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BALCANI
Regione dell'Europa sudorientale: comprende la penisola più orientale del continente europeo, che divide l'Adriatico e lo Ionio dall'Egeo e dal mar Nero, ed è approssimativamente limitata verso il continente dalla linea dei fiumi Danubio, Sava e Kupa; prende il nome dalla catena dei monti Balcani, lunga 600 km ca., parallela al basso Danubio nella Bulgaria centrale. Sin dall'antichità è stata terreno di contatti e di scontri di popolazioni e civiltà diverse. La penetrazione romana ebbe inizio nel II secolo a.C., con la conquista della Macedonia, dell'Epiro e dell'Illiria, alle quali si aggiunsero, sotto Augusto, la Tracia, la Pannonia e la Mesia e, sotto Traiano, la Dacia. In seguito alla definitiva divisione dell'impero romano in due parti sotto l'imperatore Teodosio (395), la penisola balcanica, a eccezione della Dalmazia, fu soggetta a Costantinopoli. Incalzati dagli unni, i visigoti, che già dal secolo precedente premevano sui confini, invasero le terre dell'impero e si stanziarono nella Mesia, venendo riconosciuti, dopo la battaglia di Adrianopoli (378), come federati. Lo stanziamento di unni e visigoti fu però di breve durata: a partire dal V secolo si diressero verso l'Italia e vennero sostituiti dagli avari che si fusero con le popolazioni preesistenti. Definitiva fu l'occupazione dei Balcani, iniziata nel VI secolo, da gruppi slavi, provenienti dai Carpazi orientali, seguiti dai turco-mongoli bulgari, che si installarono nella Dobrugia organizzando un regno autonomo. La debolezza dell'impero romano d'Oriente consentì ai bulgari, convertitisi al cristianesimo, di creare con il re Simeone (893-927) un forte regno, ma la reazione dell'impero bizantino, morto Simeone, ne fece crollare la costruzione politica. Nascevano intanto anche i regni slavi di Croazia e di Serbia che, con la conversione al cristianesimo, entravano a far parte della zona d'influenza l'uno della Chiesa romana, l'altro della Chiesa greco-ortodossa. La crescente debolezza di Bisanzio consentì la creazione di un forte stato serbo che raggiunse il momento del massimo splendore politico e culturale con il re Stefano Dusan (1331-1355). Nel XIV secolo il mondo balcanico fu bruscamente sconvolto dall'invasione e dalla conquista da parte dei turchi ottomani, che occuparono definitivamente la regione dopo la pesante sconfitta imposta ai serbi nel 1389 nella battaglia di Kosovo. Nel XV e XVI secolo i turchi proseguirono la loro avanzata nei Balcani e solo la Dalmazia, già nelle mani dei veneziani, sfuggì alla loro occupazione. Ciò comportò il distacco dei Balcani dal mondo occidentale, con l'interruzione di qualsiasi rapporto commerciale e culturale. Alcuni popoli conquistati si convertirono all'islamismo. La penisola balcanica tra il XVI e il XVII secolo offrì ai turchi la base di partenza per numerosi attacchi al mondo occidentale, ultimo dei quali fu l'assedio di Vienna del 1683 cui seguì, però, una netta inversione di tendenza. Con la pace di Karlowitz (1699), infatti, gli Asburgo ottennero vasti territori già soggetti ai turchi, mentre il declino dell'impero ottomano attirava anche gli interessi della Russia, alla ricerca di un accesso al Mediterraneo, e di Venezia, cui nel XIX secolo si sostituì quello della Gran Bretagna, che, nel 1815, ebbe il protettorato sulle isole Ionie. Le vicende storiche della regione nel corso dell'Ottocento furono dominate dalla crisi latente dell'impero turco e dal controllo reciproco esercitato da Gran Bretagna, Russia e Austria interessate all'eredità turca. Anche nella penisola balcanica cominciarono inoltre a farsi sentire i moti indipendentistici e nazionali e, grazie anche al sostegno delle potenze europee, la Grecia fu riconosciuta come regno indipendente sotto la guida di Ottone Wittelsbach di Baviera (1832). Principale beneficiaria dell'intervento occidentale fu la Russia che ottenne, negli anni successivi, importanti vantaggi territoriali e la libertà di navigazione negli stretti (questione degli Stretti). Per impedire un eccessivo rafforzamento russo nella regione la Gran Bretagna assunse il ruolo di difesa dell'impero turco e, con la guerra di Crimea (1853-1856), ridimensionò l'espansionismo russo. Nel frattempo continuavano le rivolte dei popoli ancora soggetti al dominio ottomano, di cui seppero approfittare Russia e Austria. L'accordo fra le due potenze e le successive vittorie militari russe furono però inficiati dall'intervento diplomatico dell'Inghilterra. Con la mediazione di Bismarck, nel congresso di Berlino (1878), l'Austria ottenne il protettorato sulla Bosnia-Erzegovina, mentre alla Romania, alla Serbia e al Montenegro fu riconosciuta l'indipendenza e la Gran Bretagna ebbe Cipro. Nella penisola permase però una situazione incerta, in cui le rivalità fra i nuovi stati si intrecciarono con gli interessi delle maggiori potenze. La ribellione dei Giovani turchi, scoppiata nel 1908, spinse Vienna, preoccupata da una possibile perdita d'influenza nella zona, all'annessione di Bosnia ed Erzegovina. I piccoli stati della penisola, guidati da Serbia e Bulgaria, tentarono di approfittare della crescente debolezza dell'impero turco muovendogli guerra (Prima guerra balcanica, 1912). L'anno successivo la Bulgaria si rivolse contro gli ex alleati ma fu duramente sconfitta (Seconda guerra balcanica, 1913). La vera vincitrice delle guerre balcaniche fu la Serbia, che assunse il ruolo di catalizzatrice di tutte le forze e i movimenti di opinione antiaustriaci esistenti nei Balcani. L'assassinio dell'arciduca austriaco Francesco Ferdinando a Sarajevo (28 giugno 1914) e il successivo ultimatum austriaco alla Serbia (23 luglio 1914) furono le cause scatenanti della Prima guerra mondiale. Alla fine della guerra, con il trattato di Saint Germain-en-Laye (1919), venne riconosciuto un nuovo stato, sorto sulle rovine dell'impero austroungarico, che con il nome di Iugoslavia comprendeva Serbia, Croazia, Slovenia, Carniola, Bosnia, Erzegovina, Dalmazia e Montenegro. L'assetto della regione fu ulteriormente modificato durante la Seconda guerra mondiale, quando Grecia e Iugoslavia furono occupate da tedeschi e italiani (1941). Particolarmente forte fu la resistenza iugoslava che liberò Belgrado nel 1944. Con la guerra fredda i paesi dei Balcani, tranne la Grecia, entrarono nell'orbita sovietica. Da allora la regione ha goduto di una relativa stabilità, infrantasi, dopo la morte del presidente iugoslavo Tito, a causa delle tensioni tra le repubbliche della federazione iugoslava sfociate, con una sanguinosa guerra civile, nella sua dissoluzione.
Alla morte di Tito (1980), infatti, i contrasti tra le nazionalità si erano acutizzati, dapprima in Kosovo, dove la minoranza albanese richiedeva l'autonomia, quindi nelle repubbliche maggiori. Nel frattempo l'economia iugoslava era entrata in crisi, come pure i meccanismi costituzionali federali. Nel 1991 la Slovenia proclamò l'indipendenza provocando una limitata reazione dell'esercito federale. Una analoga proclamazione da parte della Croazia portò invece a una sanguinosa guerra contro la Serbia per la rettifica dei confini. Anche la Macedonia e la Bosnia-Erzegovina proclamarono l'indipendenza (1992) e in quest'ultima repubblica si aprì una guerra civile drammatica, con la partecipazione di numerose bande armate nazionaliste serbe, croate e bosniaco-musulmane, mosse da un odio etnico che portò all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale il barbaro rituale della pulizia etnica. Nel 1992 le due repubbliche rimaste nella Federazione (Serbia e Montenegro) rifondarono la Repubblica federale di Iugoslavia, che, per il suo impegno a fianco della comunità serba nella guerra civile bosniaca, venne immediatamente colpita da un embargo dell'Onu, interrotto solo in seguito alla firma degli accordi di pace tra i paesi coinvolti (1995). La repressione delle spinte autonomistiche degli albanesi del Kosovo (1998) attuata dal regime di Slobodan Milosevic portò nel 1999 all'intervento militare della Nato. Dopo una campagna di attacchi aerei sulla Serbia, che danneggiarono gravemente le infrastrutture del paese, e il dispiegamento di un contingente multinazionale nella provincia, il Kosovo è passato sotto il controllo di un'amministrazione civile dell'Onu. Le elezioni del settembre 2000 hanno segnato la sconfitta di Milosevic e la proclamazione a presidente della Repubblica federale di Iugoslavia di Vojslav Kostunica.

F. De Luca

F. Dovrnik, Gli slavi nella storia e nella civiltà europea, Dedalo, Bari 1968; R. Portal, Gli slavi. Popoli e nazioni dall'VIII al XX secolo, Editori Riuniti, Roma 1975.
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