Uccelli Rapaci.
Notizie del giorno per documentarsi su ciò che accade nel mondo
Ti invitiamo a dedicare qualche minuto per aiutarci a capire meglio quanto soddisfiamo le tue esigenze! |
Dizionari Enciclopedia Storia Link utili La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo
in condizione di fare a meno di essa. |
Falco giocoliere (Terathopius ecaudatus) Elano dalle ali nere (Elanus melanopterus) Ittinia del mississippi (Ictinia mississippiensis) Nibbio nero o Nibbio bruno (Milvus migrans) Govinda (Hydroictinia govinda) Nibbio dalla coda di rondine (Nauclerus furcatus) Albanella reale (Circus cyaneus) Albanella pallida (Circus macrourus) Albanella cinerina o Albanella minore (Circus pyxargus) Falco di palude (Circus aeruginosus) Falco di palude maculato (Spilocircus jardini) Falco pecchiaiuolo (Pernis apivorus) Falco pecchiaiuolo col ciuffo (Pernis cristatus) Uccelli Rapaci VITA DEGLI ANIMALI - UCCELLI - RAPACIFALCO CALZATO o POIANA CALZATA (Buteo lagopus)Questa specie di poiana si distingue da tutte le altre per i tarsi che sono piumati come quelli delle aquile. Il suo becco è piccolo e stretto, fortemente ricurvo in forma di lungo uncino; le ali sono lunghe fino all'estremità della coda tondeggiante ed hanno la terza e la quarta remigante più lunghe delle altre. Nei colori del piumaggio si mescolano il bianco, il gialliccio, il rossastro e il bruno: la fronte è bianchiccia e sulle ali compare una striscia quasi nera all'estremità delle remiganti, mentre la coda è bianca con fasce nere ed ha l'estremità grigia. Sul petto del maschio e sul ventre della femmina compaiono delle macchie nero-brune, presenti anche sui calzoni, che hanno per colore fondamentale il giallo-ruggine o il bianco sfumato di grigio. Le indicazioni date riguardo alla colorazione del piumaggio hanno caratteri generali, poiché anche in questa specie l'abito va soggetto a differenze individuali. Per quanto riguarda le proporzioni, esse sono maggiori negli individui di sesso femminile e raggiungono in lunghezza i sessantacinque centimetri con un'apertura d'ali superiore al metro e mezzo. Il Falco Calzato vive nelle regioni dell'estremo nord europeo, e vi rappresenta l'uccello che è il prototipo della famiglia, la poiana, della quale discorreremo subito appresso. A parte la circostanza che esso colloca il nido sulle rupi anziché sugli alberi, le sue abitudini di vita coincidono con quelle della poiana, e se ne può pertanto rimandare la descrizione a quelle della specie seguente.POIANA (Buteo buteo)La Poiana propriamente detta, tipo della sua famiglia, è distinta dal becco piccolo e fortemente adunco, dai tarsi nudi e dalla coda non troppo lunga. La sua lunghezza è superiore ai sessanta centimetri, ventitré dei quali fanno parte della coda, e l'apertura alare sta sul metro e quaranta. Anche per essa è piuttosto difficile discorrere in linea generale della distribuzione dei colori: vi sono individui il cui piumaggio è uniformemente bruno scuro e che hanno la coda variamente fasciata, altri bruni solo sulla parte superiore, il petto e le cosce, mentre il resto del corpo è segnato da macchie trasversali sul fondo grigio; altri ancora sono bruno-chiari, striati longitudinalmente in tutto il corpo ad eccezione della coda e ve ne sono infine di giallastri con remiganti e timoniere più scure e variamente macchiati e fasciati in tutto il corpo. Il colorito dell'iride è grigiastro negli individui giovani e diviene con l'età dapprima rossiccio e poi decisamente grigio; i piedi e la cera sono gialli e il becco ha la radice azzurrognola e la punta nera. La Poiana abita la maggior parte dell'Europa e l'Asia centrale, stazionaria nelle regioni calde e migratrice nelle altre: in Italia è abituale durante tutto l'anno. Abbandona le zone fredde nel settembre e nell'ottobre, dirigendosi in branchi da venti a cento individui, che volano in formazione sparsa verso i climi più miti, e raggiunge talvolta anche l'Africa settentrionale: queste migrazioni sono condotte lentamente, con un volo tenuto a discreta altezza, e spesso interrotto da soste abbastanza prolungate. Nel marzo e all'inizio di aprile le poiane riprendono la via dei luoghi abituali, che sono i boschi alternati ai campi ed ai prati, nei quali è loro più facile trovare abbondanza di alimenti. Non è difficile riconoscere questo uccello per chi abbia l'occhio appena esercitato: posato sulle pietre o sugli alberi in posizione che gli consenta di dominare con lo sguardo una vasta zona circostante, esso si tiene su di un solo piede e raccoglie l'altro tra le piume del ventre, restando fermo anche per parecchie ore. Il volo è lento ma leggero, ondeggiante e silenzioso: di solito non raggiunge grandi altezze, e soltanto in primavera, durante l'epoca degli amori, lo porta ad elevarsi straordinariamente e a dare sorprendenti prove di abilità. La sua voce richiama il miagolìo del gatto, ed il primo dei suoi sensi è la vista, cui seguono, in ordine di perfezione, l'udito, il tatto e l'odorato. Quanto alle qualità intellettuali, solo superficialmente esse possono apparire mediocri: ad un attento esame, sia gli individui liberi che quelli in schiavitù forniscono frequenti prove di intelligenza e di astuzia. A primavera inoltrata, le poiane tornano al loro nido antico o ne costruiscono uno nuovo, per dare inizio all'opera di riproduzione. Scelgono normalmente gli alberi di conifere o quelli a foglie caduche, e sui loro rami ammonticchiano materiali di varia natura e grossezza: la costruzione ha circa sessanta centimetri di diametro e si presenta nella cavità interna, morbidamente tappezzata di muschio, crini di cavallo ed altre morbide sostanze. Al suo interno la femmina depone da tre a quattro uova di fondo verdiccio e sparse di macchie brune. A quanto pare, essa si occupa da sola della cova, mentre all'alimentazione dei piccoli concorrono entrambi i genitori.A suo tempo, parlando dei topi e delle loro abitudini, abbiamo detto come l'uomo sia impotente a porre riparo ai danni che essi producono, nonostante gli sforzi e le fatiche che vi pone: se non vi fossero uccelli e altri animali che si dedicano incessantemente alla distruzione di questi piccoli ma terribili predoni, i nostri raccolti sarebbero destinati ad andare completamente perduti. Tra gli animali che svolgono in questo senso un'attività altamente benefica, la Poiana occupa uno dei primi posti. Qualche cifra servirà a rendere più chiara la spiegazione: uno solo di questi uccelli arriva normalmente a divorare almeno trenta topi al giorno, il che significa che in un solo anno ne distrugge circa diecimila; e se supponiamo che una coppia di poiane metta al mondo tre figli all'anno, risulterà che cinque individui, in un distretto poco esteso, distruggono cinquantamila topi all'anno, cooperando così egregiamente a porre freno alla straordinaria velocità di propagazione dei roditori. Si capisce bene pertanto quali inestimabili vantaggi vengano all'uomo da questi rapaci, e come siano da condannare coloro che li perseguitano: seppure talvolta si possa loro rimproverare qualche ruberia tra gli uccelli utili, le lepri e le pernici, si tratta sempre di danni assolutamente irrisori a paragone dei vantaggi che recano. Oltre che i topi, la Poiana divora insetti e serpi, e dà una caccia accanita alla vipera comune. A quest'ultimo proposito, osservazioni molto interessanti sono state condotte da alcuni naturalisti che si sono serviti di soggetti in cattività. Il Lenz dice che, due giovani poiane da lui possedute, vennero una volta casualmente a contatto con una grossa biscia uscita dalla gabbia: appena videro il rettile, si precipitarono su di lui per ghermirlo, e senza badare ai suoi fischi disperati e alle fauci terribilmente aperte, una di esse lo afferrò nel mezzo del corpo. La serpe si avviticchiò allora così strettamente alle gambe dell'uccello, da costringerlo a sostenersi con le ali e con la coda per non cadere; ma esso non si sgomentò e a grandi colpi di becco forò la pelle della serpe e rapidamente lo ridusse in parecchi pezzi, divorandoli avidamente. In seguito lo stesso naturalista volle ripetere l'esperimento usando una vipera velenosa, ma commise l'errore di invitare allo spettacolo un gran numero di visitatori. Intimidita da tante presenze estranee, la Poiana, che già avvertiva la grande pericolosità del nuovo avversario, non ebbe coraggio di attaccarlo e si limitò ad emettere grida di spavento ed a drizzare violentemente le piume, arretrando con le ali spalancate. Era bellissima a vedersi mentre ad ali spiegate strideva, fissando la vipera che si avvoltolava fischiando e minacciava furiosamente di mordere. La lotta sospesa in quella occasione, fu ripresa due giorni più tardi alla presenza di poche persone. Questa volta l'uccello arruffò subito le piume, e persuaso della propria superiorità, si slanciò sul nemico ghermendolo alla metà del corpo. Avvertiva nettamente il pericolo, e teneva il capo alzato per sfuggire ai morsi velenosi: la vipera, avvolgendosi alle sue gambe, fischiava e morsicava furiosamente in tutte le direzioni, ma così ciecamente che i suoi morsi si perdevano tra le piume del corpo e delle ali rabbiosamente sbattenti. Ad un tratto la Poiana assestò con incredibile rapidità un colpo forte e misurato sul capo della vipera, spezzandolo. Il rettile si contorse negli spasimi dell'agonia, e la Poiana, dopo averne fissato attentamente i movimenti in attesa della morte, la inghiottì, incominciando dalla testa. Esperimenti di questo genere furono ulteriormente ripetuti e permisero tra l'altro di notare le straordinarie capacità di digestione di questi uccelli, che a distanza di tempo si limitano a vomitare in forma di pallottole le squame delle loro vittime, trattenendo nel corpo le ossa e i denti. Naturalmente, queste lotte accanite non sono sempre senza conseguenze: la vipera si difende con energia e non è raro che riesca a colpire l'uccello in qualche parte vitale, causandone la morte. Le poiane hanno un'alta capacità di resistenza al veleno, ma l'opinione che siano del tutto immuni ai suoi effetti non è che una favola. A questo proposito si può citare un episodio riferito da un guardiaboschi che, salito sopra un albero per impadronirsi del nido di una poiana, la trovò morta, e dopo averla sollevata, vide con spavento che all'interno del nido vi era una vipera vivente: probabilmente l'uccello l'aveva portata nel nido per divorarla ed era rimasto vittima di un suo morso. POIANA DELLE LOCUSTE (Poliornis rufipennis)E' un uccello piccolo e grazioso, con il becco lungo e relativamente robusto e ricurvo, cera molto sporgente, ali lunghe ed acute, coda anch'essa piuttosto lunga e gambe alte e deboli con piccole dita. Misura in lunghezza circa trentacinque centimetri, con ali di ventisette e coda di quindici. Il piumaggio è bianchiccio sulla fronte, cinerino sulle parti superiori e giallo-ruggine sulla testa, sulla nuca e sulle parti inferiori che sono ornate da macchie longitudinali più scure. La coda è cinerino-scura superiormente e orlata di bianco con fasce scure verso la punta, mentre sulle ali le penne remiganti sono di color ruggine e sulla punta nere con gli orli bianchi e il vessillo interno più chiaro. Il giallo vivo è il colore proprio dell'iride, della cera, delle redini che sono nude, e dei piedi: il becco è arancio alla radice e nero-corneo sulla punta. La Poiana delle Locuste vive nell'Africa centrale, frequente dappertutto e in modo particolare nelle pianure steppose. I suoi costumi stanno a metà tra quelli della poiana propriamente detta e quelli del gheppio: la si vede posata per lungo tempo sui rami che le permettono di spaziare intorno con lo sguardo, e da essi si solleva rapida ed elegante per soffermarsi su questo o quel luogo e finalmente piombare in basso per ghermire una locusta, insetto che sta alla base del suo nutrimento. Con l'inizio della siccità si allontana dalle steppe e si porta nelle zone del centro africano, nelle quali si riproduce.TESA (Poliornis tesa)Questa specie rappresenta la poiana delle locuste, indigena dell'Africa, nella Penisola indiana, ed in questa è diffusa quasi dovunque e sceglie a dimora i luoghi coltivati non meno delle foreste e delle aperte pianure. Il suo volo è piuttosto rapido e caratterizzato da un frequente battere di ali che lo avvicina molto a quello del gheppio: di solito esso si tiene a poca altezza o addirittura rasente il terreno, e non di rado il Tesa scende direttamente a terra per inseguire le sue prede. Dà la caccia, un po' correndo e un po' volando, ai topi, alle lucertole, ai piccoli serpenti, alle rane, ai crostacei e ai grossi insetti. Il suo nido è normalmente collocato sugli alberi, e nell'aprile o nel maggio la femmina vi depone quattro uova di colore generale bianco. Nella mole, nei colori e nel complesso dei suoi costumi il Tesa non si discosta dal suo affine africano.CARACOLERO (Rostrhamus hamatus)E' una delle poiane che vivono nell'America meridionale e si distingue dalle altre soprattutto per il becco molto basso e sottile, dotato di un uncino lungo e ricurvo. Ha forme più snelle, testa più piccola ed ali più lunghe delle sorelle europee e africane. Le ali sono strette e acute, la coda lunga e larga, le gambe deboli, i tarsi nudi e le lunghe dita fornite di unghie sottili e poco ricurve. La nostra specie in particolare, che è la più nota del gruppo, misura da quaranta a quarantatré centimetri di lunghezza, e ne ha fino a centocinque di apertura alare; le singole ali arrivano ai ventotto centimetri e la coda a sedici. Le piume sono uniformemente colorate di cinerino, che sulle scapolari e sul dorso si sfuma verso il bruno e sui calzoni è marginato di rossiccio; le copritrici superiori della coda sono bianche, quelle inferiori giallicce, le timoniere nella seconda metà sono nere con riflessi verdicci e bianche invece alla base. L'occhio è sanguigno, il becco nero, la cera, le redini, l'angolo della bocca, una parte della mascella inferiore e le gambe sono vivamente colorati di arancione. Il nome di questo uccello deriva dalla sua abitudine di cibarsi di lumache, ed è nato nell'isola di Cuba dal nome spagnolo, caracotas, di questi animaletti. Le sue zone di diffusione comprendono tutta l'America del Sud e sono di preferenza stabilite nelle steppe, nelle aperte pianure e lungo le rive dei laghi e delle paludi. Il Caracolero vive socievolmente in branchi numerosi di trenta e più individui che a volte si vedono riuniti in grandi quantità sugli stessi alberi. Com'è di tutti gli uccelli che vivono in comunità, non sempre riesce facile osservarli da vicino, poiché ciascuno di essi vigila alla sicurezza comune. Volano con grazia e facilità chiamandosi tra di loro attraverso acute strida, e, quando sono posati, assumono un portamento molto elegante. Al di fuori del periodo della riproduzione non si trattengono mai nella stessa zona, dedicandosi più volentieri a lunghe escursioni volte alla ricerca del cibo, che trovano specialmente tra i rettili, i pesci e gli insetti. Non perdono l'abitudine alla vita societaria nemmeno quando sono intenti alla riproduzione: nidificano in comune, incominciando nei primi mesi dell'anno e ponendo i loro nidi in gran numero sullo stesso albero o su alberi vicini.URUBITINGA (Hypomorphnus urubitinga)Questa specie segna il passaggio dalla famiglia delle poiane a quella dei falchi avvoltoi. Di mole molto grande, ha il becco proporzionalmente piccolo, ma lungo, alto, diritto alla base e poi curvo in un uncino di media lunghezza. Anche la testa è di grandi proporzioni, le ali e la coda sono lunghe, i tarsi molto alti e le dita deboli ma armate di unghie robuste e fortemente ricurve. Il piumaggio complessivo è folto, ma le redini, la regione oculare, le guance e la gola non sono che parzialmente ricoperte di piume setolose, mentre l'orlo delle palpebre è munito di ispide ciglia. La lunghezza dell'Urubitinga si aggira sui cinquantacinque centimetri, l'apertura alare sul metro e trenta e la coda sui ventitré centimetri: queste misure vanno leggermente maggiorate per gli individui di sesso femminile. Quanto al colorito, gli adulti sono generalmente nero-bruni, con le piume della nuca bianche alla base, quelle del dorso sfumate verso l'azzurro e quelle dei calzoni striate trasversalmente di chiaro. Sulle ali, le remiganti sono segnate da sottili fasce trasversali azzurrine, mentre sulla coda le timoniere mantengono il colore generale verso la base e in alcune fasce disposte verso l'estremità, e sono invece bianche nel mezzo e in uno stretto orlo esterno. Gli occhi sono di color giallastro, la cera, i piedi e la base della mascella inferiore sono gialli, mentre il resto del becco è nero-corneo. Negli individui giovani il colore generale è giallo o bruno tendente al giallo, con le piume del corpo segnate da larghe macchie scure alle punte e quelle delle ali e della coda fasciate e marginate di giallo. Anche l'Urubitinga è originario del Sud America, diffuso esclusivamente nei boschi e ai loro margini, in vista delle piantagioni e degli stagni. Viene considerata la più nobile e ardita delle poiane, disposta anche ad accettare per qualche tempo le beffe degli altri uccelli, ma pronta a vendicarsi ghermendoli ed uccidendoli. Si posa di preferenza sui rami inferiori e più grossi degli alberi; il suo volo è sostenuto e bello, e il grido limpido e acuto. Molte volte scende anche a terra, e qui caccia correndo i piccoli roditori, le lucertole, i serpenti, le lumache e le locuste. Secondo alcune opinioni, l'Urubitinga non rifiuta le spoglie degli animali morti: è fuori dubbio, comunque, che se ne serva soltanto per soddisfare la fame e a condizione che le carni non siano putrefatte. Il nido viene costruito su alberi alti e di difficile scalata, spesso lungo le rive dei fiumi. Il numero delle uova è normalmente di due, di fondo bianco con macchie e punti bruni o più o meno scuri. Si tratta di un uccello estremamente prudente e schivo della vicinanza dell'uomo, per cui è molto difficile sorprenderlo ed addirittura molto raro trovarlo in schiavitù.FALCHI AVVOLTOINell'America meridionale vivono uccelli rapaci la cui indole partecipa di quella dei falchi e degli avvoltoi, per cui a ragione vengono chiamati Falchi Avvoltoi. Di forme snelle, hanno ali brevi, coda lunga e larga, tarsi alti e sottili, unghie non molto ricurve ma acute, e il loro becco è relativamente lungo e appena ripiegato all'estremità in un breve uncino. Le redini ordinariamente sono nude e a volte anche la gola e la parte anteriore della fronte, mentre l'occhio è circondato di forti ciglia. In tutte le regioni del Sudamerica, dalla costa dell'Oceano fino alle Ande, è possibile imbattersi in questi uccelli che, per il loro numero e per i singolari costumi, sono destinati a sorprendere coloro che conoscono soltanto le specie che abitano le regioni europee. In un certo senso essi fanno le veci non solo degli avvoltoi, ma anche dei corvi, delle cornacchie e delle gazze, che sono assenti dalle loro zone di diffusione. Il Falco Avvoltoio si riconosce di lontano nel suo modo di volare, quasi sempre pigro e ondeggiante e sostenuto dalle ali e dalla coda, allargate in modo da assumere una forma quasi quadrata. Sul terreno si muove con lentezza ma non goffamente, e alcune specie mostrano di prediligere largamente i movimenti a terra a quelli del volo. Tra i suoi sensi il primo posto spetta alla vista; anche l'udito è ben sviluppato, e così pure l'olfatto, potenziato dalla costante umidità delle narici che in questo assomigliano a quelle degli avvoltoi; e tra i caratteri si viene componendo una sorta di miscuglio, al quale partecipano nella stessa misura l'ingenuità e la furberia impudente, la socievolezza e la intolleranza, con un risultato complessivo che non è possibile definire piacevole. Come del resto sgradito suona il suo grido penetrante e violento, che si fa sentire soprattutto quando l'uccello ha scoperto qualche ghiotto boccone e si appresta ad impadronirsene. Il nido viene posto sugli alberi o sul terreno, e le uova che vi si possono trovare, da due a sei per ciascuna covata, sono tondeggianti e macchiate: tanto il maschio che la femmina collaborano all'incubazione ed all'allevamento della prole. Quanto alle consuetudini in cattività, poi bisogna dire che non è facile trovare dei soggetti ridotti in questo stato, probabilmente perché nei luoghi originari l'uomo non ha nessuna ragione di apprezzarli e normalmente si rifiuta di averli per compagni e di dedicare loro delle cure.CHIMANGO (Milvago chimachina)E' una delle specie più diffuse nella famiglia dei falchi avvoltoi. Di forme snelle, con la testa di media grandezza, le ali lunghe e acute, la coda mediana e i tarsi sottili e alti parzialmente piumati, gli uccelli che ne fanno parte sono altresì forniti di un becco debole ed allungato che ha il breve uncino della mascella superiore sprovvisto di dente, la cera piuttosto estesa e le narici circondate da un orlo rilevato. La gola è scarsamente ricoperta di piume, mentre del tutto nudi sono le redini e lo spazio perioculare. Per quanto riguarda i colori, nell'individuo adulto prevale il bianco sporco, ma le ali, il dorso, la coda e una striscia che dall'occhio va fino all'occipite sono bruni e le ali sono inoltre segnate da una fascia trasversale chiara e da striature giallastre. Anche la coda sul fondo bianchiccio presenta delle strette fasce bruno-nere. E' difficile trovare un rapace che ammetta nella propria dieta una varietà di alimenti superiore a quella del Chimango: in fatto di cibo non conosce praticamente limiti, dal pane gettato tra le immondizie alle patate crude, dalle carcasse putrefatte ai vermi, le larve e gli insetti, dagli anfibi ai rettili e ai molluschi, tutto per lui è buono. Non è probabile che infastidisca i mammiferi e gli altri uccelli, ma questo non vuol dire che smentisca le abitudini ladresche della sua famiglia, perché è pronto ad arraffare tutto quello che trova vicino alle case e sulle are coloniche. L'uomo lo considera perciò, se non altamente dannoso, certo fastidioso ed importuno, anche perché le sue grida acute riescono assolutamente insopportabili.POIANA VULTURINA (Milvago australis)Morfologicamente simile al chimango, la Poiana Vulturina misura in lunghezza circa sessantacinque centimetri, ne ha quarantacinque di ala e quindici di coda. Il piumaggio degli individui adulti è di colore generale nero intenso, con striature longitudinali bianchicce sul collo, sul dorso e sul petto; i calzoni sono rosso-ruggine, la base delle remiganti e l'estremità delle timoniere si presentano bianche. I giovani si differenziano per l'assenza delle striature chiare sul collo e sul petto, sostituite da macchie rosso-ruggine, nonché per la coda nericcia e priva di estremità bianca. Il becco è corneo negli adulti e scuro nei giovani, i piedi rispettivamente aranciati e giallastri, mentre la cera è sempre di color arancio. L'America del Sud e specialmente le Isole Falkland costituiscono il centro dell'area di diffusione di questi rapaci, eccellenti corridori ma volatori mediocri, e inoltre molto sgradevoli a vedersi quando stanno posati o quando hanno appena terminato il pasto e il loro gozzo appare rigonfio e sporgente. L'indole delle poiane vulturine non si discosta dalle tradizionali linee della famiglia cui esse appartengono: sono uccelli noiosi e sfacciati, che scendono per le strade perlustrando i cortili e frugando tra ogni specie d'immondizia, seguono il cacciatore nella speranza di sottrargli le prede, assalgono gli animali feriti e incapaci di difendersi. Irrequieti e curiosi, si impadroniscono di tutto quello che riescono a trovare, anche se non si tratta di oggetti commestibili, per sfogare la loro indole ladresca. L'impudenza del loro carattere arriva alla sfacciataggine: si cita l'esempio di una poiana vulturina che giunse ad infastidire il cane addormentato di una nave da guerra, in sosta alle Isole Falkland. Non si rispettano neppure tra di loro, e sono continuamente in lite, ma la presenza di un uccello più grosso e più forte è sufficiente a far prevalere la loro vigliaccheria, inducendole ad allontanarsi velocemente. La loro voce gracchiante è simile a quella delle cornacchie, e per emetterla usano piegare la testa in alto all'indietro. Il loro cibo, oltre che di ogni sorta di ruberie, consiste in carni putrefatte e in avanzi raccolti lungo le spiagge marine. Quanto al nido, esso è di solito costruito tra le rocce del litorale e si compone di steli erbosi, rivestiti all'interno di lana: nella prima settimana di novembre si trova di solito la covata completa, formata da due o, eccezionalmente, da tre uova, rotonde, brune e segnate da linee più scure, variamente intrecciate.CARANCHO (Polyborus vulgaris)Gli individui di questa specie sono i più numerosi nella famiglia dei falchi avvoltoi; hanno forme snelle, ali lunghe e robuste, coda pure lunga, tarsi alti e sottili con dita brevi, munite di unghie aguzze e poco ricurve. Il becco è grande, alto, dritto alla base e lievemente uncinato all'apice, sprovvisto di dente nella mascella superiore; caratteristica è poi la quasi completa assenza di piume sulle redini, sul mento e sul gozzo. Il Carancho misura trentacinque centimetri in lunghezza, più di un metro e venti di apertura alare e diciassette-diciotto centimetri di coda. Il suo piumaggio è innanzitutto caratterizzato dal ciuffo erigibile, posto sull'alto del capo e, quanto ai colori, è nero bruniccio nel ciuffo, bruno scuro con striature trasversali bianche sul dorso e sui lati del petto, mentre il ventre, i calzoni e il groppone sono quasi uniformemente bruno-neri. Anche sulle ali prevale il colore bruno scuro, segnato da striature più chiare sul le grandi copritrici posteriori e sulle remiganti; sulla coda, le timoniere sono bianche con piccole fasce trasversali brunicce e un margine quasi nero e di maggiori proporzioni sulla punta. Le guance, il mento, la gola e la parte inferiore del collo, infine, sono bianchi o bianco-giallicci. Il colore dell'occhio è grigio o rossiccio; la cera, le redini e lo spazio perioculare sono brunicci, il becco azzurrognolo e il piede giallo-arancio. Tutti questi colori appaiono leggermente impalliditi negli individui di sesso femminile, che sono di proporzioni più grandi, mentre i giovani si presentano generalmente ancor più sbiaditi ed hanno le piume delle parti superiori marginate di chiaro e quelle del vertice tendenti al fulvo. La loro cera è rossiccia e le zampe grigiastre. In coppie e in stormi, questi rapaci abitano tutte le regioni piane dell'America meridionale, assenti dalle foreste vergini e dalle zone montuose, e molto frequenti invece in quelle palustri. Con passo sicuro avanzano dritti e alteri sul terreno, e volano con forte battere d'ali da un cespuglio all'altro, senza mai elevarsi troppo. Il ciuffo conferisce loro un aspetto maestoso e la loro ardita impudenza corrisponde alla maestà del loro sembiante. Dall'alba al tramonto questi uccelli sono continuamente in movimento ed è possibile udire la loro voce rauca e chioccia che ricorda lo sfregamento di due pezzi di legno: l'atteggiamento che il Carancho assume quando grida è singolare, perché tiene il capo ripiegato all'indietro fino a toccare il dorso. Dai suoni stridenti della sua voce gli è venuto il nome volgare di Traro. Anche all'interno degli stuoli le coppie vivono sempre assieme, e intensificano i loro rapporti con l'inizio del periodo della riproduzione; questo varia a seconda dei luoghi e coincide con l'autunno nel Paraguay e con la primavera nell'America centrale. Il nido, molto grande e piatto, composto di ramoscelli e rivestito all'interno con sottili radici, erbe e muschio, viene di solito collocato sugli alberi ad altezze variabili. Le uova sono due e sul fondo gialliccio presentano macchie brune o rossastre. I genitori allevano accuratamente i piccoli finché sono deboli, ma poi li respingono o quanto meno li trattano con indifferenza. Le osservazioni che possediamo sulle abitudini del Carancho in schiavitù non sono molte anche perché esso è piuttosto raro nelle collezioni europee. Si è potuto comunque notare che questi uccelli non si affezionano alle persone che ne hanno cura, e in generale ostentano il massimo distacco verso tutto ciò che li circonda. In realtà, a parte il loro aspetto eretto ed altero, non hanno nulla di attraente e non c'è da aspettarsi da loro la minima soddisfazione. Ordinariamente si cibano di carne pur senza rifiutare i vegetali; sono in grado di inghiottire grandissime quantità di cibo così come di resistere a lunghi digiuni: dell'acqua invece hanno un bisogno pressante e continuo.GANGA (Ibycter americanus)Di forme allungate e snelle, con la coda lunga e le ali che oltrepassano in posizione chiusa la metà della coda questi uccelli sono inoltre dotati di tarsi di media lunghezza, becco allungato ripiegato all'apice e munito di un debole uncino e di margini privi di denti. Le redini, le guance e la gola sono nude, ad eccezione delle parti anteriori delle prime che dietro la cera presentano poche setole disposte a raggiera. In lunghezza il Ganga misura circa cinquantacinque centimetri; ne ha quasi centocinque di apertura alare e la coda è sul ventitré centimetri. L'intero piumaggio è nero con lucentezza verde-metallica sul basso ventre, e nel colorito generale fanno spicco le cosce bianchissime. L'occhio è vivacemente colorato di rosso, mentre il celeste si diffonde sulla cera, agli angoli della bocca e sulla base della mascella inferiore; il becco è verdiccio la pelle nuda della parte anteriore della testa rosso-cinabro e i piedi sono aranciati. Nei giovani il colore generale è meno brillante, le singole penne sono marginate di bruno e di questo stesso colore sono pure gli occhi. Si può dire che questo rapace tenga nelle foreste vergini il posto occupato dal carancho nelle steppe e nelle pianure sudamericane. E' tutt'altro che frequente, e riesce difficile scorgerlo anche per la particolare natura dei luoghi che abita normalmente; a rivelarlo è quasi sempre il suo grido acutissimo e penetrante, e allora può accadere di vederlo isolato, in coppie o far parte di stormi che si riuniscono dopo il tempo della riproduzione. Vola di ramo in ramo mandando alte grida e fermandosi a riposare sugli alberi a grande altezza da terra. Il suo cibo abituale è costituito di api, vespe ed altri insetti di vario genere, ma secondo alcuni naturalisti la parte preponderante della sua alimentazione sarebbe formata dalle frutta e da diverse specie di bacche.SERPENTARISERPENTARIO o SEGRETARIO o SAGITTARIO (Sagittarius serpentarius)Una sola specie, caratterizzata da tratti assolutamente singolari che vietano di accostarla a qualsiasi altra, costituisce questa famiglia. I Serpentari hanno forme molto snelle, ali e coda lunghe, ma sono i piedi a distinguerli in modo peculiare, dotati come sono di tarsi sproporzionatamente lunghi, di dita brevi e di unghie non troppo lunghe e adunche ma robuste. Il collo è sottile, la testa piccola, larga e spianata al vertice, mentre il becco è breve, grosso e forte, piegato fin dalla base e dotato di margini dritti e affilati, privi di intaccatura o di denti; la cera raggiunge quasi la metà della mascella superiore e si stende lateralmente fin sotto l'occhio, e sul capo spicca un bellissimo ciuffo composto da dodici piume erigibili, disposte in fila l'una dietro l'altra. Nel colorito semplice ed elegante del Serpentario il tono fondamentale è azzurro chiaro, con il ciuffo, la sommità del capo, la nuca e le penne remiganti e timoniere neri e marginati di bianco sulla punta; il ventre è nero e grigio, i calzoni sono a fasce nere e brunicce. Qualche variazione rispetto a questi colori è presente nell'abito delle femmine, con il quale si identifica anche quello dei giovani: entrambi hanno piume generalmente più chiare, il ventre bianco, i calzoni bianchi e bruni e il ciuffo più breve. Nel variare del sesso e dell'età restano invece costanti i colori del becco, che è corneo scuro e nero all'apice; della cera che è giallastra; dei tarsi, aranciati, e dell'iride bruno-grigiastra. Per quanto riguarda le proporzioni, esse sono alquanto maggiori negli individui di sesso femminile; il Serpentario misura in lunghezza poco più di un metro, ha un'apertura alare di quasi due metri e i tarsi alti più di trenta centimetri. Diffuso in gran parte dell'Africa dalle regioni settentrionali fino a Città del Capo e dal Mar Rosso al Senegal, questo uccello singolare vive quasi esclusivamente nelle zone pianeggianti ed evita le foreste e le montagne. Questa tendenza si spiega facilmente, solo che si guardi alla sua particolare conformazione che lo rende soprattutto adatto a muoversi sul terreno. Gli alti tarsi, che esso adopera egregiamente, gli consentono di camminare meglio di qualsiasi altro rapace, di percorrere tratti di terreno anche estesissimi senza stancarsi e di rincorrere ad elevata velocità le prede che ha adocchiato: col corpo piegato in avanti corre velocissimo, mentre solo di rado si induce a levarsi in volo. Ha bisogno di prendere una rincorsa, e i movimenti nell'aria sembrano inizialmente impacciati e faticosi; quando è giunto ad una certa altezza, tuttavia, ondeggia con facilità per lunghi tratti, distendendo indietro i tarsi e protendendo il collo in avanti, con un atteggiamento che lo rende dissimile da tutti i suoi affini. Tenendosi normalmente in coppie, il Serpentario abita, come s'è accennato, le regioni steppose e pianeggianti: scorgerlo è tutt'altro che facile, poiché esso è normalmente celato dalle alte erbe della savana tra le quali si aggira in cerca di cibo, e può così succedere di vederselo scappare dalla distanza di pochi metri, senza prima essersi nemmeno accorti della sua presenza. Solo di rado si costituiscono dei branchi di questi uccelli, e la cosa avviene soprattutto allorché, prima della stagione piovosa, viene appiccato il fuoco alle erbe secche e l'incendio, propagandosi, respinge ai suoi margini un gran numero di animali, che i branchi di serpentari aspettano al varco per fare bottino nelle loro file.Il loro nutrimento, come del resto dice il nome che li distingue, è principalmente costituito dai rettili, ma non rifiutano altri vertebrati e molte specie di insetti. Si tratta di animali di grande voracità: nello stomaco di un solo esemplare furono una volta trovate ventun piccole tartarughe, undici lucertole, tre serpi e una imprecisata quantità di insetti, oltre ad una pallottola formata di squame di tartaruga, ossa di vertebrati ed ali d'insetti, che l'uccello si apprestava a vomitare. E' comunque certo che questa voracità, accompagnata da un alto grado di coraggio alimentato dalle naturali disposizioni dell'indole, si sfoga principalmente contro i serpenti, di cui il Serpentario è il nemico più accanito. Assale le specie più pericolose, inseguendole sul terreno ad una velocità tale che quasi sembra che non tocchi terra: quando il serpente si vede raggiunto, si ferma fischiando e gonfiando il collo, ma il Serpentario lo affronta spavaldamente, usando prima di tutto le ali a mo' di scudo ed anche per sconcertare, con i loro repentini movimenti, l'avversario. Gli saltella intorno incessantemente con l'evidente intenzione di distrarlo, di non permettergli di prevedere da quale posizione arriverà il colpo mortale; e intanto lascia che il serpente si sfoghi a colpirlo sulle penne, dove non ha alcuna possibilità di recargli dei danni. Al momento opportuno fa partire dagli artigli o dal becco un colpo che coglie il serpente sul cranio e lo uccide fulmineamente. La lotta può svolgersi, oltre che nel modo descritto, secondo diverse altre varianti, per cui il rettile viene sollevato da terra, portato a grandi altezze e lasciato cadere in modo da essere tramortito o addirittura ucciso dall'urto, può darsi ancora che il Serpentario sia sulle prime costretto a sfuggire ai morsi ben assestati del nemico facendo uso delle ali e compiendo balzi repentini, ma quel che è certo è comunque il risultato, e cioè la morte del serpente: anche se a volte, prima di cedere, esso riesca a ledere l'uccello in una zona vitale con il suo morso velenoso, non si salva, e gli manca il tempo di rallegrarsi per avere a sua volta ucciso il terribile avversario. Il periodo della riproduzione, che per il Serpentario si apre con i mesi di giugno e di luglio, incomincia con aspre lotte per il possesso della femmina, la quale, dopo essere stata scelta, aiuta il compagno nella costruzione del nido. Sulle cime degli alti cespugli oppure sui rami di alberi isolati si trovano di solito queste vaste costruzioni, formate di rami tenuti assieme da uno strato di argilla alla base e rivestiti nella cavità di lana vegetale, piume e altre morbide sostanze. Le coppie ne fanno uso per diversi anni di seguito, apportandovi di stagione in stagione modifiche e riparazioni, e li adoperano non solo per compiervi il ciclo della procreazione, ma anche per abitarvi. Le uova, due o tre, vengono deposte in agosto: sono grandi come quelle dell'oca, di forma tondeggiante e di colore bianchissimo, oppure sparse di puntini rossicci. La incubazione dura all'incirca sei settimane, ed i piccoli che ne escono, coperti di una bianca e soffice lanugine, sono impacciatissimi nei movimenti, incapaci di reggersi sulle gambe e bisognosi di cure assidue e prolungate. Devono trascorrere almeno sei mesi prima che essi siano in grado di abbandonare il nido. Dare la caccia a questi uccelli è estremamente difficile, come si comprende bene se solo si pensa alla loro abitudine di tenersi entro zone coperte di densa vegetazione erbosa che consente loro infinite possibilità di occultamento; il loro carattere è inoltre timidissimo, e li porta a sfuggire attentamente la vicinanza dell'uomo, cosicché, anche scoperti, si dànno a fuga precipitosa, levandosi in volo fino alle più grandi altezze. Le osservazioni fatte sugli individui catturati, in ogni modo, hanno permesso di constatare l'estrema facilità con cui essi si adattano alla schiavitù, affezionandosi al padrone divenendo in breve tempo amabili e domestici. E' spesso possibile indurli ad accompagnarsi agli altri animali da cortile, anche se occorre stare in guardia contro l'eventuale risorgere delle loro tendenze predatrici, che possono spingerli a compiere ruberie e stragi di pulcini. Esemplare di Serpentario (Sagittarius serpentarius) AVVOLTOIFanno parte di questa famiglia i più grandi tra i rapaci: la loro mole non è mai inferiore a quella di un'aquila di media grandezza. Strutturalmente sono robustissimi: il loro corpo è tarchiato tanto da apparire tozzo, il petto è larghissimo, il collo è medio e a volte molto lungo e la testa di varie misure. Il becco è sempre di grandi proporzioni, più alto che largo, e rettilineo fino all'apice della mascella superiore, ed appare ripiegato ad uncino. I suoi margini sono taglienti, e la cera occupa spesso un terzo, a volte addirittura la metà, dell'intera sua lunghezza; esso non è dotato di dente, e presenta invece, come quello delle aquile, una intaccatura sul margine della mascella superiore. In alcune specie, poi, vi si possono trovare delle escrescenze più o meno pronunciate che richiamano la forma di una cresta. Le ali degli Avvoltoi sono di notevole grandezza e la loro coda media e tondeggiante; i tarsi sono robusti, ma hanno dita deboli e unghie brevi, poco ricurve e ottuse, cosicché i piedi non possono essere usati per ghermire. I caratteri strutturali interni sono dal più al meno simili a quelli dei falchi: negli individui dal collo lungo il numero delle vertebre cervicali è naturalmente maggiore, e in generale le vertebre del coccige sono più larghe, lo sterno meno pronunciato e le ossa delle estremità inferiori più lunghe, mentre la faringe si allarga in un gozzo di grandi proporzioni che, riempito, sporge sul collo come un sacco; altrettanto grande è il ventriglio. Le facoltà degli Avvoltoi non sono tutte egualmente sviluppate, e per questo li si pone ad un gradino non troppo elevato entro l'ordine dei Rapaci, tuttavia non si può certo dire che nel complesso manchino di qualità ben sviluppate. Il loro fare pigro e trascurato, che li porta a muoversi senza grazia sul terreno tenendo le ali distanti dal corpo, ad assumere da fermi una posizione quasi accosciata e a volare con lentezza, non indica che essi non siano capaci di speditezza sia nel camminare che nel volo: benché meno rapidi e pronti dei falchi, essi percorrono rapidamente grandi distanze a terra, e nell'aria sono in grado di raggiungere altezze incredibili e di mantenersi apparentemente immobili per lunghissimi periodi di tempo nel corso dei quali, sfruttando abilmente le correnti, percorrono in realtà notevoli spazi. Né i loro sensi possono dirsi mediocri: la vista è eccellente, e pareggia quella dei più perfetti strumenti di cui si può servire l'occhio dell'uomo, l'udito è anch'esso molto sviluppato, e così l'olfatto, anche se non sembra giusto, per molteplici ragioni, convenire con la opinione che lo vorrebbe collocare addirittura al primo posto, mentre su di un gradino appena più basso vanno collocati il gusto e il tatto. Veramente mediocri sono soltanto le facoltà dell'intelligenza, che fanno degli Avvoltoi degli uccelli poco svegli, paurosi, irascibili e pronti ai litigi quanto scarsamente astuti e intraprendenti. Del resto, per comprendere a fondo i diversi tratti della loro indole basterà fermarsi a considerare i modi in cui sono soliti procurarsi gli alimenti. In questo senso, la qualifica di rapace non si attaglia del tutto perfettamente all'Avvoltoio, se in essa è riposto un significato fatto di ardimento e di violenza sensatamente calcolata. In realtà, l'Avvoltoio è estremamente pigro nell'assalire gli altri animali per ucciderli e cibarsene: preferisce cercare le occasioni più facili di nutrimento, raccogliere ciò che gli si para dinanzi piuttosto che dedicarsi alacremente ad una ricerca che inevitabilmente gli costerebbe fatica. Per questo i pasti che preferisce sono quelli che consuma sulle carcasse degli animali morti e putrefatti, o tra i miseri avanzi che riesce a raccogliere frugando nelle immondizie. Non che in queste incombenze non rientri, al meno in certa misura, la necessità di faticare, magari di lottare aspramente contro i suoi simili o contro alcune specie affini: ma questi sono accidenti inevitabili, della cui esistenza si può essere certi che l'Avvoltoio sarebbe ben lieto di non doversi occupare, e che comunque non limitano la misura pregiudiziale della sua pigrizia, della sua assenza di iniziativa e di alacrità. Per dare un'idea precisa dei costumi di questi uccelli credo sia utile riportare per il lettore la descrizione che io stesso ho desunto dagli spettacoli che ho visto svolgersi sotto i miei occhi. Portiamoci ai bordi del deserto africano per assistere all'agonia dolente di un cammello ucciso dalle fatiche del viaggio e dal caldo. Il cammelliere ha fatto quanto gli era possibile per salvare la sua bestia preziosa: alla fine ha dovuto acconciarsi ad abbandonarla, senza toccarla perché la sua religione gli vieta tassativamente di servirsi in qualsiasi modo delle cose morte e degli animali che non siano stati uccisi secondo certe precise formalità. Così la carcassa del cammello resta a decomporsi all'ultimo sole della sera, e nessuno le si accosta, nemmeno le iene, nel corso della notte. Allo spuntare dell'alba, dai cocuzzoli circostanti si affacciano i corvi: spiando alacremente i dintorni, il loro sguardo si fissa sul cadavere del cammello ed immediatamente essi chiamano a raccolta i compagni e si precipitano a frotte sul lauto banchetto. Ad essi si aggiungono via via altri commensali, e sono i nibbi, i capovaccai, qualche aquila e parecchie cicogne. Ma è solo più tardi, nelle ore avanzate del mattino, che sulla scena fanno la loro comparsa i personaggi più importanti: gli Avvoltoi prolungano per quanto è loro possibile le ore del riposo, e finalmente si decidono a intraprendere pigramente le loro perlustrazioni in cerca di cibo girano lentamente nell'aria, l'uno vicino all'altro, e non passa molto tempo perché al loro occhio infallibile compaia la scena selvaggia del banchetto che si sta svolgendo sotto di loro.Eccoli allora puntare decisamente a terra: si lasciano cadere a corpo morto, ad una tale velocità che finirebbero per sfracellarsi se non aprissero improvvisamente le ali per parare l'urto e cambiare direzione. Uno dopo l'altro, con un lieve fruscio, gli Avvoltoi sono a terra e si precipitano verso la preda, incominciando il loro perfetto, sistematico lavoro di distruzione. E' qui che la loro ingordigia si manifesta appieno: i rapaci più piccoli che avevano fino a quel momento approfittato della loro assenza sono scacciati a grandi colpi di becco, in una lotta furiosa nella quale non hanno alcuna probabilità di successo. Il campo è libero per gli Avvoltoi. Con precisione, metodicamente, essi vengono spogliando la carcassa di ognuna delle sue parti commestibili, all'insegna di una ingordigia che si arresta solo dinanzi alla sparizione di ogni traccia di cibo. Anche tra di loro non cessano di tormentarsi, disputandosi i bocconi migliori, e i più deboli sono costretti a retrocedere: quanto ai primi commensali, quelli che han dovuto sgombrare al loro arrivo, non se ne vanno, restano nei dintorni sperando di cogliere al volo qualche pezzetto di carne, oppure si alzano in volo e precipitano improvvisamente sul cadavere strappandone dei brandelli e fuggendo a tutta velocità per sottrarsi alle ire dei padroni del campo. E' una scena selvaggia e crudele, nel corso della quale la società degli Avvoltoi spaccia in brevissimo tempo la carcassa dello sfortunato cammello. Quando il pasto è terminato, i grandi uccelli si allontanano quasi a malincuore per grande che sia stata la quantità di cibo che sono riusciti ad ingurgitare. Non è sempre così facile, per gli Avvoltoi riuscire a soddisfare l'ingordigia dalla quale sono perennemente posseduti. Spesso, nelle selvagge regioni che essi abitano vivono altri animali e uccelli pronti a disputar loro fino allo stremo delle energie qualsiasi boccone: cani selvatici e marabù, robustissimi uccelli della famiglia delle cicogne, sono tutt'altro che disposti a sgombrare di fronte al loro arrivo, quando abbiano scoperto un pasto succulento, e allora si verificano lotte estenuanti e violente. Ad ogni modo gli Avvoltoi non si arrestano dinanzi ad alcuna difficoltà, né mostrano di possedere preferenze riguardo al tipo di cadavere cui dedicarsi. Quelli umani, per esempio, per loro vanno benissimo, e sono ben lieti dell'usanza indiana che vuole si proceda ad una sommaria cremazione dei defunti ed alla loro successiva immersione nelle acque dei grandi fiumi. Ritti sui corpi trasportati dalla corrente, usano le ali a modo di agili vele e lavorano ferocemente di becco, straziando i corpi dei disgraziati indiani. Finito il pasto, gli uccelli non si discostano dai luoghi in cui lo hanno consumato, anche perché sono a tal punto appesantiti che qualsiasi movimento costa loro una grande fatica. Dopo aver incominciato la digestione si accostano alle acque dei fiumi o dei laghi per dissetarsi e per pulirsi di tutte le scorie fermatesi sul loro corpo nel corso del sanguinario banchetto; gli Avvoltoi hanno bisogno di notevoli quantità d'acqua, appunto per dissetarsi e lavarsi, e al termine di queste operazioni vanno a fermarsi al sole, con le ali spalancate perché il sole asciughi le loro piume, oppure sdraiati a terra come sogliono fare gli uccelli corridori e natatori, e trascorrono alcune ore in riposo, disponendosi nel pomeriggio inoltrato a riprendere la via delle sedi notturne preferite, alberi e nude rocce cui sia particolarmente difficile accedere. Se si vedono inseguiti a breve distanza dalla consumazione del pasto, consapevoli dell'appesantimento che deriva dall'eccesso di alimentazione, si affrettano a vomitare quanto hanno ingurgitato, salvo a ritornare in un momento di calma maggiore a riprendersi ciò che han dovuto abbandonare. Un tipo di nutrizione come quella degli Avvoltoi spiega la ragione per la quale questi uccelli non possono vivere che in zone calde, o quanto meno prossime alle zone temperate: le zone fredde esigono dai loro abitanti un'attività incessante per procacciarsi il cibo, mentre quelle meridionali offrono alla loro pigrizia occasioni enormemente più frequenti. Diffusi in tutti i Continenti con l'eccezione dell'Australia, gli Avvoltoi si tengono perciò sempre nelle loro regioni meno fredde. Scelgono a dimora le pianure come le vette montane più eccelse, dal momento che, come sappiamo, sono in grado di salire alle altezze maggiori senza risentire alcuna conseguenza delle variazioni della pressione atmosferica, e sono continuamente in movimento da un distretto all'altro, legati ad un luogo determinato soltanto nel periodo della riproduzione e per il resto costantemente mobili, guidati dall'istinto alla ricerca del cibo in voli interminabili che, nonostante l'apparente lentezza, consentono loro di coprire enormi distanze. E' molto raro che sfuggano la vicinanza dell'uomo: quasi tutte le specie non lo temono, ed anzi molte si aggirano tranquillamente tra le sue abitazioni, facendo anche qui incetta di cibo. La presenza degli Avvoltoi è una delle caratteristiche delle città e dei villaggi asiatici ed africani, mentre è più difficile che in Sudamerica essi frequentino i luoghi abitati. Nidificano prima che abbia inizio la primavera dei rispettivi paesi in cui vivono; in Europa quindi nei primi mesi dell'anno. Per costruire il nido scelgono pareti rocciose, alberi o terreno a seconda della specie, e quasi tutti formano delle colonie radunate entro brevi perimetri. Quand'è costruito sugli alberi, il nido presenta una certa accuratezza di fattura, del tutto assente invece quando sia posto nelle spaccature delle rocce o a terra: di solito vi si riconoscono tre strati, il primo dei quali composto di rami grossi quanto un braccio, il secondo intessuto di materiali più sottili, e l'ultimo formato di ramoscelli e radici mescolati a peli animali destinati a rendere soffice la cavità interna. La covata consta di una o due uova di forma rotonda e di colore generalmente grigiastro o gialliccio, segnate con punti, macchie, ghirigori di colore più scuro, ed all'incubazione si dedicano entrambi i genitori per un periodo di tempo che comprende parecchie settimane. Del pari lungo è il tempo necessario perché i piccoli, che escono dall'uovo coperti da soffice peluria e assolutamente impacciati e goffi nei movimenti, riescano a rendersi indipendenti: i genitori hanno il loro da fare per tenere testa alla voracità dei figli, cui in principio danno per cibo sostanze animali ammorbidite nel gozzo e poi, via via, alimenti sempre più sostanziosi, e devono preoccuparsi di loro per parecchie settimane anche dopo che hanno appreso a volare. D'altra parte, non appena il giovane Avvoltoio abbia acquistato il senso della propria indipendenza, smette ogni vincolo di parentela con i genitori, e alla vista di un cadavere essi non sono per lui che dei rivali qualsiasi. I rapporti degli Avvoltoi con gli altri uccelli e alcune specie di animali sono improntati ad una reciproca avversione dalla quale i primi, comunque non hanno gran che da temere: in certo senso sono più noiosi i parassiti che si annidano tra le loro piume dei rapaci minori che ogni tanto li infastidiscono, ma hanno ben poche probabilità di successo contro avversari così robusti e corpulenti. Più pericolosi, come abbiamo già detto, sono i cani selvatici e i marabù; essi disputano loro accanitamente le carcasse degli animali, ma certo anche da questi nemici gli Avvoltoi sono in grado di difendersi con successo in qualsiasi occasione. Per quel che riguarda l'uomo, in generale esso non si occupa gran che di questi grossi rapaci, che gli producono dei danni abbastanza limitati rubando a volte qualche animale utile o domestico; a parte le usanze di certe zone, come l'India, nelle quali l'Avvoltoio è addirittura guardato con ammirazione e rispetto perché libera villaggi e contrade dalle carni putrefatte che potrebbero provocare l'insorgere di epidemie, gli uomini sembrano soprattutto portati a considerare scostanti questi uccelli, e, se si considerano le loro abitudini di vita, un atteggiamento di questo genere appare abbastanza logico. Non mancano tuttavia gli esemplari tenuti in cattività, sia per ragioni di curiosità, sia per ragioni di informazione o di studio; e sono, in genere, esseri tranquilli e rapidamente disposti ad avvezzarsi alla triste novità della loro condizione, affettuosi verso il padrone, parchi nel cibo e tolleranti delle più pericolose variazioni di clima, nonché dell'insolita vita alla quale sono stati condannati. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
![]() |
Copyright (c) 2002 - 05 Giu. 2025 10:57:03 am trapaninfo.it home disclaim |
Ultima modifica : 02/04/2025 21:44:45