Padre Pio Aneddoti e Ricordi.

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PAPI E BEATI - PADRE PIO - ANEDDOTI E RICORDI

Con Madre Speranza al Sant'Uffizio

Nel febbraio 1970 mi recai a Terni per una conferenza su Padre Pio al Gruppo di preghiera. Fui ospite dell'Avvocato Giordanelli Guglielmo, che m'invitò ad una gita a Collevalenza, dove viveva in concetto di santità Madre Speranza.

Visitai il grandioso complesso di costruzioni e di opere, eseguito per volere della Madre a scopo di bene per le anime.

Dallo stesso Avv. Giordanelli e dal Superiore P. Gino, fui presentato a Madre Speranza, che mi accolse con grande semplicità ed umiltà. Cominciai subito un discorso: «Madre, sono un Cappuccino di S. Giovanni Rotondo: non voglio farle perdere tempo; le chiedo soltanto di pregare per me e per la glorificazione di Padre Pio». Madre Speranza, piccola di statura e curva, alzando gli occhi e guardandomi, rispose:

«Ho sempre pregato per Padre Pio».

«Lei ha conosciuto Padre Pio?».

«Sì; l'ho visto molte volte».

«Dove? A S. Giovanni Rotondo?».

«No: non sono mai venuta a S. Giovanni Rotondo».

«Allora, dove lo ha conosciuto?».

«A Roma».

«Madre, lei non ha potuto conoscere Padre Pio, perché questi a Roma è stato solo una volta, quando, giovanissimo, il 17 maggio 1917, accompagnò la sorella a farsi monaca di clausura nel Convento di S. Brigida. Lei in quel tempo si trovava in Spagna. Certamente ha preso un abbaglio, scambiando Padre Pio con qualche altro Frate Cappuccino».

«No, non mi sono ingannata. Era Padre Pio».

«In quale località di Roma lo ha visto?».

«L'ho visto tutti i giorni al S. Uffizio per un anno intero; portava i mezzi guanti per nascondere le piaghe. Io lo salutavo, gli baciavo la mano e qualche volta gli rivolgevo la parola, ed egli mi rispondeva».

«In quale anno è avvenuto questo incontro giornaliero?».

«Quando io ero a disposizione del S. Uffizio. Sono stata per tre anni: dal 1937 al 1939».

«Madre, mi sembra strano e inverosimile il suo racconto: stento a crederci...».

«Padre, debbo confessarle che non sono mai andata soggetta ad allucinazione. Anzi, debbo aggiungere che spesso veniva in aereo da Milano un personaggio misterioso con la barba bianca, brutto di aspetto, che mi faceva tremare».

«Chi era?... Un Frate?...».

«Non lo so, al solo vederlo ero presa da grande timore e volevo fuggire. Mi sembrava il demonio».

«Che cosa veniva a fare al S. Uffizio?».

«Veniva a deporre contro Padre Pio».

«Madre, non si offenda, se le dico che non credo a quanto mi ha raccontato».

Madre Speranza, senza alcun segno di risentimento, con dolcezza mi rispose:

«Padre, lei è libero di pensare come vuole. Le ripeto che ho visto Padre Pio per un anno, tutti i giorni a Roma. Ho sempre pregato per lui ed ora prego per la sua glorificazione».

Che Madre Speranza abbia potuto conoscere Padre Pio è possibile: dato che il venerato Padre era insignito del dono della bilocazione. Infatti le bilocazioni di Padre Pio sono state molto numerose. Ne abbiamo riferite alcune in questo nostro lavoro.

Padre Pio

GRAZIE E FAVORI CELESTI

Intercedeva per la sua guarigione

Nel maggio del 1970, la signora Lilia Glorioso di Castelbuono (Palermo) m'invitò per un ritiro spirituale ai suoi due Gruppi di preghiera.

In quella circostanza mi disse che doveva la sua salute alle preghiere di Padre Pio.

Mi narrò infatti che era ammalata di ematuria renale, dovuta ad un grosso calcolo, e che si era ridotta ad uno scheletro, per una grave forma di anemia, per cui si rese impossibile l'operazione chirurgica. Nonostante le cure consigliate dai medici locali e dai professori specialisti di Palermo, si era sempre più aggravata. In un consulto medico, si decise per l'intervento chirurgico. Ricoverata nell'Ospedale di Palermo per le analisi e per l'operazione, mentre tutto era pronto, venne a mancare il Primario chirurgo, che avrebbe dovuto operarla. Allora, uno dei chirurghi presenti, non assicurando l'esito dell'atto operatorio, consigliò l'inferma di ritornare a casa.

Un'amica, recatasi a visitarla, la consigliò di scrivere una lettera a Padre Pio per impetrare la grazia della guarigione. Era il 1967.

La Glorioso, a tale consiglio, si ribellò, protestandosi devota della Madonna, dalla Quale sola aspettava la grazia.

L'amica soggiunse che Padre Pio era prediletto e devotissimo della Madonna, dalla Quale otteneva grazie e miracoli con le sue fervide preghiere e con le sue grandi sofferenze, quindi gli sarebbe stato facile ottenerle la guarigione e la salute. Convinta da queste parole, la Glorioso scrisse una lettera a Padre Pio; ma l'indomani si aggravò. Nel pomeriggio, stando a letto, circondata dalle persone care e trepidanti, le sembrò di vedere Padre Pio ai piedi della Madonna, che intercedeva per la sua guarigione. La sera cominciò a migliorare e in piena lucidità di mente raccontò ai parenti la visione.

Il giorno successivo si sentì bene e si alzò dal letto.

Nella lettera indirizzata a Padre Pio, non chiedeva la guarigione, ma un miglioramento per potere subire l'operazione.

Dopo tre mesi, precisamente il 6 gennaio 1968, si recò a S. Giovanni Rotondo. Nel pomeriggio del giorno successivo, mentre Padre Pio si recava a confessare gli uomini, vedendo la signora Glorioso in mezzo alla folla, la fece avvicinare e le disse: «Che cosa vuoi?».

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La Glorioso: «Padre, sono venuta a chiedervi un consiglio se debbo operarmi o curarmi».

Padre Pio: «È bene che ti faccia operare. Io pregherò per te».

La Glorioso, piena di fede, ritornò a Castelbuono; si ricoverò in un Ospedale di Palermo, fu operata e guarì completamente.

In segno di gratitudine ha formato due fiorenti Gruppi di preghiera, che tanto bene operano nella cittadinanza di Castelbuono.

«Padre Pio è venuto a prenderla!»

Nell'ottobre del 1972 ero stato invitato dalla Capo Gruppo di preghiera, Signora Lilia Glorioso, a tenere una «Tre sere» ai Gruppi di Castelbuono, d'accordo col Rev.mo Parroco della Chiesa Matrice.

Quindici giorni prima della data fissata, la signora Glorioso mi telefonò, pregandomi di anticipare di una settimana la mia andata per partecipare alla celebrazione del venticinquesimo anniversario di matrimonio.

Dati i molteplici impegni che avevo in altre città della Sicilia, risposi che mi era impossibile spostare le date, ma che avrei partecipato alla festa di famiglia, quando sarei andato nei giorni fissati.

Giunto a Palermo, appresi la dolorosa notizia della tragica morte della figlia Marianna di 23 anni al termine della festa, in un incidente automobilistico; a causa del gravissimo lutto, non si faceva più nulla.

Telefonai al Parroco della Chiesa Matrice per sapere notizie più dettagliate. Il Parroco mi rispose con voce emozionata che la cittadinanza era in lutto e non era il caso di tenere la «Tre sere».

Alcuni giorni dopo, accompagnato dal Rag. Di Girolamo Umberto e dalla Sig.na Gaudesi Giovanna, mi recai a Castelbuono per porgere alla famiglia Glorioso le condoglianze e dire una parola di conforto.

Ammirevole e dignitoso è stato il comportamento di Lilia Glorioso, la quale, nel vederci, pur prorompendo in lacrime e singhiozzi, disse: «Padre Alberto, se mi vedete ancora in vita, lo debbo alla fede che mi ha sorretta e a Padre Pio che mi ha assistita. Il mio atroce dolore mi avrebbe fatto commettere un atto insano, mi sarei suicidata, se il Signore e Padre Pio non mi avessero assistita».

Calmatasi, cominciò a raccontarci tra le lacrime lo svolgimento della funzione religiosa, tenutasi in Chiesa con la partecipazione di una folla di parenti e di amici; poi ci parlò del tragico incidente.

La Glorioso volle rimarcare un episodio molto significativo. Prima di recarsi in Chiesa, i cinque figli prepararono ed offrirono un dono ai genitori a ricordo del loro venticinquesimo anniversario di matrimonio.

La mamma, nell'accettare il dono, disse:

«Figli miei, il dono più gradito e più prezioso, che ci potete fare, è di accostarvi quest'oggi ai sacramenti insieme a noi...».

Tutti risposero affermativamente, ad eccezione della figlia primogenita Marianna, impiegata a Palermo, fidanzata e prossima al matrimonio, che rispose di non essere disposta. Ma dietro le insistenze della mamma, si decise anch'ella a confessarsi e a comunicarsi.

Terminata la funzione religiosa, ci furono i rinfreschi per i partecipanti e la cena per gli intimi.

A sera inoltrata, Marianna, contenta e gioiosa, disse ai genitori: «È bene che torniamo ora a Palermo, così domani ci troveremo riposati e pronti per andare in ufficio».

Si decise di partire subito. Salirono in macchina il fratello di Marianna e una signorina giapponese, che si accomodarono nei sedili posteriori. Nei posti anteriori, si sedettero Marianna e il fidanzato alla guida. Si era giunti alla periferia di Palermo, quando il giovane autista, preso da un colpo di sonnolenza, perdette il controllo e andò a schiantarsi violentemente contro un muro, riducendo la macchina in rottami.

Marianna, che sonnecchiava poggiata sulla spalla del fidanzato, scossa dall'urto tremendo, gridò: «Che cosa è successo?», chinò il capo e morì.

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I due giovani, seduti dietro, furono estratti gravemente feriti e sanguinanti dalle lamiere contorte. Il giovane autista uscì quasi illeso con poche contusioni ed escoriazioni.

Trasportati ad uno degli ospedali di Palermo e controllati i loro documenti, si telefonò alle famiglie.

Il fatto straordinario e significativo è il sogno, che stava facendo, nel momento dell'incidente, una signorina di Castelbuono, Concetta Di Garbo, amica della famiglia Glorioso, che io intervistai in una seconda andata a Castelbuono nel maggio 1974.

La signorina Concetta Di Garbo stava sognando di camminare lungo il corso principale di Castelbuono per recarsi a casa di una sorella ammalata, quando incontrò una macchina, che si fermò dinanzi a lei.

L'autista la chiamò e le disse che nella macchina vi era Padre Pio. Infatti, aperto lo sportello, la signorina vide Padre Pio, che la invitò a sedersi a fianco a Lui e la interrogò: «Concetta, dove vai?».

Concetta: «Vado da mia sorella, che è molto malata». Padre Pio: «Vengo anch'io».

Giunta la macchina presso la casa dell'inferma, Padre Pio uscì e preceduto dalla ragazza, salì la scalinata, dirigendosi verso la camera dell'inferma, la benedisse e le posò la mano sulla parte malata. Poi andò ad affacciarsi alla finestra prospiciente la casa della famiglia Glorioso e disse a Concetta: «Chiama Marianna, perché deve venire con me. Su, grida, dille di fare presto, perché non posso aspettare».

Al grido di Concetta, si presentò sul balcone una donna vestita di nero con le lacrime agli occhi. Padre Pio vedendola, esclamò: «È la mamma! È Lilia!... povera mamma, quanto deve soffrire!...».

Dette queste parole, scomparve.

Concetta si svegliò di soprassalto, spaventata e madida di sudore. Non potendo ripigliare il sonno, scese dal letto, andò ad aprire la finestra della camera e, nel silenzio della notte, sentì grida e pianti. Si vestì in fretta, uscì di casa e si diresse verso l'abitazione dei Glorioso, da dove provenivano le grida. Qui apprese la notizia della morte di Marianna, avvenuta nello stesso tempo in cui faceva il fatidico sogno.

La signora Glorioso terminò il suo racconto con queste parole: «Padre Alberto, mi sorregge e mi conforta il pensiero che Padre Pio è venuto a prendersela e se l'ha portata in Paradiso. Marianna era tanto buona e comprensiva, sempre attenta a non arrecarci un dispiacere. Quella sera in cui chiesi a tutti i miei figli di accostarsi alla santa comunione, mi rispose che non era disposta, ma poi subito mi ubbidì. Dopo la funzione religiosa si mostrò la più contenta e la più felice di tutti. Il Signore la volle per sé e Padre Pio venne a prenderla».

La signorina Concetta Di Garbo, nella tarda mattinata si recò dalla sorella gravemente inferma, e quale non fu la sua sorpresa nel vederla molto migliorata!...

L'inferma le disse di sentirsi bene e che le erano scomparsi anche i dolori che la tormentavano e non la lasciavano riposare un'ora. Poi aggiunse: «Non ho mai riposato così tranquillamente, come questa notte. Ora sento appetito, dammi qualche cosa da mangiare».

Concetta le raccontò il sogno, la visita e la benedizione di Padre Pio e poi le comunicò la morte dell'amica Marianna, avvenuta mentre ella sognava.

Quindi, il miglioramento e la guarigione dell'inferma si devono all'intercessione di Padre Pio.

Qualche mese dopo questo misterioso avvenimento, Concetta accompagnò la sorella a Palermo e la fece ricoverare in un ospedale per controlli ed analisi.

Il risultato fu negativo. Non fu trovata alcuna traccia di malattia. Dopo due anni dalla guarigione, recatomi di nuovo a Castelbuono, volli vedere e intervistare la donna miracolata, la quale mi confermò quanto mi aveva narrato la sorella Concetta, assicurando di godere ottima salute, di essere aumentata di peso e di avere ripreso il suo lavoro e la sua attività,, senza avvertire alcun disturbo della malattia sofferta.

«Verrà a prendermi il 5 febbraio!»

Un pomeriggio del giugno 1973, ero sul sagrato di S. Maria delle Grazie a S. Giovanni Rotondo, quando una signora di Roma si avvicinò e mi disse:

«Padre, io sono una figlia spirituale di Padre Pio, sono venuta da Roma a ringraziarlo per la morte di mio marito».

Incuriosito dallo strano linguaggio della donna risposi: «Signora, lei desiderava la morte di suo marito, forse perché non lo amava più?».

La signora risentita, soggiunse: «Ma no, Padre, non è così, come pensa lei. Io ho sempre amato con tenerezza mio marito ed ho tanto sofferto per la sua morte. Mi ascolti. Mio marito era affetto da un tumore maligno. Soffriva molto, notte e giorno, senza tregua. Noi di famiglia ci prodigavamo per lui; pregavamo la Madonna per la sua guarigione e lo raccomandavamo all'intercessione di Padre Pio.

Un giorno, mio marito, dimesso dall'ospedale, perché incurabile, mentre era a letto in condizioni gravissime, cominciò a gridare: "Cacciate via quel frate... cacciate quel frate... mi dice di andare con lui... cacciatelo... non voglio andarci".

Io ed altre persone di famiglia, non vedendo in casa alcun frate, rispondemmo che non c'era nessuno.

Mio marito agitatissimo, continuava ad urlare: "Non lo vedete? eccolo ai piedi del letto... insiste di andare con lui, mandatelo via...".

Pensammo che delirasse e cercammo di rasserenarlo.

Dopo qualche minuto, calmatosi, disse: "È un frate cappuccino... ha la barba bianca... ora se ne sta andando... mi ha detto che verrà a prendermi il 5 febbraio".

Preoccupati, non sapevamo spiegare il mistero. Pensammo allora a Padre Pio, alla cui intercessione raccomandammo l'infermo. Gli presentammo una foto di Padre Pio e lo interrogammo se fosse il frate, che lo aveva invitato di andare con lui. Mio marito, vista la foto, esclamò: "Sì, è proprio lui".

Noi: "Ma questo frate è Padre Pio". Da quel momento cominciò la miglioria dell'infermo da sembrare quasi guarito. Per due mesi si sentì bene, usciva di casa, ogni mattina andava alla S. Messa in chiesa, si comunicava, pregava. Verso la fine di gennaio 1973 si aggravò improvvisamente. Questa volta era sereno. Pregava quasi ininterrottamente. Riceveva ogni giorno la santa comunione. Aspettava il ritorno di Padre Pio, che lo avrebbe accompagnato dinanzi al Signore. Il 5 febbraio 1973, Padre Pio, puntuale alla promessa, ritornò a prenderselo. Mio marito spirò serenamente col nome di Gesù sulle labbra. Ora sono venuta a sciogliere il mio voto. Sono venuta a ringraziare Padre Pio di avere assistito mio marito sul punto di morte».

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Un'immagine di Padre Pio sotto il cuscino

Il 30 novembre 1973 mi recai a Mistretta in Sicilia per la predicazione del novenario dell'Immacolata. Prima di andare nella Casa Canonica, il Parroco P. Longo Filadelfio mi accompagnò all'ospedale civile per benedire un ammalato grave. Entrato solo in una cameretta, trovai una giovane donna, che piangeva ai piedi del letto, su cui era disteso un uomo in gravissime condizioni. All'apparenza mi sembrava vecchio, ma in realtà era molto giovane, appena quarantenne. Chiesi alla donna il nome dell'infermo, mi disse: Antonio Indovino.

Mi avvicinai presso il letto e lo chiamai ad alta voce, ma non si scosse. Aveva l'aspetto cadaverico, le labbra bluastre, il respiro rantoloso.

Feci una preghiera, impartii l'assoluzione e la benedizione con l'indulgenza plenaria in articulo mortis, rivolsi parole di conforto alla giovane consorte e le diedi un'immaginetta di Padre Pio, pregandola di porla sotto il cuscino dell'infermo e dicendole:

«Padre Pio voglia assisterlo e intercedere per lui! Il Signore può fare tutto se vuole, può ridonare la guarigione e la salute a suo marito per i meriti e l'intercessione di Padre Pio... Noi, questa sera, nella Chiesa parrocchiale di S. Nicola, pregheremo tutti insieme per l'ammalato».

La donna prese l'immaginetta e la mise sotto il cuscino del marito, che non si accorse di nulla. Uscito dalla camera dell'infermo, trovai nel corridoio P. Longo con un medico, al quale rivolsi la parola per sapere notizie più dettagliate circa la malattia e le condizioni dell'infermo, che avevo visitato. Mi rispose: «Padre, il signore Indovino sta molto male, si trova in gravissime condizioni ed in pericolo di vita. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per strapparlo alla morte. Ora sta a Dio fare il resto».

Mi trattenni dieci giorni a Mistretta e in quei giorni l'infermo, sebbene in gravi condizioni, non morì. Dopo qualche mese, il Parroco P. Longo, in una lettera, mi comunicò la notizia che il signore Antonio Indovino, da me visitato nell'ospedale, era perfettamente guarito.

Esclamai:

«Dio sia benedetto! Il Signore nella sua bontà ha fatto il miracolo per fare conoscere, amare e glorificare Padre Pio».

L'anno seguente, precisamente nel maggio 1974, ritornai a Mistretta per preparare con un triduo di conferenze i Gruppi di preghiera all'acquisto del Giubileo. Avevo del tutto dimenticato l'infermo, guarito miracolosamente.

L'ultima sera il Parroco mi pregò di partecipare insieme ad altri due sacerdoti ad una visita presso una famiglia. Mi dettero la precedenza nel salire la scalinata.

Sul pianerottolo mi venne incontro un simpatico uomo, molto giovane, di bella presenza che, sorridente, mi invitò ad entrare.

Vidi nel centro della camera su un tavolo, coperto da una candida tovaglia, vassoi di dolciumi, bottiglie di liquori, bicchieri, tazze...

Pensai subito ad una festa di famiglia e domandai: «Fate festa? Per quale ricorrenza?...».

Il signore, che mi ricevette, sempre sorridente, rispose: «Sì, Padre, abbiamo organizzato una festicciuola per voi».

Io, stupito: «Per me? Io non vi conosco. Non vi ho mai visto...».

Il signore: «Padre, voi mi avete strappato dalla morte, mi avete guarito».

Sentendo questa asserzione, pensai subito ad uno scherzo e, risentito, rivolgendomi al Parroco ed ai Sacerdoti, dissi: «Mi avete preso in giro».

I Sacerdoti sorridevano di compiacenza. Non ancora mi rendevo conto dello scherzo. Allora il padrone di casa spiegò il motivo della festicciuola.

«L'anno scorso, disse, io ero gravemente malato nell'ospedale di Mistretta. Avevo perduto la conoscenza; mia moglie, quando migliorai, mi raccontò ciò che avvenne. Voi, accompagnato da P. Longo, siete venuto all'ospedale a visitarmi. Avete pregato, mi avete benedetto e poi avete fatto mettere sotto il cuscino un'immaginetta di Padre Pio. Da quel momento cominciò la miglioria. Ora, come vedete, sono perfettamente guarito. Sono stato due volte a Palermo per analisi e controlli: il risultato è stato sempre negativo, senza alcuna traccia della mia grave malattia. Sono aumentato di peso, ritornando al normale, ho ripreso il mio lavoro e sto benissimo. Dato che voi siete ritornato a Mistretta, in segno di gratitudine vi abbiamo organizzato questa piccola festa».

Indi, preso il portafoglio, estrasse l'immaginetta di Padre Pio e la mostrò: «Ecco, Padre, l'immaginetta miracolosa, che io porto sempre addosso».

Risposi: «Sì, è l'immaginetta che io diedi alla vostra consorte e feci mettere sotto il cuscino. Permettete, caro Antonio, di dirvi che non sono stato io che vi ho guarito, ma il Signore mediante l'intercessione di Padre Pio. Dovete ringraziare anzitutto il Signore poi Padre Pio. Raccogliete i documenti e le cartelle mediche della vostra malattia, della sua gravità e della vostra guarigione e portateli o spediteli a S. Giovanni Rotondo per la Causa di Beatificazione di Padre Pio. Anzi, farete bene, quando verrete nel continente, di arrivare anche a S. Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio presso la sua tomba»

Padre Pio con l'On. Aldo Moro (1968)

Padre Pio con l'On. Aldo Moro (1968)

«Padre Pio è stato buono con me»

Una mattina del settembre 1974 ero di turno per le confessioni delle donne nella Chiesa di S. Maria delle Grazie, quando si presentò dinanzi al confessionale una distinta signora, Giancarla M. di Milano, che mi disse:

«Padre, prima di confessarmi ho bisogno di parlarle. Debbo anzitutto dirle che io ho sempre avuto nell'animo una inspiegabile animosità contro Padre Pio e ne ho anche parlato male. Non so se Padre Pio vorrà perdonarmi».

«Signora, Padre Pio ha sempre perdonato e perdonerà anche lei. Perché ha avuto tanto risentimento contro Padre Pio? Forse ha ricevuto qualche sgarbatezza?».

«No. Non sono mai venuta a S. Giovanni Rotondo. Ora è la prima volta. Non so neppure io, perché abbia preso posizione contro Padre Pio. Forse, perché si parlava molto di lui, della sua santità, che per me era un rimprovero ed un richiamo. Invece di venire a conoscerlo, ne sentivo antipatia e ripugnanza».

«Signora, parlare male di una persona che non si conosce, è da stolto. Perché, ora che Padre Pio non c'è più, si è decisa di venire a S. Giovanni Rotondo?».

«Padre, non lo so. Anche questa mia venuta quassù, per me, è un mistero. Appartengo ad una famiglia benestante. Nella vita non mi è mancato nulla. Mi sono presa tutte le soddisfazioni, ma non ho mai goduto un giorno di pace. Ieri, litigai ancora una ennesima volta con mio marito, gridando che me ne sarei andata via. Infatti, uscita di casa, non sapendo dove andare, mi diressi alla stazione centrale. Dinanzi a me presso lo sportello vi erano alcune donne allegre e ciarliere che chiesero il biglietto per Foggia. Avvicinatami, l'impiegato mi chiese: "Signora, per dove?". In quel momento, ancora agitata, senza riflettere risposi: "Per Foggia". Mi recai ai marciapiedi e salii sul treno già pronto senza rivedere le donne che mi precedettero. Questa mattina, arrivata a Foggia, scesa dal treno, mi sono interrogata: "Che cosa sono venuta a fare a Foggia? Qui non conosco nessuno e non so dove andare. Ma sono diventata matta?..."

Mentre stavo così fantasticando, mi è passato dinanzi il gruppetto delle donne, che si dirigevano verso un pullman. Le ho seguite, sono salita anche io sul pullman, che mi ha portato a S. Giovanni Rotondo ed ora sono qui, nella Chiesa di Padre Pio. Mai avrei pensato di venire sul Gargano, di venire da Padre Pio. Questa mattina, entrando in Chiesa ho sentito tanta pace da sfogare in pianto. Sono scesa nella cripta, mi sono inginocchiata presso la tomba di Padre Pio, ho chiesto perdono, ho pianto e per la prima volta, dopo tanti anni, ho pregato.

Padre, ho bisogno di riconciliarmi con Dio. Da molti anni non entro in una chiesa».

La signora fece la sua confessione tra un profluvio di lacrime. Poi disse: «Padre, sono tanto contenta di essere venuta presso la tomba di Padre Pio: qui ho ritrovato Dio».

«Cara signora, ringrazi il Signore e Padre Pio di tanta bontà e benevolenza. Lei sentiva antipatia e animosità contro Padre Pio e il caro Padre sentiva pietà, tenerezza ed amore per la sua anima. Padre Pio è venuto a Milano, l'ha presa per mano e l'ha accompagnata nella sua dimora per ridonarle la serenità e la pace».

Signora: «Padre Pio è stato tanto buono con me. Mi ha ridonato la fede e Gesù; la serenità e la pace. Questo luogo è un lembo di Paradiso. Ritornerò altre volte insieme con la mia famiglia».

ALLA VIGILIA DELLA SUA MORTE

«Non lasciarmi solo!»

Un giorno di aprile del 1968, venne a trovarmi in convento l'amico Dr. Francesco Ricciardi, il quale mi disse:

«Padre Alberto, sono stato a S. Giovanni Rotondo per le feste della S. Pasqua, ho rivisto ed ho potuto avvicinare e scambiare poche parole con Padre Pio. Sono rimasto impressionato per le condizioni di salute in cui si è ridotto. Oltre a non poter più muoversi, è molto consumato dalle sofferenze e dall'estenuante lavoro delle confessioni. Penso che non duri a lungo. Sarebbe bene che lei gli fosse vicino».

Risposi: «Ho sempre desiderato di stare vicino a Padre Pio, che ho sempre amato sin dalla mia fanciullezza, ma non dipende da me. Sto pregando il Signore ogni mattina nella S. Messa, che mi faccia trovare presso il caro Padre negli ultimi giorni della sua vita terrena».

Il Signore infatti dispose, in un modo a me non gradito, sotto l'aspetto umano, ma provvidenziale, che nel maggio fossi trasferito nel convento di S. Giovanni Rotondo, dove trascorsi circa quattro mesi vicino al caro Padre. Ogni pomeriggio, dalle tredici alle quindici e mezzo, gli facevo compagnia sulla veranda insieme con alcuni confratelli addetti al turno di assistenza. Sono state le ore più belle fra i tanti incontri avuti con Padre Pio.

Ho potuto parlargli con calma tante e tante volte.

Un pomeriggio per circa un'ora rimasi solo col Padre. Era tormentato dall'asma bronchiale e da una tosse molesta. Io ero seduto a fianco, pronto a porgergli la sputacchiera.

Ci fu un momento, in cui ebbe ripetuti e violenti colpi di tosse, da sentirsi soffocato, fino a quando emise un abbondante e vischioso spurgo. Allora, sollevato, esclamò: «Non ne posso più! Signore, che cosa faccio più sulla terra... vienimi a prendere!...».

Mi ero alzato per andare a svuotare la sputacchiera, il Padre mi disse: «Dove vai? Non lasciarmi solo!».

Temeva la solitudine.

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