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GEOGRAFIA - ASIA - GEORGIA

PRESENTAZIONE

La Georgia confina a Sud con l'Armenia, a Sud-Ovest con la Turchia, a Sud-Est con l'Azerbaigian, a Nord con la Russia, mentre a Ovest è bagnata dal Mar Nero.

Ha una superficie di 69.500 kmq e una popolazione di 4.900.961 (2024) abitanti, con densità di 65 abitanti per kmq.

La popolazione è formata prevalentemente da Georgiani (83,8%), con importanti minoranze di Azerbaigiani (Azeri) (6,5%), Armeni (5,7%), Russi (1,5%), Osseti (0,9%) - stanziati nella regione autonoma dell'Ossezia -, Greci (0,3%) e Abhasi (0,1%).

Lingua nazionale è il georgiano.

Religione largamente prevalente è la cristiano-ortodossa. Già Repubblica federata nell'ambito dell'URSS, la Georgia, indipendente dal 1991, è una Repubblica presidenziale, con elementi federali; il presidente viene eletto a suffragio universale con mandato di 5 anni, e detiene anche il potere esecutivo.

Il Parlamento è composto da una Camera di 235 rappresentanti (tra cui 10 rappresentanti del Governo dell'Abhasia in esilio), eletti ogni 4 anni.

Secondo la Costituzione, è prevista, quando sarà ripristinata l'unità territoriale, la creazione di un Senato su base federale.

L'unità monetaria è il lari.

La capitale è Tbilisi (1.081.679 ab.).

IL TERRITORIO

Posta sul versante meridionale del Caucaso, che segna il confine fra Europa e Asia, la Georgia è da considerarsi asiatica per posizione geografica ma europea per cultura, costumi e popolazione.

Il Paese occupa la depressione tra il Grande Caucaso e i Monti Adzaro-Imeretinskij e del Trialet.

A occidente il territorio si affaccia sul Mar Nero con la fertile pianura della Colchide, attraversata dal Rioni, il più lungo fiume della Georgia.

Ugualmente fertili sono le vallate montane, in special modo la valle del fiume Kura che, nato in Turchia, attraversa la sezione orientale del Paese prima di entrare nell'Azerbaigian.

Il resto del territorio è dominato da imponenti catene montuose, che raggiungono le altezze massime nel Caucaso con i monti Usba (4.695 m) e Dombaj-Ulgen (4.066 m).

Il clima è generalmente mediterraneo sulla costa e via via più arido verso il confine con l'Azerbaigian.

Frequente il clima d'alta montagna mentre le vallate sono caratterizzate da una grande varietà di microclimi.

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Cartina della Georgia

Cartina della Georgia

L'ECONOMIA

L'agricoltura, sia sulla costa che nelle vallate montane, è ricca di prodotti pregiati, quali agrumi, tè, frutta, cotone, uva.

Non mancano i cereali, mais, frumento e avena.

La disponibilità di combustibili è data da piccoli giacimenti di carbone (Caucaso occidentale), lignite (Monti Adzaro-Imeretinskji) e petrolio; abbondante, invece, il manganese (Ciatura).

Abbondante e non completamente sfruttata è anche l'energia idroelettrica.

I giacimenti di idrocarburi sono scarsi, ma rivestono notevole importanza gli oleodotti che attraversano il Paese trasportando in Occidente il petrolio del Mar Caspio e dell'Asia centrale.

L'industria comprende impianti siderurgici (Rustavi e Zestafoni), meccanici (Kutaisi) e tessili, in particolar modo del cotone (Gori).

A Tbilisi vi sono invece aziende specializzate nella produzione di componenti aeronautiche.

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CENNI STORICI

I primi abitatori civili della regione furono dei popoli provenienti dalla Mesopotamia, i quali, nel VII sec. a.C., fondarono dei Regni indipendenti, presto conquistati dai Persiani.

Dopo la sconfitta persiana ad opera di Alessandro Magno, la regione, verso il 300 a.C., venne unificata in un solo Regno dal re Farnavazo.

Contesa dopo il 65 a.C. fra Romani e Persiani, la Georgia venne nuovamente divisa: la regione della Colchide, a Ovest, venne occupata dai Romani, mentre a Est il Regno di Georgia - rifondato nel 265 d.C. dal re Mirian - venne sottomesso dai Persiani a partire dal 300 d.C. Nel 337, il re Mirian d'Iberia adottò il cristianesimo come religione ufficiale; come la Chiesa armena, quella georgiana si separò da Roma nel 506, per formare la Chiesa nazionale di San Giorgio, con sede principale a Tiflis (oggi Tbilisi).

Da città secondaria, Tiflis divenne la capitale d'Iberia e quindi di tutta la Georgia dopo l'unificazione, che ebbe luogo nei secoli VII e IX.

Tra il VI e il X secolo, entrambi i regni furono sottomessi dai Sasanidi dell'Iran, da Bisanzio e dal califfato arabo, che si disputarono la regione.

La Georgia feudale prosperò nell'XI e nel XII secolo con il Regno di David, il Costruttore (1089-1125) e con quello della regina Thamar (1184-1213).

Nei secoli XII e XVI, la Georgia fu invasa dai tartari di Timur Lenk (Tamerlano).

Nel XV secolo il Regno si disintegrò in piccoli feudi, fu oggetto di disputa tra la Turchia e l'Iran.

Vi furono ribellioni anti-turche ed anti-iraniane (nel 1625, capeggiate da Georgi Saakadze, e nel 1629).

Nella seconda metà del XVIII secolo la Georgia entrò nella sfera d'influenza della Russia.

Con il Trattato di Georgievsk (1783) la Russia stabilì il suo protettorato sulla Georgia orientale, che fu annessa all'Impero russo nel 1801.

Nella seconda metà del XIX secolo la Georgia occidentale (Tiflis e Kutaisi) subì la medesima sorte.

Le province georgiane furono incorporate alla Transcaucasia, dove governava un viceré designato dallo zar.

L'annessione alla Russia portò una serie di conseguenze negative nella vita dei georgiani.

La lingua autoctona venne eliminata dai documenti amministrativi, proibita nella letteratura e nelle scuole, per essere sostituita con il russo.

La Chiesa di San Giorgio fu smembrata, i suoi patriarchi (cattolici) deportati e sostituiti da vescovi russi ortodossi.

Parallelamente, lo zar promosse l'insediamento di coloni russi in tutte le città georgiane.

Questo spiega la forza del movimento rivoluzionario in Georgia e le tendenze nazionaliste, populiste, marxiste e socialdemocratiche della regione dove iniziò la sua carriera politica Iosif Dzugasvili, conosciuto sin da allora con lo pseudonimo di Stalin.

Dopo un periodo di frequenti ribellioni, i georgiani ebbero un ruolo importante nella rivoluzione che scosse l'impero nel 1905. Allo scoppio della prima guerra mondiale, i combattimenti tra Russia e Turchia si svolsero nel Caucaso.

I georgiani formarono una legione per combattere al fianco dei turchi.

Nel febbraio del 1917, durante la nuova ondata di ribellioni causata dalla politica di guerra e dalla fame, i popoli del Caucaso rovesciarono il regime zarista.

In novembre, dopo la vittoria dei bolscevichi (socialisti sostenitori dell'insurrezione) a Pietrogrado, il potere in Transcaucasia rimase nelle mani dei menscevichi (socialisti favorevoli a cambiamenti graduali).

Di fronte a questa situazione, Stalin e un gruppo di compagni lasciarono il Caucaso per unirsi ai bolscevichi capeggiati da Lenin.

Nell'aprile del 1918, a Tiflis, il Governo unito della Transcaucasia annunciò la sua separazione dalla Russia sovietica.

Il 26 maggio 1918, la Georgia proclamò l'indipendenza, che Mosca riconobbe due anni più tardi.

Tra il 1918 ed il 1920, entrarono in Georgia truppe tedesche, turche e inglesi, che cercarono di rovesciare il regime socialista.

Nel febbraio del 1921 l'Armata Rossa occupò il territorio e instaurò il potere sovietico.

Il 25 febbraio fu proclamata la Repubblica socialista sovietica di Georgia, di cui faceva parte la Repubblica autonoma di Abkhazia.

Nel marzo del 1921 fu concluso il trattato di pace tra la Federazione Russa e la Turchia.

La Turchia cedette Batumi e la parte settentrionale dell'Adzheristan, che fu unita come Repubblica autonoma alla Georgia.

Nel marzo del 1922, Georgia, Azerbaigian e Armenia furono riunite nella Federazione Transcaucasica.

Un mese dopo fu formata la regione autonoma dell'Ossezia del Sud, come parte della Georgia.

Il 5 dicembre 1936 la Federazione si dissolse e la Georgia divenne una delle 15 repubbliche dell'URSS.

Stalin occupò la segreteria generale del Partito comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) nel 1922 e, dopo la morte di Lenin, divenne il massimo dirigente del partito e il capo dell'URSS dal 1928 in avanti.

Nel 1924, l'Armata Rossa dovette intervenire per reprimere una sollevazione contadina contro la collettivizzazione forzata.

Negli anni seguenti, il Paese beneficiò dello sviluppo culturale ed economico promosso dall'Unione Sovietica.

Altri georgiani entrarono a far parte del nucleo dirigente del PCUS, come Sergo Ordzonikidzegv, ministro dell'Industria pesante dell'URSS, e Lavrenti Beria, capo della polizia segreta (NKVD), fucilato dopo la morte di Stalin, nel 1953.

Nel 1953, Mosca nominò capo della polizia a Tbilisi Eduard Shevardnadze, un georgiano fino a quel momento dirigente della Gioventù comunista (Komsomol), mentre Vasili Mzhavanadze, l'uomo forte di Georgia, ottenne la carica di primo segretario del Partito comunista.

Implicato in casi di frode e corruzione, Mzhavanadze fu sostituito nel 1972 da Shevardnadze.

Da allora si ebbe una rinascita del nazionalismo, con manifestazioni in difesa della lingua georgiana e con atti di sabotaggio.

Nel 1978, la nuova Costituzione dell'URSS, che imponeva il russo come lingua ufficiale, ravvivò la protesta, ma Shevardnadze riuscì a ottenere l'abolizione di questa misura costituzionale.

Shevardnadze rimase alla guida del Partito comunista e del Governo della Georgia fino al 1985, quando fu nominato ministro degli Esteri dell'URSS.

Dopo il cambiamento introdotto sulla scena politica sovietica dal presidente Michail Gorbaciov, in Georgia sorsero movimenti e partiti che rivendicavano l'indipendenza del Paese, che consideravano perduta a partire dal 1921, con l'instaurazione del potere sovietico.

Il 9 aprile 1989, a Tbilisi, alcune unità dell'Armata Rossa dispersero i manifestanti che chiedevano la secessione della Georgia in base all'articolo 72 della Costituzione dell'URSS.

Il 28 ottobre 1990 si svolsero le elezioni per il Soviet (Parlamento) della RSS di Georgia.

Ottenne la vittoria la coalizione di partiti Tavola Rotonda-Georgia Libera.

Zviad Gamsakhurdia, un oppositore politico del regime sovietico, divenne il leader del blocco.

Per decisione del soviet, la RSS di Georgia cambiò nome in Repubblica di Georgia.

I problemi tra le diverse etnie si acuirono.

La regione autonoma dell'Ossezia del Sud si proclamò Repubblica.

Il soviet della Georgia annullò questa decisione, decretò lo stato d'emergenza e organizzò un embargo economico contro la regione.

Dopo gli scontri tra i guerriglieri dell'Ossezia e le truppe dell'interno della Georgia, nell'aprile del 1991, il soviet approvò l'atto d'indipendenza.

Il 27 maggio 1991, Zviad Gamsakhurdia fu eletto presidente della Georgia.

Nel settembre iniziò una lotta tra i sostenitori del presidente e l'opposizione, diretta da Dzhaba Ioseliani e Tengiz Kitovani, comandante della Guardia nazionale.

Dopo successive riunioni e manifestazioni il 6 gennaio 1992 i soldati di Kitovani assaltarono la sede del Governo.

Gamsakhurdia fuggì prima verso l'Armenia e, in seguito, si esiliò nella Repubblica autonoma di Cecenia.

Un consiglio militare capeggiato da Kitovani assunse il potere a Tbilisi e sospese la Costituzione della Repubblica.

Alcuni sostenitori del presidente deposto continuarono a combattere nella Georgia occidentale contro le forze del nuovo regime. Alla fine del gennaio 1992, un tentativo d'accordo per mettere fine alla guerra civile non ebbe esito favorevole.

Nel marzo del 1992, l'ex cancelliere sovietico Eduard Shevardnadze rientrò nel Paese per farsi carico della presidenza del Consiglio di Stato, organo supremo del Governo georgiano, con una delega concessa dal Consiglio militare fino allo svolgimento di nuove elezioni.

Shevardnadze dichiarò che il suo Paese avrebbe normalizzato i rapporti con la comunità internazionale e che avrebbe dato la precedenza alle repubbliche dell'ex URSS, anche se non si sarebbe unita immediatamente alla Comunità di Stati Indipendenti (CSI).

Il 28 giugno dello stesso anno cessò il fuoco in Ossezia del Sud, sotto la supervisione di contingenti russi, georgiani ed osseti.

Le autorità autonome dell'Abkhazia presero una decisione che limitava la giurisdizione del Governo centrale della Georgia: il 14 agosto, le truppe governative entrarono in Abkhazia e occuparono Suhumi.

Le autorità locali si rifugiarono nella città di Gudauta che divenne il fulcro della resistenza.

All'inizio del mese di ottobre, con l'appoggio dei volontari russi e di unità dell'esercito russo, le truppe governative estesero il controllo su una parte considerevole dell'Abkhazia e si avvicinarono a Suhumi.

La forza aerea russa cominciò a bombardare Suhumi all'inizio del 1993 e a metà marzo i combattimenti giunsero ai confini della città.

Il 28 giugno entrò in vigore l'armistizio firmato con la mediazione della Russia. Entrambe le parti dovevano ritirare le proprie truppe dalla linea del fronte e disarmarle.

A metà settembre del 1993 iniziò una potente offensiva da parte dell'Abkhazia, che prese i georgiani di sorpresa e culminò con la presa di Suhumi.

In novembre, sostenitori dell'ex presidente Gamsakhurdia lanciarono un'ampia offensiva, ma furono sconfitti con l'aiuto delle truppe russe.

In quello stesso mese, la Georgia entrò a far parte della CSI.

All'inizio del 1994 morì Gamsakhurdia che, secondo la versione ufficiale, si suicidò.

In febbraio, la Georgia firmò un trattato d'amicizia con la Russia e in aprile fu firmato a Mosca un trattato di pace con i ribelli abkhazi.

Nonostante l'avvicinamento alla Russia, Tbilisi entrò a far parte dell'Associazione per la Pace, promossa dalla NATO.

Nell'agosto 1995, il Parlamento approvò una nuova Costituzione, che definì la Georgia come una Repubblica presidenziale: in novembre Shevardnadze vinse le elezioni presidenziali e il suo partito, l'Alleanza dei cittadini della Georgia, conquistò 124 dei 235 seggi del Parlamento.

Nel 1996, l'economia entrò in una nuova fase di stabilità; il prodotto interno lordo registrò un aumento dell'8% e la produzione industriale aumentò del 10%.

L'inflazione annua fu del 30% e la moneta mantenne il suo valore nei confronti del dollaro.

Nonostante ciò, la disoccupazione continuò a essere alta: pari al 20%.

Il FMI e la Banca Mondiale destinarono fondi per appoggiare il piano economico.

Nonostante le proteste della Russia, la Georgia trovò un accordo con l'Azerbaigian per la costruzione di un oleodotto in territorio georgiano, al fine di facilitare l'esportazione del petrolio azerbaigiano.

Nel febbraio del 1998, un attentato contro il presidente Shevardnadze fallì di poco.

Il Parlamento chiese un'investigazione sulle basi militari russe situate in territorio georgiano; alcuni parlamentari non scartarono l'ipotesi della partecipazione di Mosca nell'incidente, per ostacolare la costruzione dell'oleodotto in territorio georgiano per il petrolio proveniente dall'Azerbaigian.

Quest'ultimo aveva scartato una proposta di Mosca, che intendeva far passare l'oleodotto dalla Cecenia, una regione autonoma della Federazione russa, dove l'esercito aveva schiacciato, negli ultimi anni, diverse ribellioni di gruppi armati indipendentisti, radendo al suolo intere città.

Nell'aprile 2000 Shevardnadze fu rieletto alla presidenza.

Nel luglio 2001, ad alimentare il clima di totale insicurezza della Georgia, si verificò l'uccisione a Tblisi della più famosa giornalista della televisione georgiana, la ventiseienne Georgy Sanaya che conduceva un programma molto popolare sul canale indipendente Rustavi-2, la sola tv indipendente georgiana, più volte critica nei confronti del presidente e del suo entourage.

La situazione già di per sé esplosiva del Paese venne ulteriormente aggravata dal riacutizzarsi delle tensioni tra Georgia e Repubblica secessionista di Abkhasia, dove, secondo Tblisi, avrebbero trovato rifugio molti guerriglieri ceceni.

Dopo gli attentati dell'11 settembre contro le Torri gemelle e il Pentagono, la sensazione di insicurezza crebbe ulteriormente in Georgia a causa di una serie di eventi non si sa fino a che punto connessi alla guerra contro il terrorismo (aerei abbattuti, gruppi armati in azione, bombe sganciate da velivoli misteriosi) e per l'intensificarsi degli scontri tra guerriglia georgiana e separatisti abkhasi.

Ai primi di ottobre fu abbattuto un elicottero delle Nazioni Unite, che precipitò in una zona impervia dell'Abkhasia: nove persone, tra cui sei osservatori ONU, persero la vita.

Alla fine di ottobre una imponente manifestazione a Tbilisi chiese le dimissioni di alcuni esponenti di Governo e del presidente Shevardnadze, a seguito di un'inchiesta condotta dai giornalisti di Rustavi-2, dalla quale erano emersi sospetti su possibili legami tra alti funzionari del Governo di Tbilisi e degli organi di sicurezza e il traffico di droga nella valle di Pankisi, dove avevano trovato rifugio anche gruppi di guerriglieri ceceni.

Subito dopo la diffusione dell'inchiesta la polizia si era recata improvvisamente nella redazione di Rustavi, ufficialmente per un accertamento fiscale, e aveva perquisito i locali.

La polemica che ne seguì costrinse Shevardnadze a destituire il ministro della Sicurezza nazionale Vakhtang Kutateladze.

Nel 2002, dopo che la Russia accusò la Georgia di dare rifugio a militanti ceceni nella valle del Pankisi, il Governo di Tbilisi si disse disponibile a impegnarsi a collaborare con Mosca alla lotta contro il terrorismo della Cecenia.

Nel 2003 le consultazioni per il rinnovo del Parlamento sancirono la vittoria del partito del presidente Shevardnadze.

I risultati vennero tuttavia contestati dall'opposizione, che scese per le strade, e dagli osservatori internazionali che, rilevando evidenti irregolarità, decisero di invalidare il voto.

L'assalto al Parlamento da parte dei sostenitori dell'opposizione indusse allora Shevardnadze a rassegnare le proprie dimissioni, sostituito dalla portavoce parlamentare Nino Burjanadze, che mantenne l'incarico di presidente della Georgia fino al gennaio 2004, quando si svolsero le elezioni presidenziali che decretarono la vittoria di Mikhail Saakashvili del Fronte democratico - Movimento nazionale.

Il partito del neo presidente si impose anche nelle consultazioni parlamentari di marzo. Nello stesso mese si acuirono i contrasti con la regione autonoma dell'Adzaristan dove il leader agiariano Aslan Abashidze, denunciando il pericolo di imminente invasione militare da parte di Tbilisi, mise in atto azioni di guerriglia che fecero ulteriormente salire la tensione con il Governo centrale georgiano.

In seguito all'ultimatum del presidente Saakashvili, Abashidze rassegnò le dimissioni e lasciò il Paese.

Nello stesso periodo, Tbilisi dovette fronteggiare la difficile situazione dell'Ossezia Meridionale, dove in agosto erano scoppiati violenti scontri tra le forze armate georgiane e quelle osseziane in seguito alla decisione del Governo centrale di invalidare le elezioni parlamentari osseziane.

In ottobre Tbilisi rese nullo pure l'esito delle consultazioni in Abhasia, che si erano concluse con la vittoria di Sergei Bagapsh, il quale, tuttavia, venne formalmente investito della presidenza della regione autonoma nel gennaio 2005, al termine di una nuova tornata elettorale.

Vice presidente fu nominato il suo maggior rivale, il filo-russo Raul Khadzhimba.

A febbraio la misteriosa morte del primo ministro Zurab Shvania, rinvenuto cadavere in un appartamento di Tbilisi, aprì una crisi politica superata con la designazione a premier di Zurab Noghaideli, ex ministro delle Finanze.

I mesi successivi furono caratterizzati da episodi di corruzione e malgoverno, che portarono alle dimissioni dei ministri delle Finanze e degli Esteri, e dai tentativi di Saakashvili di rinsaldare i rapporti con gli Stati Uniti (a maggio George Bush divenne il primo presidente statunitense a far visita alla Georgia), senza però alienarsi le simpatie della Russia, maggiore partner economico del Paese.

Tuttavia nel primo scorcio del 2006 la tensione tra Georgia e Russia tornò alta: in seguito alla votazione unanime del Parlamento georgiano a favore del ritiro del contingente di pace russo di stanza in Georgia e per la sua sostituzione con un contingente internazionale, Mosca decise ritorsioni economiche contro Tbilisi, sospendendo l'importazione di vino e acqua minerale georgiani.

LA CAPITALE

Tbilisi

(1.081.679 ab.). Capitale della Repubblica della Georgia, sorge alle pendici meridionali della catena caucasica. Centro culturale ed economico di rilevante importanza, Tbilisi deve il suo sviluppo alla posizione che la pone al centro di un crocevia tra Mar Nero, Mar Caspio, Armenia e Russia. Vi gravitano numerose industrie (meccaniche, tessili, alimentari e del legno). Tra i monumenti più interessanti della città, citiamo la chiesa di Ancischat (VI sec.) e la fortezza di Metech (XIII sec.). Fondata nel IV secolo, diventò capitale della Georgia per volontà di Vakhtang Gur Arslan. Conquistata dai Persiani verso la fine del VI secolo, fu in seguito presa dai Bizantini (626) e dagli Arabi (731). Nel 1122 fu designata capitale della Georgia da re David II. Nel XIII e nel XIV secolo fu più volte devastata da Mongoli e Tartari, quindi restò saldamente nelle mani persiane per quasi 400 anni (secc. XIV-XVIII).

Nel 1801 fu incorporata nell'impero russo. Dal 1918 al 1921 fu capitale della Georgia indipendente, quindi capitale della Repubblica socialista sovietica della Georgia (1936). Sede universitaria e dell'Accademia delle scienze.

Panorama di Tbilisi con il fiume Kura

Panorama di Tbilisi con il fiume Kura

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