sec., quando ebbe inizio la grande polemica tra l'autorità spirituale e quella temporale, non ci fu un'attiva discussione di idee politiche. Ciò nonostante, l'urto tra Stato e Chiesa che ne derivò servì a sancire ancora una volta il primato della religione sulla p., garantendo comunque all'uomo la strada che lo avrebbe condotto alla conquista della vera felicità solo una volta oltrepassata la soglia dell'aldilà. Una grande rinascita intellettuale, centrata prevalentemente sulla contrapposizione tra la dottrina della sovranità papale e quella imperiale, ebbe inizio verso la fine del XII sec. ed ebbe come principali centri le università di Oxford e di Parigi, attraverso le elaborazioni di Guglielmo d'Occam (che per primo teorizzò la separazione tra ragione e fede e tra potere laico ed ecclesiastico), Marsilio da Padova (che subordinò la Chiesa all'imperatore in quanto solo rappresentante legittimo del popolo) e J. Bodin (che definì le origini e i limiti della sovranità). Fu tuttavia soltanto con l'avvento di N. Machiavelli che si giunse al riconoscimento definitivo dell'autonomia e della sovranità dello Stato, inteso come vero Stato nazionale; la p. assunse dignità e dimensione totalmente autonome rispetto alla morale e alla religione. Con Machiavelli si giunse non solo a studiare i meccanismi di esercizio e a sfrondare la p. di qualsiasi sovrastruttura ideologica o trascendente, ma anche e soprattutto a considerarla sulla base di criteri puramente empirici e realistici: la p. poteva a pieno titolo trasformarsi in scienza politica. Postulati caratteristici dell'età moderna sono l'ampliamento e la definitiva affermazione dei principi di sovranità popolare e di uguaglianza giuridica, che ebbero tra i primi assertori Locke, Montesquieu e Rousseau. Dal tronco unitario dello Stato moderno, il XX sec. ha visto articolarsi esperienze politiche differenti (sistema liberal-capitalistico, regimi autoritari di tipo fascista, democrazie laburiste, democrazie popolari o socialiste) e una ricca fioritura di dottrine prevalentemente pessimistiche per quanto riguarda il funzionamento politico e la p. stessa, intesa come pratica del governo. Studiosi come M. Weber, F. Meinecke, E. Leone giungono a parlare della p. come di un fenomeno diabolico, e del tutto negativo è il giudizio di pensatori come lo spagnolo Ortega y Gasset, che definisce la p. come un'attività spirituale secondaria, una pura ricerca dell'utile. Per quanto il suo esercizio concreto comporti transazioni e compromessi, essa, tuttavia è anche, e soprattutto, ricerca di valori universali, come la giustizia, la libertà, il diritto. Secondo la definizione di B. Croce, "l'azione politica non può dirsi né morale né immorale. Essa infatti è guidata dal senso dell'utile e indirizzata a un fine di utilità: quando si parla di un senso politico, si pensa subito al senso della convenienza, dell'opportunità, della realtà, di ciò che è adatto allo scopo e simili". Privi di senso politico sono invece, secondo Croce, coloro che mancano di senso della realtà e che finiscono con l'essere maldestri e inopportuni, pur animati da intenti morali e da nobili ideali. La p., secondo Croce, è un momento ineliminabile nella vita, non solo della società, ma anche dei singoli. Infatti, "se si richiede abilità politica per governare lo Stato o per capitanare un partito, ce ne vuole parimenti per governare la propria famiglia, ce ne vuole per annodare e coltivare relazioni d'amore e di amicizia..." (da Etica e Politica, 1931). Politica e persona" di Flaminio Piccoli Che si riferisce all'economia. ║ Che costa poco. ║ Fatto in economia. ║ Attinente alla ricchezza, privata o pubblica. - Tecn. - Coefficiente e., di una macchina termica: nei motori a vapore, rapporto tra la quantità totale di calore sviluppata e la quantità trasformata in lavoro. Arte di ben amministrare le risorse disponibili. Uso razionale di un bene limitato, in particolare del denaro, mirante a conseguire il massimo vantaggio con la minor fatica. Il termine indica sia l'attività svolta dagli uomini per provvedere alla propria sussistenza e assolvere ai fini della civiltà, sia la riflessione su tale attività, vale a dire la teoria economica. L'e. occupa quell'ampia sfera dell'attività umana connessa con le risorse materiali, il loro uso, la loro limitazione e l'organizzazione mediante la quale tali risorse sono poste razionalmente in rapporto con i bisogni umani. Per quanto, come il diritto e la politica, l'e. rappresenti un aspetto dell'organizzazione sociale presente in ogni società e in ogni tempo (anche nelle collettività umane più primitive è infatti presente una qualche attività economica), la scienza di tale attività, rispetto alle altre scienze, è sorta molto tardi. Le sue origini infatti si collocano verso la metà del XVIII sec. Finché la produzione e la distribuzione della ricchezza fu dominata da ideali etici, come nella civiltà greca e romana, e in quella medioevale, i pensatori non si preoccuparono di studiare l'effettivo comportamento degli uomini, ma piuttosto di dettare regole di condotta. Aristotele nella Politica operò una distinzione tra e., intesa come buon governo della casa o della città, mirante a un giusto soddisfacimento dei bisogni, e "crematistica", intesa come acquisto delle ricchezze attraverso lo scambio e i commerci. L'ideale propugnato teoricamente, fu quello della subordinazione del desiderio di guadagno e dell'accumulo di beni di fortuna al raggiungimento di più nobili ideali di vita. Ciò posto mancavano i presupposti per la nascita di una vera e propria scienza economica. Solo in connessione col sorgere dei grandi Stati nazionali e con lo sviluppo dell'Umanesimo, andarono modificandosi, sia sul piano sociale che su quello culturale, le condizioni che avevano impedito sino allora di porre gli ideali economici nella gerarchia degli ideali della vita sociale e civile. Fu soprattutto il diffondersi del metodo delle scienze naturali che, portando a una concezione razionalistica del mondo della natura, consentì di pervenire a una concezione dell'ordine sociale, come di un ordine naturale, regolato da leggi razionali. In tal modo, l'e. si distacca dalla filosofia, imboccando la strada di una ricerca autonoma delle leggi naturali che regolano la sfera dei beni che costituiscono la ricchezza. La nuova scienza sorse dal complesso delle dottrine riguardanti la moneta, la finanza e il commercio internazionale, che si erano andati sviluppando nei secc. XVII-XVIII, cioè nel periodo formativo dell'organizzazione economica degli Stati europei. Dal particolare clima culturale del tempo, la nuova scienza economica derivava la fede nell'ordine naturale, nella convergenza tra interesse individuale e interesse sociale e soprattutto la fiducia nei buoni effetti della libertà economica individuale e nella libertà dei mercati. Successivamente, in pieno clima positivistico, si cercò di dare alla teoria economica più solide basi naturalistiche e si enunciarono leggi tendenti a rilevare il comportamento degli uomini nel loro operare come produttori e come consumatori. Durante il XIX sec. venne raggiunto un maggiore rigore formale e di metodo, con l'enunciazione dei concetti fondamentali della teoria della produzione e della distribuzione, domanda, offerta, costo di produzione, salario, rendita, ecc. Soprattutto grazie agli economisti "classici" inglesi, la teoria economica si venne modellando su schemi più razionali e sperimentali, incontrando però su tale strada l'opposizione soprattutto di quei teorici tedeschi che, sotto l'influenza dello storicismo romantico, rimproveravano gli economisti classici di dogmatismo e astrattezza, affermando che non si può avere una teoria economica universalmente valida e delle leggi economiche applicabili in ogni tempo e luogo, ma solo teorie legate a specifiche situazioni storiche. Tuttavia, gli economisti della scuola storica tedesca, nella loro preoccupazione di dimostrare come diverso fosse per esempio il mercato medioevale rispetto a quello odierno, lasciarono delle ottime monografie di storia economica, ma non riuscirono a elaborare una nuova teoria economica. Le due esigenze, quella storicistica e quella della ricerca teorica, basata sulla ricerca di leggi naturali, furono successivamente prese entrambe in considerazione. Nell'ambito degli studi filosofici, il problema economico è stato soprattutto considerato da B. Croce, secondo il quale l'attività economica tende alla soddisfazione dei bisogni umani, in quanto A è considerato più utile o conveniente rispetto a B, ma A è più conveniente di B proprio in quanto è stato prescelto. ║ E. agraria. Branca fondamentale della scienza economica che applica all'attività agricola i principi affermati dalla scienza economica stessa. L'e. agraria tende a spiegare la realtà agricola valendosi dei principi e degli schemi della scienza economica e perciò presuppone, da un lato, una profonda conoscenza dell'economia generale, dall'altro della realtà agricola, osservata nei suoi vari aspetti geografico, storico, statistico, tecnico, politico, sociale, ecc. ║ E. collettiva. Sistema economico in cui la titolarità dei beni strumentali appartiene agli organi pubblici e la proprietà privata è pressoché inesistente. In tale sistema il processo di accumulazione del capitale è essenzialmente pubblico e la soluzione dei problemi economici è affidata a funzionari pubblici. Tipici Paesi ad economia collettiva sono quelli socialisti. ║ E. di scala. Espressione usata per indicare i vantaggi, in termini di costi, che derivano all'impresa dall'acquisizione di più ampie dimensioni, rispetto a quelle che aveva in precedenza. Le e. di scala possono essere di tipo propriamente economico (maggiore incidenza di potere sul mercato) o di tipo tecnico. Queste ultime derivano dalla possibilità di introdurre, quando l'impresa assume dimensioni più ampie, tecnologie più avanzate nel processo produttivo e renderlo ampiamente automatizzato. ║ E. mista. Sistema economico caratterizzato dalla presenza di un largo settore pubblico che svolge attività produttive in precedenza affidate a imprese private. In tale sistema, oggi assai sviluppato, si verifica un notevole processo di accumulazione pubblica del capitale, accanto a quella privata. Tipico meccanismo di ridistribuzione del reddito e della ricchezza in un sistema a e. mista è il ricorso massiccio allo strumento tributario. - Dir. - Delitti contro l'e. pubblica. Sono contenuti nel titolo ottavo del libro secondo del codice penale. Essi sono: distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione; diffusione di una malattia delle piante o degli animali; rialzo o ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio; serrata e sciopero per fini contrattuali; coazione alla pubblica autorità mediante serrata o sciopero; serrata o sciopero a scopo di solidarietà o di protesta; serrata di esercenti di piccole industrie o commerci; boicottaggio; arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole e industriali; sabotaggio; inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro e delle decisioni del magistrato del lavoro. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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