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La Regione Liguria

I parchi culturali

Parco letterario Eugenio Montale

Parco Culturale Lerici

Parco Culturale Val di Magra Terra di Luni

Le città

Genova storia arte provincia

Luoghi di interesse

Acquario Bigo Casa di Cristoforo Colombo Cattedrale di San Lorenzo La Città dei Bambini Complesso di Santa Maria di Castello Lanterna Palazzo ducale Palazzo del Municipio Palazzo reale Palazzo San Giorgio Porta di Sant'Andrea o Soprana

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I Musei di Genova

Galleria di Palazzo Rosso Galleria di Palazzo Bianco Galata Museo del Mare Galleria nazionale di Palazzo Spinola Museo del Tesoro di San Lorenzo Museo di Storia Naturale Teatro Carlo Felice

Imperia storia arte provincia

La Spezia storia arte provincia

Savona storia arte provincia

La Liguria dei poeti

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Mappa meteo

Google Map Liguria

La rocca di Rapallo

Panorama di Portovenere

Camogli: la città vecchia

Scorcio di Albenga con le torri medioevali

La darsena vecchia a Savona

La Spezia dalle alture che costeggiano l'arsenale

Porto Maurizio, il nucleo più antico di Imperia

Panorama di Sori

Genova: chiesa di Santo Stefano

Piazza della Vittoria a Genova

Dizionario

Liguria

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GEOGRAFIA ITALIA LIGURIA

I PARCHI CULTURALI

Parco Letterario Eugenio Montale

Per secoli gli abitanti di Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore hanno vissuto isolati nei loro paesi. Secoli di povertà, di fatica, di incursioni saracene: hanno ricamato le loro montagne che corrono ripide giù verso il mare, costruendo muretti a secco e terrazze per coltivare olivi e vigne, quelle "fasce" rubate ai pendii che, viste dall'alto, sembrano gironi infernali. Certo Montale era un osservatore del tutto particolare. La casa che i suoi genitori fecero costruire a Monterosso all'inizio del secolo, è proprio di fronte alle cave del Mesco. Il poeta ci trascorreva le vacanze con la famiglia, le sue estati da bambino. Passava ore affacciato alla balaustra del giardino. è il paesaggio delle Cinque Terre fino a Portovenere, l'elemento a cui ricorrerà spesso per costruire la sua poetica, un paesaggio invadente, sempre presente nella memoria, dal quale cercherà di liberarsi senza riuscirci mai. Il Parco Letterario Eugenio Montale, a cura della Fondazione Ippolito Nievo, cerca di far rivivere al visitatore le emozioni intense che Montale ha fermato sulla pagina: guide esperte accompagnano i visitatori tra le terrazze a picco sul mare, alla ricerca delle tracce lasciate dal poeta, mentre alcuni attori leggono le sue poesie.

Parco Culturale Lerici

Golfo dei Poeti: già nel nome di questo spicchio di Liguria è racchiuso lo spirito che anima gli itinerari letterari. Qui soggiornarono gli Shelley, e qui il loro struggente rapporto d'amore ebbe fine: Percy B. Shelley morì annegato vicino alle coste toscane, mentre Mary, l'autrice del "Frankenstein", lo aspettava nella villa di San Terenzo, situata di fronte al mare. Qui trascorse qualche giorno Lord Byron, qui scelse di fermarsi D.H. Lawrence, di qui è passata Virginia Woolf.

Parco Culturale Val di Magra Terra di Luni

La Val di Magra non è stata ancora presa di mira dal turismo di massa, anche se è uno dei posti più incantevoli della regione. è situata al suo limite estremo, laddove la Liguria si confonde con la Toscana. Il Magra, dopo essersi arricchito della acque del Vara, sfocia nel mare vicino a Luni, un tempo splendente città romana abbellita dal marmo delle Apuane. Le guide d'eccezione, che conducono il visitatore a percorrere l'itinerario attraverso i borghi della valle arroccati sulle colline, sono i classici Dante Alighieri, Petrarca, Boccaccio, Mary Shelley ma anche i poeti e gli scrittori del Novecento come Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Eugenio Montale, Elio Vittorini, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir, Vittorio Sereni, Franco Fortini, Giorgio Bassani, Mario Soldati, Mario Tobino, Giovanni Giudici, Maurizio Maggiani e l'editore Giulio Einaudi. L'itinerario parte da Ameglia e si conclude a Romito, attraversando Montemarcello; il monastero dei Benedettini di Santa Croce del Corvo visitato da Dante; Bocca di Magra, "posto di vacanza" degli intellettuali che hanno fatto la storia letteraria del dopoguerra; Fiumaretta, dove c'era un tempo la pista da ballo descritta da Marguerite Duras; Luni, decantata dai grandi poeti della tradizione; Ortonovo, il borgo immerso negli ulivi fonte d'ispirazione del poeta Ceccardo; Castelnuovo Magra, il paese di cui Maurizio Maggiani ha descritto la storia e Mario Soldati la cucina e i vini; Sarzana, delle cui bellezze parla Guicciardini e Mario Soldati; e poi Ponzano, Santo Stefano, Vezzano dove Mario Tobino ha ambientato La Brace dei Biassoli; Masignano dove prendono il sole le vigne predilette da Soldati; Arcola e Trebiano descritti da Simone de Beauvoir.

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Meteo Liguria

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LE CITTÀ

Genova

(604.732 ab.). La città di Genova, capoluogo della Liguria, si trova nel punto più interno del golfo omonimo ed è disposta ad anfiteatro digradante dalle colline verso il mare. Importante per l'economia della città è il porto che alimenta una notevole attività commerciale e industriale. Fra le principali industrie sono quelle siderurgiche, metallurgiche, meccaniche, tessili, alimentari, i cantieri navali, le raffinerie, gli stabilimenti chimici e farmaceutici.

STORIA.

Le origini della città di Genova sono antichissime e ancora oscure. Di certo si sa che fu fondata dai Liguri, popolazione costituita da famiglie isolate che si riunivano soltanto per difendersi dagli attacchi nemici. Il suo nome pare derivi dalla parola celtica genua, adito o entrata, in quanto sbocco sul mare e via d'accesso verso l'alta Italia e l'Europa centrale. La storia della città ha avuto inizio nel 205 a.C., anno in cui il cartaginese Magone, fratello di Annibale, la invase dal mare e la saccheggiò, distruggendola, a causa della sua amicizia con Roma. Due anni dopo furono proprio i Romani del pretore Spurio Lucrezio a portare a Genova 8.000 lavoratori allo scopo di riedificare la città, ingrandirne il porto e dotarla di una cinta muraria di protezione. Per questo motivo Genova restò fedele a Roma e diventò il centro commerciale e marittimo della Liguria. Rimasta indipendente, anche dopo le invasioni barbariche, per aver offerto asilo politico ai profughi lombardi e al vescovo di Milano, Genova fu conquistata e distrutta dal longobardo Rotari nel 641 e in seguito (773) fece parte dell'Impero di Carlo Magno, sempre godendo di notevoli privilegi.

Normanni e Saraceni ebbero spesso mire sull'importante porto ligure, tanto che questi ultimi attaccarono la città in forze nel 934. Genova si difese con coraggio e scacciò gli invasori, i quali però, a due soli anni di distanza, raggiunsero la città con un flotta ancora più imponente, la attaccarono, la saccheggiarono e fecero numerosi prigionieri. I Genovesi non si diedero per vinti e inseguirono i Saraceni fino all'isola dell'Asinara, ritornando in possesso dei beni e liberando i prigionieri. Il Medioevo è un periodo importante per la città, soprattutto per un evento storico eccezionale: le crociate. Intraprendenti e coraggiosi, i Genovesi parteciparono alle spedizioni in Terra Santa con notevole impeto, spinti anche dal desiderio di conquistare nuovi mercati in Oriente. A guidarli fu Guglielmo Embriaco (1099) che con la sua intelligenza contribuì efficacemente all'espugnazione di Gerusalemme. Nel 1155 Genova edificò una nuova e più imponente cinta muraria per difendersi da possibili attacchi di Federico I di Svevia, detto "il Barbarossa", il quale nel 1062 venne a patti con la città in cambio di un aiuto contro i Normanni. Nuove imprese furono inoltre attuate dai Genovesi contro i Mori di Spagna e di Barberia, imprese che si conclusero nel 1231 con le vittoriose battaglie di Almeria e Majorca. In questo periodo e fino al 1339, anno in cui fu eletto doge Simone Boccanegra, Genova fu caratterizzata dall'instabilità politica causata dalla rivalità fra le numerose famiglie nobili della città, ciascuna delle quali aveva una piccola porzione dell'abitato con i suoi palazzi, la sua piazzetta e la sua chiesa. Si passò così, alternativamente, dalla "Compagna" comunale ai consolati, dai governi dei podestà stranieri a quelli dei dogi, sempre sotto gli altalenanti protettorati di Milano e della Francia. Nonostante ciò, comunque, Genova rimase sempre uno dei massimi centri commerciali ed economici d'Europa, grazie al suo popolo di navigatori e di mercanti appassionati e spregiudicati. Il Cinquecento è anche noto, nella storia d'Europa, come il "secolo dei genovesi". In questo periodo, infatti, la potenza finanziaria della città e la sua situazione politica erano tali da farne una vera e propria potenza di livello europeo, capace di prestare denaro ai maggiori governi, dalla curia romana all'Impero spagnolo, alle grandi corti europee. Tutto ebbe inizio nel 1528, quando Andrea Doria, detto "il Principe", stanco di servire la Francia, che aveva allora la sovranità su Genova, si appoggiò all'imperatore Carlo V, allestì una flotta di dodici galee e conquistò la sua città. Da quel momento iniziò un periodo di grande splendore e ricchezza per "la Superba", anche grazie a una ritrovata tranquillità politica e all'eliminazione delle numerose fazioni avverse che da tempo si contendevano il potere. Dal 1528 al 1797, anno della definitiva caduta della Repubblica di Genova, non si ebbero più dogi perpetui, ma ogni doge stava in carica due anni. Ricca, importante e libera, come sempre aveva voluto essere, nel Cinquecento Genova si abbellì di straordinari edifici e di opere d'arte di grande valore. Lavorarono in città figure artistiche di grande livello come Pierin del Vaga, Galeazzo Alessi, Luca Cambiaso e Rubens. Del 1626-32 è l'edificazione dell'ultima e più possente cinta muraria genovese, progettata fra gli altri da Ansaldo de Mari e G.B. Baliani, eretta per proteggere efficacemente la città dalle preoccupanti aggressioni dei Savoia. Pochi decenni più tardi (1684) Genova fu oggetto di un bombardamento via mare da parte dei Francesi, mentre nel 1815 cadde sotto il potere del Regno di Sardegna. Durante tutto l'800 Genova vive un periodo di opacità, soprattutto dal punto di vista intellettuale, culturale e finanziario, ma nei salotti delle ville del genovesato iniziano a farsi breccia quei discorsi di libertà fondamentali per la nascita dell'Italia unita. Mazzini, Garibaldi, Cavour, questi i nomi dei personaggi storici che hanno dato vita all'unità del Paese. La storia successiva della città è strettamente legata a quella d'Italia, con lo scoppio della prima guerra mondiale, l'avvento del fascismo con la realizzazione della Grande Genova (1926) e con il secondo conflitto mondiale del quale la città porta ancora tracce indelebili. Nel '900 Genova perde un po' del suo carattere prettamente mercantile e, in particolare nel secondo dopoguerra, si rivolge, non senza reticenze, all'industria. Sorgono ferriere, acciaierie, industrie di base e zuccherifici, mentre riprende vigore l'importante settore della cantieristica navale. L'industria pesante resta comunque la più importante per tutta la seconda metà del secolo. In questo periodo la città si espande occupando le due valli laterali, Bisagno e Polcevera, e la costa, e raggiungendo, negli anni Trenta, i 239 kmq.

ARTE.

Stretta tra il mare e le colline appenniniche, la città ha assunto una particolare conformazione urbanistica estesa in lunghezza che alterna slarghi di ampio respiro (le signorili piazze della Vittoria, De Ferrari e Corvetto) a zone anguste intersecate da vicoli tortuosi, i tipici carugi. Il ricco patrimonio monumentale genovese si nasconde proprio qui, nel cuore della città bassa attorno al porto, dove ancora si può cogliere il vero volto popolare della vita cittadina. Il Medioevo è rappresentato dalle chiese di San Donato, romanica (1189), di S. Giovanni di Pré (XII sec.), di Santa Maria di Castello, romanica, con due bei chiostri quattrocenteschi, di San Luca (1138), S. Stefano, risalente al X sec., Sant'Agostino, (1260 circa) gotica, S. Matteo in stile romanico-gotico e interno rinascimentale (nella cripta, tomba del celebre ammiraglio Andrea Doria). La Cattedrale di S. Lorenzo, consacrata nel 1118, reca nella facciata evidenti influssi francesi (portali e rosone) e pisani (paramento a bande bianco-nere). Da visitare il Tesoro, che annovera tra i pezzi più importanti anche una coppa romana (I sec. d.C.) in vetro (Sacro Catino), identificata dalla tradizione col Santo Graal. Fanno parte dell'antico tessuto urbano medioevale anche il Palazzo San Giorgio (1260), le Case dei Doria, che si affacciano sulla piazzetta San Matteo, Porta Soprana (1155) con il chiostro di S. Andrea (XII sec.) e la piccola Casa di Colombo dove si ritiene sia vissuto il grande navigatore. Il periodo di maggior splendore per quanto riguarda la costruzione di nuovi palazzi residenziali per le famiglie patrizie più in vista della città è quello rinascimentale. Tra il XVI e il XVII sec. sorgono infatti i sontuosi palazzi Cambiaso, Parodi, Doria, Doria Tursi, Cataldi, Palazzo Bianco (ampliato e rimaneggiato nel XVIII sec., è sede di una notevole Pinacoteca con opere soprattutto fiamminghe e locali), Palazzo Rosso (anch'esso ospita un'interessante Galleria, celebre per le collezioni di ritratti di Van Dyck e dipinti di Caravaggio, Veronese, Tiziano). La Galleria Nazionale d'Arte Antica ospitata nei saloni di Palazzo Spinola (esempio fulgente di dimora gentilizia genovese) vanta tra i capolavori esposti un Ecce Homo di Antonello da Messina e la Madonna in preghiera di Joos van Cleve. Nel XVII sec. la famiglia Balbi aprì la propria strada monumentale con sontuosi edifici tra cui spicca il Palazzo reale, divenuto proprietà dei Savoia nel 1824 e sede di un Museo d'Arte. Eleganti esempi di architettura e decorazione barocche sono le chiese di S. Siro (rifacimento di una costruzione del X sec.); di S. Caterina, di S. Luca, con interno completamente affrescato, e della SS. Annunziata del Vastato la cui facciata è opera di C. Barabino. Da non dimenticare una visita all'ottocentesco Cimitero di Staglieno, (vi è sepolto Giuseppe Mazzini), al Palazzo dell'Accademia Linguistica di Belle Arti (1831) del Barabino con Pinacoteca; al Museo Chiossone di arte orientale e al Palazzo ducale, con facciata neoclassica di Simone Cantoni (1806).

Piazza della Vittoria a Genova

Piazza della Vittoria a Genova

Genova: chiesa di Santo Stefano

Genova: chiesa di Santo Stefano

Tour virtuale del porto di Genova (Browser IE8)

LA PROVINCIA.

La provincia di Genova (873.604 ab.; 1.838 kmq) comprende il versante meridionale e parte del versante padano dell'Appennino Ligure ed è bagnata dal Mar Ligure. Prodotti principali dell'agricoltura sono frutta e ortaggi, vino, olio, agrumi, cereali e foraggi. Le industrie, per lo più concentrate nel capoluogo, sono quelle meccaniche, tessili, chimiche, alimentari, delle costruzioni navali. Sono anche presenti cave di marmo, di ardesia, e di lavagna nonché giacimenti di pirite, rame e manganese. È tuttora presente la tradizione artigianale della lavorazione dell'oro, dell'avorio, del tombolo, del macramé, e delle sedie. Altra importante risorsa è il turismo, sviluppato soprattutto nelle stazioni balneari di fama internazionale e nelle località climatiche. Fra i centri principali ricordiamo Arenzano, Bogliasco, Camogli, Cavi di Lavagna, Chiavari, Cogoleto, Moneglia, Pegli, Portofino, Rapallo, Recco, Santa Margherita Ligure, Sestri Levante, Sori, Zoagli.

Panorama di Sori (Genova)

Panorama di Sori (Genova)

Luoghi di interesse

Acquario

Costruito in occasione di Expo '92, cinquecentesimo anniversario della scoperta del Nuovo Mondo, nell'area del porto Antico, l'Acquario di Genova fu progettato per la parte esterna dall'architetto genovese Renzo Piano e per gli interni dallo statunitense Peter Chermayeff. Aperto al pubblico il 15 ottobre 1993, è il più grande acquario d'Europa, e ogni anno accoglie circa 1.200.000 visitatori con le sue 71 vasche e i suoi 10.000 metri quadrati. Questi ultimi comprensivi della Grande Nave Blu dove a pesci e crostacei si affiancano rare varietà di rettili e piante provenienti dal Madagascar. L'Acquario di Genova è una struttura in continua evoluzione: i popolamenti e gli allestimenti delle vasche sono rinnovati costantemente. La sua missione è di sensibilizzare il pubblico alla conservazione e gestione razionale degli ambienti acquatici. Particolare attenzione viene dedicata al mondo della scuola, con attività didattiche ed educative conformi ai programmi ministeriali e realizzate in collaborazione con gli insegnanti.

Bigo

Ascensore panoramico, originariamente una gru montata sulle navi da carico, è stato trasformato da Renzo Piano nel simbolo architettonico del porto Antico di Genova, per offrire un panorama mozzafiato della città. Salendo su questo ascensore panoramico si può osservare la città a 360 gradi: è possibile ammirare la bellezza di Genova da un'altezza di 40 metri, grazie alla cabina rotante e trasparente di questo spettacolare ascensore. Levandosi al di sopra delle usuali prospettive la voce dell'accompagnatore richiamerà la vostra attenzione sulla storia e sulle caratteristiche delle principali strutture presenti nell'area: una panoramica sulla storia e sulla vita del famoso centro storico di Genova, che si estende sino a comprendere l'ormai famosa sfera di Renzo Piano, realizzata nel cuore del porto turistico, proprio di fronte all'acquario.

Casa di Cristoforo Colombo

In questa casa Colombo venne ad abitare, intorno all'età di 4 anni, nel gennaio 1455, e vi trascorse l'infanzia. Il 7 agosto 1473 suo padre Domenico la vendette. La casa di Colombo fu ricostruita dopo il bombardamento del 1684, che rase al suolo tre quarti di Genova. Oltre 10.000 bombe e proiettili furono scaricati su di essa, per sei giorni, dalla flotta di Luigi XVI, al comando di Abraham Duquesne. Nel 1887 la casa fu acquistata dal Comune di Genova, che da allora ne assicura la conservazione. Numerosi restauri sono stati effettuati sia nella casa sia nel quartiere dove essa si trova.

Cattedrale di S. Lorenzo

Più di mille anni da cattedrale: fondata nel sec. IX, fu preferita a S. Siro perché racchiusa nella prima cinta muraria. All'inizio del sec. XII ne fu avviata una ricostruzione in stile romanico: testimoniano tale fase, rimasta incompiuta, i due portali laterali, detti rispettivamente di S. Giovanni, accanto al Battistero e di S. Gottardo, affacciato su via S. Lorenzo. Il Duomo cominciò ad assumere l'aspetto odierno, prevalentemente gotico, nei primi decenni del '200, con la realizzazione, da parte di maestranze normanne, del primo ordine della facciata: caratterizzata, peraltro, da quel motivo a strisce orizzontali bianche e nere assai comune nell'area tirrenica. A tale periodo risalgono anche i due leoni stilofori e il cosiddetto arrotino, in realtà una figura di santo con meridiana. Verso la fine del secolo venne ultimato il secondo livello del fronte, con bifore; l'ordine superiore, ornato da polifore e dal rosone, sarebbe stato aggiunto nel '400, così come la loggia della torre sinistra. Il sec. XVI vide il completamento del campanile e la costruzione della cupola, progettata da Galeazzo Alessi, mentre nel 1840, conseguentemente all'apertura di via S. Lorenzo e all'abbassamento di livello della piazza, fu aggiunta la scalinata, cui fanno cornice due leoni a firma di Carlo Rubatto. L'interno, a tre navate, presenta sulla controfacciata un notevole affresco del primo '300 (Giudizio Universale e Glorificazione della Vergine). Sulla navata sinistra, subito dopo l'ingresso al Battistero, si apre la Cappella di S. Giovanni Battista, con un raffinato frontale eseguito nel 1451 da Domenico ed Elia Gagini; si devono invece a Matteo Civitali e Andrea Sansovino le statue al suo interno, che accoglie anche l'urna delle presunte ceneri del santo (inizio sec. XIII). In fondo alla navata, la Cappella Lercari è ornata da affreschi a firma di Giovanni Battista Castello (Assunta, Incoronazione di Maria, santi e profeti) e Luca Cambiaso (Sposalizio della Vergine, Presentazione di Gesù al tempio), datati 1565-69. Nella navata destra si segnala, oltre a un proiettile d'artiglieria caduto nella cattedrale e rimasto inesploso, durante un bombardamento del 1941, una pala (Crocifisso con Maria, Giovanni e S. Sebastiano) dipinta nel 1597 da Federico Barocci, custodita nella Cappella Senarega. Certamente degni di nota anche il coro ligneo, cui lavorarono Anselmo de' Fornari, Gian Michele Pantaloni e Francesco Zambelli (1514-46), e gli affreschi sul catino absidale e nella volta (S. Lorenzo che indica nei poveri il tesoro della Chiesa e Martirio del santo), eseguiti nel 1622-24 da Lazzaro Tavarone.

La Città dei Bambini

E' il più grande spazio ludico-didattico-educativo esistente in Italia per bambini e ragazzi di età compresa tra i 3 e i 14 anni. La Città dei Bambini di Genova è stata realizzata su concezione della Cité des Sciences et de l' Industrie di Parigi. Sono 2.700 mq. realizzati e gestiti pensando ai bambini. I percorsi, diversi a seconda delle età (3-5 anni e 6-14 anni), propongono elementi espositivi statici e dinamici con i quali bambini e adulti possono interagire per giocare e fare "piccole-grandi" scoperte divertenti e utili alla loro crescita. La Città dei Bambini propone un metodo semplice: "fare o fare insieme per scoprire ed apprendere mentre ci si diverte". I bambini hanno l'opportunità di esplorare in sicurezza un piccolo mondo dove avere stimoli e risposte utili ad ampliare il proprio orizzonte di conoscenze. L'adulto che li accompagna è chiamato alla funzione di mediare questo incontro. Sarà la sua sensibilità a fargli comprendere quando intervenire per spiegare e quanto stare vicino ai piccoli senza dare risposte ma sostenendo l'attesa che permetta loro di "trovare" risposte.

Complesso di S. Maria di Castello

Sul sito della chiesa odierna era sorto un tempio paleocristiano, assurto nei sec. X-XI al ruolo di concattedrale. Risale all'inizio del sec. XII, la costruzione dell'attuale edificio romanico, con pianta basilicale a tre navate e finto matroneo sopra gli archi: colonne e capitelli sono, in buona parte, romani (sec. II-III) e di reimpiego. Nel 1441 papa Eugenio IV assegnò S. Maria di Castello ai domenicani, che vi aprirono le cappelle delle grandi rasate cittadine ed edificarono l'annesso convento; la costruzione della cupola a pianta ottagonale, data al secolo successivo. All'interno della chiesa si segnala il Martirio di S Pietro da Verona nella quarta cappella destra, a firma di Bernardo Castello (1597). I lavori di maggiore rilievo artistico, però, sono racchiusi nelle sale dei Ragusei, dette così perché utilizzate, nei sec. XVI-XVII, da mercanti originari dell'odierna Dubrovnik. Accessibili attraverso la sagrestia (ingresso nel transetto destro), custodiscono, tra le altre opere, una Madonna col Bambino di Barnaba da Modena e un'Incoronazione della Vergine dipinta da Lodovico Brea (1513). Notevole interesse riveste anche il convento: sul secondo dei tre chiostri affaccia la Loggia dell'Annunciazione, con un superbo affresco eseguito nel 1451 da Giusto di Ravensburg. All'artista tedesco si deve l'ideazione dell'intero impianto decorativo dell'ambiente, con motivi a foglie fiammeggianti e tondi figurati. La Cappella Grimaldi, attigua alla loggia superiore, custodisce il grandioso polittico dell'Annunciazione, opera di Giovanni Mazone (1469). A sinistra della chiesa si innalza per ben 41 m la Torre degli Embriaci del sec. XII: è l'unica sopravvissuta a un'ordinanza, datata 1296, che limitava l'altezza di tutte le costruzioni cittadine.

Lanterna

Monumento simbolo della città, è stato nei secoli torre di segnalazione, di guardia armata, palcoscenico di funamboli, prigione. Oggi è semplicemente la "Lanterna": simbolo di Genova, unico faro ad identificare la città. Alta 76 metri, è costituita da una torre su due ordini di sezione quadrata, costruita in pietra naturale delle cave di Carignano, con terrazza aggettante alla sommità sia del primo che del secondo ordine. Secondo alcune fonti non ufficiali, nel 1128 venne edificata la prima torre, alta poco meno dell'esistente, con una struttura architettonica simile all'attuale, ma con tre tronchi merlati sovrapposti. Alla sua sommità venivano accesi, allo scopo di segnalare le navi in avvicinamento, fasci di steli secchi di erica ("brugo") o di ginestra ("brusca"). Nel 1318, durante la guerra tra Guelfi e Ghibellini la torre subì rilevanti danni alle fondamenta ad opera della fazione ghibellina; nel 1321 vennero effettuati lavori di consolidamento e venne scavato un fossato allo scopo di renderla meglio difendibile. La prima lanterna venne installata nel 1326; la lucerna era alimentata ad olio di oliva. Per meglio identificare la lanterna con la città, nel 1340 venne dipinto alla sommità della torre inferiore lo stemma del Comune di Genova opera del pittore Evangelista di Milano. Nell'assedio alla Briglia, forte fatto costruire dal re Luigi XII durante la dominazione francese su Genova, ubicato sullo stesso colle dove sorgeva la torre del faro, la torre venne centrata dai colpi di bombarda sparati dagli insorti genovesi e parzialmente demolita. Per trenta anni la bella torre rimase monca e la sua brillante luce non fu più di aiuto ai naviganti. Solo nel 1543 venne ricostruita e fu posta in opera alla sua sommità una nuova lanterna costruita con doghe di legno di rovere e ricoperta con fogli di rame e di piombo fermati con ben seicento chiodi di rame. Fu quella occasione che la torre assunse il suo aspetto definitivo. Nel 1565 si ritornò a lavorare sulla cupola per renderla stagna e nel 1681 si ricostruì la cupola con legno di castagno selvatico calafatando il tutto con pesce e stoppa e ricoprendola con fogli di piombo stagnati ai bordi sovrapposti. Nel 1684 durante i bombardamento di Genova ordinato dall'Ammiraglio francese Seignelai per ordine di re Luigi XVI, un colpo centrò la cupola distruggendone l'intera vetrata, che venne provvisoriamente ricostruita; nel 1692, la vetrata venne modifica aggiungendovi un nuovo ordine di vetri. A seguito dei ripetuti danni causati dai fulmini e dagli avvenimenti bellici nel 1771 la torre venne incatenata a mezzo di chiavarde e di tiranti che ancora oggi sono visibili all'interno. Nel 1778 venne dotata di impianto parafulmine che fu realizzato dal fisico P.G. Sanxais e nel 1791 vennero effettuati alla base della prima torre, lavori di consolidamento per renderla più stabile.

Dopo le lampade di metallo o di vetro a stoppino senza riflettore prima e con riflettore metallico poi, nel 1840 venne posta in opera un'ottica rotante su carro a ruote con lente di Fresnel il cui studio era stato eseguito dal Piana. L'accensione del fuoco, ancora ad olio di oliva, con la nuova ottica avvenne il 15 gennaio 1841. L'impianto si componeva di una lanterna del diametro di 4 mt., di forma dodecagonale a 4 ordini di cristalli piani sul lato verso mare mentre la parte verso monte, nel settore fra 110° e 290° era oscurata con lamiere di rame di forma circolare. Le principali caratteristiche della lanterna erano: luce bianca fissa con portata fino a 15 miglia a cui erano sovrapposti splendori intervallati di 1 minuto visibili fino a 20 miglia circa. Nel 1881 il faro di Genova venne potenziato in modo da ottenere la copertura della costa a Est fino al settore del faro del Tino ed ad Ovest fino al settore del faro di Capo Mele. L'apparato a riflettori metallici, in opera nella Lanterna dal 1841 venne sostituto con un sistema ottico composto da otto pannelli lenticolari che con la sorgerne luminosa alimentata con olio di oliva, fece aumentare di miglia 3.7 la portata luminosa del faro. Nei 1913 il sistema ottico a pannelli venne sostituito con una nuova ottica rotante sospesa in bagno di mercurio e avente un diametro di 1.840 mm costruita dalla ditta Henry Lepant di Parigi. La sorgente luminosa posizionata nel fuoco dell'ottica, ancora a vapori di petrolio fu potenziata a 520.000 candele decimali. La rotazione dell'ottica era ottenuta da un congegno ad orologeria e peso motore con autonomia di carica di 5 ore. Tale impianto senza ulteriori modifiche restò in servizio fino al 1936, quando il faro, in seguito all'elettrificazione, venne dotato di sorgente ad incandescenza con potenza luminosa 745.000 candele decimali, che aumentò la potenza luminosa a 33,3 mgl ne fu modificata la caratteristica luminosa che divenne a gruppi di due lampi con periodo di 10 secondi. Il Lanternino, che all'Unità d'Italia si trovava alla sommità della torre, a seguito degli ultimi avvenimenti bellici, della vetustà dei materiali della progressiva corrosione dei montanti dei cristalli e della cupola in rame ormai ridotti a pochi millimetri di spessore, della evidente deformazione della vetrata con conseguenti continue lesioni dei cristalli, dell'antiquata armatura girevole e non ultimo a causa della sagomatura della vetrata a vetri piani causa di anormale propagazione dei fasci luminosi, venne rimosso nel 1956, unitamente a tutti gli impianti, che furono sostituiti con quelli che ancora oggi vediamo.

Palazzo ducale

I Capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria fecero edificare il Palazzo degli Abati sull'area urbana preesistente fra le chiese di S. Lorenzo e S. Matteo. Nella nuova costruzione venne inglobato anche l'attiguo Palazzo con torre di Alberto Fieschi, acquistato dalla Repubblica nel 1294. Da questo nucleo si sviluppò il palazzo, che venne detto "ducale" dal 1339, quando divenne sede del primo Doge genovese, Simon Boccanegra. Parte della costruzione medioevale è oggi ancora visibile. Alla prima fase edilizia dell'edificio appartenne anche la "Torre del popolo", sopraelevata poi nel 1539, che domina tuttora sul centro storico genovese. Nel corso dei secc. XIV-XV il palazzo venne progressivamente ampliato con l'aggiunta di nuove costruzioni, fino a chiudere sui quattro lati la piazza antistante. La struttura medioevale scomparve con i lavori del XVI sec., quando venne conferita al palazzo una nuova fisionomia, più adeguata all'importanza e al cerimoniale della nuova Repubblica oligarchica. Nel 1591 venne affidato al ticinese Andrea Ceresola detto il Vannone l'incarico di ricostruire il palazzo. All'intervento di quest'artista si deve l'impostazione generale del nuovo edificio, caratterizzato da un grandioso atrio coperto, fiancheggiato da due cortili porticati. Al Vannone è attribuito anche l'ampio scalone che si divide in due rampe contrapposte e collega l'atrio con le logge del piano nobile. La rampa di Ponente immette negli ambienti di rappresentanza, con le Sale del Maggiore e Minor Consiglio e gli Appartamenti del Doge. Qui si trova anche la cappella dogale, un semplice vano rettangolare interamente decorato da Giovanni Battista Carlone (1653-55). Nella volta un ciclo di affreschi rappresenta la Madonna incoronata Regina di Genova. L'intento celebrativo delle glorie genovesi attraverso la pittura è evidente soprattutto negli affreschi delle pareti laterali, con episodi gloriosi della storia genovese inseriti in una cornice architettonica dipinta a trompe l'oeil. Della fase decorativa seicentesca si conserva anche l'affresco di Domenico Fiasella sulla rampa di sinistra dello scalone, con le figure di Dio Padre con Cristo morto, della Madonna e dei Santi protettori della città. Nel 1777 un grave incendio distrusse alcune parti del palazzo. La decorazione del Salone del Maggior Consiglio venne irrimediabilmente rovinata. Successivamente, nel 1875, Giuseppe Isola affrescò nella volta un'allegoria del commercio dei Liguori. La ricostruzione del corpo centrale dell'edificio venne affidata al ticinese Simone Cantoni, affermato architetto neoclassico. Il Cantoni progettò anche la decorazione interna degli ambienti di rappresentanza: il salone del Maggior Consiglio fu coperto con un'enorme volta a botte con testate a padiglione, ornata di stucchi. Le pareti furono ritmate da una serie di paraste con capitelli in stucco e basi di marmo giallo. La Sala del Minor Consiglio fu ornata con lesene scanalate in stucco dorato e gli affreschi furono affidati al Ratti, pittore che utilizzava bozzetti di Domenico Piola. Gli interventi effettuati nel XIX e agli inizi del XX secolo hanno contribuito a falsare l'originaria fisionomia del palazzo, che venne avulso anche dal suo contesto urbanistico. Con la costruzione della nuova piazza De Ferrari, prospiciente il lato Est del palazzo, Orlando Grosso vi realizzò appositamente una facciata con decorazioni pittoriche. Alla sua riapertura (14 maggio 1992) il Palazzo ducale di Genova, con 38.000 mq di superficie e 300.000 mc di volume, costituiva il più esteso intervento di restauro realizzato in Europa. Il progetto di Giovanni Spalla ha portato al recupero dell'architettura tardo-cinquecentesca del Vannone, senza tuttavia distruggere le testimonianze della vita del palazzo attraverso i secoli (strutture medioevali, intervento del Cantoni, facciata del 1935).

Palazzo del Municipio

Sede di grandissimo prestigio per il Comune di Genova, sistemato dal 1848 nel palazzo (1565-79) già conosciuto come Doria Tursi. Balzano subito all'occhio le straordinarie dimensioni del fronte, dalla lunghezza tre volte superiore a quelli simmetricamente uguali degli altri palazzi: segno della potenza del committente Nicolò Grimaldi, principale creditore del sovrano spagnolo Filippo II. Furono Domenico e Giovanni Ponzello a ideare lo scenario di scala, introduzione a un cortile colonnato con scalone a due rampe per il loggiato superiore. Alla decorazione dei prospetti, già esaltati dal gioco di marmi bianchi, pietra rosa e lastre d'ardesia, partecipò anche Taddeo Carlone, cui si deve l'imponente portale. Nel 1596 il palazzo passò ai Doria, che l'anno successivo avviarono la costruzione delle logge laterali e la sistemazione del giardino. Ulteriori interventi si ebbero nel 1820, che vide l'aggiunta della torretta dell'orologio e nel 1960-65, con la realizzazione, sul fianco della collina di Castelletto, del Palazzo degli Uffici, progettato da Franco Albini e Franca Helg. Di fronte a tanto splendore architettonico, sorprende non poco l'essenzialità dell'apparato decorativo. Compensata dalla presenza, nella Sala della Giunta, di un violino (1742) appartenuto a Niccolò Paganini.

Palazzo reale

Appellativo derivatogli dai Savoia, venuti in possesso dell'edificio (1643-55) nel 1824. Ed è degno in tutto e per tutto di una reggia lo spettacolo al di là del portale d'ingresso, definito dall'intervento di Carlo Fontana (1705): con i prospetti laterali, dipinti a vivaci colori, che cingono il cortile d'onore. Sullo sfondo, oltre un fornice a tre arcate, un giardino pensile affacciato al mare, con un pavimento a mosaico di ciottoli dicromi recuperato dal demolito monastero delle Turchine. Lo scalone di sinistra sale al piano nobile, che accoglie la Galleria nazionale di Palazzo reale. Affreschi seicenteschi e raffinati arredi dei sec. XVIII-XIX fanno cornice a importanti opere d'arte: connubio particolarmente felice nella fastosa Galleria degli Specchi, dove spiccano quattro statue (Giacinto, Clizia, Amore o Narciso Venere) di Filippo Parodi e un gruppo marmoreo (Ratto di Proserpina) eseguito da Francesco Schiaffino. La Sala delle Udienze accoglie, invece, due dipinti di gran pregio, quali il Ratto di Proserpina di Valerio Castello e il ritratto di Caterina Durazzo, a firma di Antonie Van Dyck: autore anche del Crocifisso custodito nella camera da letto del Re. Seguono, nella sala successiva, due tavole di scuola fiamminga (S. Caterina e gli Eretici, S. Agnese condotta alla casa di piacere), opera del cosiddetto Maestro dell'Adorazione dei Magi di Torino. Senza dimenticare le sete, dipinte da Giovanni Francesco Romanelli a imitazione di arazzi, alle pareti della Sala della Pace.

Palazzo San Giorgio

Il Palazzo delle Compere di S. Giorgio, situato tra i portici della Ripa (l'odierna via Sottoripa) e piazza Banchi, ha rappresentato a lungo il fulcro dell'attività marittima e commerciale della città. Il palazzo, esempio di architettura civile medioevale ricostruita, rimane il simbolo dei momenti gloriosi della storia della Superba. L'edificio originario venne costruito nel 1260 dal monaco cistercense dell'abbazia di S. Andrea di Sestri (l'odierna Sestri Ponente), frate Oliverio, per ordine del Capitano del Popolo Simone Boccanegra. Per la prima volta, la città si dotava di una sede politica separata da quella civile e religiosa, gravitante ancora sulla Cattedrale di S. Lorenzo. Il duecentesco palazzo fu sede del Comune solo per due anni, sino al 1262, quando Simone Boccanegra fu deposto e mandato in esilio. Nel 1451 il palazzo divenne sede del Banco di S. Giorgio, una delle banche più efficienti ed organizzate d'Europa, che gestì l'economia della Repubblica di Genova sino al XVII secolo. Nel 1570 il palazzo venne ampliato verso mare, con l'aggiunta di un nuovo corpo sul lato orientale. Nelle nuove sale furono collocate le statue dei protettori delle Compere di S. Giorgio, tra cui quella di Francesco Vivaldi. Tra il 1606 e il 1608 Andrea Semino (1525-1594) e Lazzaro Tavarone (1556-1641) affrescarono le facciate principali e laterali del nuovo corpo; nel 1912 Ludovico Pogliaghi ridipinse le facciate e i suoi disegni servirono da modello per i lavori di ricostruzione pittorica dei prospetti eseguito nel 1989 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici. L'edificio fu restaurato nel 1899 dall'architetto di origine portoghese Alfredo D'Andrade che vi intervenne con l'intento di ripristinare l'intero nucleo medioevale. D'Andrade riaprì la loggia sul versante di piazza Banchi con il vestibolo e la sala (da lui chiamate del Capitano del Popolo e La Manica Lunga) e sistemò un nuovo portale sul lato a mare. Lo scalone d'onore fu aggiunto dell'architetto Marco Aurelio Crotta. Dal 1904 il palazzo è proprietà del Consorzio Autonomo del Porto di Genova, oggi Autorità Portuale.

Porta di S. Andrea o Soprana

Oggi segna il confine tra il centro storico e l'abitato moderno, posizione che, insieme all'oggettiva bellezza, ne ha fatto uno tra gli scorci più celebri del capoluogo ligure. Il baluardo, già compreso nella cinta del sec. IX, venne riedificato nel 1155, con forme simili alla coeva porta dei Vacca: tra le due torri, dalla pianta semicircolare, si apre perciò un varco ad angolo acuto, con archetti marcapiano, merlature e cammino di ronda.

I Musei di Genova

Galleria di Palazzo Rosso

Arrivati all'apice della potenza verso la metà del '600, i Brignole-Sale non poterono sottrarsi al fascino di "Strada Nuova". Richiese sei anni di lavori (1671-77) la sistemazione dell'edificio, con due piani nobili destinati a essere spartiti fra altrettanti assi ereditari; sulla facciata, un paramento a conci rossastri da cui il palazzo avrebbe preso il nome. Non da meno gli ambienti interni, che conferiscono ulteriore fascino alle opere raccolte nell'istituzione. Aperta da un ritratto d'Uomo (Principe moscovita) già attribuito a Pisanello, e oggi riferito al Giambono; è invece autografo il ritratto di Giovane eseguito nel 1506 da Albrecht Dúrer. Nella sala successiva è conservata una splendida Giuditta con la testa di Oloferne del Veronese, cui seguono un'Annunciazione di Ludovico Carracci e il S. Sebastiano di Guido Reni; superba anche la Morte di Cleopatra a firma del Guercino. è poi il turno di Orazio Gentileschi (Madonna col Bambino dormiente), Mattia Preti (Clorinda libera Olindo e Sofronia), Bernardo Strozzi (La cuoca, Madonna col Bambino e S. Giovannino) e del Grechetto (Viaggio della famiglia di Abramo), prima di salire al piano superiore, che si apre con un bozzetto (Fetonte al cospetto del padre Apollo) di Gregorio De Ferrari, relativo all'affresco già sulla volta del salone, distrutto dai bombardamenti del 1942: cui, per fortuna, scamparono le Allegorie di stagioni eseguite dallo stesso De Ferrari (Primavera, Estate) e da Domenico Piola (Autunno,Inverno). Degna cornice per i superbi ritratti di Geronima Brignole-Sale con la figlia Aurelia, di Anton Giulio Brignole Sale e di Paolina Adorno Brignole Sale, capolavori di Antoine Van Dyck.

Galleria di Palazzo Bianco

Altra residenza voluta dai Brignole-Sale, e impostata da Giacomo Viano (1712-16) sul modello di Palazzo Doria Tursi: con esito, invero, non troppo felice, testimonianza di un'architettura dalla vena creativa ormai inaridita. Considerazione certamente non valida per la galleria, che propone, nella prima sala, un pallio d'altare (scene della vita dei Ss. Lorenzo, Sisto e Ippolito) donato nel 1261 dall'imperatore d'Oriente Michele VIII Pateologo. I due ambienti successivi accolgono, rispettivamente, opere di pittura genovese e italiana del '500. Seguono quattro sale dedicate ai fiamminghi, a partire da Hans Memling (Cristo benedicente) e Gerard David, cui si devono i tre scomparti di un polittico (Madonna col Bambino, S. Gerolamo, S. Mauro abate e Crocifissione); per continuare con Jan Provost (Annunciazione), Jan Metsys (Carità), Peter Paul Rubens (Venere e Marte) e l'immancabile Van Dyck, rappresentato dal Cristo della moneta e dal Vertumno e Pomona. La visita continua con una sezione riservata a Caravaggio (Ecce Homo) e ai suoi seguaci, che precede una raccolta di pittori spagnoli, dove si distinguono la S. Orsola e la S. Eufemia di Francisco Zurbaràn. Da qui in avanti la galleria si concentra sugli artisti genovesi dei sec. XVII-XVIII: accanto ai nomi la S. Cecilia e la S. Teresa in gloria), il Grechetto (Crocifissione) e Valerio Castello (Madonna del Velo), rivestono particolare interesse i lavori di Gioacchino Assereto (S. Francesco in estasi), Giovanni Andrea Ansaldo (Salomè offre a Erodiade la testa del Battista) e Alessandro Magnasco, autore del celebre Trattenimento in un giardino d'Albaro.

Galata Museo del Mare

Vicino all'Acquario, il Galata Museo del mare ha sede nell'antico Arsenale, in cui la Repubblica di Genova costruiva e varava la propria flotta. I quattro piani dell'edificio, realizzati in epoche diverse, hanno attraversato quattro secoli di storia, utilizzati nel tempo come fonderia di cannoni, laboratorio di veleria, piazzaforte militare, e deposito per le merci. Guillerme Vazquez Consuegra, l'architetto spagnolo che ha curato il progetto Galata, fa rivivere l'antico edificio avvolgendolo in una nuova "pelle" di cristallo, acciaio e legno, e creando un gioco di trasparenze che regalano inaspettati scorci sulla città circostante. Realizzata secondo una concezione museale che prevede cambiamenti ed evoluzioni, questa esposizione presenta la storia della navigazione genovese dal XV secolo fino agli anni '30 del Novecento e unisce le esigenze del rigore scientifico alla spettacolarità delle ambientazioni. Particolare attenzione è dedicata a tutti gli elementi della cultura materiale (costruzione della nave e vita a bordo) con una straordinaria raccolta di strumenti da lavoro e oggetti di uso comune che alla funzionalità della tecnica uniscono il design della forma.

Galleria nazionale di Palazzo Spinola

Fu costruito dai Grimaldi (1593) l'edificio sede dell'istituzione, posto a separare le piccole piazza inferiore e piazza superiore di Pellicceria, sulle quali rivolge due ingressi contrapposti. Donato allo Stato nel 1958, conserva arredi barocchi e decorazioni di grande pregio, con una preziosa Galleria degli Specchi, al secondo piano, decorata da affreschi (Venere e Bacco con Amore, Pan battuto da Amore, trionfo di Galatea) a firma di Lorenzo De Ferrari. Scenario adeguato per una quadreria di notevole prestigio, aperta da una Risurrezione attribuita a Tintoretto; nella sala successiva si distinguono il ritratto di monaca di Bernardo Strozzi e il Viaggio di Abramo del Grechetto. Repertorio ancora più ricco al piano superiore, con il secondo salotto che accoglie i quattro Evangelisti di Antonie Van Dyck, cui si affiancano l'AmorSacro e AmorProfano di Guido Reni e lo Sposalizio della Vergine, opera di Valerio Castello. Pezzi pregiati della terza sala sono, invece, un bozzetto (Ultima Cena) di Giulio Cesare Procaccini e la Vergine in preghiera di Joos van Cleve. Il terzo piano è riservato alle opere non comprese nella donazione degli Spinola, con due capolavori quali l'Ecce Homo di Antonello da Messina e il ritratto equestre di Gio Carlo Doria eseguito da Peter Paul Rubens. Senza dimenticare due dipinti (Ss. Erasmo e Cerolamo, Santo Vescovo e S. Pantaleo) a firma di Carlo Braccesco, una raffinata specchiera (Mito di Paride) di Filippo Parodi e la Giustizia scolpita da Giovanni Pisano per il sepolcro di Margherita di Brabante.

Museo del Tesoro di S. Lorenzo

Sistemato in quattro ambienti sotterranei, un vano centrale a pianta esagonale e tre thòloi innestati sui vertici alterni, fu progettato nel 1956 da Franco Albini. Tale scenario, con i muri rivestiti di pietra nera di Promontorio, confernsce ulteriore fascino ai reperti in mostra: a partire dal Sacro Catino, simbolo dell'istituzione, tradizionalmente identificato con il Santo Graal ma in realtà opera d'arte islamica (sec. IX). All'epoca romana (sec. I) data invece il piatto di S. Giovanni, in calcedonio: lo smalto raffigurante la testa mozza del Battista e la legatura in argento dorato furono aggiunte nel '400. Nella stessa sala, sono conservate l'arca delle Ceneri del Battista, opera di Teramo Danieli e Simone Caldera (1438-45), tuttora impiegata per la processione del 24 giugno, e l'arca del Barbarossa, che si vuole donata alla cattedrale da Federico I nel 1178. Di grande rilievo anche la croce degli Zaccaria, reliquiario bizantino (sec. X, ma rifatto nel '200) in lamina d'oro con gemme e perle orientali: secondo la tradizione, i frammenti di legno al suo interno apparterrebbero alla croce di Cristo.

Museo di Storia Naturale

Il Museo di Storia Naturale prese vita il 24 aprile 1867, quando il Consiglio Comunale approvò all'unanimità la proposta del marchese Giacomo Doria relativa alla sua istituzione. Fondatore, e quindi direttore del Museo per oltre quarant'anni, Giacomo Doria (1840-1913) è iniziato alle Scienze Naturali da padre Armand David, futuro esploratore della Cina e del Tibet, e da Luigi De Negri, futuro preparatore del Museo. Si tratta di un uomo di grande iniziativa, animato da sincera passione naturalistica, che dedicò all'Istituzione la sua preziosa attività di studioso e organizzatore, sostenendola anche con gran parte del suo patrimonio. La prima sede del Museo era nella villetta Di Negro, una palazzina appartenente al marchese Gian Carlo Di Negro, situata nel centro della città e già nota ai genovesi come luogo di incontri di letterati e poeti. Il Comune l'acquistò e l'affidò a Doria con il compito di trasformarla in una struttura in grado di collocare e presentare al pubblico le raccolte. Queste furono inizialmente rappresentate dalle preziose collezioni zoologiche donate dallo stesso Doria, comprendenti esemplari rinvenuti durante i suoi viaggi in Persia (1862) e all'isola di Borneo (1865, insieme al botanico Odoardo Beccari), e da due importanti collezioni ereditate dal Comune: la raccolta geologica e paleontologica del marchese Lorenzo Pareto e quella malacologica del principe Oddone di Savoia. La successiva crescita delle collezioni, soprattutto zoologiche, avvenne grazie ai numerosi viaggi di esplorazione promossi da Doria, sotto gli auspici della Società Geografica Italiana (di cui egli fu per molti anni presidente). Le mete di questi viaggi furono l'Arcipelago Indo Malese, varie regioni dell'Asia, dell'Africa e del Sud America, e vi parteciparono una serie di illustri studiosi che spesso divennero anche autori della descrizione di specie nuove. Si possono citare, tra i tanti, Luigi Maria D'Albertis, Leonardo Fea, Arturo Issel, Orazio Antinori, Odoardo Beccari. L'affluenza di esemplari divenne nel tempo tale da non poter più essere contenuta dagli angusti spazi di villetta Di Negro, così venne decisa la costruzione di una nuova sede, anche in considerazione della fama acquisita dal Museo. Il progetto fu affidato all'architetto Cordoni, il quale, insieme a Raffaello Gestro, prima di iniziare i lavori, visitò i maggiori musei d'Europa. L'inaugurazione dell'attuale sede avvenne il 17 ottobre 1912, in occasione della riunione annuale della Società per il Progresso delle Scienze. Alla cerimonia, che vede affluire studiosi da tutto il mondo, non assiste però Giacomo Doria, da tempo costretto all'immobilità nella sua villa di Borzoli dalla malattia che lo condusse alla morte il 19 settembre 1913. Alla morte di Doria venne nominato direttore Raffaello Gestro, collaboratore e ricercatore del Museo fin dalla sua fondazione, che rimase in carica fino al 1934, lasciando un' impronta rilevante della sua opera.

Teatro Carlo Felice

L'esigenza di dotare la città di Genova di un teatro in grado di ospitare spettacoli di prestigio e agire così da motore della vita cittadina cominciò a farsi sentire sul finire del XVIII secolo, allorché i due teatri esistenti, il Falcone e il Sant'Agostino, non furono ritenuti più in grado di svolgere un ruolo così importante. Del resto nel 1799 l'architetto Andrea Tagliafichi aveva presentato un progetto per un teatro a palchetti e il poeta genovese Martin Piaggio si era fatto portavoce di questa esigenza, assai sentita dai genovesi. Il 24 dicembre 1824 venne costituita l'Eccellentissima Direzione dei Teatri, presieduta dal marchese Ettore Veuillet d'Yenne de la Sauniere, governatore della città di Genova: l'area urbana adatta ad ospitare il nuovo edificio era stata individuata in precedenza nel cuore della città, in piazza San Domenico (l'attuale piazza De Ferrari), sulle rovine dell'antico convento. Dopo lunghe discussioni, nel 1821 ciò che rimaneva del complesso religioso era stato abbattuto; il 31 gennaio 1825 Carlo Barabino presentò il progetto per la costruzione di un nuovo teatro. Il Carlo Felice venne inaugurato il 7 aprile 1828 con la rappresentazione di Bianca e Fernando di Vincenzo Bellini. La struttura architettonica era assai originale. Un teatro, in genere, è costruito secondo una successione rettilinea di più corpi, dall'atrio alla sala al palcoscenico; Barabino ha invece piegato a 90 gradi l'edificio, che guardava così al centro storico e nello stesso tempo si volgeva con la facciata principale verso la nuova piazza, destinata a divenire il fulcro della Genova moderna. Il teatro, di gusto neoclassico, si presentava come un corpo massiccio se pur elegante. La facciata a Sud del teatro era dotata di un colonnato in stile dorico, realizzato con marmo di Carrara. Ai lati era possibile far accedere direttamente le carrozze all'ingresso del teatro. In cima al pronao giganteggiava una statua raffigurante il genio dell'Armonia, opera dello scultore Giuseppe Gaggini. Si accedeva all'interno attraverso tre porte arricchite, sopra le cornici, di bassorilievi raffiguranti rispettivamente la Musica, la Commedia e la Tragedia. Sul timpano era sistemato lo stemma civico e in seguito venne posto anche un orologio destinato a diventare il regolatore ufficiale della città. Una scalinata immetteva ai portici esterni e un'altra introduceva nel vestibolo dal quale si saliva al ridotto (composto da una galleria, due grandi sale e un salone centrale) utilizzando tre rampe di scale; la sala era considerata una delle migliori del tempo per la risposta acustica. Come in quasi tutti i teatri dell'epoca erano previsti in platea anche posti in piedi; cinque erano gli ordini di palchi (contenevano 33 palchi ciascuno) e alla sommità era posto il loggione, capace di 141 posti. Il teatro poteva ospitare una totale di circa 2500 spettatori. Numerose furono le opere di restauro e ammodernamento che subì il teatro a partire dal 1859 fino al 1934, anno dell'ultimo intervento. Un momento drammatico fu quello vissuto dal teatro e dalla città durante la seconda guerra mondiale: molti furono gli edifici colpiti e le bombe non risparmiarono neppure il Carlo Felice: colpito una prima volta nel novembre 1942 fu ristrutturato per permettere la ripresa dell'attività. Il 26 marzo Alberto Erede vi diresse un concerto con la partecipazione di Gina Cigna, Toti Dal Monte, Giovanni Malipiero e Enzo Mascherini: fu l'ultimo importante appuntamento nel vecchio Carlo Felice integro. L'8 agosto in una fatale incursione aerea, l'edificio del Barabino venne colpito da spezzoni incendiari che spazzarono via l'intera struttura lignea. Subito dopo la fine della guerra si cominciò a parlare di ricostruzione; il primo progetto presentato fu quello di Paolo Antonio Chessa nel 1951. Nel 1963 questo venne definitivamente accantonato e le autorità comunali affidarono l'incarico a Carlo Scarpa; dopo diverse modifiche il progetto venne approvato nel 1977 ma la morte improvvisa di Scarpa a Tokyo bloccò il progetto. Si arrivò così all'appalto-concorso, che venne vinto dal progetto di Aldo Rossi. Il 7 aprile 1987, a 159 anni dall'inaugurazione dell'edificio del Barabino, ha avuto luogo la cerimonia della posa della prima pietra. Nel giugno 1991 il Carlo Felice è stato ufficialmente consegnato al Teatro Comunale dell'Opera. Il nuovo teatro, costruito da Aldo Rossi, recupera un'idea già presente nei progetti di Chela e di Scarpa: la creazione di una piazza coperta di 400 mq di superficie, dove il teatro fosse il collegamento ideale tra Galleria Mazzini e piazza De Ferrari. La piazza è un foyer all'aperto; le pareti sono rivestite con lastre di pietra e sono arricchite da colonne e travature in metallo. Sono due le esigenze che gli architetti hanno voluto tenere presenti nella realizzazione del nuovo teatro Carlo Felice: anzitutto la necessità di ricostruirlo esattamente dov'era e in secondo luogo il voler dotare la nuova struttura della più avanzata tecnologia. Da quest'ultima necessità nasce l'imponente torre scenica alta circa 63 metri. In pratica del vecchio teatro opera del Barabino rimangono le colonne, il pronao, l'iscrizione latina e il terrazzo che si affaccia su via XXV Aprile al quale si accede da uno dei foyer; la struttura odierna è molto compatta e geometrica, la torre scenica è un parallelepipedo sviluppato in altezza molto lineare, adornato soltanto da un cornicione. La platea, i foyer e i servizi per il pubblico sono contenuti in un parallelepipedo più piccolo, sul quale hanno rilievo il pronao e il portico. Quanto alla costruzione del nuovo teatro sono stati usati per gli esterni la pietra, l'intonaco e il ferro, per gli interni il marmo e il legno. Si tratta di materiale duraturo che suggerisce un'immagine di eternità e di sicurezza. Un'ampia scala immette nell'atrio. Dall'ingresso del teatro, scendendo una scalinata, si entra in una sala capace di circa 200 posti. Fornita di un piccolo palcoscenico e indipendente dal resto del teatro, la sala ospita convegni, conferenze e incontri musicali. Dall'atrio si raggiungono la sala stampa e il primo foyer. Il foyer principale ha una superficie di 660 mq ed è arricchito da affreschi e arazzi. Un elemento caratteristico del nuovo Carlo Felice è la lanterna poligonale visibile nel foyer sovrastante l'ingresso; si tratta di una sorta di piramide o cono luminoso che percorre l'edificio in tutta la sua altezza e ne attraversa tutti i piani, portando la luce dal tetto alla piazza coperta.

Imperia

(39.518 ab.). La città di Imperia è composta dai centri di Oneglia e Porto Maurizio che sono uniti amministrativamente dal 1923. Oneglia e Porto Maurizio conservano ognuna il proprio porto. Risorsa della città è l'industria, legata soprattutto alla preparazione dell'olio che viene prodotto e raffinato, seguono poi pastifici, industrie farmaceutiche e saponifici.

STORIA.

Oneglia e Porto Maurizio hanno una storia ben distinta. Oneglia era un possedimento dei vescovi di Albenga che la cedettero nel 1298 alla famiglia Doria. I Doria furono signori della città fino al 1576, anno in cui la acquistò Emanuele Filiberto di Savoia. Nel XVI e XVII sec. fu spesso occupata dagli Spagnoli e, dopo un periodo di dominazione francese (1794-1814), ritornò ai Savoia entrando a far parte del Regno di Sardegna. Porto Maurizio era invece feudo dei marchesi di Clavesana dal cui dominio si emancipò nel XII sec. quando costituì un territorio autonomo. Nel XIII sec. la città venne però annessa alla Repubblica di Genova sotto cui rimase nonostante le occupazioni straniere (Piemontesi, Francesi, Spagnoli) fino al 1794 anno in cui la occuparono le truppe napoleoniche. Nel 1814 venne assegnata al Regno di Sardegna.

ARTE. Ben visibile è ancora il vecchio abitato medievale di Porto Maurizio con le case disposte a grappolo lungo le piccole vie del paese che salgono per i fianchi del colle sino all'imponente Duomo neoclassico, dedicato a S. Maurizio. Iniziato nel 1781 da G. Cantone fu completato nel 1832; tra le varie opere d'arte custodite nell'interno spicca il Crocifisso ligneo dello scultore secentesco A. M. Maragliano. Un bel presepe in legno del medesimo artista si trova nel Convento delle Carmelitane. Un interessante pittore d'origine locale, Gregorio De Ferrari (1674-1726), ha lasciato una delle sue tele più vivaci nell'Oratorio di S. Leonardo. Monumento maggiore di Oneglia è la collegiata di S. Giovanni Battista, documento di un'architettura barocca più vicina agli esempi piemontesi che genovesi. La sua costruzione spetta a G. Amoretti che ha impresso alla facciata della chiesa un dinamico ritmo curvilineo. Degno di nota nell'interno un tabernacolo dei Gagini (1516). Completa il nostro itinerario di visita della città la chiesa di S. Maria Maggiore, tra le più antiche del territorio di Imperia.

LA PROVINCIA.

La provincia di Imperia (205.998 ab.; 1.156 kmq) è situata all'estremo limite occidentale della Liguria e occupa un territorio quasi totalmente montuoso e collinare. Principali risorse sono la floricoltura, la coltivazione di olivi, viti e alberi da frutta che alimentano le industrie alimentari e dei profumi. Altre attività sono la pesca e l'industria turistico-alberghiera nelle località del litorale. Fra i centri principali ricordiamo Bordighera, Diano Marina, Pieve di Teco, Sanremo, Taggia, Vallecrosia, Ventimiglia.

Porto Maurizio, il nucleo più antico di Imperia

Porto Maurizio, il nucleo più antico di Imperia

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Chiavari

(28.086 ab.). Centro in provincia di Genova situato a Ponente della foce dell'Entella, presso la confluenza delle valli Graveglia, Fontanabuona e Sturla. L'abitato assunse un ruolo di rilievo fin dalla preistoria, come testimonia la vasta necropoli, risalente all'Età del Ferro (secc. VIII-VII a.C.), rinvenuta nel 1959 a Ovest della città odierna. Fondata ufficialmente il 19 ottobre 1178, con un lodo consolare della Repubblica di Genova simile a un vero e proprio piano regolatore: l'atto stabiliva, infatti, la costruzione di quattro vie edificabili con andamento parallelo alla costa, destinate a essere intersecate da vicoli ortogonali per creare un tessuto urbano a maglie rettangolari. Protetta da una cinta muraria smantellata nel XVIII sec., Chiavari guadagnò rapidamente importanza, assurgendo nel 1332 a sede del vicariato della Riviera orientale fino al '700. Il 1646 la vide insignita, prima tra le località del Levante, del titolo di città. Il trend positivo sarebbe continuato fino ai primi decenni dell'800, seguito però da una fase di crisi (manifatturiera e agraria) che investì anche il comprensorio e stimolò una massiccia emigrazione alla volta delle Americhe. Il turismo, per molte località rivierasche fonte di cospicui guadagni già alla fine dell'800, si sarebbe affermato solo nel secondo dopoguerra, determinando una rapida crescita urbana. Dal punto di vista architettonico sono da ricordare: la chiesa di S. Giacomo di Rupinaro, la più antica di Chiavari,; l'edificio odierno, però, è frutto della ristrutturazione ultimata nel 1637, con campanile settecentesco e facciata moderna (1938); la chiesa di S. Giovanni Battista, fondata nel 1332 ma riconducibile, nella struttura attuale a un rifacimento del XVII sec.; la Cattedrale di Nostra Signora dell'Orto edificata nel 1613-33 per accogliere un'immagine della Madonna divenuta oggetto di venerazione dopo la pestilenza del 1493; il Palazzo Rocca commissionato a Bartolomeo Bianco dai marchesi Costaguta (1629) e ampliato nel secolo successivo su committenza dei Grimaldi.

Corniglia

Centro in provincia di La Spezia. Suggestivo borgo di crinale un centinaio di metri più in alto delle onde che sferzano il promontorio su cui poggia, ha atmosfere del paese collinare più che marinaro, con la spettacolare eccezione della stupenda vista panoramica. La collega al mare e alla stazione ferroviaria una scalinata di 365 gradini. La sua dispozione urbanistica, la tradizione dei suoi abitanti e il rapporto con le colline limitrofe ne fanno un centro prettamente, agricolo, da sempre dedito alla coltivazione della vite; il suo vino rinomato vanta oltre due millenni di storia: anfore con la dicitura "Cornelia" furono ritrovate negli scavi di Pompei. Rinomata è la chiesa di S. Pietro, rimaneggiata in età barocca, conserva portale e rosoni gotici.

Diano Marina

(6.267 ab.). Centro in provincia di Imperia. Corrispondente in parte all'abitato di età romana "lucus Bormani"; da tempo è unita in un unico tessuto urbano con le vicine San Bortolomeo al Mare e Cervo. Principale risorsa dei tre centri, ovviamente, l'industria turistica: cui Diano Marina si votò già verso la fine del XIX sec., in concomitanza con la ricostruzione seguita al rovinoso sisma del 23 febbraio 1887. Quasi nulla resta, di conseguenza, dell'abitato antico, tradizionalmente dedito al commercio dell'olio: i suoi proventi garantirono alla "Communitas Diani", comprensiva anche dei borghi satelliti nell'entroterra, una certa autonomia nell'ambito della Repubblica di Genova. Dal punto di vista architettonico è da ricordare la chiesa di S. Antonio Abate (1862) con pianta basilicale a tre navate.

Finale Ligure

(12.302 ab.). Centro in provincia di Savona. Dei tre borghi che formano la cittadina un tempo separati e oggi riuniti dall'espansione edilizia in un unico agglomerato, Finale Pia è il primo venendo da Varigotti. Il suo nucleo più antico si è sviluppato attorno alla chiesa di S. Maria di Pia, già esistente nel 1170 come cappella e poi nel sec. XVI abbaziale dell'annesso convento benedettino; l'edificio si presenta con facciata rococò per un completo rifacimento settecentesco, mentre il bel campanile conserva l'originario aspetto romanico-gotico del sec. XIII-XIV. Nell'interno, barocco, sono presenti un tabernacolo quattrocentesco e pregevoli armadi del sec. XVI (in sagrestia). Posteriormente alla chiesa si dispone l'abbazia cinquecentesca con opere in terracotta di scuola robbiesca, tra cui il gruppo Madonna col Bambino e i Ss. Luca e Giovanni evangelista. Di antiche origini, Finale Marina, frequentata località balneare sviluppatasi parallelamente alla costa, si espanse con il rifiorire delle attività marinare dopo il periodo delle incursioni barbaresche, diventando dalla seconda metà del sec. XVI il principale centro commerciale della zona. Nel nucleo storico sono presenti non pochi interessanti palazzi del sec. XVII, mentre a monte dell'Aurelia si trovano i bastioni del Castelfranco, edificato da Genova nel 1365-67; passato più volte sotto il controllo dei Del Carretto, venne rinforzato dagli Spagnoli nel sec. XVII. Finalborgo è il più interessante dei tre nuclei di Finale Ligure, preservato dalla massiccia urbanizzazione per la sua posizione arretrata rispetto alla costa. Ricostruito da Giovanni I Del Carretto nel sec. XV, dopo la distruzione del primitivo Burgus Finarii durante la guerra con Genova, fu capitale del marchesato e punto nevralgico dei domini spagnoli nell'Italia settentrionale. Il sistema era difeso da una cinta muraria (ancora in buona parte conservata) collegata al sovrastante Castel S. Giovanni e dai due corsi d'acqua che lambiscono il borgo, sui quali si aprono le porte di accesso. Simbolo di Finalborgo, sito di alta qualità ambientale, i cui sapori antichi si apprezzano percorrendone anche a casaccio strade e piazze, ricche di carattere oltre che di palazzotti storici, può essere considerato il magnifico campanile della chiesa di S. Biagio, di epoca tardo-gotica, impiantato su una torre della cinta muraria; della chiesa, che conserva al suo interno, oltre a un trittico (1513) forse di Bernardino Fasolo, un fantasioso pulpito marmoreo, opera di Pasquale Bocciardo, e una tavola (Nostra Signora del Rosario) del 1527 con personaggi della famiglia Del Carretto è rimasto il rifacimento barocco. In prossimità della quattrocentesca Porta Testa è il convento di S. Caterina, fondato nel 1359 dai Del Carretto che trovarono sepoltura nella chiesa, chiusa al culto nel 1864 e adibita a penitenziario fino al 1965: contiene, nella Cappella Olivieri, begli affreschi del sec. XIV-XV. Interessanti sono anche i due chiostri del convento (XV sec.) adattati a sede dell'importante Civico Museo del Finale, con materiale preistorico, romano e medioevale, riferibile al territorio finalese, e una sezione di ceramiche (di età protostorica e dal tardo Medioevo all'epoca moderna).

Lavagna

(13.087 ab.). Centro in provincia di Genova. Sorta sulla sponda sinistra dell'Entella, è appartenuta nei secoli attorno al Mille ai conti di Lavagna (da cui vennero i Fieschi), conserva nel centro antico l'impianto medioevale con prospetti dai vivaci colori. Tra gli edifici più significativi si ricorda la Collegiata di S. Stefano, sede pievana già nel X sec., che subì nel 1653 l'immancabile rifacimento in chiave barocca, cui va riferita la scenografica facciata con due campanili e scalinata, preceduta da un sagrato in acciottolato.

Lerici

(11.284 ab.). Centro in provincia di La Spezia. Lerici fu porto di approdo dei traffici greci e fenici; nel VII sec. a.C. il Golfo del Tigullio fu occupato dagli Etruschi che spaziarono da Pisa a Capo Mesco fondando la città di Luni a cui Lerici per molti secoli legherà la sua storia. Per la sua importanza come porto, Lerici fu conteso dai romani ai liguri e da essi conquistato e utilizzato a scopo militare e commerciale. Lerici fu porto importante nel Medioevo, sempre legato al dominio del Vescovo di Luni: vi approdavano i viandanti, i pellegrini, i mercanti che volevano, attraverso il nodo nevralgico di Sarzana, raggiungere il Nord Italia e il centro Europa. Lerici fu utilizzata dai lucchesi per il traffico di pelli e stoffe, poi a lungo contesa tra Genova e Pisa nel periodo delle Repubbliche marinare. Nel 1241, dopo la battaglia del Giglio, fu occupata dai pisani che edificarono il Castello e il borgo nuovo murato. Dopo quindici anni Genova la riconquistò e ampliò il Castello. Nel 1528 Lerici fu teatro di un avvenimento che cambiò le sorti dell'Europa: fu tra le mura di un suo palazzo che Andrea Doria si rifugiò e decise di passare dalla Francia alla Spagna, togliendo alla Francia il dominio sul Mediterraneo a favore della Spagna. Tra il '600 e il '700 ebbe il massimo sviluppo urbanistico grazie alla presenza in Lerici di una nobiltà armatoriale che aveva le sue dimore nel borgo e di cui restano gli antichi palazzi e le ville. Tra gli edifici più significativi si ricordano: il Castello costruito nel XIII sec. dai pisani fu ingrandito e fortificato dai genovesi, che vi aggiunsero la torre pentagonale (XVII sec.); l'oratorio di S. Rocco con campanile trecentesco su cui sono inseriti due bassorilievi del XVI sec.; la seicentesca chiesa di S. Francesco con notevoli pale d'altare, quasi tutte di scuola genovese.

Levanto

(5.788 ab.). Centro in provincia di La Spezia. In epoca romana esisteva un piccolo borgo denominato Ceula situato sulle colline dell'odierna Montale, in prossimità delle quali giungeva il mare; esso costituiva un nodo strategico di grande importanza poiché era ubicato nel punto in cui l'antica via ligure che proveniva dall'interno toccava la costa. Dopo la caduta dell'Impero romano di Occidente (476 d.C.), Ceula entrò a far parte dell'Impero bizantino. In epoca carolongia (inizio IX sec.) l'attuale campanile della chiesa di San Siro fungeva da torre di avvistamento e di difesa contro i pericoli provenienti dal mare. A partire dal XIII sec. l'importanza dell'abitato iniziò a diminuire a vantaggio di Levanto che stava ampliandosi direttamente sul mare. Levanto, diventò primo feudo dei Malaspina, passò successivamente ai Da Passano e nel 1229 alla Repubblica di Genova. Nei secoli medioevali la vita economica di Levanto si reggeva soprattutto sulle attività mercantili, marmo "rosso di Levanto", vino ed olio locali, alimentate tanto dalle vie di comunicazione verso la Pianura Padana (la via Francigena) quanto dalle vie marittime che si aprivano sull'intero Mediterraneo; ciò è dimostrato dalla presenza della loggia e della darsena. Dopo il Medioevo il borgo antico raccolto attorno alla chiesa di Sant'Andrea ed al colle di San Giacomo conobbe un notevole sviluppo; una seconda fase di espansione è datata XV sec., con l'edificazione del borgo nuovo o Stagno nella piana del Ghiraro dovuta principalmente alle rilevanti funzioni economiche e politiche assegnate a Levanto dalla Repubblica di Genova che rendevano insufficiente il borgo medioevale determinando la nascita del borgo nuovo sull'allineamento della Via dei Monti collegante il borgo con la valle; tale insediamento mantiene ancora oggi il suo carattere lineare con interessanti palazzi dei secc. XVII e XVIII. Un ulteriore fase dello sviluppo urbano si pone tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo a partire dal 1950 il borgo si è ulteriormente esteso raggiungendo negli anni '70 l'attuale configurazione. Tra gli edifici più significativi ricordiamo: la chiesa di S. Maria della Costa, degradata ma impreziosita nel portale da un bassorilievo cinquecentesco raffigurante S. Giorgio e il drago della scuola dei Gagini; l'oratorio della Confraternita di S. Giacomo; la chiesa di S. Andrea, parrocchiale in stile gotico duecentesco ampliata nel '400; l'elegante facciata a bande orizzontali evidenzia un rosone del XVIII sec. e l'affresco nella lunetta con l'Incoronazione della Vergine.

Loano

(11.111 ab.). Centro in provincia di Savona. Importante località balneare e residenza estiva; di origine romana, fu feudo della diocesi di Albenga, che nel 1263 la vendette a Oberto Doria. Passata per un breve periodo ai Fieschi, ritornò ai Doria, i quali vi risiedettero (dotandola di monumenti e opere d'arte) fino al 1737, anno in cui diventò dominio dei Savoia. All'interno del borgo, che si affaccia al mare con un lungo viale a palme, vi sono notevoli edifici cinquecenteschi tra cui il Palazzo comunale, costruito per i Doria tra il 1574 e il 1578 da un allievo dell'Alessi: conserva un importante frammento di pavimento romano a mosaico del III sec. e ospita il Civico Museo Naturalistico, con una rimarchevole collezione ornitologica. Davanti al palazzo si trova la chiesa di S. Giovanni Battista, eretta nel 1633-38 e coperta da una cupola in ferro antisismica fatta costruire dopo il terremoto del 1887. Il cosiddetto borgo Castello è il nucleo medioevale cinto da mura che si trova ai piedi del Castello: quest'ultimo, attualmente in forma di sontuoso palazzo circondato da un parco, fu fatto edificare nei secc. XVI-XVII da Giovanni Andrea Doria sui resti di una fortificazione precedente.

Manarola

Centro in provincia di La Spezia, frazione del comune di Riomaggiore. Il borgo, di notevole impatto scenografico, ricopre un enorme scoglio nero a picco sul mare digradando verso un minuscolo approdo. Il perimetro delle case più esterne ricompone l'originaria compattezza del castello, distrutto nel 1273, e costituisce un colpo d'occhio davvero unico per forme e colori. Notevole e in bella posizione dominante è la chiesa di S. Lorenzo (o della Natività di Maria), costruita nel 1338. La facciata gotica presenta un rosone di Matteo e Pietro da Campilio; all'interno si notino tre opere del '400: un bassorilievo di S. Lorenzo (già nella lunetta del portale), un trittico e un polittico.

Monterosso al Mare

(1.643 ab.). Centro in provincia di La Spezia, presenta un duplice aspetto. Il borgo vecchio, benché segnato nel volto dal passaggio della strada ferrata, che si frappone tra l'abitato e la sua naturale platea, costituita dalla bella spiaggia, offre la caratteristica atmosfera degli altri borghi delle Cinque Terre, con anguste stradine che si inerpicano sul colle. La zona turistico-balneare di Fegina si mostra invece quale tipica stazione di villeggiatura, anche se nobile e ricca di tradizione; qui soggiornò, tra l'altro, la famiglia genovese dei Montale, con il giovane Eugenio, futuro Premio Nobel, per la Letteratura (1975), che conobbe luoghi e sensazioni descritti in alcune delle sue liriche più belle e fortunate. Due chiese di pregio impreziosiscono il nucleo antico. La parrocchiale di S. Giovanni Battista, sulla piazzetta, ha la tipica facciata gotica a bande orizzontali e un magnifico rosone cesellato; nella lunetta del portale, settecentesco Battesimo di Gesù; sul retro della chiesa, elegante loggiato fronte mare; bello il campanile, trasformazione di una torre d'avvistamento. La chiesa di S. Francesco (1619), in alto sul colle e annessa al convento dei Cappuccini, custodisce preziosi dipinti: una Crocifissione (secondo alcuni di Van Dyck), Cristo schernito di Bernardo Castello, La Veronica di Bernardo Strozzi, S. Girolamo penitente di Luca Cambiaso e Pietà, forse attribuibile allo stesso.

Portofino

(574 ab.). Centro turistico in provincia di Genova, sulla Riviera di Levante all'estremità sud-orientale del promontorio omonimo. è uno tra i paesaggi costieri più celebri d'Italia; il borgo, con le sue case alte e strette dalle facciate in toni pastello, è raccolto intorno al porticciolo. Meno note le antichissime origini del villaggio, documentato in età imperiale con il nome di "Portus Delphini"; la parte centrale del paese conserva ancora oggi l'impianto viario romano, a maglie ortogonali. Nel XII sec., dopo un lungo periodo alle dipendenze dell'abbazia di S. Fruttuoso, Portofino passò sotto la giurisdizione di Genova, che da allora l'avrebbe sempre mantenuta in suo possesso. Conserva il trecentesco oratorio di Nostra Signora Assunta, con un bel portale intagliato in ardesia (1555); la chiesa di S. Martino, edificata nel XII sec. in stile romanico lombardo e rimaneggiata nell'800; la chiesa di S. Giorgio, ricostruita nel 1950, al suo interno sono custodite le reliquie del santo titolare; il Castello di S. Giorgio, riadattamento (1554-57) di una fortezza medioevale; ristrutturato già durante i secc. XVII-XVIII, nel 1870 venne trasformato in residenza privata da Yeats Brown, console britannico nel capoluogo ligure.

Portovenere

(4.507 ab.). Centro in provincia di La Spezia, in una insenatura del golfo. Località balneare tra le più famose, Portovenere fu un centro già noto ai romani e deve il suo nome (dal latino Portus Veneris) alla presenza di un tempio dedicato proprio alla dea della bellezza. Nel Medioevo fu feudo dei signori di Vezzano, per poi passare a Genova nel XII sec.; fu assalita dalla flotta di Alfonso di Aragona nel 1494, subendo gravi danni. Il primo nucleo urbano, oggi in gran parte scomparso, il Castrum Vetus, occupava la zona prossima alla chiesa di San Pietro. Dopo il 1139, Genova promosse la costruzione della zona disposta ai lati dell'attuale via Cappellini, e si preoccupò di rafforzare le difese del borgo, costruendo un nuovo castello e una poderosa cinta di mura. Proprio il 1139 pare sia l'anno "ufficiale" della sottomissione di Portovenere a Genova, anche se una targa originale, posta su un'antica porta delle mura, dichiara Colonia Jenuensis, 1113. Le case che si affacciano sul porto sono alte e strette, con facciate dai colori forti; sono di tipo romanico genovese, mentre verso l'estremità occidentale ve ne sono di più antiche con arcate a sesto acuto, di tipo toscano. Le case hanno due ingressi, uno verso la spiaggia, per le barche, e uno che dà sulla strada, il carruggio che corre parallelo alla costa, ma ad una quota più alta. Le costruzioni sono addossate le une alle altre anche per ragioni difensive; non esistono strade trasversali, solo alcuni sottoportici detti "capitoli", che con ripide scalette collegano la strada al porto o alla spiaggia. Tra gli edifici più importanti si segnalano: la chiesa di S. Pietro, costruzione romanico-gotica nata dall'integrazione fra un primo corpo paleocristiano in marmo nero della Palmaria (VI sec.) e il completamento genovese, in stile gotico a fasce (XIII sec.) con massiccio campanile a vocazione difensiva; la chiesa di S. Lorenzo, edificata dai genovesi nel XII sec. e più volte manomessa, anche a causa di cannoneggiamenti.

Panorama di Portovenere

Panorama di Portovenere

Rapallo

(27.676 ab.). Centro in provincia di Genova, situato nella parte più interna del Golfo del Tigullio nella Riviera di Levante. Le testimonianze più antiche della presenza umana sono, per Rapallo, i reperti di una tomba a cassetta, rinvenuta occasionalmente in località S. Anna nel 1911 e datata alla seconda Età del Ferro (700 a.C.), quando le popolazioni tornarono a rioccupare i Castellari, insediamenti di crinale. La nascita dell'insediamento costiero sarebbe da collocarsi all'età romana, epoca in cui fu organizzata la struttura urbana secondo il consueto schema del castrum, identificato nella zona occidentale del borgo medioevale. Città di confine fra Genova ed i possedimenti dei conti di Lavagna, fu ben presto coinvolta nelle vicende genovesi, a cominciare dalle lotte contro Pisa che ebbe come conseguenza un duro assalto ed un rovinoso incendio del borgo (1070). Nel 1171 l'influenza politica di Rapallo si estese, fino a comprendere Portofino che era alle dipendenze politiche dell'abbazia di S. Fruttuoso la quale conserva soltanto la giurisdizione religiosa. La vita cittadina era però turbata dalle rivalità fra le fazioni, che sfociava in episodi sanguinosi, a cui più volte si tentò di porre rimedio attraverso tentativi di pacificazione. Nel 1549 il pirata Dragut coi suoi compagni fu autore di una delle stragi e dei saccheggi più tremendi che Rapallo ricordi: donne, uomini e adolescenti furono tratti in schiavitù. Questo fatto fu all'origine della costruzione del castello, cui fecero seguito altre fortificazioni costiere che si andarono ad aggiungere alle torri d'avvistamento, da tempo costruite sui crinali. Nel 1608 Rapallo diviene Capitanato e, resa indipendente da Chiavari, estende la sua giurisdizione da Portofino a Zoagli e, nell'entroterra, sulla Val Fontanabuona. In questo secolo, seguendo una tendenza comune al territorio della Repubblica, le periferie dei centri abitati iniziano lentamente a popolarsi di palazzi signorili circondati da parchi, posti all'interno di proprietà terriere in cui tradizionalmente si esercita l'agricoltura. La fine del Settecento apre un'epoca nuova: nuove strade, alcune già progettate dal Governo rivoluzionario francese e portate a compimento dal Regno di Sardegna, cambieranno definitivamente il volto del paesaggio che si avvia verso lo sviluppo dell'epoca industriale, anche attraverso la ferrovia, che è presupposto dello sviluppo turistico di Rapallo. Inizia così, ed è storia recente, quel fenomeno d'urbanizzazione che porta all'abbandono dell'entroterra e dei suoi tesori ed alla congestione della costa che accoglie le strutture ricettive e balneari. Ma prima ancora, Rapallo conosce il grande turismo elitario, grazie alla capacità di abili imprenditori che impiantarono, già alla fine del XIX secolo e ancor più nel primo decennio del Novecento, prestigiosissimi alberghi che richiamavano il "bel mondo" di tutta Europa. Tra gli edifici di maggior rilievo si ricordano: il Castello costruito nel 1551 su progetto del maestro comacino Antonio de Carabo, collegato alla terraferma da una sottile lingua di terra: restaurato nel 1960, è stato destinato ad accogliere esposizioni temporanee; la chiesa di S. Stefano, restaurata nel XVII sec.; la Torre civica, del 1473; la parrocchiale dei SS. Gervasio e Protasio, di fondazione medioevale ma rimaneggiata nei secc. XVII-XX.

La rocca di Rapallo

Riomaggiore

(1.881 ab.). Centro in provincia di La Spezia. La sua via principale è il tratto terminale del coperto torrente Rivus Major, che ha dato nome al paese. Riomaggiore come altri borghi delle Cinque Terre, non ha origini romane e sorge quando gli abitanti della Val di Vara, in cerca di un clima più mite per coltivare vite e ulivo, senza più il terrore delle incursioni saracene, si spostano verso la costa. Il paese si arrampica lungo i crinali a picco sul mare e si caratterizza per le tipiche case in pietra e ardesia dalle facciate colorate di giallo o di rosa. Da Riomaggiore prende avvio la più famosa passeggiata delle Cinque Terre, quella via dell'Amore, scavata nella roccia negli anni Venti del Novecento, che si incunea tra scenografiche formazioni geologiche, in panoramica posizione sul mare, conducendo in mezz'ora circa sino a Manarola. Poco distante dall'agglomerato di case, sul colle di Cerricò, s'innalza il Castello, una fortificazione risalente al XIII secolo e dalla quale si gode una splendida vista sul mare. Nella parte alta del paese si trova la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, costruita nel 1340 dal vescovo di Luni, Antonio Fieschi e l'oratorio dei Disciplinati (XVI secolo), che all'interno conserva un trittico a tempera raffigurante una Madonna col Bambino fra i Santi Giovanni e Domenico (seconda metà del XV secolo).

Sanremo o San Remo

(57.384 ab.). Città in provincia di Imperia, nell'insenatura racchiusa fra Capo Verde ad Est e Capo Nero a Ovest. Sanremo sorse in epoca romana con il nome di Villa Matuciana. Nell'Alto Medioevo fu compresa sotto il governo di Albenga, passò poi ai conti di Ventimiglia e quindi a Genova, alla quale restò legata. Il primo insediamento si stanziò nella zona bassa, ma necessità difensive costrinsero gli abitanti ad arroccarsi sul colle dove, secondo uno schema ad avvolgimento, la città cominciò ad ingrandirsi. L'estrema densità edilizia e la struttura vagamente concentrica della Pigna (come ancora oggi è conosciuta la città vecchia) rispondevano essenzialmente ad uno scopo difensivo, specie contro la minaccia di invasioni e saccheggi dal mare da parte dei pirati saraceni (si ricorda in particolare l'assalto delle orde di Kair ed Din, il Barbarossa, nel 1543). Lungo le strade della Pigna si contano ben undici porte interne come la Porta Santa Brigida, la Porta Bugiarda, la Porta Santa Maria, la Porta della Tana, che dovevano assicurare ulteriore protezione agli abitanti in caso di invasione delle zone periferiche. La Sanremo moderna è quella che si estende sul piano, lungo la costa; la città vecchia, la Pigna, si raggruppa nell'interno. Da corso Matteotti, nei pressi della stazione ferroviaria, sul quale si prospetta il Casinò municipale, costruito nel 1904-06 su progetto di Eugenio Ferret, si entra in corso Imperatrice, dedicato alla zarina Maria Alexandrovna che ne regalò le palme nel 1885 e fiancheggiato dal Parco Marsaglia (con un auditorium per concerti e spettacoli all'aperto). Lì accanto sorge la chiesa russo-ortodossa di San Basilio modello in piccolo delle chiese moscovite con cupole a "cipolla" costruita alla fine dell'800. Su corso Matteotti si affaccia il Palazzo Borea d'Olmo (del XVI-XVII sec.) che ospita il Civico Museo Archeologico, che comprende una sezione preistorica con reperti del Paleolitico, del Neolitico, dell'Età del Bronzo e del Ferro e reperti romani di ville e necropoli locali, e una pinacoteca, oltre ad una raccolta di cimeli garibaldini. In corso Garibaldi si trova la seicentesca chiesa di Santa Maria degli Angeli e, dietro, la piazza del Mercato dei fiori. Lungo corso Cavallotti si trovano i Giardini della Villa Comunale. corso Trento e Trieste è la passeggiata a mare, che raggiunge l'insenatura del porto. All'inizio del molo sorge il forte di Santa Tecla, costruito nel 1755 dai Genovesi. Poco distante dalla piazza dedicata agli eroi Sanremesi sorge il Duomo di San Siro, edificio romano-gotico del XIII sec. sui resti si una pieve paleocristiana e di una chiesa protoromanica; l'attiguo battistero, modificato nel 1668, è fondato su resti romani e altomedioevali, la casa canonica è un edificio romanico del XII sec. All'interno, sull'altar maggiore, un grande crocifisso ligneo del Maragliano. Sulla parete di fondo del coro, i SS. Siro, Pietro, Paolo, G. Battista e Romolo in una tavola (1548) del Pancalino. Di fronte alla cattedrale vi è il cinquecentesco oratorio dell'Immacolata Concezione che conserva otto quadri raffiguranti episodi della vita della Madonna. Di lì si sale verso il cuore più antico di Sanremo, la Pigna. è attraverso la Porta di Santo Stefano, formata da un arco gotico del 1321, che si penetra in un dedalo di vicoli, scalinate, case con archi e finestre ogivali, colonne in pietra e architravi scolpiti, caruggi coperti o attraversati da archi di controspinta. Oltre piazza Castello sorge il santuario della Madonna della Costa (XVI secolo). Nell'estremità orientale della città si estende il Parco di Villa Ormond e, verso il mare, Villa Nobel con i suoi giardini, sede di manifestazioni cultuali.

Santa Margherita Ligure

(10.975 ab.). Centro climatico e balneare in provincia di Genova, nel Golfo del Tigullio. La scoperta di un'urna cineraria del III secolo d.C. con un'iscrizione latina ha avvalorato l'ipotesi che, in origine, qui vi fosse un insediamento romano. Devastata da Rotari nel 641, fino al X secolo subì numerose invasioni saracene. Divenne feudo dei Fieschi durante il XII secolo e fu sottomessa a Genova nel 1229. Dopo le incursioni di pirati barbareschi, ci fu il saccheggio dei Veneziani nel 1432 e del corsaro algerino Dragut nel 1549. Le due borgate di Pescino e Corte, spesso divise da lotte vivacissime, entrambe sotto la direzione del capitanato di Rapallo, nel 1797 ebbero amministrazioni distinte. Ribattezzato Porto Napoleone sotto il Bonaparte, fu annessa al Regno di Sardegna nel 1815. Con un Decreto Reale del 1863, il re Vittorio Emanuele II sancì l'attuale denominazione di Santa Margherita Ligure. Nel 1951 ospitò la Conferenza preliminare della Comunità europea del carbone e dell'acciaio. La sontuosa villa cinquecentesca Durazzo Centurione, situata in posizione elevata sul colle di San Giacomo di Corte, è circondata da una splendida terrazza con balaustra, ornata di statue del XVII e XVIII secolo. Il suo interno si sviluppa su quattro piani ed è considerata la prestigiosa sede di rappresentanza della città. L'oratorio della Madonna del Suffragio è stato edificato nel 1523 e restaurato nell'Ottocento. La chiesa dei cappuccini risale invece al 1606 e custodisce la scultura in marmo della Madonna in trono, di scuola provenzale, e un crocifisso quattrocentesco; di costruzione barocca sono la chiesa di San Giacomo di Corte, che reca affreschi ottocenteschi di N. Barabino, e la basilica dedicata a Santa Margherita d'Antiochia e alla Madonna della Rosa. La badia benedettina della Cervara, sulla strada per Portofino, appartiene al XIV secolo ed è stata restaurata nel 1871-92; l'annessa chiesa di San Girolamo conserva intatta la propria struttura gotica. Un misterioso intreccio di storia e leggenda racconta le visite del poeta Francesco Petrarca, di Papa Gregorio XI e di Guglielmo Marconi. La traccia storica più visibile risulta la prigionia del re di Francia Francesco I sconfitto a Pavia da Carlo V nel 1525. La Cervara nasce nel 1361, quando si decise la costruzione di un nuovo monastero dedicato a San Girolamo: furono infatti i monaci benedettini a progettare la struttura e risiedervi per i primi tempi. Fu in pieno Umanesimo e Rinascimento che il cenobio godette del maggiore splendore con il suo impianto architettonico e il suo chiostro quadrangolare, mentre la torre cinquecentesca fu edificata per difendersi dai temuti saraceni. L'attuale proprietà fu stabilita nel 1900 con il definitivo progetto di recupero realizzato con la supervisione della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici. Il 29 Giugno del 2000 nacque la Fondazione "La Cervara" con lo scopo di promuovere e valorizzare al meglio in Italia e all'estero tutto il complesso monumentale dell'abbazia di San Girolamo, polo culturale ricco di storia, arte e natura.

Sarzana

(19.803 ab.). Cittadina in provincia di La Spezia, nella bassa valle del Magra. L'origine del nome Sarzana è difficile da stabilire, il nome appare per la prima volta in un diploma dell'imperatore Ottone I il 19 maggio dell'anno 963 dove veniva riconosciuto al vescovo di Luni il possesso del "castrum Sarzanae", situato dove attualmente sorge la fortezza di Sarzanello, comunemente denominata Castracani. Tale castrum, ovvero castello fortificato, doveva avere come scopo il controllo sulle principali strade di fondovalle. Intorno al 1000 viene citata la nascita del vero nucleo abitato di Sarzana, il cui sviluppo è da mettere in relazione con la decadenza della vicina Luni che, a causa dei continui mutamenti geografici, si andava spopolando. Il borgo di Sarzana pare fosse diviso in due nuclei, gli abitanti dei quali venivano indicati come "illi de Burgo", ovvero quelli del borgo e come "illi de Carcandula", quelli che risiedevano sull'antico letto del torrente Calcandola, nei pressi dell'attuale piazza Matteotti. Nel 1204 il vescovo Gualtiero II trasferì la Sede Vescovile da Luni a Sarzana guadagnandosi un'indipendenza della città prima che venisse sottomessa al dominio di vari signori vicini. Alla morte del vescovo i sarzanesi si rifiutarono di giurare fedeltà al nuovo vescovo Mazzucco, fino ad un accordo stipulato nel 1219 per ripudiarlo nuovamente cercando allenza con la città di Pisa. Il vescovo Guglielmo, seguito a Mazzucco durante un viaggio verso Roma, per partecipare al Concilio lateranense, venne fatto prigioniero dai Pisani, alleati coi Sarzanesi contro il vicario imperiale Oberto Pallavicino, i quali avevano iniziato la costruzione della Fortezza Firmafede dove oggi sorge la Cittadella. Dopo la sconfitta da una lega Lucchese-Genovese-Fiorentina, i Pisani riconsegnarono la città di Sarzana nelle mani del vescovo Guglielmo, il suo successore, Enrico da Fucecchio, comunicò i sarzanesi a scopo intimidatorio ma fu rapidamente cacciato dalla città e costretto a rifugiarsi in Lunigiana. Solo dopo l'intervento del Pontefice Bonifacio VIII i cittadini vennero costretti ad accettare il successore di Enrico, Antonio Nuvolone da Camilla. Dopo la dominazione imperiale di Arrigo VII il vescovo Gherardino Malaspina, nominò Castruccio Castracani, visconte della diocesi lunense fino alla sua morte nel 1328, dopodiché la città tornò sotto il controllo dei Pisani per passare successivamente sotto il dominio di varie signorie, concludendosi con la dominazione della Repubblica genovese (1438). Nel 1465 il papa Paolo II insignì Sarzana della qualifica di città con l'approvazione da parte dell'imperatore Federico III di questo titolo. Nel 1487 avvenne una feroce guerra, denominata "guerra di Serrezzana", tra Lorenzo il Magnifico alla guida dei fiorentini e la Repubblica genovese. A causa della guerra la Fortezza Firmafede venne completamente distrutta e molte case ridotte in macerie. Lorenzo il Magnifico fece ricostruire la fortezza che denominò Cittadella situata ancora oggi nel Nord-Ovest della città. Attraverso varie vicissitudini Sarzana passò nuovamente nel controllo della Repubblica genovese per oltre due secoli. A causa della guerra franco-austriaca, per strategia la città ai piedi della fortezza di Sarzanello venne rasa al suolo e il popolo dovette emigrare nella zona vicina, chiamata Pian Paganella che in memoria del borgo distrutto venne ribattezzata Sarzanello. Nel 1797 Sarzana entrò a far parte della Repubblica ligure e poi al Regno di Sardegna. La città partecipò attivamente al Risorgimento per l'indipendenza e l'Unità d'Italia. Le numerose opportunità e occasioni culturali rivelano l'importanza che sempre Sarzana ha rivestito nei secoli. La costruzione che testimonia maggiormente questo predominio sul territorio è la fortezza di Sarzana, che, costruita sulle rovine della Fortezza Firmafede, si inserisce nelle mura perimetrali della città. Quest'opera di fortificazione venne costruita nella seconda parte del XV sec. ad opera di Lorenzo de' Medici. La costruzione presenta una pianta rettangolare, divisa al centro in due parti di dimensione equivalente. Al vertice di ogni rettangolo è presente un imponente torre semicircolare dal quale si domina tutta la valle. A supporto della Fortezza Firmafede alla fine del XV secolo venne notevolmente ampliato il forte di Sarzanello situato sul colle che sovrasta la città. La costruzione ha una pianta basata su un triangolo equilatero di oltre sessanta metri di lato ai cui vertici sono presenti delle robuste torri cilindriche che circondano una torre quadrangolare. Altro simbolo dell'importanza e della ricchezza di Sarzana è la Cattedrale di Santa Maria Assunta. La chiesa risalente al 1474 presenta una facciata rivestita interamente in marmo bianco, nella quale spicca il portale gotico fiancheggiato da due corpi laterali realizzati nel XVII secolo ma perfettamente armonizzati con l'antica struttura. Tra le altre chiese è da vedere la Pieve di Sant'Andrea, costruita nel X sec. ma restaurata e rimodernizzata in periodo gotico e successivamente in epoca barocca. Tra i palazzi da segnalare l'edificio che ospita il Comune. Il palazzo realizzato nel XV sec. venne rimaneggiato fortemente cent'anni più tardi. Nel XIX secolo venne aggiunto il terrazzo con porticato che si affaccia sull'odierna piazza Luini. Tra gli altri sono da ricordare Palazzo Podestà Lucciardi, perfetto esempio di architettura neoclassica, Palazzo Neri, che ospita bellissimi affreschi, Palazzo Picedi Benettini, con le sue caratteristiche forme rado rinascimentali e Palazzo Magni Griffi, ottimo esempio di architettura classicistica settecentesca. Merita anche Porta Romana, ingresso storico della città che si inserisce perfettamente nelle mura del bastione Testaforte. L'aspetto attuale della costruzione, interamente realizzata in marmo bianco, risale al XVIII secolo.

Sestri Levante

(20.430 ab.). Cittadina in provincia di Genova, sulla Riviera di Levante. Il nucleo più antico sorge sul promontorio (detto Isola) o sull'istmo che chiudono a Sud-Est il Golfo del Tigullio, la parte moderna si è sviluppata nell'entroterra. Proprio sull'Isola, in epoca medioevale (inizio del X sec.), sorse il nucleo dell'abitato, in posizione naturalmente fortificata. Le origini di Sestri Levante sono però più remote: i primi abitatori furono i liguri Tigullii, che la chiamarono Segestum (Se gesta Tigulliorum). Prima appartenente alla basilica di S. Giovanni di Pavia, poi ai Fieschi (che ne tentarono una riconquista nel 1172) e infine a Genova, fu per un periodo (intorno al 1365) occupata dai Visconti; subì un attacco veneziano nel 1432 e le incursioni dei pirati fino all'inizio del XVII secolo. Oggi il promontorio è dominato dal Grand Hotel dei Castelli, circondato da un magnifico parco. Questa struttura ricettiva fu costruita intorno al 1925 dove un tempo sorgeva la fortezza voluta dai Genovesi nel 1145. Qui si trova la Torretta dalla quale Guglielmo Marconi fece i suoi esperimenti di radiotelegrafia con le onde cortissime. Numerose dimore storiche oggi ospitano alberghi (come Villa Balbi) o uffici pubblici (come Villa Durazzo Pallavicino, sede municipale). Sempre sul promontorio si trova la prima parrocchiale, San Nicolò all'Isola, costruita nel 1151; dopo i restauri, l'edificio si presenta con la sua antica struttura romanica, un abside semicircolare e un campanile con cuspide e bifore. Altro edificio religioso di notevole importanza è la basilica di Santa Maria di Nazareth (XVIII secolo), con pronao neoclassico aggiunto nell'800, nel cui interno riccamente decorato si conserva una tela del Fiasella; un gruppo ligneo dedicato a Santa Caterina di Alessandria del Maragliano si trova invece nella chiesa di San Pietro in Vincoli. Sul golfo di Levante si affaccia l'ex convento dell'Annunziata, recentemente restaurato con fondi comunitari per farne un polo culturale. Il complesso ospitò dal 1467 al 1797 i padri domenicani soggetti al più antico convento di Santa Maria di Castello a Genova; dopo il periodo napoleonico venne rilevato da benefattori e trasformato in una colonia marina rimasta attiva sino al 1982. A Sestri Levante si trova anche una prestigiosa raccolta di dipinti, disegni, stampe, mobili e ceramiche: è la Galleria Rizzi, aperta nel 1967 quando la collezione privata dell'avvocato Marcello Rizzi venne donata allo Stato.

Varazze

(13.844 ab.). Centro in provincia di Savona. Rinomata località turistica, vanta origini tardo-romane, in continuità con la "Ad Navalia" citata nella "Tabula Peutingeriana". Verso il 1230 vi nacque quello Jacopo da Varagine che acquisì fama come autore della "Legenda aurea". Tra i monumenti più significativi ricordiamo la barocca facciata della chiesa dei Ss. Nazario e Celso, dal caratteristico sagrato acciottolato del 1902; la collegiata di S. Ambrogio, con facciata del 1914 e splendido campanile lombardo resto di una precedente chiesa del sec. XIV. All'interno, eccellente polittico di Giovanni Barbagelata con S. Ambrogio, santi e angeli musicanti (1500), e Annunciazione, tavola attribuita a Francesco da Milano (1535); fra le sculture, S. Caterina da Siena, statua lignea policroma del Maragliano, e sull'altare maggiore, Assunta di Francesco Schiaffino (1740).

Ventimiglia

(26.051 ab.). Città in provincia di Imperia, sulla riviera dei fiori. Città di confine è costituita da due entità distinte amministrativamente unite: la parte alta, arroccata sulla destra del Roia, che reca ancora palesi i segni dell'agglomerato cresciuto nei secoli, e la parte bassa nella piana fra il Roia e il Nervia. Nella zona si ergeva l'insediamento romano di Albintimilium che, sovrapponendosi al preesistente oppidum ligure di Album Intemelium, raggiunge un indiscusso benessere nei primi secoli d.C., per poi iniziare a decadere nel IV e V sec., a causa delle invasioni barbariche. Tra il X e XI sec., abbandonata progressivamente l'antica area urbana, la popolazione della zona comincia a insediarsi sul Cavo (la parte più alta del colle), costituendo il primo nucleo di quella che diventerà la città medioevale con il suo palazzo vescovile e cattedrale. Controllando la strada che unisce Roma alla Francia e le vie che collegano la costa ligure con l'entroterra piemontese, nonché la foce del Roia, approdo di navigli, Ventimiglia si afferma come base commerciale ed emporio di scambio per i prodotti dell'interno con le merci provenienti dalla costa e dall'oltremare. In quest'epoca sorge il castello comitale, mentre la cattedrale romanica con le sue tre navate si avvicenda alla precedente aula a unica navata. A valle dell'edificio sorge il battistero e intorno a questo complesso si sviluppa la città già protetta da una cinta fortificata. Il declino di Ventimiglia inizia nel XIII secolo, quando Genova, dopo ripetuti assedi, sottomette la città, per spartirne in seguito il territorio con il Conte di Provenza (Trattato di Aix, 1261), separandola dal suo naturale retroterra e conferendole il ruolo di città di frontiera, ruolo che con fortune alterne conserverà fino ai tempi presenti. Vengono costruiti il Castel Vecchio (poi Forte S. Paolo) e il Castel d'Appio, mentre durante l'assedio del 1222 viene costruito il porto-canale alla foce del Roia. Dal XIII al XV secolo il complesso urbano della città alta assume quasi le dimensioni conservate fino ai nostri giorni, con un tessuto viario che gravita su piazza del Canto. Ordini religiosi si attestano all'interno delle mura, creando conventi e chiese (al XV secolo risale l'edificazione dell'Oliveto, ancora proprietà dei monaci di S. Michele). Il sacco e la distruzione della città compiuti dai Grimaldi all'inizio del Cinquecento, oltre alla dispersione degli archivi cittadini, portano la demolizioni delle mura. Nonostante ciò, sia assiste, piano piano, per merito delle famiglie più potenti, a un rinnovo delle loro dimore nonché degli edifici religiosi. Le confraternite religiose, elemento tipico della vita sociale ligure del Seicento, provvedono alla costruzione e all'arredo dell'oratorio di S. Giovanni Battista al Cavo. La cattedrale, la chiesa di S. Francesco e il battistero subiscono sul finire del XVI secolo pesanti interventi. Successivamente, sulla piazza della cattedrale, viene eretto dal 1668 al 1671 il monastero delle Canonichesse Lateranensi. Con la rivoluzione francese e l'albero della libertà eretto in piazza della Cattedrale, la città diventa per un certo periodo capoluogo di dipertimento. Solo dopo la restaurazione inizia per Ventimiglia (dal 1815 era stata annessa al Regno di Sardegna dei Savoia) una fase di rinnovo urbano che perviene al culmine nel corso della seconda metà dell'Ottocento. Le prime opere realizzate dai Savoia sono comunque a carattere militare come il ripristino del Forte San Paolo.

Vocabolario

carruggio.

(s.m.), stretta via caratteristica dei paesi della Liguria.

Inglese

narrow Ligurian alley

Francese

rue étroite ligurien

Tedesco

(m.) steiler Weg

chinotto.

(s.m.), 1 albero coltivato in Liguria dai frutti simili al mandarino ma dal sapore amarognolo. 2 bevanda analcolica dissetante ricavata dal succo dei frutti del chinotto.

Inglese

bigarade.

Francese

(m.) chinois.

Tedesco

eine Art Bitterorange

cinqueterre.

1 (s.m.), vino secco o dolce prodotto con l'uva delle Cinque Terre. 2 geog. le -, zona della Liguria.

Francese

(m.) "cinqueterre"

Tedesco

(m.) "Cinqueterre"

lìgure.

(agg. e s.m.), della Liguria; abitante, dialetto della Liguria.

Inglese

Ligurian

Francese

ligurien

Tedesco

ligurisch

sciacchetrà.

(s.m.), vino della Liguria.

Intĕmĕlii

ōrum, m. pl.: Intemelii, popolo della Liguria

Lūna

ae, f.: Luni, città sul confine della Liguria e dell'Etruria

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