Animali Mammiferi Marsupiali.

Marsupiali: dasiuro gigante, peramele, scoiattolo volante dello zucchero

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Mammiferi - Marsupiali

Introduzione Dasiuri Tilacino (Thylacinus cynocephalus) Diavolo Orsino (Sarcophilus harrisi) Dasiuro Macchiato (Dasyurus maculatus) Tapoa Tafa (Phascologale tapoatafa) Antechino dai Piedi Gialli (Antechinus flavipes) Mirmecobio Fasciato (Myrmecobius fasciatus) Didelfi

Opossum (Didelphis virginiana) Filandro Granchiaolo (Philander crancrivorus) Sariga o Topo di Enea (Philander dorsiger) Chironete Variegato (Chironectes variegatus) Perameli Peramele Nasuto (Perameles nasuta) Peramele Fasciato (Perameles fasciata) Cheropo (Choeropus ecaudatus) Falangiste Belideo Scoiattolo (Belideus sciureus) Taguan (Petaurus taguanoides) Acrobata Pigmeo (Acrobates pygmaeus) Cusco Macchiettato (Phalanger maculatus) Falangista Volpina (Trichosurus vulpecula) Koala o Orso d'Australia (Phascolarctos cinereus) Canguri

Canguro (Macropus maior) Pademelon (Thylogale thetidis) Canguro Leporino (Lagorchestes leporoides) Canguro Rupestre (Petrogale penicillata) Canguro Orsino (Dendrolagus ursinus) Bettongia (Bettongia penicillata) Canguro Murino (Hypsiprymnus murinus) Vombati Vombato (Phascolomys ursinus)

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VITA DEGLI ANIMALI - MAMMIFERI - MARSUPIALI

DIAVOLO ORSINO (Sarcophilus harrisi)

Questo animale deve il suo poco lusinghiero appellativo alla sua incredibile ferocia e alla sua indomabilità. Tutti gli osservatori concordano nel dipingere come il più crudele, il più arrabbiato, il più feroce essere che si possa immaginare questo diavolo fra i marsupiali, di cui il malumore non cessa mai, e la cui collera, alla minima occasione, non ha l'eguale. Il Diavolo Orsino prigioniero, ed amorevolmente trattato, non smette le sue qualità, non impara mai a conoscere o ad amare colui che lo ciba o ha cura di esso, ma gli si avventa contro col medesimo furore, con la stessa insensata rabbia come contro ogni altro essere che gli si voglia avvicinare.

Malgrado la sua ributtante ferocia, il suo nome fa contrasto con la sua stupidità e lentezza. Il Diavolo Orsino dorme nell'angolo più riparato della sua gabbia e digrigna i formidabili denti e azzanna furiosamente intorno a sé, appena crede di poter danneggiare quel che gli si appressa; con tali escandescenze dà prova dell'unica operosità intellettuale di cui è capace.

Il Diavolo Orsino ha una corporatura tozza, depressa, più simile a quella dell'orso; capo breve, largo, gambe mezzane, piedi dalla pianta nuda e dita armate di lunghi artigli a falce, coda grossa, lunga press'a poco come la metà del corpo, con un'unghia all'apice, occhi piccoli, sfavillanti, rabbiosi, orecchie brevi e larghissime e lunghi mustacchi, sono i caratteri di questo animale. La lunghezza del corpo del Diavolo Orsino è di 60 centimetri, quella della coda è di 30. Il ruvido pelame è nero-bruno sulla testa, le parti inferiori e la coda; il petto, le gambe anteriori, il garrese e le cosce presentano fasce bianche che spiccano vivamente sul fondo scuro. L'impronta di questo disegno è sempre la medesima, sebbene si possano osservare notevoli variazioni nella forma e nella dimensione delle macchie chiare. La dentatura consta di file unite di denti senza intervalli, con fortissimi canini; il cranio si distingue per la brevità e la larghezza dalla parte del muso. Vero animale notturno, fugge la luce del sole col medesimo orrore del tilacino o del nostro gufo: sembra che la luce gli cagioni un vero dolore; così si è osservato nei prigionieri che, se si portano alla luce, essi cercano con visibile angoscia il luogo più buio della gabbia, accoccolandosi con la faccia opposta alla luce, e in tale atteggiamento tentano ancora di proteggere il loro occhio contro la dolorosa impressione della luce col moto continuo della loro pupilla. All'imbrunire lascia il covo e si avvia in cerca di bottino; allora si mostra relativamente rapido nei suoi movimenti e perseverante nel suo correre, benché in agilità e in pieghevolezza rimanga assai indietro alle viverre ed alle martore dell'Antico mondo che rappresenta nella Nuova Olanda. Il portamento e molti dei suoi costumi ricordano gli orsi: nel camminare posa tutta la pianta del piede; nel sedere si adagia come il cane sulla parte del deretano; porta il cibo alla bocca con le zampe anteriori.

Col suo consueto furore piomba su tutti gli animali che può ghermire e cerca la sua preda tanto fra i vertebrati come fra gli altri animali. Tutto quanto gli viene offerto dal mare o dalla povera terra gli va a genio, poiché la sua voracità può gareggiare col suo furore. Nelle scorrerie fa udire la sua voce che sta fra un latrato acuto e un brontolio. La sua voracità lo fa cadere spensieratamente in ogni trappola, ed abbocca ogni esca, sia pure un pezzo di pesce o di carne di vertebrato, o un conchifero, o qualche altro animale inferiore. Più difficile è dargli la caccia coi cani, perché, se si vede inseguito, spiega nella battaglia una incredibile ferocia, e si difende sino alla fine contro ogni forza superiore. Le sue robuste mandibole, la formidabile dentatura e il furore rabbioso, collegato alla compiuta temerarietà, fanno di esso un avversario che tiene vittoriosamente testa ad ogni cane.

Nella prigionia non muta indole, vale a dire che dopo anni è sempre così rabbioso e furente come il primo giorno della sua schiavitù. Senza motivo al mondo si avventa talvolta contro le sbarre della sua gabbia e dimena le zampe attorno, come se volesse sbranare sul luogo quelli che gli si avvicinano. I suoi scoppi di collera sono talvolta incomprensibili, perché scoppiano con le migliori cure, o contro gli animali più innocenti, più benevoli. Nel complesso, in questo animale si riconoscono una stupidaggine e una ottusità senza pari. Può essere mantenuto con cibi diversi, e sovente per giorni interi, unicamente con ossa che stritola facilmente con la sua fortissima dentatura. Il numero dei figli varia da tre a cinque, e la femmina li porta con sé per lungo tempo. Quanto alla riproduzione, è quella comune ai marsupiali. La sua carne somiglia a quella del vitello e gli indigeni, quando riescono ad ucciderlo, la mangiano saporitamente.

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DASIURO MACCHIATO (Dasyurus maculatus)

Il colore generale di questo animale, che appartiene al terzo genere della prima famiglia dei marsupiali, è di un bruno-fulvo, talvolta più chiaro-bianco inferiormente. Sopra tutta la parte superiore si trovano macchiette bianche, irregolari, divise, le quali sono più piccole sul capo che non sul corpo. Le orecchie alquanto aguzze sono moderatamente grandi e rivestite di corti peli neri. L'apice del muso è color carnicino. Il corpo dell'animale adulto ha la lunghezza di 40 centimetri e la coda è lunga 30 centimetri. L'altezza al garrese è di 15 centimetri.

Il Dasiuro Macchiato si trova soltanto nella Nuova Zelanda, dove è pressoché comune dappertutto. Le sue dimore predilette sono i boschi sulla spiaggia del mare, dove di giorno vive nascosto in buche sotterranee sotto le radici degli alberi e i sassi, oppure in tronchi cavi. Sull'imbrunire sbuca fuori in cerca di alimenti; mangia principalmente animali morti rigettati dalle onde, ma insidia ugualmente piccoli mammiferi o uccelli che nidificano sul suolo del bosco; in caso di bisogno si contenta di insetti. Naturalmente, non tralascia di visitare i pollai e sgozza senza compassione tutto il pollame che vi trova, secondo l'uso delle martore; deruba anche la carne e il grano nelle abitazioni umane. La sua andatura è strisciante e circospetta, e si svolge posando tutta la pianta del piede. Del resto, i suoi movimenti sono rapidi e agili; tuttavia si arrampica male e preferisce starsene a terra, sebbene a volte si compiaccia di dare la scalata a tronchi inclinati. Il numero dei suoi nati varia tra quattro e sei: nascono piccolissimi e rimangono a lungo nascosti nella borsa della madre perfettamente sviluppata.

Il Dasiuro Macchiato viene esso pure perseguitato col medesimo accanimento come gli altri marsupiali già descritti. E' assolutamente sconsigliabile averlo come prigioniero, perché è una delle più noiose creature che si conoscano. Non lo si può dire né buono né cattivo, né vivace, né tranquillo: è semplicemente noioso. La sua intelligenza è limitatissima: al custode non dimostra mai né riconoscenza né rancore; se qualcuno si avvicina alla sua gabbia, si ritira in un angolo, si copre il dorso e spalanca la bocca quanto più può. Per quanto possa apparire pericoloso, non vi è motivo di temerlo, perché non osa opporre alcuna resistenza: si limita a provare la sua commozione con un soffiare violento, che non si può nemmeno chiamare vero sbuffare, e non ricorre alla difesa più efficace che potrebbe derivargli dai denti. Nel mangiare non dimostra la voracità dei precedenti: se gli si porge un pezzo di carne, se ne impossessa solo con una certa premura, ne strappa un brandello, lo getta balzando in aria, lo raccatta e lo inghiotte. Se il pezzo non si presenta perbenino, l'accomoda con le zampe anteriori. Terminato il pasto, s'adagia sul deretano, poi si frega rapidamente le zampe l'una sull'altra e si pulisce tutto, il muso e il corpo: è un animale pulitissimo.

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TAPOA TAFA (Phascologale tapoatafa)

Questo marsupiale nella mole ricorda il nostro scoiattolo. La lunghezza del suo corpo è di circa 23 centimetri e 21 centimetri quella della coda. Il pelame lungo, morbido, lanoso, leggermente aderente alla pelle, è bigio nella parte superiore, bianco o bianco-giallo nelle parti inferiori del corpo. Un cerchio nero circonda gli occhi, una macchia più chiara sta loro sopra. Il mezzo della fronte ed il cranio sono più scuri, e i peli hanno l'estremità nera; le dita sono bianche. La coda è singolare, nel primo quinto della sua lunghezza è coperta di peli lisci aderenti che somigliano a quelli del corpo, mentre i quattro quinti rimanenti sono ornati di lunghi peli folti e scuri, e perciò la coda spicca sull'altra tinta del corpo.

Il Tapoa Tafa in apparenza è una avvenente ed innocua creaturina, incapace di arrecare il minimo danno. Quest'animale, invece, è un vero flagello per i coloni, un feroce, sanguinario, temerario predone, che s'inebria nel sangue degli animali da esso uccisi, e spinge le sue scorrerie sino nella parte più interna delle abitazioni dell'uomo. La sua piccolissima mole e la più piccola testa gli permettono di insinuarsi come una donnola per le aperture più ristrette, e se gli viene fatto di penetrare sino al luogo abitato dagli animali domestici, vi sfoga la sua ferocia in un modo incredibile. Né muro, né fosso, né siepi giovano contro l'importuna creatura: si vale della più stretta fessura, si arrampica, balza al di sopra delle mura e delle siepi e trova ovunque un passaggio, di sotto o di sopra, da questo o da quell'altro lato.

Fortunatamente, per i coloni, gli difettano i denti da rosicante del nostro topo, altrimenti non ci sarebbe porta capace di resistere alla sua voracità e desiderio di rapina. D'altra parte, se viene aggredito, si difende furiosamente e lascia ferite dolorosissime ai suoi assalitori; molti uomini ne hanno sempre fatto le spese, ed è per questo che il Tapoa Tafa è tremendamente odiato e perseguitato e dagli indigeni e dai bianchi.

La notte è il tempo che il Tapoa sceglie per uscire di casa in cerca di preda; tuttavia lo si vede anche di giorno quando è punto dalla fame. La sua agilità e la sua sveltezza sono grandissime, e si manifestano principalmente fra i rami degli alberi. La lunga coda gli giova assai come timone di contrappeso per mantenere l'equilibrio. Quest'animale è largamente diffuso nell'Australia e si trova tanto nelle pianure quanto nelle montagne, contrariamente alle consuetudini degli altri animali d'Australia che si limitano ad un'area di altezza determinata.

ANTECHINO DAI PIEDI GIALLI (Antechinus flavipes)

Questo animaletto appartiene al genere dei toporagni, quinto della prima famiglia dei marsupiali ed ha poco più di 13 centimetri di lunghezza di corpo, con la coda di 8 centimetri. Il pelame, folto e morbido, è bigio-cupo alla base, ma al di fuori nericcio con punteggiature giallicce, sui fianchi giallo-rosso e d'ocra, più chiaro di sotto; il mento ed il petto sono bianchicci, la coda è chiara, ma qua e là macchiettata di scuro.

MIRMECOBIO FASCIATO (Myrmecobius fasciatus)

Questo animale appartiene allo stesso genere dell'antechino, sebbene da molti venga considerato come appartenente alla famiglia dei Didelfi. Ha il corpo lungo, la testa molto aguzza, i piedi posteriori hanno quattro dita, quelli anteriori cinque; le gambe posteriori sono alquanto più lunghe delle anteriori. La femmina non ha borsa ventrale ma otto capezzoli disposti in circolo. Sorprende la ricca dentatura: il numero dei denti giunge a 52, oltrepassando così quello degli altri mammiferi, salvo qualche eccezione. Per la mole somiglia a un di presso al nostro scoiattolo comune: la lunghezza del suo corpo è di 26 centimetri, 18 centimetri quella della coda e 26 centimetri l'altezza. Un fitto pelame copre il suo corpo, la testa è breve, la coda lunga, nera ed ispida. Sotto i lunghi e piuttosto ruvidi crini traspare una lanugine folta e breve; il labbro superiore porta mustacchi sotto gli occhi. Il colore ed il disegno ricordano alla lontana il tilacino, ed hanno procacciato al Mirmecobio Fasciato il suo nome. Il colorito è singolarissimo: il giallo d'ocra della parte anteriore del corpo, che appare più chiaro per i peli bianchi che vi si trovano, tende, a mano a mano che si va indietro, al nero cupo, che domina nella metà posteriore del corpo, interrotto da nove fasce trasversali bianche o bianco-bigie. Le prime due fasce, che si trovano pressoché a metà del corpo, sono indistinte e si confondono con la tinta generale; le due che seguono sono invece distintissime; le quattro che vengono dopo sono commiste di peli del colore fondamentale la nona è di nuovo perfettamente netta e distinta. Tutta la parte inferiore è bianco-gialliccia l'inguine è giallo-fulvo pallido, le gambe sulla faccia esterna giallo-bruniccio pallide, bianche nell'anteriore. La testa presenta una tinta bruniccia, prodotta da peli neri, giallo-fulvi e bianchi. I peli della coda sono frammisti neri, bianchi o giallo d'ocra, giallo-fulvi alla radice, o neri coll'apice bianco. La lanugine è bigio-biancheggiante; il naso, le unghie, le labbra sono neri. Questo colore variegato fa sì che l'animale sia gradevole al nostro occhio. Il Mirmecobio è agile come i precedenti: se è spaventato e messo in fuga, si allontana rapidamente con piccoli balzi, portando la coda a mo' del nostro scoiattolo comune. La velocità della sua corsa non è estrema, ma la sveltezza e l'astuzia dell'animale compensano questo difetto. Nelle foreste vergini che la mano dell'uomo non ha toccate e che sono il suo soggiorno prediletto, esso trova sempre una cavità, sia in un fusto, sia sotto le radici, sia fra le rupi. E sa per bene, con una mirabile presenza di spirito, rintracciare simili ricoveri, anche durante il più accanito inseguimento, e difenderli con un'abilità pari soltanto alla sua costanza. Neppure il fumo, mezzo abituale cui ricorre il perfido uomo per attrarre alla luce del giorno un animale nascosto, opera sul Mirmecobio l'effetto desiderato, e ad ogni modo si stanca prima l'uomo a mantenere il fumo che non la bestia di respirare il vapore nauseante che appesta l'aria.

L'alimento principale del Mirmecobio è costituito da formiche: a tale cibo sembrano destinarlo in particolar modo le sue migliori armi che sono costituite dalle unghie acute e dalla lunga lingua. Esso protende la lingua a guisa del formichiere sotto la schiera brulicante, e, quando un buon numero di questi animaletti inviperiti vi si sono attaccati, la ritira lestamente nella bocca. Inoltre mangia anche altri insetti, e in alcuni casi persino la manna che sgocciola dai rami dell'eucalipto.

In confronto ai generi dei marsupiali carnivori sopra citati, il nostro animaletto è innocuo in sommo grado. Se vien fatto prigioniero, non pensa nemmeno a mordere o a graffiare, ma esprime il suo dispiacere soltanto col mezzo di deboli grugniti. Riconosciuto che ha l'impossibilità di sfuggire, si rassegna al suo destino: destino che generalmente ha presto fine, poiché l'uomo non può provvedergli in quantità sufficiente il cibo necessario.

Allo stato libero esso abita caverne d'ogni genere, alberi cavi, spelonche tra i sassi e colà partorisce pure i figli, il cui numero varia da cinque a otto.

DIDELFI

Questi animali sono marsupiali piccoli o di media mole, che giungono tutt'al più alla statura di un gatto, e spesso non superano quella del sorcio. Il corpo è compresso col muso più o meno aguzzo; gli occhi e le orecchie sono lunghe, la coda varia in lunghezza e generalmente è prensile, nuda all'apice; gli arti posteriori sono alquanto più lunghi degli anteriori, le zampe hanno cinque dita, il pollice talvolta è opponibile, e vi è un genere che ha le dita collegate da una membrana natatoria. Alla femmina di alcune specie manca la borsa, in altre esiste, mentre è più spesso aperta di dietro che davanti. Il numero dei capezzoli è assai variabile, ma generalmente considerevole. Nella conformazione dei denti si presenta l'impronta generale del carnivoro: i denti canini sono piuttosto sviluppati, i molari più o meno acuti e cuspidati, i falsi molari hanno due radici con tubercoli acuminati, i molari superiori hanno tre radici, gli incisivi sono più piccoli o più grossi, più aguzzi o più ottusi, mentre i due superiori di mezzo sono più grossi. La colonna vertebrale ha 7 vertebre cervicali, 13 dorsali, 5 o 6 lombari, 2 sacrali e da 18 sino a 31 vertebre caudali.

Nei tempi preistorici i Didelfi si trovavano anche in Europa, mentre attualmente abitano soltanto l'America. Vivono quasi tutti nei boschi o in folti cespugli, dove cercano un asilo negli alberi cavi, nelle buche sotterranee, tra le folte erbe e cespugli. Una specie abita le sponde dei piccoli fiumi e dei ruscelli, nuota benissimo e cerca rifugio in buche sotterranee. Sono tutti animali notturni e conducono una vita solitaria e vagabonda: solo al tempo dell'accoppiamento si trattengono con la femmina. Il loro incedere sul suolo piano, dove posano tutta la pianta del piede, è lento e incerto; i più possono, sebbene non senza fatica, arrampicarsi sugli alberi e sono quelli che hanno la coda prensile, con la quale possono appendersi ai rami e rimanere in tale posizione per intere ore. Quando fuggono, procedono a sbalzi. Fra i loro sensi l'olfatto è quello più sviluppato, mentre le loro facoltà intellettuali sono limitate, sebbene non difettino di una certa scaltrezza, e sappiano scansare per benino ogni sorta di trappole. Si cibano di piccoli mammiferi, di uccelli e delle loro uova, come pure di piccoli rettili, di insetti e delle loro larve, e di vermi; in caso di necessità mangiano anche frutta. I Didelfi che vivono nell'acqua mangiano generalmente pesci; le specie più grosse visitano le abitazioni dell'uomo e sgozzano tutti gli animali di cui possono impadronirsi; ne bevono il sangue e se ne inebriano con grande piacere. Lasciano udire la loro voce soltanto se vengono maltrattati; essa consiste in suoni singolarmente sibilanti. Se vengono inseguiti, non si atteggiano mai a difesa, e i più hanno la caratteristica di fingersi morti per non essere uccisi. Nell'angoscia spandono un odore di aglio forte e ripugnante. Sono molto prolifici, poiché il numero dei loro figli varia da 4 a 16. I piccoli nascono per la maggior parte in uno stato che sembra senza riscontro persino fra i marsupiali; le specie, le cui femmine posseggono una borsa perfetta, portano a lungo i loro piccoli; le altre, appena questi sono cresciuti un poco, li prendono sul dorso, e la brigatella si aggrappa con le unghie saldamente al pelame, oppure, il che è più frequente, aggrappano la loro coda alla coda materna. Le grosse specie sono dannosissime, mentre le piccole sono perfettamente innocue. Tuttavia, a causa del ributtante aspetto e dei peccati del grosso affine, sono tutte accanitamente odiate e perseguitate. I negri mangiano la loro carne; di alcune specie si fila il pelo. Il maggior numero di questi animali si avvezza facilmente allo stato di schiavitù ma il padrone ne ricava poco diletto: la loro operosità si limita a mangiare e a dormire.

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