Mammiferi Sdentati.

Armadillo dalle sei fasce

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Introduzione

Bradipi

Uano (Choloepus didactylus)

Bradipo tridattilo o Ai (Bradypus tridactylus) Un bradipo

Dasipodi

Armadillo setoloso o Tatupaga dei quarani (Euphractus setosus)

Apar o Matako o Bolita degli spagnoli (Tolypeutes mataca)

Armadillo gigante (Priodontes giganteus)

Clamidoforo troncato o Talpa cingolata o Armadillo topo (Chlamydophorus truncatus)

Formichieri

Yurumi (Myrmecophaga jubata)

Cuguare formichiere tridattilo (Tamandua tridactyla)

Formichiere didattilo (Cyclopes didactylus)

Armadillo dalle sei fasce (Euphractus sexcintus)

Un Pichi, specie di piccolo armadillo

Esemplare di tamandua

Mammiferi sdentati

Mammiferi sdentati parte 0 Mammiferi sdentati parte 01

Introduzione Bradipi Uano (Choloepus didactylus) Bradipo Tridattilo o Ai (Bradypus tridactylus) Dasipodi

Introduzione Bradipi Uano (Choloepus didactylus) Bradipo Tridattilo o Ai (Bradypus tridactylus) Un Bradipo Dasipodi Armadillo Setoloso o Tatupaga dei Quarani (Euphractus setosus) Apar o Matako o Bolita degli Spagnoli (Tolypeutes mataca) Armadillo Gigante (Priodontes giganteus) Clamidoforo Troncato o Talpa Cingolata o Armadillo Topo (Chlamydophorus truncatus) Formichieri Yurumi (Myrmecophaga jubata) Cuguare formichiere tridattilo (Tamandua tridactyla) Formichiere didattilo (Cyclopes didactylus) Armadillo dalle sei fasce (Euphractus sexcintus) Un Pichi, specie di piccolo armadillo Esemplare di tamandua

Yurumi (Myrmecophaga jubata) Cuguare Formichiere Tridattilo (Tamandua tridactyla) Formichiere Didattilo (Cyclopes didactylus)

Altri animali

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VITA DEGLI ANIMALI - MAMMIFERI - SDENTATI

INTRODUZIONE

Riuniamo in questa schiera con valore di ordine un piccolo numero di animali notevolissimi di non facile classificazione. La maggior parte dei naturalisti li considera un ordine di mammiferi rosicanti. Non è detto che essi abbiano completamente ragione; quello che è certo è che i Tardigradi o Sdentati sono diversi da tutti gli altri mammiferi; perciò non se ne può dare assolutamente una classificazione. Tra le diverse famiglie, grandi sono le differenze dei caratteri generali: il solo dato che li accomuna è la quasi totale mancanza di denti. Fra gli Sdentati si trovano dei mammiferi che non presentano neppure la traccia di un dente; altri, che invece hanno denti, mancano degli incisivi e dei canini e non hanno che molari. Possiedono alcuni denti, che, essendo piantati nella mandibola potrebbero essere considerati come canini, se non nella forma e nella struttura si accordano perfettamente con i molari. In alcuni casi gli Sdentati presentano dei canini che si distinguono dai molari soltanto per la loro maggiore lunghezza e i molari hanno una forma cilindrica o prismatica; sono di avorio e di cemento senza smalto; in una famiglia si trovano corpi fibrosi o cartilaginosi, posati sull'osso della mandibola. Il numero dei denti varia tra due e ventisei per fila. In questi animali, privi, o quasi, di denti, le unghie sono sviluppate moltissimo. Le dita, non del tutto libere, hanno delle unghie che circondano l'estremità del dito e sono ben distinte dagli artigli; esse possono essere lunghe, ricurve, schiacciate lateralmente, oppure corte, sottili, adatte all'arrampicare e allo scavare. Questi i caratteri generali; nel resto del corpo la varietà tra famiglie è maggiore di quella che esiste fra tutti gli altri mammiferi presi insieme. In alcuni la testa è accorciata, prolungata in altri; in certi esemplari è tanto larga quanto alta, in altri è a forma cilindrica. Alcuni sono privi di coda, mentre in certuni la coda comprende il maggior numero di vertebre: circa 46. Anche lo scheletro presenta caratteri diversi: alla mandibola manca, talora, il mento, oppure questo si presenta come un vero becco di uccello. Le vertebre sacrali sono saldate con il bacino; il numero delle vertebre dorsali è altissimo. La clavicola è doppia; alcune appendici delle ossa delle estremità sono molto sviluppate, mentre le articolazioni delle dita diminuiscono.

Tutto lo scheletro sembra indicare, con la sua massiccia robustezza, animali dai movimenti lenti e sgarbati. Quanto al pelame, esso è assai vario: morbido e fitto negli uni, irto e ruvido in altri. Questi sono coperti di aculei, quelli di squame, alcuni, infine, sono avvolti in grandi e fitte corazze. In questi strani animali tutto è strano; persino gli apparati digerenti, il sistema vascolare e l'apparato riproduttivo. Le ghiandole salivari sono assai sviluppate, lo stomaco è diviso come nei ruminanti. Alcune arterie principali del sistema vascolare sono divise in molti minuscoli rami che formano le cosiddette reti mirabili. L'apparato riproduttivo è nascosto nell'intestino retto come negli uccelli. La mole degli Sdentati varia moltissimo ed è andata via via riducendosi attraverso i secoli; gli scheletri fossili hanno le proporzioni di un grosso elefante, mentre gli esemplari viventi hanno spesso la mole di un topo. Questi animali abitano nelle regioni tropicali. Rispetto al modo di vivere e alla alimentazione essi si distinguono molto fra loro.

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BRADIPI

Formano l'unica famiglia di quest'ordine e conservano intatte le caratteristiche dei mammiferi. Sono esseri inferiori, ottusi e tardi. Le membra anteriori sono molto più lunghe di quelle posteriori; i piedi, informi, sono forniti di potenti unghie falciformi; il collo, abbastanza lungo, sorregge un capo tondo, scimmiesco, con una piccola bocca chiusa da labbra piuttosto dure: hanno le orecchie quasi nascoste dal pelame; la coda è un moncone, i piedi si fanno via via lunghi e ruvidi. La struttura della loro colonna vertebrale è assai strana: il collo è formato di nove e anche dieci vertebre; il dorso ne può contare da quattordici a ventiquattro. La dentatura consiste in cinque molari cilindrici per fila, il primo dei quali ha qualche volta la forma di un canino; per lo più quattro denti soltanto si trovano sulla mandibola inferiore. I denti consistono in una materia ossea, rivestita da un sottile strato di smalto; assomigliano più a delle punte cornee che a dei veri denti. Lo stomaco ha la forma di una mezzaluna allungata, divisa in due parti uguali fra le quali passa l'esofago di cui la metà destra è più piccola e attorcigliata, mentre quella sinistra è divisa in tre cavità. Cuore, fegato e milza sono piccolissimi. Le arterie nelle braccia e nelle cosce si riducono in reti meravigliose. Anche la trachea è conformata irregolarmente: talora è talmente lunga da volgersi nella cavità pettorale. Il cervello, piccolo e con scarse circonvoluzioni, attesta le ristrette facoltà intellettuali della schiera. I Bradipi abitano l'America meridionale e popolano le immense foreste. Più queste sono ombrose, oscure, solitarie, più fitte sono le cime degli alberi, più sono ricercate da questi esseri strani. I Bradipi sono animali arboricoli: passano fra gli alberi quasi strisciando da un ramo all'altro. Questi pigri ed ottusi animali hanno un modo di vivere monotono; si arrampicano con una certa sveltezza, se ciò si vuole paragonare al loro modo di camminare. I formidabili unghioni di cui sono forniti permettono loro di sostenersi saldamente ai rami; con il corpo penzoloni all'ingiù, abbrancati ai rami superiori, si spingono comodamente da un ramo all'altro. Spesso trascorrono tutto il giorno e perfino la notte nella più assoluta immobilità e con il corpo sospeso nell'aria.

Generalmente, verso sera si animano e si mostrano alquanto più attivi quando debbono mangiare. Il loro cibo consiste in gemme, rampolli teneri e frutta. Si dissetano con la rugiada delle foglie. La loro indolenza si manifesta anche nel modo di comportarsi davanti al nutrimento: infatti, non solo si accontentano di tutto, ma sono capaci di stare giorni e giorni senza mangiare o bere per non stancarsi troppo a cercarlo. Finché possono trovare il loro cibo su di un albero, non si spostano: soltanto quando non vi è più nulla si decidono ad emigrare. Allora scendono lentamente, si abbrancano ad un ramo dell'albero più vicino e vi si stabiliscono. Uno spazio ristrettissimo è loro sufficiente per vivere: con le lunghissime braccia attirano a sé i rami lontani e ne staccano le foglie ed i frutti. Il lungo collo giova loro per mangiare le foglie dei rami attraverso i quali devono passare per muoversi. La grande inferiorità dei loro organi permette loro il lungo digiuno come una grande ingestione di cibo; infatti, quanto più un animale è sviluppato, tanto più procedono regolarmente le sue funzioni.

Si dice che i Bradipi scendano talvolta per dissetarsi fino ai fiumi, nonostante sia loro sufficiente la rugiada delle foglie, ma ciò non è stato ancora accertato e d'altra parte contrasta evidentemente con la loro natura pigra. A terra i Bradipi si trovano a disagio. Camminano trascinando il loro goffo corpo e procedono lentamente, muovendo le zampe in circolo; il ventre striscia sul suolo e la testa e il collo si muovono da una parte e dall'altra; le dita dei piedi sono rialzate e le unghie ripiegate all'indietro. Il piede poggia, quindi, con il margine, rendendo lento l'incedere. Sembra che il Bradipo abbia coscienza di questa sua inferiorità sul suolo e, se è sorpreso durante il cammino, drizza il collo e muove in semicircolo un arto anteriore come se volesse ghermire il nemico.

Esso è capace di salvarsi dall'acqua, quando vi cade: infatti, drizza il lungo collo e nuota velocemente più di quando procede nell'arrampicarsi. Il nome di tardigrado si deve quindi attribuire all'animale soltanto quando cammina. Si calcola che il Bradipo salga di 2 metri ogni minuto. E' veramente interessante osservare la sua prudenza nell'arrampicarsi: poco fidandosi dei suoi robusti unghioni, esamina prima accuratamente ogni ramo ed ogni sporgenza della corteccia per assicurarsi che tutto sia in ordine. Può aggrapparsi ad un ramo superiore con un piede e se ne lascia penzolare; ma non gli accade mai di distaccare un'estremità prima di aver trovato per essa un altro appoggio sicuro. E' ben difficile riuscire a staccare un bradipo da un ramo. Un indiano che accompagnò Schönburgk racconta che non fu possibile impadronirsi di un bradipo tridattilo sospeso ad un ramo per una sola unghia, finché non gli furono legati i due piedi anteriori, unica sua difesa. Per dormire o per riposare il Bradipo prende lo stesso atteggiamento: così se ne sta giorno e notte senza staccarsi, senza mutar sito. Questo animale risente vivamente l'umidità ed il freddo. Si ripara dalla pioggia, fuggendo sotto il fogliame più folto, con tanta sveltezza quanta gliene permette il suo pigro incedere; nelle giornate piovose sta appeso per giorni interi sempre nello stesso posto. Raramente fa udire la sua voce che assomiglia ad un urlo prolungato, con tono acuto e straziante, ma durante il giorno esso manda soltanto dei profondi sospiri. L'intelligenza di questo animale è assai scarsa; anche i sensi sono quanto mai ottusi e fra essi la vista sembra essere la più imperfetta. L'udito non può essere buono, se si considera che l'orecchio, molto piccolo, è situato nel folto del pelame. L'olfatto non presenta una particolare acutezza. Riguardo alle facoltà intellettuali, come già abbiamo detto, sono limitate ad un istinto naturale e niente altro. I Bradipi non riconoscono altro oggetto se non le foglie che mangiano e gli alberi su cui crescono tali foglie. Non sentono né amore né odio per altri individui della loro stessa specie, né inimicizia per quelli di specie diversa. Non conoscono il timore, ma non hanno coraggio; non sono capaci né di gioia né di malinconia. Questo animale mette alla luce un unico figlio: esso nasce con unghie e dita ben sviluppate e con queste si attacca al collo della madre, che si muove portandoselo dietro così aggrappato.

Dapprima sembra che la madre nutra una certa tenerezza verso il piccolo; ma ben presto lo trascura e a malapena gli procura il cibo; permette perfino che le venga strappato dal petto. Essa lo riconosce solo toccandolo. La straordinaria lentezza del Bradipo si manifesta soprattutto quando è maltrattato o ferito. Valenti naturalisti assicurano che esso è il più insensibile dei mammiferi ai maltrattamenti. Spesso resiste per giorni e settimane senza mangiare. Sopporta spaventose ferite con la massima indifferenza. Colpito da una scarica di piombo, è capace di non cambiare neppure posizione. La sua straordinaria capacità vitale si manifesta nella resistenza al terribile «curaro» degli indiani. Infatti, mentre una goccia di questo in una ferita uccide un giaguaro in due o tre minuti, una quantità doppia viene sopportata dal Bradipo per un quarto d'ora. Questo inerme animale non ha molti nemici. Può venire insidiato nella sua vita arboricola da grossi serpenti. Del resto, sull'albero non è facile sopraffarlo e, se viene aggredito stando a terra, si getta coricato sul dorso ed afferra l'avversario con gli unghioni, stringendolo a sé in modo da togliergli la vista, l'udito e la possibilità di muoversi. La forza delle estremità anteriori di questo mammifero è veramente straordinaria: tre uomini non riescono a staccarlo dall'albero cui si aggrappa.

Nessuna notizia certa si ha della vita in schiavitù del Bradipo. Buffon narra che il marchese di Montomirail comprò ad Amsterdam un bradipo che si era nutrito di foglie tenere durante l'estate e di viscotto marino nell'inverno. Il marchese lo nutrì di pane, di mele, di radici che il prigioniero infilzava con gli unghioni e si portava alla bocca con le zampe anteriori. Verso sera si mostrava allegro, ma non dimostrava mai di aver imparato a conoscere il proprio custode. E' difficile immaginare creatura più stupida del Bradipo prigioniero: è capace di starsene per giorni e giorni appeso ad un'asta o ad una fune senza cercare neppure di mangiare. Nel mio viaggio per tutti i giardini zoologici di Europa ebbi la fortuna di trovare un bradipo vivo e così ebbi modo di fare alcune osservazioni, sebbene non mi fosse consentito di passare che due sole ore davanti alla sua gabbia. Tuttavia questo tempo fu sufficiente per farmi o apire che non è privo di esagerazione quello che si dice del Bradipo prigioniero; esso non è, infatti, così melanconico e noioso come si afferma. Io, anzi, lo trovai oltremodo interessante. Kees, il bradipo che osservai nel giardino zoologico di Amsterdam, vive già da nove anni in prigionia e chi conosce gli Sdentati sa che lo si può considerare un animale longevo, perché raramente un membro di questa famiglia può raggiungere quell'età. Se si fa una visita di giorno all'animale, si vede nella gabbia una specie di palla che ricorda un mucchio di erba secca, giacché i peli arruffati, nerastri e bigio-bruni del Bradipo, sono disposti in ogni direzione senza alcuna regolarità. Quando Kees si dispone per dormire, china la testa sul petto in modo che l'estremità del suo muso si appoggi all'albero e sia coperta dalle zampe pelose. Le membra sono così intrecciate le une alle altre da non lasciar vedere vuoti. Gli unghioni in genere sono aggruppati intorno al sostegno; ma talvolta Kees circonda con le unghie d'un piede la zampa anteriore, attorcigliandosi in modo strano.

Ecco perché si vede nella gabbia una specie di palla pelosa e bisogna ben aguzzare lo sguardo per riconoscere in essa un animale. Però, se il Direttore dello Zoo, o uno degli inservienti, si avvicina e chiama forte: «Kees, Kees!», la palla pelosa si anima con cautela, si scuote; lentamente allunga l'arto anteriore e va a piombare i suoi unghioni in uno dei rami trasversali dell'albero. E' indifferente all'animale che gli unghioni si attacchino nel senso naturale dell'arto o che lo obblighino a contorcersi. La pieghevolezza del gomito e del polso è veramente straordinaria in tutti i Bradipi. Uno dei motivi per cui il Bradipo può appendersi tanto saldamente sta nel fatto che gli unghioni di ciascuna zampa sono volti in direzione opposta a quella delle altre. Può indifferentemente appendersi con il capo all'ingiù o verso l'alto, perché usa le zampe posteriori per sostenersi bene, come quelle anteriori. Kees riesce a grattarsi ogni parte del corpo con una delle zampe inoperose. Nelle ore di ozio apre e chiude gli occhi, sbadiglia e sporge la lingua. Se gli si mostra un pezzo di zucchero, apre la bocca quanto più può, avvicinandosi alle sbarre della gabbia per chiedere che gli venga gettata quella ghiottoneria. Visto di prospetto, l'animale presenta i peli della testa spartiti nel mezzo e dritti dai lati così che assomiglia ad un gufo. Gli occhietti sono assai sporgenti: l'iride è di un bruno chiaro vivace, ma la pupilla piccolissima non dà alcuna espressione all'occhio. Il muso sporge a forma di tronco di cono con le narici all'estremità. Le labbra, sempre umide, sono immobili, come già è stato detto, per la masticazione sono però poco utili. La lingua lunga, sottile, aguzza, può essere assai protesa. Il cibo più gradito per Kees era costituito dal riso e dalle carote cotte. Esso conosceva le ore dei pasti e si preparava ad essere chiamato. Si agitava sgarbatamente prima di entrare in possesso del cibo, ma poi si calmava, tirava a sé la radice, la pigliava con la bocca, poi con gli unghioni la stringeva saldamente e cominciava a staccarne dei grossi pezzi. I denti dei Bradipi spezzano piuttosto che tagliare. Un piccolo piatto di riso e tre carote bastano al nutrimento quotidiano dell'animale. Non appena finito di mangiare, Kees si abbandonava al riposo, si aggomitolava e ripigliava l'atteggiamento di prima. Verso sera acquistava un po' di vivacità e si arrampicava alle sbarre della gabbia. Di notte dormiva per alcune ore e verso il mattino era sempre molto allegro e riprendeva la sua ginnastica. L'utilità dei Bradipi è ben scarsa: la carne ha un odore sgradevole, ripugnante. Con la pelle forte e durevole si confezionano borse e cinte. Naturalmente si troveranno dei Bradipi finché la scure inesorabile dell'uomo risparmierà i magnifici e folti boschi che li ospitano; ma ogni colono delle zone che l'animale abita scaccia con la sua presenza i Bradipi rimasti.

Gonzalvo Ferdinando Oviedo dice quanto segue a proposito delle tante dicerie che circolano intorno al Bradipo: «Il Perrillo Ligero è l'animale più pigro che si trovi nel mondo. E' tanto pesante e pigro che per percorrere cinquanta passi impiega un giorno intero. I primi uomini che lo videro, lo chiamarono ironicamente "il cagnetto frettoloso". Ha quattro piedi sottili e storti. Il collo è dritto come il pestello d'un mortaio, la faccia è tonda come quella di una civetta e incorniciata di pelo. Il suo divertimento è quello di appendersi agli alberi. La sua voce è molto diversa da quella di tutte le altre bestie; canta sempre soltanto di notte e con toni l'uno più profondo dell'altro. Si può ben dire di esso che ha portato alla scoperta della scala musicale. Lo ritengo animale notturno, perché canta soltanto di notte. Talvolta c'è chi se lo porta a casa; allora cammina con la sua naturale lentezza e non si affretta neppure se minacciato. Se trova un albero, sale immediatamente sulla cima e vi rimane dieci o dodici giorni senza che si sappia che cosa mangi». Oggi si distinguono cinque specie diverse di tardigradi, ascritti a due generi: l'uno porta ai piedi anteriori e a quelli posteriori tre lunghi unghioni falciformi ed ha coda visibile; l'altro ha soltanto ai piedi anteriori due unghioni falciformi; la coda è invisibile. Alcune differenze esistono pure nella dentatura dei due generi.

Un bradipo

Un bradipo

UANO (Choloepus didactylus)

E' un animale di circa 60 centimetri di lunghezza e di mole che oltrepassa di poco quella del gatto. E' di color bruno-bigio, alquanto più scuro sulla faccia interna delle estremità e più chiaro sul dorso a causa delle punte dei peli che sono d'un bianco-gialliccio sudicio. I peli sul dorso sono incrociati insieme, brevissimi verso la faccia. Il muso è nudo e solo sparso di pochi peli. Questo genere ha sette vertebre cervicali.

BRADIPO TRIDATTILO O AI (Bradypus tridactylus)

La lunghezza di un maschio adulto è di 50 centimetri, di cui 4 centimetri sono della coda. Gli unghioni anteriori hanno 6 centimetri di lunghezza e quelli posteriori sono lunghi 5 centimetri. Il pelame è sottile, breve, fitto, con setole lunghe, asciutte, dure. Da ogni lato del dorso parte dalla spalla e giunge fino alla coda una fascia longitudinale di colore bruniccio. Il rimanente del pelame è tinto di rossiccio pallido, di cinerino, e sul ventre di bigio-argentino. Tagliando i lunghi peli del dorso, si scorge il vero disegno dell'animale e si osserva una striscia longitudinale scura, o bigio-bruna, che scorre all'indietro lungo la schiena, e dai lati un'altra striscia analoga, ma bianca. Una larga fascia bianca parte dal disopra degli occhi e va sino alle tempie. Gli unghioni sono gialli o giallo-brunicci. Generalmente si osservano sulla schiena del Bradipo chiazze giallo-bigie. I peli sono logori in alcuni punti per lo sfregamento contro i rami degli alberi e così pure per l'uso che hanno le madri di portare i figli sul dorso. L'Uano abita principalmente la Guiana ed il Surinam; l'Ai, invece, abita le coste orientali del Brasile fino a Rio de Janeiro; altre specie vivono nel Brasile o nel Perù orientale ed una specie anche nel nord-ovest di questa regione. Ancora più brutti e ripugnanti dei bradipi sono i Megateri. Questi sdentati avevano proporzioni colossali e soprattutto un'ossatura massiccia, di un tale peso che impediva loro la vita arboricola. Nell'anno 1789, il governatore di Buenos Aires trovò a tre ore dalla città le ossa pietrificate di un animale simile, per la mole, all'elefante, poiché doveva avere 4 metri di lunghezza e 2 metri e 40 centimetri di altezza. Si trovò tutto lo scheletro del gigantesco bradipo. Fu portato alla luce, e fu battezzato Megatherium Cuvieri. Il collo era composto di sette vertebre. Ai piedi anteriori si trovavano 4 dita con grosse unghie, mentre due sole dita erano ai piedi posteriori. Dalla conformazione della scapola si vedeva chiaramente che gli arti posteriori non potevano essere adoperati né per camminare, né per arrampicarsi per l'eccessiva grossezza del corpo. Si sono trovati in seguito altri animali più o meno somiglianti al Megaterio. Il Megalonyx aveva i piedi anteriori più lunghi di quelli posteriori. La coda era molto lunga e robusta. Il Mylodon presenta qualche differenza dal precedente: la coda robustissima, formata di numerose vertebre, faceva comprendere che l'animale la puntava al suolo e vi si appoggiava, mentre, probabilmente, con le zampe anteriori si abbrancava ai rami per mangiare le foglie tenere. Questi animali sono riuniti in una famiglia che segna il passaggio tra i tardigradi ed i dasipodi.

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DASIPODI

I Dasipodi (Dasypodes) rappresentano una famiglia la cui mole è andata via via rimpicciolendosi. I Dasipodi giganti raggiungevano la grossezza del rinoceronte, mentre ora possono misurare tutt'al più 1 metro e 40 centimetri con la coda e 30 centimetri di altezza. Tutti i Dasipodi sono tozzi, con muso aguzzo, grandi orecchie, coda lunga e robusta e piedi muniti di unghioni particolarmente adatti allo scavare. Si dicono cingolati per la forma della corazza che è divisa in mezzo al dorso da vari cingoli sovrapposti ed ha squame disposte longitudinalmente. Il cingolo mediano è formato da tavole rettangolari, mentre la corazza delle spalle e della regione sacrale è formata da file trasversali di piastre quadrate o esagonali. Anche sulla fronte si osservano piastre pentagonali o esagonali alle quali sono frammiste piastre irregolari. La parte inferiore del corpo, in questi animali, è priva di corazza e presenta peli ruvidi. La struttura interna presenta molte particolarità: le costole sono molto larghe tanto che in alcuni punti si toccano. Il loro numero va da dieci a dodici. Le vertebre del collo sono saldate insieme più o meno strettamente, esclusi l'atlante e l'epistrofeo. Si contano da 1 a 6 vertebre lombari, da otto a 12 quelle dell'osso sacro, da 16 a 31 quelle della coda. A causa della grande varietà nella dentatura si sono formate molte sottofamiglie: alcune sono assai ben provviste di denti tanto che il nome sdentati non si adatta ai suoi membri, a meno che non si tenga conto del fatto che il mezzo delle mandibole è sempre senza denti. Il numero dei denti non è mai inferiore agli otto per fila e può salire fino a 26 nell'una e a 24 nell'altra così che si ha una dentatura formata da 96 o 100 denti. Quindi, il numero non manca, ma la qualità è tale che non si può considerarli denti. Hanno la forma di cilindri compressi ai lati, non hanno vere radici, sono rivestiti di un sottile strato di smalto ed hanno mole assai diversa. Sono assai deboli; infatti l'animale può addentare, ma non riesce né a masticare né a mordere con forza. La lingua assomiglia a quella del formichiere, ma è più corta; è triangolare, provveduta di piccole papille fungiformi e filiformi. Grosse ghiandole salivari la inumidiscono continuamente. Lo stomaco è semplice e l'intestino misura otto o dieci volte la lunghezza del corpo. Le arterie formano qua e là reti mirabili. In genere i Dasipodi sono forniti di due mammelle, raramente di quattro. Abitano tutti nell'America meridionale. Vivono nelle pianure aperte, nei campi, lungo i margini delle foreste, quasi sempre isolati ad eccezione del periodo dell'accoppiamento. Sono animali notturni ed evitano, perciò, la luce del sole; a tal fine si scavano delle gallerie non tanto estese. Alcune specie vivono in modo del tutto sotterraneo. Alcuni di essi scavano le proprie tane ai piedi dei monticelli formati dalle formiche e dalle termiti, perché questi insetti formano il loro più gradito nutrimento. Solo eccezionalmente possono nutrirsi di vermi ed altri insetti; se sono veramente affamati, si attaccano anche alle radici o alle parti più tenere delle piante.

Quando scende la sera, questi paurosi animali escono dal loro profondo buco sotterraneo e vanno in giro a passi lenti. Essi non sanno arrampicarsi o nuotare; si trovano bene solamente sulla terra, pronti a sprofondarvi se inseguiti. Ve ne sono alcuni, appartenenti ad una certa specie, che si difendono aggomitolandosi su sé stessi come il nostro riccio; ma non appena possono, cercano di scavare un buco sotto terra per nascondersi. I Dasipodi sono animali pacifici, innocui, privi di intelligenza. L'olfatto è il senso che hanno meglio sviluppato, ma è di gran lunga inferiore a quello degli altri scavatori. La loro voce consiste in un suono brontolante, senza sonorità né espressione e si fa sentire soltanto nelle grandi occasioni. Questa specie va lentamente scomparendo, perché i suoi nemici sono numerosi e assai debole è il suo modo di difendersi. La famiglia si divide in tre generi. Gli Armadilli sono animali che hanno tutti la medesima forma. Il tronco è compresso, le gambe basse, la coda di forma cilindrica, dura e corazzata; la corazza è saldata al corpo. Nel mezzo si trovano sei o più cingoli mobili. I piedi hanno cinque dita e le unghie di quelli anteriori sono compresse; quelle esterne sono alquanto ricurve all'infuori. In alcuni generi il numero delle fasce è vario e la dentatura presenta qualche variazione. Tutti gli Armadilli o Cingolati si rassomigliano moltissimo. Per l'esatta descrizione di questi animali si può fare riferimento a quanto hanno scritto l'Azara e il Rengger. Il nome di Armadillo è di origine spagnola e significa proprio corazzato. L'Armadillo muta spesso dimora. Questa consiste in una tana, che si scava da sé, lunga da un metro e venti centimetri a un metro e ottanta centimetri. L'apertura della tana è di forma circolare e può avere un diametro che varia da 22 a 60 centimetri a seconda della mole del proprietario. All'estremità interna si allarga in una camera nella quale l'animale può voltarsi comodamente. La galleria scende dapprima obliquamente con un angolo di 40 o 45 gradi, poi si volge quasi orizzontalmente, piegando ora da una parte ora dall'altra. Gli Armadilli trascorrono nella tana tutto il tempo che non dedicano alla ricerca del cibo. Nei deserti, se il cielo è nuvoloso e il sole è nascosto, girano anche di giorno; nei luoghi abitati escono solamente alla sera e se ne vanno in giro per tutta la notte. Si è detto che loro cibo preferito sono le formiche e le termiti; essi mangiano volentieri anche qualunque coleottero, i bruchi, le locuste e i porcellini di terra. Azara pensava che gli uccelletti, le lucertole, i rospi e i serpenti sono spesso aggrediti e divorati dagli Armadilli. Tuttavia è accertato che questi mangiano anche vegetali. Naturalmente, quando l'Armadillo occupa una tana scavata sotto un nido di termiti, non esce per parecchie notti alla caccia, perché trova più comodo non muoversi e prendere le formiche che cadono giù, allungando semplicemente la lingua. Quando comincia a mancare di vettovaglie, riprende le sue scorrerie all'aperto, durante la notte. L'accoppiamento avviene appunto in tali escursioni notturne. E' facile comprendere che, data la lentezza dell'Armadillo, le sue gite sono limitate ad una zona ristretta.

L'incedere degli Armadilli è così pigro e tardo che un uomo li può raggiungere benissimo. Essi non sono capaci di spiccar salti né di voltarsi rapidamente, data la pesantezza del loro corpo. Se vogliono sfuggire alla cattura, debbono, perciò, ricorrere ad alcuni stratagemmi: infatti, un armadillo inseguito è capace di scavarsi una buca in tre soli minuti di tempo, raspando con le unghie delle zampe anteriori. Appena esso riesce a scavare un'apertura della lunghezza del proprio corpo, vi si insinua e l'uomo più robusto deve faticare per estrarlo da questo ripostiglio. Nell'inverno e nella primavera la femmina dà alla luce tre o più piccoli, fino a nove, malgrado lo scarso numero dei suoi capezzoli. Essa nasconde i suoi nati nella tana per tutto il tempo dell'allattamento che è assai breve. Presto si vedono i piccoli girare per i campi. Appena divenuti adulti, vanno intorno ognuno per i fatti propri. La caccia all'Armadillo si dà al chiaro di luna. Se l'animale si accorge in tempo della presenza dei cani, fugge subito verso la tana, oppure, come abbiamo già detto è capace di scavarsene una nuova in pochi minuti. Se, però, viene raggiunto dai cani, questi, non potendolo azzannare, lo tengono fermo per il muso o per le zampe fino all'arrivo del cacciatore ed esso non si ribella, sebbene con i suoi forti unghioni potrebbe procurare gravi ferite ai suoi assalitori. Quando l'animale fa in tempo ad insinuarsi nella tana, il cacciatore allarga l'apertura per quel tanto che basta per afferrarne la coda e poi, percuotendolo con un coltello e producendogli dolorose ferite, lo costringe a lasciare la presa delle pareti. Gli Armadilli sono assai malvisti dagli americani del sud, perché arrecano numerosi danni: le buche da essi scavate costituiscono un pericolo per i cavalli e i buoi che vi inciampano e spesso si spezzano le zampe; talvolta un cavaliere viene sbalzato via dall'arcione con pericolo della sua vita, se il cavallo ha messo una zampa in una buca che l'Armadillo ha aperto nel terreno. Altri nemici di questo animale sono: il lupo del Brasile e la volpe dell'America meridionale. E' raro che l'Armadillo venga allevato dall'uomo: è troppo monotono e triste e combina molti guai con il suo incessante scavare. Se viene lasciato in libertà in un cortile, subito pensa a scavarsi una buca dalla quale esce soltanto di notte. Non si rileva in esso alcun segno d'intelligenza. Pare non distingua neppure l'uomo dalle altre creature con cui vive; però si lascia toccare e portare intorno, mentre sfugge cani e gatti. L'organo di senso maggiormente sviluppato in questo animale e l'olfatto; l'udito è più debole e gli occhi riescono a distinguere gli oggetti vicinissimi soltanto nel crepuscolo. In stato di schiavitù, esso si nutre di vermi, d'insetti, di larve e di carne cotta che deve essere sminuzzata perché possa mangiarla, prendendola con la lunga lingua protrattile. Nel giardino zoologico di Colonia una femmina partorì due volte due piccini. Il dottor Bodinus ha fornito, in proposito, interessanti particolari: «Sebbene io abbia sempre sotto gli occhi questi prigionieri, non sono ancora venuto in chiaro del loro modo di riproduzione. Posso dir solo che l'ardore del maschio nel momento dell'accoppiamento è veramente sfrenato. Esso sorprende la sua femmina in ogni suo atteggiamento e le corre a lungo attorno. La nascita dei figli mi sorprese, perché i sessi sono difficili a distinguersi e non avevo osservato nessun mutamento nella circonferenza della femmina. I suoi piccoli furono trovati mezzi morti di freddo nella paglia della gabbia. La femmina si affaticava a sotterrarveli. Spingeva i figli nel modo più sgarbato, li raspava e batteva con le unghie di modo che i poverini erano tutti sgocciolanti di sangue». L'utilità offerta dall'Armadillo è notevole. Gli indiani ne mangiano la carne, gli europei soltanto quella di due specie. Rengger assicura che la carne di Armadillo arrostita è assai gustosa. Alimentati abbondantemente, essi accumulano un denso strato di grasso.

Armadillo dalle sei fasce (Euphractus sexcintus)

Armadillo dalle sei fasce (Euphractus sexcintus)

Un Pichi, specie di piccolo armadillo

Un Pichi, specie di piccolo armadillo

ARMADILLO SETOLOSO O TATUPAGA DEI QUARANI (Euphractus setosus)

Il suo aspetto è molto brutto e sgradevole. La testa è piatta superiormente, il muso si protende ottuso, l'occhio è molto piccolo e le orecchie, a forma di imbuto, sono rivestite da una pelle ruvida; il collo è tozzo, la schiena piuttosto larga e schiacciata di sopra e di sotto. I piedi hanno cinque dita munite di forti unghioni che si collegano fra loro per mezzo di una membrana. Sulla testa si notano delle piastre irregolari, esagonali, la corazza è intaccata sopra gli occhi, sulla nuca sono nove piastre quadrangolari poste l'una accanto all'altra, lateralmente, sulla parte anteriore del dorso si trovano sette file di piastre irregolari esagonali, nel mezzo se ne trovano cinque file. Proseguendo dalla nuca verso il basso, si trovano sei cingoli mobili, l'uno diviso dall'altro, formati da piastre quadrangolari; sulle anche la corazza è composta di dieci file di piastre quadrangolari, l'ultima delle quali ha una piccola intaccatura sul margine posteriore. Presso il tronco la coda è corazzata con cinque cerchi, divisi l'uno dall'altro e coperti di piastre quadrangolari, mentre la parte rimanente è coperta da piastre irregolari esagonali. Anche sotto gli occhi si trovano file di squame di 5 o 7 centimetri di lunghezza che scorrono orizzontalmente, collegate fra loro; al collo pure se ne trovano due diagonali divise. Altre piastre esagonali ricoprono la parte superiore del piede e quella anteriore delle estremità anteriori. Una pelle grossa e scabrosa copre tutte le altre parti del corpo. Le piante dei piedi sono piatte. Qua e là spuntano delle ruvide setole. Il colore delle piastre è giallo-bruniccio, ma con l'attrito contro le pareti della tana talvolta esse si presentano di un color giallo-chiaro o bianco-gialliccio. I peli sono chiari nel dorso e bruni quelli della pelle nuda. Alcuni di questi animali hanno sette cingoli invece di sei e undici serie di squame invece che dieci sulle anche. L'animale è lungo 45 centimetri, la lunghezza della coda è di 23 centimetri e altrettanto è l'altezza al garrese.

APAR O MATAKO O BOLITA DEGLI SPAGNOLI (Tolypeutes mataca)

Questo animale non si trova nel Paraguay, ma soltanto tra il 6° e il 30° grado di latitudine meridionale. Dicono che è chiamato Bolita, perché è l'unico della famiglia che, minacciato o preso, nasconde la testa, la coda e le quattro zampe formando una specie di palla, che si può spingere da ogni lato senza che si disfi. E' ben difficile ottenere che l'animale appallottolato riprenda la forma primitiva. Le zampe sono molto deboli e le unghie non atte a scavare; perciò si pensa che esso approfitti delle tane scavate da altri. La sua lunghezza è di 44 centimetri, di cui 6 appartengono alla coda: questa è larga e schiacciata alla radice, conica alla estremità. Le squame, molto sporgenti, rassomigliano a grossi grani. La corazza frontale è superiormente molto più forte che negli altri: è formata da piastre irregolari. Le orecchie, di 26 millimetri, non giungono alla corazza frontale che oltrepassa la testa. La corazza dorsale ha una altezza di 6 centimetri ed ha di notevole una punta per ogni lato, capace di coprire gli occhi dell'animale e, quando questo si aggomitola, utile per proteggergli la testa. I tre cingoli sono lunghi sul dorso 16 millimetri, ma sui fianchi vanno restringendosi; la parte sacrale della corazza ha 15 centimetri di altezza. Tutte le scaglie che ricoprono il corpo sono ruvide, scabre, irregolari. Il colore è plumbeo-fosco lucente oppure bruniccio. La pelle tra una fascia e l'altra è bianchiccio-scura nella parte inferiore ove esistono appena pochi scudi, mentre questi sono grossi e foltissimi sull'esterno delle zampe e sui fianchi. Alcuni viaggiatori parlano del furore con cui i cani aggrediscono la Bolita, perché non possono azzannarla a motivo della corazza, né riescono a trascinarla via appallottolata. La Bolita è assai frequente a San Luis, dove vive in aperta campagna. Göring non poté mettere in chiaro se essa scavi da sé la propria tana.

E' un animale divertente e gli indigeni lo ricercano per addomesticarlo con il matako che arriva perfino a prendere da sé il cibo dalla mano del padrone. In schiavitù, esso mangia frutta e foglie, specialmente pesche, zucche, insalata, anche più volte al giorno. Data la piccolezza della sua bocca, bisogna sminuzzargli il cibo ed esso prende i pezzetti con grazia. Dorme di giorno e di notte, allungando le zampe anteriori fra le quali nasconde la testa e ritirando quelle posteriori in modo che il dorso viene a formare un arco. Il Matako, se toccato, si raggomitola subito, formando quella stretta palla di cui abbiamo parlato e che, malgrado gli sforzi anche notevoli, non si riesce a disfare. L'animale si muove con grazia; quel camminare sulla punta delle unghie ricurve, lunghe più di 2 centimetri, desta l'ammirazione degli spettatori.

ARMADILLO GIGANTE (Priodontes giganteus)

Questa specie, rarissima a trovarsi, si ritiene che sia diffusa nel Brasile e forse in tutta l'America meridionale. Coloro che ne andarono alla caccia trovarono spesso nelle foreste vergini delle tane scavate sotto le radici degli alberi e di tali dimensioni da far pensare ad un animale di mole straordinaria. Sembra che l'Armadillo gigante sia simile ad un grosso maiale e ciò è confermato anche dalle code che il principe di Wied trovò fra i botokudi, i quali se ne facevano dei portavoce: le code misuravano 36 centimetri di lunghezza e 7 di diametro alla base. Azara dice che l'Armadillo gigante, rarissimo nel Paraguay, può trovarsi soltanto nelle immense foreste del nord. E' capace di disseppellire e fare a pezzi i cadaveri guidato dal buon odorato. L'Azara racconta di aver visto questo animale una volta, per puro caso. Due ragazzi, infatti, ne avevano catturato uno di notte con un laccio; ma i familiari, impauriti, non avevano avuto pace finché esso non fu ucciso. Allora ognuno si precipitò a prendere qualche guscio, gli artigli e i frammenti della corazza. L'Armadillo gigante giunge ad una lunghezza di oltre 90 centimetri e la coda supera i 45 centimetri. La fronte ed il cranio sono rivestiti da piastre ossee assai irregolari. La corazza della spalla è fatta di dieci serie di piastre. Le fasce mobili sono dodici o tredici; la corazza dei fianchi si compone di sedici o diciassette serie di scudi. Gli scudi sono quadrati o rettangolari, oppure pentagonali od esagonali. La coda è coperta di piastrelle ossee quadrate ed irregolari. Dovunque spuntano delle brevi setole. Le orecchie sono corte, larghe e coperte di bitorzoli ossei. Il colore del corpo è nero ad eccezione della fascia laterale, della coda e della testa bianchicce. I piedi anteriori sono forniti di cinque dita con un unghione medio molto grosso. Le dita dei piedi posteriori sono invece munite di unghie larghe e piatte, quasi foggiate a zoccolo. La struttura interna del corpo presenta delle particolarità: le vertebre del collo sono saldate insieme; tutte le vertebre sono fornite di processi spinosi alti e larghi, atti a sostenere la pesante corazza. Le dodici vertebre sacrali sono saldate fra loro e anche con le ossa ischiatiche ed iliache. Le dodici costole sono molto larghe; lo sterno è formato di sei pezzi; il radio ed il cubito sono rotondi; la tibia ed il perone sono collegati. La dentatura di questo animale è veramente notevole: nelle file superiori si trovano da 24 a 26 denti, in quelle inferiori da 22 a 24, parecchi dei quali cadono spesso; tuttavia la dentatura si compone di 90 o 100 denti, sia pure informi. Nella metà anteriore della fila i denti non sono altro che piastre sottili, le quali all'intorno si fanno più grosse, ovali, tondeggianti o cilindriche. Alcune delle piastre anteriori sembrano due denti fusi. Sembra che l'Armadillo gigante non abbia motivo di utilizzare questo enorme numero di denti, perché esso si ciba, come tutti gli altri armadilli, di formiche, insetti e frutta.

CLAMIDOFORO TRONCATO O TALPA CINGOLATA O ARMADILLO TOPO (Chlamydophorus truncatus)

Questa strana creatura è l'anello di transizione tra l'armadillo e la talpa, pur non discostandosi dallo stampo generale degli armadilli. I naturalisti vedono in esso la grande rassomiglianza con la talpa. Il la talpa. Il Clamidoforo fu scoperto nel 1824 poco lontano da Mendoza nello stato libero di Rio della Plata. Soltanto pochi, fra gli abitanti del paese, ne conoscevano l'esistenza e lo chiamavano con un nome che significa «bestiola cieca». Fortunatamente fu possibile averne alcuni esemplari per studiarne i caratteri esterni e quelli interni. Il Clamidoforo si allontana molto dagli altri armadilli. La Talpa Cingolata presenta una delle più strane forme dell'ordine degli scavatori e per la particolare foggia della corazza che ricopre il suo corpo appartiene alle più interessanti creature del regno animale. Il Clamidoforo può dirsi un vero nano di dimensioni microscopiche in confronto agli armadilli; al tempo stesso, per il suo modo di vivere e per la sua forma, ricorda la talpa. Il suo capo è piccolo, largo posteriormente, aguzzo sul davanti e termina con una punta mozzata, con naso cartilagineo come quello del maiale, sul quale si aprono due tonde narici, fornite nel margine interno di alcuni corti peli duri e che l'animale può chiudere perfettamente con una piccola sporgenza che si protende all'infuori. Gli occhi piccoli sono nascosti sotto i peli irsuti che li ricoprono quasi completamente. Le orecchie mancano di padiglione esterno e lo stretto condotto uditivo circondato da un margine in rilievo è quasi tutto coperto di peli. L'apertura della bocca è piccola, le labbra sono dure, ruvide e rigonfie; la lingua piuttosto lunga, carnosa, è di forma conica e provveduta sulla superficie di piccole papille. La dentatura è semplice: i denti anteriori ed i canini mancano del tutto ed i molari che si trovano in numero di otto, tanto sulla mandibola inferiore quanto sulla superiore, sono coperti di smalto, non hanno radici e sono cavi nella metà inferiore. Hanno forma cilindrica e sono piani alla sommità, tranne i due primi in ogni mandibola, i quali sono aguzzi e rassomigliano ai denti canini. Aumentano di mole dall'avanti all'indietro fino al quarto dente e da questo vanno decrescendo fino all'ultimo. Il collo è corto e grosso, il corpo allungato, più largo alla base posteriore, più stretto alle spalle, alquanto rientrato ai fianchi. Tutta la metà anteriore del corpo è più robusta di quella posteriore. Le zampe corte sono assai robuste, soprattutto quelle anteriori. Quelle posteriori terminano con i piedi lunghi e stretti. Tutti i piedi hanno cinque dita: quelle dei piedi anteriori sono collegate insieme fino alla radice delle unghie: le dita posteriori, invece, sono libere. Nei piedi anteriori il secondo dito è il più lungo, in quelli posteriori il più lungo è il terzo, mentre il dito esterno è il più corto. Le unghie sono grosse e forti e quelle anteriori atte allo scavare. In generale sono lunghe, fortemente compresse, poco ricurve ed affilate sul margine esterno. Aumentano di larghezza dal secondo dito all'ultimo in modo che la più larga è l'esterna che sul margine inferiore è tagliente, quasi a foggia di paletta. Le unghie posteriori sono molto più piccole. La coda, attaccata in una incavatura della corazza, fa una rapida curva all'inguine e passa tra le gambe tanto da toccare il ventre. E' corta, rigida, quasi immobile, più grossa alla radice, larga verso l'estremità e terminante in una specie di spatola. Tutta la parte superiore del corpo è coperta da una sola corazza coriacea e cornea che comincia sulla testa, poco lontano dal muso si stende lungo tutto il dorso fino alla parte posteriore e si abbassa poi verticalmente tanto che l'animale sembra troncato. Questa corazza, formata di cingoli o serie trasversali o piastre rettangolari, romboidali, non è saldamente collegata alla pelle del corpo, ma vi sta appoggiata liberamente; è trattenuta lungo la colonna vertebrale da una semplice pelle e fissata sul cranio alle due protuberanze dell'osso frontale per mezzo di due sole piastre. Invece, sulla parte anteriore del corpo legata alle ossa, e così pure su quella posteriore, ove forma un piano troncato. La parte immobile della corazza della testa comprende cinque serie trasversali di scudetti che sono quattro nelle due prime file e cinque nelle altre. La corazza dorsale, invece, si compone di 24 serie, per lo più regolari, di cui quelle più vicine alla testa sono formate da sette ad otto scudi irregolari, gibbosi, di varie dimensioni, mentre le altre serie comprendono scudi affatto regolari e rettangolari il cui numero sale da 15 fino a 24 e scende fino a 22 nelle tre serie posteriori. Tutte queste serie trasversali o cingoli sono divise l'una dall'altra da una membrana saldata sotto e sopra gli scudi in modo che il margine anteriore dell'uno si trova sotto il posteriore del precedente. I cingoli presentano una mobilità sufficiente a far sì che l'animale possa appallottolarsi. La corazza della parte posteriore consta di cinque o sei serie semicircolari di scudi rettangolari gli uni e romboidali gli altri. La prima serie comprende 20 scudi, l'ultima 6. Tutta la corazza è priva di peli e quindi perfettamente liscia; solo sul margine inferiore esistono dei fitti e lunghi peli sericei. Invece, tutta la pelle dell'animale, anche sotto la corazza, fatta eccezione della coda, della pianta dei piedi, della punta del muso e del mento, è coperta di fitti peli, lunghi e morbidi, quasi sericei; i peli sono più lunghi sui fianchi e sulle zampe, più brevi e più radi sulla parte superiore dei piedi, ove spuntano tra protuberanze cornee. La coda è rivestita di una pelle coriacea che presenta da 14 a 16 rigonfiamenti trasversali, mentre al di sotto è coperta da numerose rugosità. Le due mammelle si trovano sul petto. Il colore della corazza, come quello del pelame, è bianco-giallo sudicio, più chiaro sulla parte inferiore del corpo. Gli occhi sono neri. La lunghezza del corpo è di 12 centimetri, quella della coda di 3 centimetri l'altezza al garrese di 37 millimetri. Non abbiamo notizie esatte sul modo di vivere del Clamidoforo. I naturalisti dicono che esso vive nelle pianure arenose, ove scava lunghe gallerie sotto il suolo e che solo per caso le abbandona per apparire alla superficie. Sul terreno i suoi movimenti sono lenti e goffi; si ritiene che si cibi di vermi e d'insetti e forse anche di radici tenere. In quanto alla riproduzione sappiamo soltanto che si moltiplica poco. Altre notizie ci furono date dal nostro amico Göring: «La talpa cingolata non vive soltanto nella provincia di Mendoza, ma anche in quella di San Luis, ove si trova in maggior numero. Gli spagnoli la chiamano Pichi-ciego, perché la credono del tutto cieca. Quest'animaletto abita località sabbiose, ghiaiose, ove crescono cespugli spinosi e cacti. Di giorno sta rannicchiato entro terra, di notte fa capolino alla superficie. Certo, tutti affermano che si trattiene molto poco fuori della buca e non se ne allontana che pochi passi. L'incedere è un lento strascicare delle zampe: la bestiola non ha neppure la forza di sollevare i piedi pesanti. Si formano, così, sul suolo due strisce parallele che si distinguono per le più varie ed intrecciate curve e denunziano la presenza della tana del Clamidoforo. Se questo non bastasse, vicino alla tana esistono due mucchietti di terra che l'animale forma nell'uscire per aprirsi il passaggio». Della riproduzione non sappiamo nulla. In nessun luogo si fa una vera caccia a quest'animale. Qualcuno viene preso per caso nello scavare canali d'irrigazione. Talvolta, si è tentato di prenderne qualcuno e lo stesso Göring fece belle promesse pur di averne uno vivo o almeno ucciso di fresco; ma non riuscì ad ottenerne. Oggi, per gli stessi indigeni il Pichi-ciego è oggetto di meraviglia. Quei pochi che si riesce a prendere, si cerca di tenerli in vita il più a lungo possibile. Presso gli americani del sud, tuttavia, non è ancora conosciuta l'arte di tenere in schiavitù degli animali notevoli, prendendosi cura di loro, nutrendoli convenientemente.

FORMICHIERI

Le specie che appartengono a questa famiglia sono tanto caratteristiche che la maggior parte di esse può essere considerata come rappresentante di un genere distinto. Perciò i caratteri generali comuni sono molto pochi e gli stessi naturalisti non sono affatto d'accordo sulla delimitazione della famiglia. Alcuni mettono l'Oritteropo fra gli Armadilli, altri lo annoverano fra i Formichieri. Alcuni vorrebbero considerare tutto l'ordine come una famiglia, altri vorrebbero elevare ogni genere al grado di famiglia. I caratteri generali sono comunque: il corpo allungato, rivestito di peli, che posa su zampe corte e robuste; il collo corto, tozzo e poco mobile; la testa lunga, il muso cilindriforme, gli occhi piccoli, le orecchie foggiate variamente. In alcuni la coda è corta e folta, in altri lunghissima, liscia e prensile; in altri ancora è corta e penzoloni. I piedi sono corti ed hanno anteriormente da 2 a 4 dita, posteriormente da 4 a 5, tutte munite di fortissime unghie scavatrici, che si distinguono e si differenziano nei vari generi e nelle varie specie. Nello scheletro sono sempre ben visibili 5 dita. Anche la dentatura presenta moltissime variazioni; nell'Oritteropo è formata da soli molari in numero variabile secondo l'età dell'animale: generalmente se ne trovano 5 o 8 in ogni serie della mandibola superiore e 5 o 6 in ogni serie di quella inferiore. Nella mirmecofaga, invece, non se ne trova traccia. La bocca è tanto piccola da formare semplicemente un buco, attraverso il quale viene spinta fuori e ritratta la lingua che ricorda molto quella del picchio e che è stata giustamente definita «lingua vermiforme». Essa sembra, infatti, un lungo verme e per mezzo di muscoli particolari può essere spinta fuori dalla bocca ad una straordinaria distanza. Anche nello scheletro si notano grandi differenze. Vi si trovano da tredici a diciotto vertebre con costole, da due a sette senza costole, da 4 a 6 lombari e da 24 a 40 caudali. Le costole sono larghe e robuste nei veri Formichieri, tonde e sottili negli oritteropi. Formichieri vivono nelle steppe dell'Africa meridionale e centrale e in una parte notevole dell'America meridionale. Anche a seconda della loro origine geografica presentano rilevantissime varietà. Abitano soprattutto nelle pianure asciutte, nei campi, nelle steppe, oppure nei boschi nei quali si trovano numerosi cumuli di formiche e di termiti; preferiscono i luoghi solitari e deserti. La maggior parte delle specie pone la sua dimora in gallerie sotterranee scavate da sé o in profonde buche. Sono così veloci nello scavare che in pochi secondi riescono a penetrare nel centro dei formicai più profondi od a scavare per sé una nuova tana o un'altra uscita per sfuggire al nemico. Altre specie vivono in buchi tra le radici degli alberi, altre sugli alberi. Nessuna specie ha una dimora fissa; questi animali, infatti, di giorno girano per i campi e si fermano a passare la notte dove preferiscono; generalmente si trattengono più a lungo nelle località più ricche di alimenti. Allo spuntare del giorno scavano una nuova buca dove si adagiano per passare il giorno fino alla sera, quando si svegliano e ricominciano la peregrinazione. Quelli che vivono sugli alberi, invece, sono animali diurni, gli altri fuggono la luce. Ognuno vive solitario e tutt'al più accoppiato con la femmina nel periodo dell'amore, ma solo per breve tempo. Sono animali pigri, sonnacchiosi, pesanti, lenti, impacciati, noiosi. Alcuni camminano sulla pianta dei soli piedi posteriori e sul margine esterno di quelli anteriori. Fanno passi corti e lentissimi e la coda li aiuta a mantenere l'equilibrio. La corsa è quanto mai ridicola. Tutte le specie mangiano in modo singolare. Con le forti unghie aprono i formicai, allungano dentro la lingua viscida, lasciano che le formiche inviperite la mordano rimanendovi invischiate e poi la ritirano in fretta in bocca. Alcuni formichieri possono anche prendere con le labbra e inghiottire i vermi, i coleotteri e le locuste. Sono ghiotti anche di miele. Tra i loro organi di senso i migliori sono l'olfatto e l'udito. Gli altri sono ottusissimi e le facoltà intellettive di scadentissima qualità. Sono animali paurosi, prudenti, innocui, deboli di spirito e solo pochi sanno usare le loro potenti zampe anteriori e le unghie, producendo al nemico ferite pericolose. La loro voce è un grugnito, un brontolio e uno sbuffare; una specie è completamente muta. La riproduzione è scarsissima; la femmina partorisce un solo nato, lo protegge, lo allatta, lo difende e lo porta sul dorso a lungo. La pelle, la carne, il grasso e le unghie dei Formichieri vengono utilizzati dall'uomo. Il primo genere della famiglia comprende gli oritteropi (Orycteropus); questo genere è formato da tre specie molto somiglianti tra loro, tozze, con un grosso corpo sgraziato, il collo sottile, la testa lunga e affilata, il muso cilindrico, la coda cilindrica di media lunghezza, le zampe corte e piuttosto sottili, di cui quelle anteriori terminano con un piede dotato di 4 dita, mentre quelle posteriori hanno il piede con 5 dita munite di unghie robustissime, quasi dritte e piatte, con i margini taglienti a forma di zoccolo. Gli occhi sono molto esterni, le orecchie sono lunghissime; il pelame è scarso. Quando l'animale è ancora giovane, in ogni lato della mandibola superiore si trovano 8 molari e 6 in ogni lato di quella inferiore, quando è vecchio ne ha solo 4 in questa e 5 in quella. I denti sono cilindrici, senza radice, di aspetto filamentoso, composti di tubetti sottili, verticalmente e strettamente collocati gli uni accanto agli altri, cavi al di sotto e pieni sul piano masticante. Anche nella forma esterna, i denti variano molto; quelli anteriori sono piccoli e ovali, quelli di mezzo sono scavati da tutti e due i lati nel senso della lunghezza; quelli di dietro sono anch'essi piccoli e simili ai primi. Sono forniti di 13 costole tonde e sottili. I Formichieri Orsini formano il secondo genere della famiglia, ma hanno ben poca rassomiglianza con il genere precedente. Il corpo di questi animali è infatti assai più allungato, ed anche la testa e il muso; la lunghezza della coda è pari a metà di quella del corpo; il corpo è rivestito da una pelliccia folta e arruffata. Le membra posteriori sono più sottili e più deboli di quelle anteriori. I piedi hanno 5 dita, ma non sono tutte fornite di unghie. L'apertura della bocca è strettissima, la lingua è lunga, sottile, tondeggiante e somigliante ad un verme. Le orecchie e gli occhi sono piccolissimi. Il muso, per il prolungamento della parte facciale, ha la forma di un tubo e le narici sono come un lungo doppio canale. L'osso intermascellare è piccolissimo e ricurvo, collegato solo da cartilagini alla mandibola superiore. Non esiste la minima traccia dei denti. Quindici o 18 vertebre dorsali portano le costole, da due a sei formano l'osso sacro e la coda è formata da un numero di vertebre che varia fra le 29 e le 40. Le costole sono così larghe che i loro margini si sovrappongono in modo che non esistano intervalli fra le ossa. La clavicola in alcuni è ridotta, in altri molto sviluppata, in altri ancora manca completamente. Le ossa delle estremità anteriori sono fortissime. Anche i muscoli sono sviluppati e soprattutto nelle membra anteriori. Muscoli speciali fanno muovere anche la lunghissima lingua, tonda e munita di piccoli pungiglioni acuti cornei, che sono continuamente spalmati da una sostanza vischiosa per mezzo di ghiandole salivari molto sviluppate. Il cuore è relativamente piccolo.

YURUMI (Myrmecophaga jubata)

E' una delle specie di formichieri. Lo Yurumi adulto misura metri 1,25 di lunghezza al corpo, mentre la coda ha una lunghezza di 65 centimetri. La sua pelliccia è formata da peli setolosi, forti, duri, ruvidi al tatto; sono più corti sulla testa e vanno allungandosi lungo la nuca e la spina dorsale, dove formano una criniera i cui peli misurano 23 centimetri fino a raggiungere la lunghezza di 40 centimetri alla coda. Sul corpo i peli pendono lungo la pelle, mentre sul capo stanno ritti. La punta del muso, le labbra, le palpebre e le piante dei piedi sono nude. Il colore è molto variato: è bigio-cinerino misto di nero sul capo; una tinta simile ricopre la nuca, il dorso, parte dei fianchi, le zampe anteriori, la coda, la gola, il collo, il petto, il ventre e i piedi posteriori. Una striscia nera, larga all'inizio da 13 a 15 centimetri e terminante a punta, si stende dalla testa e dal petto lungo il dorso in direzione obliqua fino al garrese; una fascia nera copre l'estremità della parte superiore della zampa; le dita dei piedi anteriori e le parti nude del corpo sono anch'esse nere. Il Rengger osserva: «L'aspetto dello Yurumi è straordinariamente brutto». La testa ha la forma di un cono allungato, sottile, ricurvo al di sotto e termina con un musetto ottuso. Le due mandibole sono di eguale lunghezza, quella inferiore è poco mobile: la bocca sembra una fessura nella quale può penetrare tutt'al più un pollice umano; le narici sono a forma di mezza luna; gli occhi piccoli sono profondamente incavati; le orecchie sono anch'esse piccine, larghe e lunghe non più di 26 centimetri ed arrotondate nella parte superiore. Il collo è più grosso della nuca; il tronco è grosso, uniforme, depresso; le estremità sono corte, gli avambracci sono larghi e molto muscolosi. I piedi anteriori sono lunghi 16 centimetri ed hanno 4 dita che sono munite di unghie robuste, compresse, simili agli artigli dell'aquila. Nel camminare e nel giacere a riposo l'animale ripiega le unghie, come le dita di una mano chiusa, contro la pianta del piede, sulla quale non cammina, posandola, ma appoggiandosi sul margine esterno del piede munito di una grossa callosità. Le estremità posteriori sono molto meno robuste di quelle anteriori; il loro piede è lungo 20 centimetri ed è munito di 5 dita, le cui unghie sono rivolte in su. La pianta del piede posteriore viene posata sul suolo su tutta la base. La lunga coda pelosa è alta e sottile. La lingua, che è larga da 6 a 8 millimetri ha la forma di un lungo cono; è formata da due muscoli e da due corpi ghiandolari che si trovano alla sua base; è molto protrattile tanto che l'animale la può sporgere fuori della bocca per la lunghezza di circa 45 centimetri. Lo Yurumi vive nel Paraguay, abita nei campi deserti senza avere una fissa dimora; di giorno va girando e dorme di notte dovunque si trovi, nascondendosi fra l'erba alta o in qualche cespuglio. Per lo più vive solo, tranne nel periodo dell'amore e quando la femmina si aggira ancora insieme al piccolo figlioletto. Cammina con passo lento, ma, se è inseguito, fugge, con un pesante galoppo. Mangia formiche, termiti e le loro larve. Per raggiungere il nido di questi insetti, scava con le sue unghie il terreno e introduce la sua sottile lingua nei corridoi dei formicai, la ritrae piena di insetti che mangia con grande gusto e poi ricomincia. Il naturalista Azara afferma che lo Yurumi protende e ritrae la lingua due volte in un secondo. Non si conosce nemmeno di questo animale il periodo dell'accoppiamento. La femmina partorisce in primavera un unico figlio che porta poi a lungo sul dorso. Il piccino prende il latte per parecchio tempo e non lascia la madre fino a quando questa non sia di nuovo gravida. L'olfatto è il senso più sviluppato in questi animali; poi viene l'udito, la vista è, invece, piuttosto debole. E' un animale pacifico che non infastidisce né gli uomini né gli altri mammiferi; ma, se viene maltrattato, sa difendersi con coraggio. Manifesta una intelligenza superiore a quella degli altri sdentati. Sa distinguere e riconoscere il padrone, ma difficilmente obbedisce alla sua chiamata, pur dando bene a vedere di averla intesa. Il giaguaro e il coguaro sono i nemici dello Yurumi. Oltre che nel Paraguay, esso vive in tutta la parte orientale dell'America del sud, dove si ciba anche di onisci, di millepiedi e di vermi, forse a causa della non eccessiva abbondanza di formiche e termiti.

CUGUARE FORMICHIERE TRIDATTILO (Tamandua tridactyla)

A quanto ci insegna Azara, che fu un accurato studioso del Cuguare dei guarani, il nome di questo animale significa «puzzola del bosco». Gli spagnoli, invece, lo chiamano «piccolo formichiere orsino» e i portoghesi tamanduá. Vive negli stessi luoghi del precedente, ma si spinge fino al Perù. La lunghezza del suo corpo è di 60 centimetri circa, quella della coda è di 41 centimetri. L'altezza al garrese è di circa 33 centimetri. Per l'aspetto esteriore non ha nulla da invidiare al suo affine precedente; anzi, si può affermare che questo sia ancora più brutto dello Yurumi. La testa è meno lunga; la mandibola superiore oltrepassa quella inferiore; le orecchie sono ovali e divergenti dal capo; il collo è grosso, il tronco molto largo. I piedi sono identici a quelli del precedente. La coda è grossa, cilindrica e ottusa all'estremità; i muscoli della coda sono così forti che essa viene adoperata come coda prensile. La ruvida lanugine è ricoperta di setole lucenti, ritte, ruvide, di una lunghezza di 7 centimetri circa. Sulla parte superiore della scapola il pelame forma un cerchio cosicché i peli davanti alla scapola hanno la punta diretta avanti, quelli di dietro l'hanno rivolta indietro. Il colore è bianco-gialliccio sulla testa, ad eccezione di un cerchio nero intorno agli occhi, alla nuca, al dorso fino al garrese, al collo, al petto sulle membra anteriori e sulla parte posteriore del corpo. Una striscia nera scorre dal collo sulle spalle e sui fianchi, allargandosi a mano a mano fino a diventare il colore dominante sui fianchi e sulla parte posteriore delle cosce. Il colore è determinato dall'estremità dei peli, perché la radice è di un colore chiaro-bianco-gialliccio; l'estremità del muso, le labbra, le piante dei piedi sono nude e di colore nero; le orecchie e la coda sono poco pelose. Gli individui giovani sono, invece, di colore giallo-bianchiccio e prendono la tinta dell'animale adulto soltanto nel secondo o terzo anno di vita. Tuttavia, anche fra gli adulti esistono alcune varietà di colore; in alcuni manca il cerchio nero intorno agli occhi; in altri le parti bianco-giallicce sono di un colore giallo-rosso o bigio. Il Cuguare vive nel Paraguay e nel Brasile, abita località solitarie e boscose lungo il margine dei boschi e nei cespugli; a volte, vicino alle abitazioni degli uomini. Poco si sa sulla vita di questo animale, che, tuttavia, si svolge prevalentemente sul terreno. Esso sa arrampicarsi anche sugli alberi, seppure con lentezza e assicurandosi prima con la coda. Per dormire si sdraia sul ventre, si assicura con la coda attorcigliata ad un ramo, posa la testa e il muso sul petto e li ricopre con le zampe anteriori. Il suo cibo è formato principalmente di formiche e di termiti delle specie che vivono sugli alberi. Il suo camminare è più rapido di quello dello Yurumi; ma, in complesso, anche questo è un animale tardo, stupido, dai sensi ottusi. La sua voce si ode molto raramente. La femmina partorisce in primavera un piccolo che porta a lungo sul dorso. Il Cuguare emana un fortissimo odore di muschio, che giustifica, appunto il suo nome di «puzzola del bosco», con il quale è noto fra gli indigeni. L'odore si fa più forte quando l'animale è molestato o inseguito. I negri e gli indiani mangiano la sua carne malgrado sia impregnata di quel pestifero odore; i cacciatori portoghesi e brasiliani, invece, usano soltanto la sua fortissima pelle.

Esemplare di tamandua

Esemplare di tamandua

FORMICHIERE DIDATTILO (Cyclopes didactylus)

E' l'ultima specie della famiglia dei formichieri. Ha la mole dello scoiattolo, misurando circa 39 centimetri di lunghezza di cui 18 appartengono alla coda. I piedi anteriori hanno 4 dita, gli altri cinque. Il pelame, morbido e sericeo, è nella parte superiore di un colore rosso volpino, bigio di sotto. I peli sono alla base bruno-bigi, di sopra sono neri e alle estremità sono bruno-gialli. Per la struttura somatica interna, il Formichiere Didattilo si discosta molto dai suoi affini. Anche per la bellezza della sua pelliccia si distingue notevolmente dagli altri della famiglia. E' diffuso nel Brasile settentrionale e nel Perù e vive sui monti spesso ad altezze superiori ai 700 metri sul livello del mare. E', tuttavia, molto raro. Pone la sua dimora nei boschi più folti, dove, a causa della sua piccola mole, sfugge all'occhio del cacciatore. Vive solitario o tutt'al più unito alla femmina solo al tempo degli amori. Di giorno dorme fra i rami; di notte raggiunge il massimo della sua operosità. I suoi movimenti sono goffi, impacciati e lenti. Si ciba di formiche, di termiti, di api e delle loro larve; ma, forse, mangia anche altri insetti che vivono sugli alberi. Nel pericolo, cerca scampo con la fuga: se è raggiunto, cerca di difendersi come può: ma la sua debolezza è tale che non può misurarsi nemmeno con nemici anch'essi deboli: soggiace perfino all'attacco di una piccola civetta. Non si sa nulla sulla sua riproduzione. Gli indiani ne mangiano la carne con grande gusto.

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