AMERICANA, GUERRA CIVILE (1861-1865). Conflitto scoppiato in America settentrionale in seguito alla tentata secessione degli stati del sud dagli Stati Uniti. Quando nel 1861 la rivalità tra gli stati agricoli del sud, in prevalenza liberisti, e quelli industriali del nord, favorevoli al protezionismo che era nei programmi del neoeletto presidente repubblicano A. Lincoln, fece sì che la schiavitù, uno degli elementi su cui si fondava la prosperità degli stati meridionali, divenisse causa della secessione, la sproporzione fra i due contendenti era enorme: 22 milioni di abitanti e 990 mila soldati al nord, contro nove milioni di abitanti, di cui tre e mezzo schiavi, e 690 mila soldati al sud. L'elezione di Lincoln spinse il South Carolina a indire una convenzione per staccarsi dall'Unione. Georgia, Florida, Alabama, Mississippi e Louisiana fecero altrettanto e l'8 febbraio 1861 fu approvata la costituzione degli Stati confederati d'America, di cui fu eletto presidente Jefferson Davis. All'indomani della presa confederata di Fort Sumter (12-13 aprile 1861), che diede inizio alla guerra, altri quattro stati (Virginia, North Carolina, Tennessee e Arkansas) aderirono alla Confederazione, che fissò la capitale a Richmond, in Virginia. La Casa bianca assunse allora una posizione intransigente: il sud era uscito dall'Unione per non sottomettersi alla volontà della maggioranza. Come tali i "sudisti" erano ribelli, quindi con la forza delle armi sarebbero stati costretti a rientrare nell'Unione, la cui restaurazione costituiva l'unico scopo di guerra del governo centrale. Inizialmente non fu messa in discussione l'istituzione della schiavitù dei neri negli stati del sud, anche se da anni agiva nel nord un movimento abolizionista. Lo stesso Partito repubblicano di Lincoln durante la campagna elettorale aveva sconfessato l'abolizionismo. Ben tre dei principali stati schiavisti (Kentucky, Delaware e Maryland) si erano schierati con l'Unione, mentre il Missouri era ancora incerto. Ma il Partito repubblicano si era formalmente opposto a ogni espansione della schiavitù nei territori dell'ovest, per chiuderli ai contadini del sud e spalancarli a quelli del nord. Ciò avrebbe portato a una proliferazione di nuovi stati filonordisti, isolando il sud e privandolo di ogni influenza sul governo centrale. Il quadro delle posizioni mutò nel 1863. Il Proclama di emancipazione, dello stesso anno, maturò come misura di guerra civile: gli schiavi appartenenti a proprietari che al 1° gennaio 1863 si fossero trovati in stato di rivolta contro l'Unione, sarebbero stati dichiarati liberi senza indennità. Il principio dell'emancipazione, divenuto la bandiera del nord, fu successivamente trasformato in un emendamento alla costituzione che, tuttavia, negli stati fedeli all'Unione sarebbe entrato in vigore solo gradualmente. Il sud invocò il diritto all'autodecisione, il diritto cioè, per una minoranza conscia delle sue tradizioni, delle prerogative che ne fanno una nazione, a rivendicare in ogni momento la propria indipendenza. Scoppiate le ostilità, il generale Robert E. Lee, alla testa dei confederati, conseguì iniziali vittorie a est, ma venne fermato dal generale George B. McClellan al comando dell'armata dell'Unione ad Antietam Creek (Sharpsburg) il 17 settembre 1862. Dopo aver tentato invano di entrare nel Maryland settentrionale, Lee invase la Pennsylvania meridionale attraversando la valle dello Shenandoah, ma fu bloccato dal generale George G. Mead a Gettysburg (1-3 luglio 1863). Questa nuova sconfitta capovolse le sorti della guerra. Anche a ovest gli eserciti dell'Unione ottenevano significativi successi. Il generale Ulysses Grant vinse la battaglia di Shiloh (6-7 aprile 1862) nel Tennessee, e l'anno seguente (1863) prevalse a Vicksburg e a Chattanooga, rispettivamente sui fiumi Mississippi e Tennessee. Nell'aprile del 1862 la flotta dell'Unione, al comando dell'ammiraglio David G. Farragut (1801-1870), conquistò il porto di New Orleans, acquisendo il controllo della parte meridionale del fiume Mississippi e poi dell'intero corso. Nel 1864 Grant, nominato comandante in capo dell'Unione, tra maggio e giugno spinse i confederati verso sud, in direzione di Richmond; mentre William T. Sherman avanzò in direzione est raggiungendo Atlanta, che mise a ferro e fuoco, e quindi procedette alla volta di Savannah in un'inarrestabile marcia verso il mare allo scopo di tagliare a metà il sud. Presa Savannah (21 dicembre 1864), Sherman si ricongiunse, verso nord, al generale Grant. Richmond cadde nelle mani dell'Unione. Le ultime forze confederate, accerchiate in Virginia dagli eserciti dell'Unione, si arresero ad Appomattox il 9 aprile 1865. Pochi mesi dopo, il 18 dicembre 1865, venne approvato il tredicesimo emendamento alla Costituzione americana che aboliva definitivamente la schiavitù. Scoppiata per costringere il sud a sottomettersi e a rientrare nell'Unione, la guerra civile ridusse tutto il sud a un campo di cenere e provocò complessivamente circa 600 mila morti e 400 mila feriti. Le novità del conflitto, per molti aspetti definibile guerra totale, con ricorso sistematico a tecnologie e metodi organizzativi modernissimi, furono apprezzate solo in parte dai contemporanei. Viceversa molti vi colsero immediatamente tutta la gravità degli esiti sociali, al nord come al sud. La Ricostruzione del sud durò circa dieci anni e gli undici stati secessionisti furono riammessi separatamente nell'Unione: l'ultimo, l'Alabama, nel 1871. Il sud emerse dalle conseguenze devastatrici della guerra civile con tre aspetti che conservò per decenni: monopolio politico del Partito democratico, persistenza della segregazione razziale, arretratezza economica e civile. Contemporaneamente, la guerra civile contribuì a rinsaldare il primato del nord e a forgiare un'America nuova: aprì la strada alla rivoluzione industriale; unificò tutto il paese sotto il controllo del governo centrale; modificò l'economia e diede alle imprese uno slancio inedito; risolse il problema dei territori dell'ovest spalancandoli all'immigrazione dei piccoli contadini del nord e dei coloni europei, gettando così le basi per il sorgere di nuovi stati. P. D'Attorre R. Luraghi, Storia della guerra civile americana, Rizzoli, Milano 1985. |