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Geografia Italia

Demografia Veneto in cifre Istat

Presentazione Il Territorio Parchi Nazionali e Regionali Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo Parco Naturale del fiume Sile Parco Regionale Veneto del Delta del Po Parco Regionale della Lessinia L'Economia Cenni Storici Dalle origini al Medioevo Il periodo della Serenissima Dal Settecento ai giorni nostri

Il Percorso Artistico e Culturale Dall'antichità al Romanico Il Rinascimento Il Seicento e il Settecento L'Ottocento e il Novecento

Le Città Venezia Luoghi d'interesse Basilica di S. Marco Procuratie Vecchie e Nuove e Libreria Sansoviniana Campanile di S. Marco Palazzo ducale Ponte di Rialto Chiesa dei Frari S. Stefano S. Maria della Salute S. Sebastiano S. Maria Formosa Ca' Rezzonico

Le Città Belluno Padova Rovigo Treviso Verona Vicenza Itinerario Enologico Lungo il Brenta in Viaggio sul Burchiello Piccolo Lessico

Personaggi Celebri Centri Minori

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GEOGRAFIA - ITALIA - VENETO

PRESENTAZIONE

Il Veneto è situato nella parte nord-orientale della penisola. La sua superficie è di 18.391 kmq. Confina a Nord con l'Austria per un breve tratto, a Ovest con il Trentino-Alto Adige e la Lombardia, a Sud con l'Emilia-Romagna, a Nord-Est con il Friuli-Venezia Giulia e a Sud-Est è bagnato dal Mare Adriatico. Ospita una popolazione complessiva di 4.527.694 abitanti, con la densità di 246 abitanti per kmq. Il suo territorio prevalentemente pianeggiante è suddiviso in sette province: Venezia, Verona, Padova, Vicenza, Treviso, Rovigo e Belluno, di cui Venezia è il capoluogo di regione. Regione che in passato si presentava tra le più arretrate dell'Italia Settentrionale, negli ultimi decenni ha visto il decollo economico di alcune aree, mentre altre sono rimaste ai margini della vita produttiva.

Cartina del Veneto

Cartina del Veneto

IL TERRITORIO

La maggior parte del territorio è pianeggiante, poiché le colline ne occupano il 14% e le montagne il 29%. I monti partono da Nord e arrivano fino al Lago di Garda, formando due sezioni: quella alpina e quella prealpina. Alla prima appartengono i gruppi principali delle Dolomiti Orientali: la Marmolada (3.342 m), le Tofane (3.249 m), il Monte Cristallo, le Tre Cime di Lavaredo, le Pale di S. Martino e l'Antelao. Delle Prealpi fanno parte l'Altipiano del Grappa, arido e roccioso, e quello di Asiago (cima Dodici, 2.341 m), verde e fertile. A Sud sulla destra dell'Adige si innalzano il Monte Baldo (2.218 m), i Monti Lessini (Cima Carga, 2.263 m), il Pasubio e il Pian delle Fugazze. La pianura veneta è interrotta da due gruppi collinosi: i Monti Berici e i Colli Euganei, sistemi collinari tondeggianti di origine vulcanica. La pianura veneta, come la Pianura Padana, è distinta in due zone: quella alta, dove l'acqua dei fiumi è assorbita dal terreno, e che quindi risulta poco fertile ed arida; quella bassa, ricca di fiumi e canali che la attraversano, appare invece fertile e verde. A queste zone si aggiunge una terza fascia, posta lungo la costa, formata dalla Laguna Veneta e dal Delta del Po. Questi ultimi territori si presentano molto frastagliati, ricchi di aree sabbiose, isolotti affioranti, canali e acquitrini salmastri. In questo paesaggio terra, fiume e mare si confondono in un unico insieme, dai colori e dalla natura particolarissimi. Il Delta del Po fa parte del Polesine, fascia pianeggiante compresa tra l'Adige e il Po, che costituisce la provincia di Rovigo. In alcuni tratti il Polesine è posto addirittura al di sotto del livello del mare, poiché nella zona più orientale le acque tendono a invadere la pianura. I suoi abitanti hanno dovuto sempre combattere contro alluvioni e straripamenti e perciò hanno costruito canali per il deflusso delle acque, prosciugato e bonificato paludi, e rinforzato gli argini del Po e dell'Adige, che, in alcuni tratti, sono pensili, cioè scorrono al disopra del livello del terreno. Le zone bonificate fino ad ora sono soprattutto quelle occidentali; il drenaggio delle acque ha permesso di coltivare il suolo e di renderlo produttivo. Il Delta vero e proprio posto ad oriente, è formato da conche e valli poco profonde, ricche di pesce. I fiumi più importanti sono: Adige, Brenta, Piave e Livenza, che si gettano tutti nell'Adriatico e scorrono paralleli al Po. Il clima è rigido sulle montagne, con inverni molto freddi ed estati fresche, mentre è mite sul Lago di Garda e sulla costa adriatica.

Le Tre cime di Lavaredo

Le Tre cime di Lavaredo

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PARCHI NAZIONALI E REGIONALI

Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi

Istituito nel 1993 per tutelare le amenità del territorio circostante, ricopre una superficie di 31.512 ettari. Le aree di maggior interesse naturalistico si trovano principalmente sulle montagne e sugli altopiani, tuttavia luoghi straordinari sono anche lungo i fondovalle e nelle zone più accessibili. Le cime a Ovest sono ricoperte da manti erbosi (come la piramide del Monte Pavione, 2.335 m) e caratterizzate da detriti di falda, circhi glaciali e conche carsiche. Il Cimonega ha invece un'impronta tipicamente dolomitica. La zona dei Monti del Sole è quella più selvaggia e caratteristica: burroni profondi, piccole cascate, creste scoscese e rocciose, dirupi ricoperti da boschi. Anche il versante bellunese è caratterizzato dall'alternanza fra imponenti pareti dolomitiche (come il Burel della Schiara) e cime erbose (Monte Serva). Tipici delle Dolomiti più interne sono invece i versanti zoldani (Val Pramper e del Grisol) molto diversi dagli aridi e scoscesi pendii nella zona della Valle del Piave tra Ponte nelle Alpi e Longarone. All'interno del comprensorio si trovano due laghi artificiali, quello del Mis e quello de La Stua in Val Canzoi. Ricca è la fauna del parco: camosci, caprioli, cervi, mufloni, esemplari di lepre alpina, volpe, tasso, ermellino, donnola, martora, faina, scoiattolo, riccio. Tra gli uccelli, ben rappresentati sono i rapaci sia diurni che notturni, l'aquila reale, il gallo cedrone, il forcello, il francolino di monte, la pernice bianca e la coturnice. Numerose le specie di rettili (rane, salamandre nere, tritoni, vipere e altri). Anche la flora è molto abbondante e particolare, soprattutto nella zona più a Sud dove si trovano specie endemiche e rare. Il parco è caratterizzato da una notevole presenza di boschi di vario genere. Ad alta quota si trovano larici (vaste distese sono nella zona dei Piani Eterni, in Val del Melegaldo, sui Monti del Sole, sulla Schiara e nel gruppo del Prampèr, a quote variabili tra i 1.700 e i 1.900 metri), scendendo si incontrano boschi di abeti in prevalenza bianchi (degna di nota è la distesa nella conca di Cajada). Lungo i versanti esposti al sole crescono pini silvestri, a quote medie si trovano faggete mentre nella zona pedemontana ci sono i carpini neri. Le zone erbose e i pascoli sono al di sopra dei boschi di larice. Il territorio del comprensorio è segnato da alcune testimonianze di interesse storico quali la Certosa di Vedan, sull'omonimo lago, nel Comune di Sospirolo e le ex miniere di Valle Imperina nella zona di Rivamonte.

Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo

Costituito nel 1990, il Parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo ricopre un'area di 11.200 ettari. Il comprensorio comprende i gruppi montuosi della Tofana, Fanes, Col Bechei, Croda Rossa d'Ampezzo e Cristallo, divisi da valli strette a bassa quota ma aperte, sulle alture, in vasti altopiani adatti al pascolo. Due le valli che costituiscono i limiti a Sud dell'area protetta: la valle del rio Falzarego ad Ovest e la val Padeon ad Est. Le vette più elevate superano i 3.200 metri, tra queste la Tofana e il Cristallo sono caratterizzate da alte pareti rocciose, mentre i massicci di Fanes e della Croda Rossa presentano minori dislivelli intervallati da vasti altopiani carsici e praterie di alta quota. Dal punto di vista faunistico questa è una zona molto ricca. Buono il numero di caprioli, cervi, lepri ed ermellini. Tra i 1.500 e i 2.700 metri cospicua è la presenza di camosci e marmotte, più in basso si segnalano invece donnole, martore e volpi. Sporadico è l'avvistamento dell'orso, dello sciacallo dorato e della lince. Per quanto riguarda l'avifauna, nei boschi si possono trovare picchi e civette, importante anche la presenza del gallo cedrone, del francolino, del gufo reale e dell'aquila reale. I diversi ambienti del parco sono caratterizzati da una ricca vegetazione: le foreste di conifere si estendono lungo i fianchi delle valli interne dai 1.300 ai 1.900 metri di altezza. Fa eccezione la val Travenanzes, completamente priva di boschi di alto fusto a causa della asprezza dei versanti e della scarsa esposizione al sole. I fitti cespugli di pino mugo ricoprono invece le pendici rocciose. Notevoli sono le colonie di abeti rossi, più sporadici tassi, faggi e abeti bianchi. Nelle zone dove cresce il pino silvestre si registra un ricco sottobosco (tra cui degne di nota sono orchidee molto rare). Nelle praterie dove da secoli pascolano bovini e ovini, crescono specie endemiche come ad esempio il Semprevivo delle Dolomiti, usato come simbolo del Parco.

Parco Naturale del fiume Sile

Istituito nel 1991, il parco ricopre 4.159 ettari dalla sorgente fino alla foce del fiume, in prossimità di Pontegradi. Tre sono gli ambienti che caratterizzano l'area lungo il Sile, il più importante fiume italiano di risorgiva: una zona umida e paludosa circonda le sorgenti; un tratto tortuoso che giunge fino alla porte di Treviso e una fascia lagunare vicino alla foce. Nella zona delle sorgenti due sono le case veneziane da vedere: Villa Corner della Regina a Cavasagra, trasformata in albergo e Villa Marcello a Levada, visibile dall'esterno. Belli i mulini che si incontrano qua e là sugli argini, e i moli presenti lungo le rive (ad esempio a Silea) testimoniano un passato glorioso per il fiume, fondamentale per il trasporto fluviale. Degna di nota è la zona di Villapendola, raggiungibile attraverso un ponte pedonale e, più a valle, per mezzo di un ponte sopra un sistema di chiuse vinciane. Nel tragitto che va da Casier fino a Musestre, il fiume si snoda in meandri, rami secondari, ex cave che formano laghetti, e la vegetazione è piuttosto varia, si passa da manti erbosi lungo gli argini a folti pioppeti e coltivazioni varie. Il mezzo di trasporto migliore per visitare questa parte è la barca, e il tratto da Treviso a Venezia è molto caratteristico anche per le numerose ville, dimore e case di villeggiatura della nobiltà veneziana del Settecento.

Parco Regionale Veneto del Delta del Po

Istituito nel 1997, ricopre la zona del delta del fiume. Diversi sono gli ambienti che caratterizzano il comprensorio: la zona del delta suddivisa in due parti, delta attivo (è la parte più giovane, formatasi a partire dal 1604 quando i Veneziani realizzarono la deviazione del corso del Po nella località di Porto Viro, vicino a un altro paese Taglio del Po, che prende il nome proprio da quell'evento) e delta fossile (la parte più antica nella zona del Po di Volano dove il fiume sfociava in epoca medievale), la campagna, le dune fossili, gli argini, le golene, le lagune e le sacche, le valli da pesca e gli scanni. Ogni area ha una precisa configurazione e si differenzia sia per quanto riguarda la vegetazione che dal punto di vista faunistico. La campagna contigua al delta del Po è un'area bonificata, formatasi in seguito al prosciugamento di grandi superfici d'acqua vallivi; molto fertile, viene usata per coltivazioni agricole e orticole. Più ci si avvicina al mare più il terreno passa da torboso a sabbioso. Nella zona delle dune si incontrano lecci, abeti bianchi, frassini e ornielli, carpini, pioppi bianchi e salici bianchi; il paesaggio litorale è caratterizzato invece da pini domestici e marittimi. Gli argini, il punto più alto dell'ambiente circostante da cui è possibile ammirare l'intero paesaggio, sono spesso ricoperti da salici e pioppi, tra i fiori e le piante invece si registrano giunchi e rari esemplari di orchidee. La zona delle golene grazie all'elevato tasso di umidità, è ricca di vegetazione ed è rifugio per diverse specie di uccelli. Le lagune, bacini d'acqua salmastra non molto profondi e divisi dal mare da cordoni di sabbia o scanni e dal fiume da barene e da isolotti fangosi, sono ambienti adatti per l'allevamento delle cozze e vongole e di piccoli pesci. Sette sono le lagune del delta del Po (Caleri, Vallona, Barbamarco, Batteria, Burcio, Basson e Bonelli Levante) delimitate spesso da canneti, habitat perfetto per la nidificazione degli uccelli. Le sacche, aree nelle quali il mare riesce ad insinuarsi, sono caratterizzate da acqua salata e fondali bassi. Anche in entrambe le sacche del delta del Po (Sacca Canarin e Sacca degli Scardovari) si allevano cozze e vongole. Le valli da pesca sono ambienti salmastri dove lo scorrimento e la raccolta di acqua dolce e salata è regolato da un sistema di chiuse. Qui si allevano pesci (orate, branzini, cefali e anguille) che poi vengono pescati per mezzo di reti poste nei punti di passaggio. Gli scanni, isolette o penisole formatesi dalla sabbia portata dai fiumi e modellata dal vento e dalle onde, sono una sorta di barriera che salvaguardano le lagune dall'impeto del mare. Alcune sono diventate delle vere e proprie spiaggette (sulla parte rivolta verso il mare) attrezzate di tutto punto, altre invece nella parte interna (quella rivolta verso il fiume) sono ricoperte da canneti e vegetazione d'acqua salmastra.Tutto l'ambiente del parco è abitato da numerose e diverse specie avicole, si registrano infatti più di 370 varietà di uccelli tra nidificanti, migratori e svernanti regolari. Lungo il fiume si scorgono l'airone cinerino, il cormorano, lo svasso, la sgarza ciuffetto, la garzetta e il tarabuso; la zona delle golene e dei canali è popolata invece da aironi rossi, falchi di palude, e da alcuni passeriformi (soprattutto tra i canneti); nelle lagune e nelle valli da pesca si stabiliscono diversi tipi di sterne, gabbiani comuni e reali, il cavaliere d'Italia, l'airone rosso e altri ancora. Tra gli uccelli migratori si ricordano le folaghe e varie specie di anatre.Disparate sono anche le varietà dei pesci: lucci, tinche, carpe, pesci gatto e persico, triglie, passere, rombi e sogliole, pesci siluro.Pochi sono i mammiferi che vivono nella zona adiacente al delta: ricci, toporagni, arvicole d'acqua, nutrie e talpe. Numerosi invece i rettili (tartarughe terrestri, vipere e bisce) e gli anfibi (rane, rospi, raganelle, tritoni).

Parco Regionale della Lessinia

Il Parco naturale regionale della Lessinia, il cui intento è la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale e umano, fu costituito nel 1990. Comprende un territorio di 10.000 ettari circa, che corrisponde alla zona dell'altopiano superiore della Lessinia, da Verona fino al confine con la provincia di Trento. Quest'area è caratterizzata da una scarsa presenza di acque superficiali e da un elevato carsismo, come dimostrano le numerose doline, le grotte e le diverse cavità naturali (tra cui la celebre Spluga della Preta). Spettacolari le forme costituitesi naturalmente nella roccia calcarea (Ponte di Veja, Valle delle Sfingi), e le valli profondamente incassate. Numerosi e degni di nota sono i giacimenti fossili della Lessinia, disseminati in vari siti dell'altopiano e delle sottostanti valli (famoso quello della Pesciara di Bolca). Ma l'ambiente del comprensorio è caratterizzato anche da vaste praterie a pascolo, che si alternano ai fitti boschi e alle rocce delle zone più impervie. Pregevoli gli esempi di architettura spontanea (baite, malghe, ghiacciaie). Proprio in quest'aria si insediarono, a partire dal II secolo, i Cimbri, popolazione di origine bavarese dedita alle attività agricole della montagna. Dal punto di vista faunistico il parco è molto ricco: camosci, caprioli, cervi, lepri, marmotte e volpi; per quanto riguarda l'avifauna invece picchi, coturnici, civette, gufi, nonché l'aquila reale, il gallo cedrone, il francolino di monte e il fagiano di monte. Anche la vegetazione è molto consistente e notevoli sono i fiori (ciclamini, bucaneve, gigli, ranuncoli, ecc.) e i funghi.

L'ECONOMIA

Con il XX secolo l'economia della regione è cambiata radicalmente e il Veneto è passato da regione prevalentemente agricola a polo industriale. Ciononostante l'agricoltura riveste ancora una notevole importanza e impiega il 4% della popolazione. Grande diffusione ha la vite, che si coltiva lungo i dolci pendii collinari e che alimenta una fiorente industria enologica nota per i suoi vini prestigiosi. Numerosi sono i frutteti, soprattutto nella provincia di Verona. Ma la coltura più tipica del Veneto è il mais, di cui la regione detiene il primato produttivo nazionale; un tempo alimento base delle popolazioni povere, oggi questo cereale è utilizzato soprattutto come mangime nell'allevamento. Il granoturco è affiancato da riso, tabacco e barbabietola da zucchero. Ha un peso economico di un certo rilievo anche l'allevamento bovino e di animali da cortile. L'agricoltura, un tempo assente nel Basso Polesine, oggi si è estesa anche nelle parti più orientali, di recente bonifica. Lungo la costa anfibia, presso il Delta del Po, è sviluppata la pesca. Le attività industriali, che danno occupazione quasi a metà della popolazione attiva, sono concentrate soprattutto nell'area di Marghera-Mestre e nel triangolo Vicenza, Verona e Treviso. Nella prima sono localizzate industrie di base, cioè che lavorano materie prime importate dall'estero, come il petrolio. Si tratta di impianti siderurgici, chimici e petrolchimici. Nella seconda zona prevalgono industrie meccaniche (elettrodomestici in provincia di Treviso), tessili (Venezia, Valdagno e Schio), dello zucchero (Rovigo) e alimentari. Questo sviluppo industriale non ha egualmente interessato le province di Belluno e Rovigo, che restano al margine dell'economia regionale. Ciò è accaduto sia per le non facili condizioni ambientali, sia per le scarse risorse presenti, spingendo così molti veneti ad emigrare, alla ricerca di una vita migliore. Un certo rilievo possiede l'artigianato artistico, concentrato nelle isole di Murano (vetro soffiato) e Burano (merletti), presso Venezia. Infine vi sono modesti giacimenti di marmo (nel Veronese) e di lignite (nel Vicentino), a cui è legata l'industria estrattiva. Il polo industriale principale resta comunque Porto Marghera, il maggior centro chimico dell'area padana. Costruito nel periodo tra le due guerre e dotato di porto industriale, questo centro sorse con l'intento di localizzare degli impianti industriali risparmiando sia sul costo dei trasporti sia sull'energia elettrica, sfruttando quella fornita dalla regione e dal Trentino. L'alta concentrazione industriale nei pressi della laguna veneta ha creato numerosi posti di lavoro, ma ha anche prodotto conseguenze negative, inquinando il bacino idrico del capoluogo regionale, con gravi ripercussioni sul suo equilibrio ecologico. Notevole sviluppo ha il turismo e il terziario impiega oggi il 54,7% della popolazione; il punto di maggiore richiamo è Venezia, per il suo patrimonio artistico e ambientale, carico di storia. Ma anche gli altri capoluoghi sono ricchi di testimonianze del passato e attraggono numerosi turisti. A questi bisogna aggiungere le località termali (Abano Terme), quelle marittime (Iesolo, Caorle, Bibione) e montane (Cortina d'Ampezzo, Misurina, Pieve di Cadore), famosi centri di villeggiatura estivi ed invernali, che fanno del Veneto una delle prime regioni per impianti alberghieri.

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CENNI STORICI

Dalle origini al Medioevo

Il Veneto fu abitato all'inizio da popolazioni di origine indoeuropea: i Protoliguri. Seguirono i Protoveneti, o Euganei, provenienti dall'Illiria, che occuparono le Prealpi Venete e Carniche, assoggettando i Protoliguri. Gli Euganei vissero per secoli indisturbati, occupandosi di caccia e di pesca, finché i Reti da Nord, i Celti da occidente e i Veneti da oriente non invasero la regione; questi ultimi, poi, scacciarono Reti, Celti ed Euganei, rimanendo padroni incontrastati del Veneto. Durante l'assedio di Roma da parte dei Galli, i Veneti ne approfittarono per invadere la Pianura Padana occupata dai Galli. A tale notizia, Brenno, il capo dei Galli, lasciò frettolosamente Roma per il Nord; i Romani in seguito, per scacciare definitivamente i Galli dalla Pianura Padana, chiesero aiuto ai Veneti, i quali in cambio ottennero la cittadinanza romana ed un notevole benessere economico. Alla caduta dell'Impero Romano le conseguenti invasioni barbariche sconvolsero la regione. I Longobardi giunti nel 568, conquistarono prima Padova nel 601, poi Concordia nel 615, Altino nel 639 e Oderzo nel 667. Gli abitanti della terraferma, per sfuggire alle razzie, si rifugiarono nelle isole o nei posti ove il mare potesse proteggerli. Grado, Iesolo, le paludi di Pellestrina furono le prime isole occupate; poi fu la volta di Rialto, la futura Venezia. Questi territori divennero provincia bizantina e furono governati da un magistrato, detto magister militum, che poi fu sostituito dalla figura del doge. Il primo fu Paolo Lucio Anafesto, eletto nel 697. Nel 725 gli stati italiani si ribellarono a Leone III e Venezia ne approfittò per sottrarsi all'autorità dell'Impero d'Oriente, decidendo di eleggere il doge con un'assemblea popolare e promuovendo così il movimento che spinse in seguito altre città a divenire Repubbliche Marinare. Nell'800 Pipino re dei Franchi volle invadere la laguna, ma gli abitanti di Rialto attirarono le sue navi nelle secche lagunari, così che i Franchi, gettatisi in mare, furono costretti alla fuga. Con il trattato di Aquisgrana dell'812 Pipino lasciava Rialto all'Impero Bizantino; ciò rappresentò la salvezza della città, che si sottrasse quindi all'organizzazione feudale, conservando la sua indipendenza e la sua autonomia economica. Ciò le permise già nei secoli IX e X di assicurarsi il controllo della costa dalmata e inoltre di firmare con l'imperatore di Bisanzio la Bolla d'Oro, che le garantiva privilegi nei porti del Levante.

Il periodo della Serenissima

I traffici nei porti del Levante infastidirono l'altra potenza marinara, Genova, che intraprese contro Venezia una dura lotta per la supremazia nel Mediterraneo. Genova, inizialmente, sconfisse Venezia alle isole Curzolari, a Pola e a Chioggia, ma poi subì una sconfitta definitiva nei pressi di Chioggia (1380). Il massimo splendore Venezia lo raggiunse nel Quattrocento e nel Cinquecento ma, in seguito, essendosi inimicata tutte le potenze europee, fu da esse sconfitta.

Dal Settecento ai giorni nostri

Il declino di Venezia culminò col trattato di Campoformio, mediante il quale Napoleone la cedeva, insieme a tutto il Veneto, all'Austria (1797). Nel 1848 con Daniele Manin i Veneziani si ribellarono agli Austriaci e parteciparono alla prima guerra d'indipendenza. Il 5 luglio del 1848 Venezia votò l'annessione al Piemonte, che però tradì la sua richiesta firmando con gli austriaci l'armistizio di Salasco. L'indignazione e la delusione dei veneziani furono grandi; sempre con Daniele Manin si difesero strenuamente dall'assedio stretto dagli Austriaci, fino a che la città non fu costretta alla resa per fame nell'agosto del 1849. Soltanto nel 1866, a seguito della terza guerra d'indipendenza, il Veneto diventò parte del Regno d'Italia. Il dominio di casa Savoia non fu proficuo sotto l'aspetto economico, la pressione fiscale era maggiore di quella austriaca e i servizi inferiori. Alla perdita dei mercati dell'Europa centrale seguì un periodo di crisi economica. Dopo l'annessione al Regno d'Italia e sino alla I Guerra Mondiale ebbe luogo un'intensa emigrazione dal Veneto, in modo particolare verso Argentina, Brasile e Uruguay. Durante il primo conflitto molte zone della regione subirono gravi danni. Il fenomeno dell'emigrazione riprese nel primo dopoguerra, diretto nuovamente verso i Paesi dell'America Latina ma meglio organizzato. La II Guerra Mondiale provocò nuove distruzioni, soprattutto a causa dei bombardamenti aerei (particolarmente grave quello che colpì e rase al suolo gran parte di Treviso). Nel secondo dopoguerra riprese l'emigrazione che interessò, oltre ad Argentina, Uruguay e Brasile, Venezuela, Colombia, America, Canada e Australia. Flussi migratori si ebbero anche verso paesi europei quali la Germania, la Francia e il Belgio. Questo fenomeno si interruppe solo intorno agli anni ottanta del XX secolo, e da allora, il Veneto è diventato terra d'immigrazione. Molti dei nuovi arrivati sono in realtà cittadini italiani, che hanno lasciato il proprio paese negli anni della guerra e che ora fanno ritorno ai loro paesi; talvolta essi parlano una versione del loro dialetto più arcaica di quella ora utilizzata nella regione.

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