BOLSCEVISMO Movimento politico russo, nato nel 1903 all'interno del Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr), principalmente a opera di Lenin, le cui posizioni risultarono maggioritarie al congresso di Londra del Posdr prevalendo su quelle di Martov (leader dei menscevichi, minoranza). Le due principali correnti rivoluzionarie russe, unite dall'analisi marxista sulla centralità del ruolo politico del proletariato di fabbrica, si dividevano profondamente sui programmi d'azione, in particolare sul problema organizzativo. Per Lenin il partito doveva essere formato da rivoluzionari di professione, che si dedicavano a tempo pieno all'attività politica, e avere una struttura ristretta, compatta e disciplinata. Questa concezione fu l'elemento costitutivo del bolscevismo: il partito (l'autentico depositario della coscienza di classe operaia e dei suoi interessi reali) doveva essere in grado di fornire programma, tattica, strategia e strumenti organizzativi a un proletariato altrimenti destinato a disperdere le proprie energie in rivendicazioni o rivolte senza alcuna prospettiva politica. Queste idee entrarono a far parte del dibattito del movimento operaio internazionale e assunsero un ruolo importantissimo quando, nel 1917, si dimostrarono le più adeguate per la conquista del potere politico in Russia. Da allora furono un costante punto di riferimento per i partiti comunisti di tutto il mondo e della terza Internazionale. Nella sua concreta espressione politica nel partito russo, il bolscevismo non fu un corpo monolitico, essendo diviso (almeno fino al 1921, quando vennero proibite le fazioni) in correnti e gruppi; nella sua veste ideologica divenne, invece, una sorta di "principio universale" cui tutte le organizzazioni operaie dovevano ispirarsi. In realtà il bolscevismo era nato come applicazione creativa del marxismo alle condizioni particolari della Russia (e in rottura con la tradizione della socialdemocrazia). Esso, infatti, da un lato si collegava alla tradizione del populismo utopistico russo e al suo giacobinismo cospirativo; dall'altro teneva conto dell'inesistenza nello stato zarista di una borghesia imprenditoriale e affidava allo stesso proletariato il compito di modernizzare un paese che non aveva conosciuto (e, secondo Lenin, non poteva conoscere) le rivoluzioni liberali che il capitalismo industriale aveva portato con sé nell'Europa occidentale. G. Polo |