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STORIA ANTICA - L'ITALIA PREISTORICA

I PRIMI STANZIAMENTI

Mentre in Oriente durante il III e il II millennio a.C. si erano sviluppate civiltà abbastanza complesse come quelle egizia e mesopotamica, nell'area del Mediterraneo occidentale vivevano una serie di popoli legati ancora ad usanze primitive. Queste genti, la cui fisionomia e le cui tradizioni ci sono ancora sconosciute, erano gli Iberi, i Galli, i Britanni e, in generale, i Mediterranei. La situazione nella penisola italica non era diversa: le popolazioni più antiche erano dette Liguri e, oltre alla Liguria, occupavano la Provenza e gran parte dell'Italia settentrionale e della fascia alpina. Durante il II millennio, i Liguri furono respinti lentamente verso la Liguria e la Gallia meridionale da gruppi di popoli indoeuropei che, dopo essere penetrati nella penisola, si installarono nelle zone più fertili ed accoglienti. Questi popoli, che avevano in comune solo il linguaggio, sono passati alla storia con i nomi di Veneti, Umbri, Sabini, Latini e Sanniti. Dunque anche nella penisola italica l'uomo ha vissuto la lunga fase del Paleolitico, come testimoniano i resti ossei dell'Uomo di "Saccopastore" e del Circeo, luogo in cui sono state ritrovate delle schegge di selce sapientemente lavorate. Durante questo periodo gli uomini si dedicavano intensamente alla caccia, alla pesca e alla raccolta del cibo e, per difendersi dagli animali e dal freddo, si riparavano in profonde caverne scolpite nella roccia. Si hanno inoltre tracce di riti funebri e propiziatori e sono stati ritrovati dei graffiti dell'epoca raffiguranti scene di caccia. Molto più ricca di dati è l'Età Neolitica, cominciata circa 9000 anni fa: durante quest'era, che in Italia durò fino al III millennio, l'uomo cominciò a costruire le prime capanne e ad utilizzare l'argilla per fabbricare oggetti di uso domestico, imparò ad allevare il bestiame, a coltivare i campi e ad intuire l'importanza della ruota come possibile mezzo di trasporto. L'Età Calcolitica ebbe inizio nel III millennio, con un forte ritardo rispetto all'oriente; soprattutto nelle zone interne del Lazio e della Toscana è stato registrato uno stato di vita ancora molto primitivo, anche rispetto agli altri popoli italici. La causa di questo progresso non omogeneo è probabilmente da attribuire allo scarso passaggio di mercanti in alcune zone rispetto ad altre che, beneficiando dei traffici mediterranei, furono maggiormente esposte agli influssi orientali. Durante il II millennio le popolazioni della penisola fecero un enorme passo avanti dando origine a forme di vita collettiva molto più avanzate ed organizzate. L'evoluzione, senz'altro sollecitata da infiltrazioni e contatti con altre culture europee, portò all'affermazione di due principali civiltà: quella delle "Terramare" o "Terremarne" (cioè "terre grasse") nell'Italia settentrionale e quella appenninica nel centro. La civiltà delle terramare è caratterizzata da particolari villaggi composti da capanne costruite su piattaforme sopraelevate: delle specie di palafitte su terra anziché sull'acqua. L'ordine geometrico e il perfetto allineamento di queste capanne denotano una volontà pianificatrice ed organizzativa, frutto di un certo tipo di incivilimento. Un'altra innovazione degna di nota introdotta dai popoli terramaricoli è la sostituzione della pratica dell'inumazione con quella dell'incinerazione; cioè il passaggio dall'usanza di seppellire i morti a quella di bruciarli. La civiltà appenninica, sviluppatasi sulle pendici montuose dell'Italia centrale, trasse beneficio dall'importante influenza della civiltà micenea, allora nel pieno sviluppo della sua attività marittima ed espansionistica.

I primi stanziamenti in Italia

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LE PRIME CIVILTÀ

Solo verso la fine del II millennio, cioè poco prima del 1000 a.C., nella nostra penisola incominciava l'Età del Ferro e, con essa, la storia vera e propria. Tra le civiltà che si svilupparono in questo periodo, riveste una particolare importanza quella detta "villanoviana", così chiamata dal luogo dei primi ritrovamenti, Villanova, presso Bologna. La cultura villanoviana, che fiorì nelle terre dell'Emilia, della Toscana e del Lazio, portò un enorme contributo alla civiltà italica introducendo innanzitutto un nuovo linguaggio di tipo indoeuropeo. Scoperte le tecniche della metallurgia e della lavorazione dei metalli in generale, ben presto i Villanoviani divennero dei maestri in quest'arte, grazie anche alla sovrabbondanza di materie prime offerte dalle miniere dell'isola d'Elba e dalle Colline Metallifere della Toscana.

Agli inizi del I millennio, pertanto, in Italia si costituisce una sorta di mosaico di popoli: quelli di origine mediterranea, che parlano lingue pre-indoeuropee, e quelli infiltratisi fra il II e il I millennio, che parlano lingue indoeuropee.

Fra i primi, cioè i popoli di origine non indoeuropea e quindi più antichi, citiamo:

- i Liguri (stanziati a nord-est);

- i Sardi (in Sardegna);

- gli Etruschi (che abitavano l'attuale Toscana e il Lazio settentrionale);

- i Fenici (che avevano basi commerciali in Sicilia e in Sardegna);

- gli Elimi e i Sicani (abitanti della Sicilia centro-occidentale).

Mentre tra i popoli di origine indoeuropea ricordiamo:

- i Latini (stanziatisi nel Lazio);

- i Siculi (nella Sicilia orientale);

- gli Osco-Umbri (accampatisi sul versante adriatico, sull'Appennino centrale e sul Preappennino tirrenico e suddivisi in numerosissime sotto-tribù quali i Piceni, i Sabini, i Sanniti, gli Equi, i Volsci, ecc...);

- i Veneti (stanziati nel Veneto);

- i Messapi (nell'attuale Puglia).

Di questa complicatissima situazione territoriale approfittarono, tra l'VIII e il VII secolo a.C., i Greci e i Galli che, discesi nella penisola, occuparono parte dei territori sopra citati. Più precisamente diremo che i Greci crearono una serie di colonie commerciali lungo le coste siciliane e lungo quelle di gran parte del Mezzogiorno, mentre i Galli, scacciando i Liguri e i Veneti, occuparono il territorio della Pianura Padana, dell'Emilia e delle Marche.

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GLI ETRUSCHI

Le origini degli Etruschi, che furono il primo popolo italico che riuscì a costruire una civiltà articolata e complessa, sono sempre state avvolte da un alone di mistero che ha originato una serie di ipotesi differenti. L'aspetto probabilmente più misterioso della civiltà etrusca è costituito dalla lingua che essi parlavano, di cui è poco nota la struttura grammaticale, benché sia stato decifrato l'alfabeto. Già nell'antichità (nel V secolo a.C.) lo storico greco Erodoto sosteneva che questo popolo provenisse dalla Lidia; di diverso parere fu Dionigi di Alicarnasso, che nel I secolo a.C. suppose che gli Etruschi fossero un popolo originario della penisola italica e quindi discendenti dai primi abitatori dell'Età Neolitica. Gli storiografi moderni sono propensi ad un orientamento intermedio, sostenendo che entrambe le tesi possano essere vere: ritengono infatti che gli Etruschi abbiano dato vita alla loro civiltà in Italia dove, attorno al 1000 a.C., sarebbero sbarcati alcuni gruppi di uomini provenienti dall'oriente. La fusione dei due popoli e delle differenti tradizioni avrebbe dato luogo a una civiltà sostanzialmente nuova e diversa, ricca di motivi orientaleggianti e di tradizioni linguistiche mediterranee. Gli Etruschi, stabilitisi in Toscana e nell'alto Lazio, non crearono mai uno Stato unitario sotto un unico governo ma, come d'altronde gli stessi Greci, mantennero come punto di riferimento dell'unità economica e politica la città. Le numerose città fondate dagli Etruschi, fra cui Perugia, Volterra, Cortona, Arezzo e Cere (l'attuale Cerveteri), pur mantenendosi autonome le une dalle altre, si costituirono in una sorta di confederazione che aveva scopi di carattere religioso e di comune difesa in caso di un attacco esterno. Questa confederazione, chiamata "dodecapoli", riuniva ogni anno i rappresentanti di tutte le città-stato per affermare, con la celebrazione di feste e di giochi comuni, l'unità religiosa del popolo etrusco. Le città-stato erano governate da un principe, chiamato lucumone, che deteneva il potere giudiziario e comandava l'esercito; verso la fine del VI secolo a.C. la sovranità del lucumone andò scomparendo e fu sostituita da quella dei magistrati annuali. Purtroppo, ancora oggi, non sappiamo nulla del funzionamento e delle regole che guidavano la collegialità dei magistrati; sappiamo che questi venivano chiamati zilath e che probabilmente ognuno di essi aveva un funzione diversa (da un'iscrizione su una tomba si è appresa l'esistenza di uno zilath che si occupava della popolazione non libera). Un altro gruppo di magistrati era costituito dai maru, che rivestivano funzioni politiche e sacerdotali insieme. Tra l'VIII e il VI secolo a.C. gli Etruschi attuarono una efficace politica espansionistica e riuscirono ad estendere il loro dominio sino alla Pianura Padana, al Veneto e alla Campania. Proprio in quest'ultima regione gli Etruschi fondarono una delle lo città più importanti, Capua, che contese vittoriosamente il controllo navale del mar Tirreno al popolo greco. Il dominio etrusco toccò anche il Lazio, dove a Roma fu imposta una dinastia di sovrani di stirpe etrusca, i Tarquini. Nonostante queste premesse, che potevano portare gli Etruschi all'unificazione di tutta la penisola sotto il loro dominio, anche per questo popolo cominciò il declino. Le tappe fondamentali della caduta del regno etrusco furono tre: nel 474 a.C. i Greci della colonia di Siracusa inflissero agli Etruschi la prima, pesante sconfitta, a Cuma, in prossimità della città di Capua; nel frattempo, nel 509, il popolo romano, capeggiato da Collatino e Giunio Bruto, si ribellò e cacciò Tarquinio il Superbo, l'ultimo sovrano di origine etrusca. Nel 396 a.C. il potente esercito romano vinse le difese della città di Veio e contemporaneamente il dominio etrusco sulla Pianura Padana venne usurpato dai Celti, che dalla Francia scesero a sud delle Alpi. Nel III secolo a.C., infine, il territorio dell'Etruria venne completamente occupato dai Romani ed entrò a far parte del grande impero capitolino.

L'espansione etrusca in Italia

L'espansione etrusca in Italia

LA CIVILTÀ ETRUSCA

Anche per la ricostruzione dei modi di vita e delle usanze etrusche, gli storiografi hanno trovato non poche difficoltà. La ragione di questi problemi è molto semplice: gli Etruschi non ci hanno lasciato molte testimonianze scritte e quelle poche che sono state rinvenute fra le rovine delle città non sono ancora state decifrate. Gli Etruschi utilizzavano un alfabeto che avevano imparato dai Greci di Cuma, per cui i loro segni fonetici ci sono noti; la difficoltà maggiore è costituita invece dall'interpretazione delle parole che vengono tradotte. Gli esperti sono riusciti sino ad ora ad individuare il significato di circa 300 parole, una cifra sicuramente esigua per poter capire il pensiero di un popolo. La causa di questo limite è dovuta al fatto che le uniche testimonianze sino ad oggi scoperte appartengono ad iscrizioni funerarie che, come possiamo immaginare, non sono molto ricche di termini. Per fare un esempio, è come se dovessimo ricostruire la nostra lingua avendo a disposizione solo i testi delle lapidi cimiteriali. Sarebbe necessario ritrovare un testo letterario vero e proprio da cui ricavare le altre nozioni che ancora mancano. Gli studiosi così, sono stati costretti a risalire alla cultura etrusca attraverso i manufatti, i dipinti e le testimonianze scritte di autori greci e latini. La vita economica etrusca si fondò in un primo tempo sull'agricoltura e sulla pastorizia, ma in seguito, con la scoperta della metallurgia, si orientò vero l'artigianato e la lavorazione dei metalli. Il ferro fornito dalle miniere dell'Elba e delle Colline Metallifere toscane, permise agli Etruschi di raggiungere una vera perfezione nei lavori di artigianato, tanto che i loro manufatti venivano esportati ovunque. Oltre alla lavorazione dei metalli, gli artigiani si dedicarono con molto successo alla lavorazione del cuoio e dell'oro e alla tessitura, procurando al popolo etrusco la fama di lavoratori abili e intelligenti. Questa fama fu ampiamente confermata dall'abilità ingegneristica di questo popolo. Le città costruite dagli Etruschi furono progettate secondo un disegno razionale e dotate di condotti sotterranei per la raccolta e lo scarico dei rifiuti. L'architettura etrusca toccò inoltre il massimo della sua perfezione con l'utilizzo degli archi a tutto sesto e delle volte. L'arco di Volterra, tuttora esistente, è il più celebre esempio di questa abilità, che si espresse anche nella costruzione di tombe sotterranee (i cosiddetti "ipogei"). Dagli architetti e dagli ingegneri etruschi, i Romani appresero le tecniche costruttive per la realizzazione di ponti ed acquedotti. La società etrusca, che aveva una struttura gentilizia e quindi basata sui privilegi nobiliari, ebbe la caratteristica di offrire alla donna un posto di rilievo nella famiglia, cosa che non accadeva né in Grecia né a Roma. In uno scritto di uno storico greco viene descritta con grande stupore la scena di un banchetto in cui una moglie siede accanto al marito. Non si pensi però che gli Etruschi fossero un popolo molto democratico e di mentalità aperta; anzi, sul piano strettamente socio-politico le loro concezioni furono molto arcaiche e fra le varie classi sociali vi era un divario incolmabile.

LA VITA RELIGIOSA

Gli Etruschi furono il primo popolo della nostra penisola ad immaginare e a definire una precisa serie di divinità da onorare e rispettare; divinità che più tardi furono per altro riprese dalla tradizione romana. La leggenda narra che la religione etrusca nacque dall'apparizione di un giovane (Tagete) ad un contadino, al quale vennero rivelati l'esistenza e il nome degli dei, che da allora furono venerati. Le tre maggiori divinità erano Tinia, Uni e Minerva, che vennero poi adottate dai Romani con i nomi di Giove, Giunone e Minerva. Le altre divinità, di valore secondario, erano Sathlans (Vulcano per i Romani), Turms (Mercurio), Turan (Venere) e Fufluns (Dioniso). Accanto a questi personaggi ben distinti e raffigurati a immagine e somiglianza dell'uomo, vi erano i cosiddetti dei involuti e dei consenti (o complici). Queste figure, avvolte nel mistero, rappresentavano l'ignoto e il fato su cui nulla e nessuno poteva comandare. Anche gli Etruschi, come i Greci, praticavano con grande impegno l'arte aruspicina, cioè la pratica dell'interpretazione della volontà degli dei attraverso lo studio del fegato degli animali sacrificati oppure attraverso il volo degli uccelli e il bagliore dei fulmini, ritenuti diretta manifestazione del volere degli dei. Il culto dei morti era molto importante: in esso particolare rilievo assumeva l'inumazione, cioè la sepoltura. Convinti che il defunto conservasse la propria individualità nell'aldilà, gli Etruschi concepivano il sepolcro come una vera e propria abitazione sotto terra. Così l'ipogeo (tomba sotterranea) era formato da una o due stanze perfettamente arredate con tavoli, sedie, letti e utensili domestici e di lavoro, e affrescate con vivacissime pitture rappresentanti scene di caccia e di danza. Nonostante questa visione apparentemente serena, l'oltretomba era sempre visto con la tristezza della morte ed immaginato come un tetro regno di penombra, dove lo spirito del defunto veniva a contatto con divinità infernali ed eroi mitologici. Le tombe sotterranee erano raggruppate in enormi necropoli nelle vicinanze di ogni città.

PICCOLO LESSICO

IPOGEO

In archeologia, qualunque costruzione sotterranea adibita ad abitazione, sepolcro o luogo di culto. Per la maggior frequenza dell'uso come sepolcro delle costruzioni sopraddette, la parola ipogeo è diventata sinonimo di tomba.

ITALIA

La nostra penisola assunse il nome attuale solo in età augustea; prima i Greci la chiamavano Esperia, ossia "terra d'occidente". Il nome Italia, che inizialmente fu attribuito solo alla zona dell'attuale Campania, deriva dall'usanza religiosa dei popoli di quel territorio. I Campani adoravano infatti come simbolo religioso un vitello (chiamato Viteloi oppure Itali). Il nome di questo animale, che in principio indicava solo la Campania, si estese a tutto il Mezzogiorno e in seguito a tutta la penisola.

LA FONDAZIONE DI UNA CITTÀ

Gli Etruschi consideravano la nascita di una città un evento molto importante, soprattutto dal punto di vista religioso. Essi sentivano la nascita di un centro abitato come una rottura con la natura circostante e quindi cercavano di propiziarsi gli dei per non provocare la loro collera. Per lo stesso motivo questo popolo, che immaginava che la parte del cielo verso nord-ovest fosse abitata da spiriti maligni, orientava di regola tutta l'urbanistica, e quindi le case e i templi, verso sud-est.

NURAGHI

Particolari abitazioni tipicamente sarde, appartenenti alla civiltà nuragica. I villaggi composti da queste imponenti fortezze di pietra con torri tronco-coniche e vani coperti con falsa cupola, appartengono all'età del bronzo.

VILLANOVIANO

Si dice degli aspetti della prima civiltà del ferro, propri del Bolognese e dell'Italia centrale tirrenica, diffusa a sud fino ai colli Albani e ad Anzio (civiltà villanoviana). Il nome deriva da Villanova, presso Bologna, dove, nel 1870, si esplorò un esteso sepolcrato di cremati, con poche tombe di inumati. Caratteristico del villanoviano è il cinerario o ossario di forma biconica, con la bocca coperta da una ciotola capovolta. Molto discusso è ancora a quale popolazione si debba attribuire questa civiltà. In seguito ai numerosi sepolcreti scoperti dal 1870 in poi, viene divisa in quattro fasi: quella si S. Vitale, la Benacci I (VIII sec. a.C.), la Benacci II (VII sec. a.C.) e quella di Arnoaldi (VI sec. a.C.).

RIASSUNTO CRONOLOGICO

ca. 9000-2500 a.C.: L'Italia vive la sua Era Neolitica.

ca. 2500-1800 a.C.: Età Calcolitica.

ca. 1800-1000 a.C.: Età del Bronzo.

ca. 1000 a.C.: Scoperta del ferro.

ca. 800-700 a.C.: Primi insediamenti Etruschi.

ca. 600-500 a.C.: Gli Etruschi occupano il Lazio, la Pianura Padana e la Campania.

ca. 509 a.C.: Cacciata dei Tarquini da Roma.

474 a.C.: I Siracusani sconfiggono gli Etruschi a Cuma.

396 a.C.: I Romani battono gli Etruschi a Veio. III sec.

a.C.: L'Etruria entra a far parte del dominio romano.

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