BEN GURION, DAVID (David Grün, Plosk 1886 - Tel Aviv 1973). Dirigente sionista e statista israeliano. Immigrato in Palestina nel 1906 dalla Polonia, ne fu espulso nel 1915 dalle autorità ottomane a causa dell'attività svolta in seno al partito Po'alei Zion che, fondato in Russia alla fine del XIX secolo, cercava di conciliare l'ideologia marxista con quella sionista. Trasferitosi negli Stati Uniti, contribuì a organizzare la Legione ebraica, che durante la Prima guerra mondiale combatté a fianco delle truppe britanniche a Gallipoli e in Palestina. Tornato in Palestina, si mise in luce come organizzatore sindacale partecipando alla fondazione della confederazione sindacale Histadrut, di cui fu segretario generale dal 1921 al 1935. Sul piano più strettamente politico favorì l'unificazione dell'Ahdut ha-Avodah (il Partito socialista laburista sionista, nato nel 1919 in Palestina dalla fusione del Po'alei Zion con un gruppo di indipendenti) con il partito operaio non marxista Ha-Po'el ha-Tsair; nacque così nel 1930 il Mapai o Partito operaio israeliano, che dominò la scena politica fino alla sconfitta elettorale del 1977. Negli anni trenta Ben Gurion ne accentuò la tendenza moderata, fino a proporre nel 1934 un accordo con i sionisti di estrema destra di Vladimir Jabotinsky; ciò determinò l'uscita dal Mapai della corrente filomarxista, che nel 1948 diede vita al Mapam (Partito operaio unitario). Ben Gurion acquisì un'influenza crescente nel sionismo internazionale: eletto nel 1920 al consiglio generale dell'organizzazione sionista, nel 1933 entrò nell'esecutivo, diventandone progressivamente la personalità più autorevole. Dal 1935 al 1948 presiedette inoltre l'Agenzia ebraica. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, quando il governo britannico pubblicò il Libro bianco che fissava il tetto dell'immigrazione ebraica in Palestina nei seguenti cinque anni a 75.000 unità, Ben Gurion lanciò la parola d'ordine combattere Hitler come se non ci fosse il Libro bianco, e combattere il Libro bianco come se non esistesse Hitler, a cui seguì l'arruolamento di volontari nella Brigata ebraica, che diede il suo contributo alla causa alleata specialmente in Italia preparando nello stesso tempo l'ossatura del futuro esercito di Israele e un'efficiente rete di supporto all'immigrazione clandestina. Finita la guerra, Ben Gurion si propose come mediatore tra le autorità britanniche e le formazioni estremiste dell'Irgun e della banda Stern che, diversamente dal grosso delle unità militari e paramilitari sioniste (vedi Haganah), avevano ripreso fin dal 1944 le azioni terroristiche; emerse in tal modo come il più autorevole esponente del Mapai (il partito di maggioranza relativa al momento della proclamazione dello stato di Israele) e, pertanto, come il più credibile candidato alla guida del paese. Come padre della patria, del resto, aveva già parlato nel 1947 in qualità di portavoce dell'Agenzia ebraica presso le Nazioni unite: Ci sono ebrei e comunità ebraiche in molti paesi, ma in Palestina si manifesta un fenomeno unico, una nazione ebraica, con tutti gli attributi e tutte le aspirazioni dell'essere nazione. Fu dunque naturale che fosse lui a proclamare l'indipendenza dello stato di Israele, il 14 maggio 1948, assumendo le cariche di capo del governo provvisorio e ministro della Difesa fino al marzo 1949. Dopo le elezioni del 1949 i due maggiori partiti operai disponevano di una maggioranza precostituita, ma piuttosto che allearsi di nuovo con il Mapam (come all'epoca del governo provvisorio) Ben Gurion preferì una coalizione di compromesso con i partiti di ispirazione moderato-borghese e religiosa. Anche in politica estera Ben Gurion (che conservò gli incarichi di primo ministro e ministro della Difesa fino al 1953) impose una svolta a destra privilegiando i rapporti con gli Stati Uniti, destinati a diventare i principali finanziatori dell'economia israeliana. Lasciò l'attività politica nel dicembre 1953, ma tornò al governo nel 1955 (sempre come primo ministro e titolare della Difesa) per sostituire il collega Lavon travolto da uno scandalo spionistico. Fin dal 1954 organizzò segretamente, insieme ai governi di Francia e Gran Bretagna, l'aggressione tripartita del 1956 contro l'Egitto, che avrebbe dovuto fornire alle due vecchie potenze coloniali il pretesto per rovesciare il regime di Nasser, che sosteneva la guerra di liberazione algerina e la nazionalizzazione del Canale di Suez, e nutriva velleità antimperialistiche; in cambio, Israele avrebbe potuto annettersi il Sinai. Malgrado l'insuccesso politico dell'operazione, che si concluse con la restituzione del Sinai imposta da Stati Uniti e Unione sovietica per interposto intervento dell'Onu, si mantenne fedele a una linea politica sostanzialmente neocolonialistica, incoraggiando i movimenti autonomistici delle minoranze del mondo arabo (in particolare quello berbero nell'Algeria indipendente). Già nel 1958 si era dichiarato pronto a occupare la Cisgiordania in caso di rovesciamento della dinastia hascemita, allora vacillante per il contraccolpo della rivoluzione irachena del 14 luglio. Coerentemente con questa posizione, dopo la guerra del 1967 sostenne decisamente la necessità di conservare i territori arabi occupati (Cisgiordania e Gaza). Di fronte al rischio della sospensione degli aiuti economici e militari da parte degli Stati Uniti (che era apparsa possibile dopo la guerra del 1956) si preoccupò di diversificare le fonti di approvvigionamento. Nel 1960 ottenne armi dalla Repubblica federale tedesca in cambio, pare, dell'impegno a non trasformare il processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann in un'operazione di propaganda antitedesca. Con l'aiuto della Francia e poi degli Stati Uniti gettò inoltre le basi per la produzione di aerei avanzati, armi nucleari e missili. Nell'estate del 1963 le polemiche suscitate nell'opinione pubblica e nello stesso Mapai dai rapporti con la Repubblica federale tedesca lo indussero a lasciare il governo. Tornato a vita privata, incoraggiò Moshe Dayan ad attaccare il suo successore Levi Eshkol, giudicato non sufficientemente energico nella guida del governo. Posto in minoranza dal congresso del Mapai nel 1965, uscì dal partito fondando il Rafi (Lista operaia israeliana), ma abbandonò anche questa formazione quando essa si fuse (1968) con il Mapai e altri gruppi nel Partito israeliano del lavoro, o Partito laburista. Costituì allora la Lista di stato, che finì con l'unirsi al Likud di Menahem Begin. N. Garribba, Lo Stato di Israele, Editori Riuniti, Roma 1983; N. Weinstock, Storia del sionismo, Samonà e Savelli, Roma 1970. |