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BAKUNIN,
MICHAIL ALEKSANDROVIC
(Prjamuchino 1814 - Berna 1876). Politico
russo, teorico dell'anarchismo. Di famiglia
d'origine aristocratica, studiò filosofia, entrando in contatto
con i gruppi della sinistra hegeliana, prima a Mosca e poi a Dresda. Successivamente
si trasferì a Parigi (1844-1847) dove conobbe e frequentò
Marx e soprattutto Proudhon,
dalle cui idee federaliste e antiautoritarie fu profondamente influenzato.
Inizialmente, su posizioni di panslavismo democratico, considerava essenziale
l'emancipazione dei popoli slavi per la sconfitta del dispotismo in tutta
Europa. Successivamente riprese da Feuerbach il concetto d'alienazione
religiosa come fondamento della negazione della libertà da parte
di ogni istituzione e autorità umana: lo stato è perciò
la più compiuta negazione della libertà dell'individuo e
quindi una violazione della legge dell'uguaglianza, condizione suprema
della libertà e dell'umanità. Questa concezione lo pose
in rotta di collisione con le correnti marxiste: per Bakunin non era concepibile
nessuna forma di transizione verso l'estinzione dello stato e la dittatura
del proletariato non era altro che la prosecuzione della tradizione giacobina
destinata a un nuovo dispotismo di una classe sfruttatrice e privilegiata,
la burocrazia. Arrestato e condannato a morte dalle autorità prussiane
in seguito alla rivolta di Dresda del 1848, fu consegnato ai russi (1851)
e deportato in Siberia da dove fuggì (1861), riparando a Londra.
Dopo un tentativo insurrezionale fallito in Lituania, si trasferì
in Italia (1864-1867) dove le sue idee trovarono una rapida e larga diffusione.
Nel 1868 fondò l'Alleanza internazionale della democrazia socialista
le cui sezioni, diffuse soprattutto in Italia, Spagna e Svizzera, aderirono
alla prima Internazionale, da cui il rivoluzionario russo fu espulso nel
1872, dopo un lungo conflitto ideologico con Marx. In quegli anni Bakunin
chiarì la sua concezione di rivoluzione sociale come sollevazione
popolare spontanea. Essa doveva avere la propria base tra i contadini
poveri dei paesi industrialmente arretrati e dare vita a una società
collettivistica e anarchica, frutto della libera associazione di gruppi
produttori che avrebbe eliminato immediatamente ogni forma d'autorità
statale (Stato e anarchia, 1873).
G. Polo
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