Rame.

b Dizionario Encyclopedico lemmi R a Raschietto a Replay a Rimborso a Rockettaro a Rubellano a Rzewuski

n

Rame.

Chim. - Elemento chimico di numero atomico 29 e peso atomico 63,55; simbolo: Cu (dal latino cuprum, der. del nome romano dell'Isola di Cipro (Cyperium), dove abbondava).

Nella tavola periodica degli elementi si colloca nel gruppo I sottogruppo B insieme con l'argento e con l'oro. Presenta due soli isotopi stabili: il 63 Cu (69,09%) e il 65 Cu (30,91%).

Anche se la sua estrazione è relativamente facile, non è molto diffuso nella crosta terrestre, della quale costituisce lo 0,01%; questo valore è dell'ordine di quello di diversi altri elementi (litio, vanadio, rubidio, stronzio, zirconio) che sono abitualmente considerati rari.

La sua diffusione non è molto più abbondante nell'universo (212 atomi di Cu ogni 1.000.000 di atomi di silicio); il corpo umano in media ne contiene circa 1,5 g.

È noto all'uomo fin dalla preistoria, dato che si trova allo stato nativo e che la sua metallurgia è relativamente facile.

Stato naturale: il r. si trova in grandi quantità anche allo stato nativo, cioè come metallo non combinato.

Il r. nativo per molto tempo è stato la principale fonte di produzione; oggi rappresenta solo il 5% circa della produzione mondiale.

La maggior parte, 80% circa, si estrae invece da minerali solforati di solo r. o solfuri misti di r. e altri metalli.

Fra questi ricordiamo la calcocite o calcosina e la calcopirite, oltre alle varie piriti cuprifere e ai minerali solforati di nichel, che rappresentano pure fonti considerevoli di r. Il restante 15% circa della produzione mondiale viene estratta da minerali ossidati, fra i quali principalmente la cuprite.

Esistono anche altri minerali ossidati, che hanno però più importanza come pietre ornamentali che come materie prime per l'estrazione; fra questi citiamo la malachite, l'azzurrite, il dioptasio e la crisocolla.

I minerali comunemente sfruttati hanno un tenore medio in r. del 12% che, nel caso dei solfuri, può scendere fino allo 0,7-0,8%.

Ciò ha fatto sì che sorgesse, accanto all'industria estrattiva del r., che produce il cosiddetto r. di prima fusione (cioè estratto direttamente dai minerali), una fiorente industria del rottame di r., che produce il cosiddetto r. di seconda fusione o r. secondario.

Proprietà fisiche: il r. è un metallo di colore rosso chiaro caratteristico, abbastanza duro ma molto duttile e malleabile.

È cristallizzato nella forma cubica a facce centrate (come nichel, argento, oro, calcio).

È facilmente lavorabile in tutti i modi e allega con molti altri elementi formando una varietà enorme di leghe anche dotate di pregiate caratteristiche. Le principali proprietà fisiche del r. sono raccolte nella seguente tabella:

Punto di fusione (°C) 1.083
Punto di ebollizione (°C) 2.595
Peso specifico del solido (a 20 °C) 8,92
Peso specifico del liquido (a 1.083 °C) 8,30
Calore specifico (cal/g a 20 °C) 0,092
Calore specifico del fuso (cal/g) 0,112
Calore latente di fusione (cal/g) 48,9
Calore latente di evaporazione (cal/g) 1.750
Conducibilità termica (cal/cm3 °C sec) 0,941
Conducibilità elettrica (μ Ω-1) 0,593
Resistività di massa (Ω) 0,14983
Energia di prima ionizzazione (kcal/mole) 178
Raggio atomico (Å) 1,28
Raggio covalente (Å) 1,38
Raggio ionico (Å) valenza +1 0,96
Raggio ionico (Å) valenza +2 0.69
Volume atomico 7,1
Elettronegatività (scala Pauling) 1,9
Struttura elettronica [Ar] 3d10 4s1

Il punto di fusione riportato (1.083 °C) è quello in assenza di aria; all'aria invece si trova come punto di fusione 1.063 °C che è però il punto di fusione del sistema r.-ossido rameoso (Cu2O) che contiene il 3,4% in peso di ossido.

La resistività di massa è la resistenza che presenta a 20 °C un filo di r. della lunghezza di 1 m e di sezione tale da pesare 1 g.

La struttura elettronica è quella dell'argon (gas nobile immediatamente precedente) con in più il completamento dello straorbitale d dello strato M e un elettrone nell'orbitale s dello strato N.

La sua valenza dovrebbe essere quindi + 1; si può avere però lo spostamento di un elettrone dall'orbitale 3d all'orbitale 4s e quindi compare anche la valenza +2 che in certi casi è anche più stabile della + 1.

Fra le proprietà fisiche del r. che sono più rilevanti dal punto di vista applicativo, oltre alla facile lavorabilità, sono la grande conducibilità termica ed elettrica.

Sotto questo aspetto il r. è superato solo dall'argento; è ovvio che, dato il costo molto maggiore di questo metallo, il r. sia diffusamente impiegato in tutte le applicazioni in cui è importante la conducibilità elettrica o termica; l'industria elettrica (produzione, trasporto e utilizzazione di energia elettrica) assorbe da sola oltre il 50% del r. consumato nel mondo.

Il r. è inoltre molto resistente alla corrosione e mostra grande facilità di giunzione (si possono applicare pressoché tutti i sistemi di saldatura).

Proprietà chimiche: in virtù della sua posizione nella serie elettrochimica degli elementi (nobiltà maggiore dell'idrogeno per 0,34 Volt), il r. è un metallo relativamente stabile.

All'aria secca e a temperatura ambiente non si ossida; a temperatura maggiore si ossida invece abbastanza facilmente a ossido rameoso (Cu2O) che passa poi in parte a ossido rameico (CuO).

All'aria umida non si trasforma in ossido, ma in una forma di carbonato basico che forma una patina compatta (verderame) che lo protegge da un ulteriore attacco, funzionando come uno strato di ossidazione.

Il comportamento del r. nei confronti degli acidi forti è diverso a seconda che questi siano o meno ossidanti.

Gli acidi che sono ossidanti, come ad esempio il nitrico, lo attaccano facilmente anche a freddo.

L'acido solforico lo attacca solo a caldo e concentrato, svolgendo anidride solforosa.

Si ha infatti in questi casi un meccanismo di attacco in due stadi: nel primo si ha ossidazione del r. a ossido rameoso (Cu2O) e ossido rameico (CuO), quindi si ha dissoluzione dell'ossido.

Una parte dell'acido si riduce e si distrugge, cedendo ossigeno per ossidare il r. Nel caso dell'acido solforico le due reazioni successive sono:

Cu + H2SO4 → CuO + SO2 + H2O

CuO + H2SO4 → CuSO4 + H2O

ed equivalgono complessivamente alla reazione globale:

Cu + 2H2SO4 → CuSO4 + SO2 + 2H2O

Non è invece attaccato dagli acidi non ossidanti o debolmente ossidanti, quali il cloridrico. Il r. si scioglie invece in soluzioni di cianuri alcalini in quanto forma dei cianuri complessi; allo stesso modo si scioglie in ammoniaca in presenza di ossigeno, formando un complesso ammoniacale molto stabile. Sempre in virtù della sua posizione nella serie elettrochimica, il r. viene facilmente spostato dalle sue soluzioni (nelle quali non sia fortemente complessato ad esempio da ioni cianuro) da molti metalli meno nobili quali ferro, zinco, magnesio, nichel in polvere fine. Se in una soluzione, ad esempio, di solfato di r., si pongono dei rottami di ferro, una parte di questi si scioglie, mentre precipita una polvere bruno-nera di r. che è detta cemento di r.; questo processo di cementazione è utilizzato anche in certi processi (idrometallurgici) di estrazione del r. Come si è già detto, il r. ha due valenze stabili, la +1 e la +2; corrispondentemente si parlerà di sali rameosi e di sali rameici. I composti rameosi sono poco solubili in acqua; quelli rameici sono più solubili. Il r. può dare inoltre dei complessi anche molto stabili con diverse molecole o gruppi; particolarmente importanti sono quello con l'ammoniaca e quello con lo ione cianuro. In questi complessi può entrare anche l'acqua. ║ Composti chimici: il r. presenta due valenze stabili: la +1 e la +2; si parlerà quindi rispettivamente di composti rameosi e di composti rameici. L'ossido rameoso (Cu2O) esiste anche in natura come cuprite. Si presenta come una polvere cristallina di colore rosso-arancio avente peso specifico 6; è virtualmente insolubile in acqua, ma solubile in acido cloridrico, cloruro di ammonio e ammonio e ammoniaca acquosi. Si prepara da soluzioni acquose di sali rameici per riduzione con forti riducenti. È utilizzato per la preparazione di vernici (ad esempio, per scafi di navi) con proprietà fungicide. Poco noto è il corrispondente idrossido rameoso (CuOH). Il cloruro rameoso, esistente anche in natura come nantokite, ha peso molecolare 198,05 in vapore e quindi deve avere la formula doppia Cu2Cl2; in certe soluzioni si trova invece la formula semplice CuCl. Si prepara dalle soluzioni di cloruro rameico per ebollizione prolungata in presenza di polvere di r. Si presenta come una polvere bianca avente peso specifico 3,53; fonde a 422 °C ed è pochissimo solubile in acqua mentre è solubile in acido cloridrico, ammoniaca e basi alcaline acquose. Il solfuro rameoso (CuS) si trova anche in natura come calcosina; è un solido nero avente peso specifico 5,6 che fonde a 1.100 °C; è insolubile in acqua e in solfuro sodico, più solubile in acido nitrico e ammoniaca acquosa. I sali rameosi hanno in generale importanza molto limitata; citiamo ancora il cianuro rameoso (CuCN), il carbonato rameoso (Cu2CO3), il fluoruro (Cu2F2), il ferrocianuro Cu4Fe (CN)6, il ferrocianuro Cu3Fe (CN)6, l'idruro (CuH).

I composti rameici sono molto più importanti dei rameosi. L'ossido rameico (CuO) si trova in natura sia come tenorite (trigonale, peso specifico 6,45) sia come paramelaconite (cubico, peso specifico 6,40). Si decompone prima di fondere a 1.026 °C; è insolubile in acqua sia fredda che calda ma si scioglie nelle soluzioni acquose di alcali forti, cianuro di potassio (con formazione di complessi) e cloruro ammonico. È utilizzato nell'industria vetraria per colorare i vetri in verde e azzurro. L'idrossido rameico Cu(OH)2 precipita sotto forma di fiocchi blu dalle soluzioni di r. bivalente trattate con basi alcaline; è insolubile in acqua e, anche in presenza del liquido, si colora di scuro per riscaldamento in quanto si trasforma nell'ossido. È solubile in soluzioni acquose di alcali forti (cianuro potassico, ammoniaca) e abbastanza solubile in alcol etilico. Il cloruro rameico (CuCl2) si ottiene per trattamento dell'ossido, dell'idrato o del carbonato con acido cloridrico. Normalmente precipita cristallizzato in aghi verdi con due molecole di acqua, cioè come (CuCl2 · 2H2O); lo si può però anche avere anidro; in questa forma infatti è presente anche in natura come eriocalcite. In soluzione concentrata è di colore verde per la presenza del complesso [CuCl4]2-; in soluzione diluita passa all'azzurro per formazione dell'acquocomplesso [Cu(H2O)4]2+. L'ossicloruro (Cu2OCl2) cristallizza facilmente idrato con 4 molecole di acqua. È utilizzato per la preparazione di anticrittogamici in sostituzione del solfato. Il solfato rameico (CuSO4) esiste anche in natura, ed è detto idrocianite; comunemente si impiega però il sale pentaidrato (CuSO4 · 5 H2O) che precipita dalle soluzioni acquose. È il più importante derivato del r. Il solfuro rameico (CuS) è presente in natura come covellina e precipita per azione dell'acido solfidrico sui sali di r. in soluzione. Ha scarsa importanza. Il carbonato di r. rameico neutro non è noto; si conoscono invece due carbonati basici, la malachite CuCO3 · Cu(OH)2 e l'azzurrite 2 CuCO3 · Cu(OH)2. Gli arseniti rameici Cu3(AsO3)2 e Cu(AsO2)2 hanno colore verde; vengono usati come coloranti e come anticrittogamici. Il r. ha una grande tendenza a formare complessi e alcuni di questi vengono utilizzati praticamente. Il complesso con l'ammoniaca contiene ioni cupriammonici [Cu(NH3)4]2+ che possono fissare reversibilmente l'ossido di carbonio CO; è utilizzato a questo scopo per la depurazione del gas di sintesi. Il suo idrato, cioè l'idrossido di cupriammonio Cu(NH3)4(OH)2, detto anche reattivo di Schweizer, ha la proprietà di sciogliere la cellulosa e viene utilizzato nella produzione del raion bemberg.

In certi casi è possibile avere una valenza +3 del r., scarsamente stabile. Si sono preparati, ad esempio, per ossidazione anodica composti del tipo Cu2O3 e K3CuF6 dotati di relativa stabilità. Questi composti hanno però importanza solo teorica. Nel campo organico il r. forma soprattutto dei complessi di coordinazione come la r.-ftalocianica, un colorante azzurro noto anche col nome di azzurro monastral B. ║ Determinazione analitica: il r. si può determinare abbastanza bene coi metodi classici. A secco, con la perla al borace, piccole quantità di r. producono una colorazione verde o azzurra. A umido il r. precipita nell'analisi sistematica essenzialmente come solfuro (CuS) al secondo gruppo; lo si può riconoscere in quanto non è solubile nel polisolfuro sodico e nell'acido solforico diluito e bollente, mentre lo è nell'acido nitrico diluito a caldo. La precipitazione del solfuro non avviene se si è in presenza di cianuro di potassio in concentrazione abbastanza alta. La determinazione quantitativa si può fare sia come CuS, ridotto poi a Cu2S con H2S, e come tale pesato, sia come CuO opportunamente precipitato. Anche la precipitazione come solfocianuro rameico che passa poi a solfocianuro rameoso (CuCNS) può essere utilizzata. Piccole quantità di r. possono poi essere determinate qualitativamente e quantitativamente con metodi colorimetrici utilizzando il ditizone, il cuproino (o 2,2'-dichinobile), il blu di alizarina, l'acido rubeanidrico, la benzoinossima e la salicilaldossima. ║ Metallurgia estrattiva: i processi di estrazione del r. sono molto diversi a seconda del minerale di partenza, sia per il modo in cui il r. è combinato, sia per il tenore con cui esso è contenuto. I processi si possono suddividere in due tipi: pirometallurgico e idrometallurgico. Col primo si trattano minerali ossigenati a elevato tenore di metallo e il r. nativo. Col secondo si trattano minerali ossigenati a basso tenore. Questi processi hanno come scopo la produzione di r. grezzo; da questo, con i processi di raffinazione si ottiene il r. alla purezza necessaria per i vari impieghi. Fra le operazioni preliminari che si compiono nel processo pirometallurgico è bene ricordare la flottazione, che permette già una buona separazione della ganga dal minerale vero e proprio; però funziona bene solo sui minerali ossidati. Nel caso di r. nativo una prima concentrazione si può invece fare macinando il minerale, che è composto di r. metallico e ganga, a una granulazione opportuna, indi selezionando il metallo con i normali mezzi di cernita di solidi a densità diversa (lisciviazione, sedimentazione, liquidi pesanti, tavole a scosse). 1) Processo pirometallurgico o a secco: esaminiamo per ora il caso più comune, cioè di minerali solforati. Il primo stadio è una macinazione seguita da una concentrazione per flottazione. Si svolgono quindi le operazioni di arrostimento (o torrefazione), fusione di concentrazione, affinazione (o conversione). L'arrostimento è un'operazione di parziale conversione dei solfuri di r. in ossidi, ad opera dell'ossigeno dell'aria, con produzione di anidride solforosa (che può essere recuperata per fabbricare acido solforico) e di un solido che è una miscela di solfuro di r., ossido di r., altri ossidi e solfuri e ganga. Gli scopi di questa operazione sono molteplici: ridurre il tenore di zolfo nel minerale, raggiungere un rapporto zolfo/ossigeno ottimale per le successive operazioni, eliminare impurezze indesiderate che formano ossidi volatili o sono di per sé volatili. Per questa operazione si usano forni di arrostimento del tipo a piani rotanti o a nastro (tipo Dwight-Lloyd). In certi casi la permanenza nel forno è calcolata in modo da avere l'ossidazione parziale e il rapporto zolfo/ossigeno voluto nel solido; in altri casi si compie un'ossidazione completa del solfuro nel forno, indi il rapporto sopra citato si ottiene mescolando agli ossidi (prodotti dal forno) del solfuro non trattato. Si sono introdotti in alcuni casi anche forni a letto fluido, che danno pure delle produttività molto elevate. L'operazione successiva, detta fusione di concentrazione, ha lo scopo di eliminare sia la ganga residua, sia gli eventuali altri metalli presenti (massimamente ferro) sotto forma di scorie; ciò si realizza mediante una fusione ossidante in forno a vento.

Il prodotto di questo stadio è la cosiddetta metallina, un miscuglio di r. metallico, solfuri di r. e solfuri di ferro, che ha un tenore in r. del 25 ÷ 55%. Le reazioni base che si sfruttano in questo stadio sono di ossidazione, dato che si mantiene un ambiente ossidante insufflando aria o addirittura ossigeno. Si ha in particolare il passaggio del ferro da Fe2S a FeS ed eventualmente anche a FeO; il solfuro di r. invece reagisce secondo reazioni del tipo:

CuS + O2 → Cu + SO2

In queste reazioni si ha formazione di anidride solforosa SO2 in quantità considerevoli; si tratta dunque di reazioni esotermiche. La tendenza è quella di costruire il forno di fusione in modo da non dover fornire calore dall'esterno, compensando le perdite per dissipazione mediante il calore generato dalle reazioni stesse. Ciò è ottenuto però in soli due processi: il cosiddetto processo canadese, che insuffla ossigeno puro al posto dell'aria (come fanno gli altri), riducendo quindi le perdite di calore dovute ai gas inerti insufflati (principalmente azoto) e il cosiddetto processo finlandese, che utilizza per la insufflazione aria preriscaldata con i gas di scarico, realizzando un recupero di calore esterno al forno. In generale, però, per raggiungere e mantenere la temperatura voluta (1.100 ÷ 1.200 °C) non basta la esotermicità delle reazioni per le forti dissipazioni che si hanno. Si fa allora un'aggiunta di carbonio (o meglio coke) alla carica; questo opera una riduzione degli ossidi presenti (formati nell'arrostimento) a metallo, mentre una parte brucia a ossido di carbonio CO con produzione di calore. Secondo la percentuale di coke che viene aggiunta alla carica, il processo prende un nome diverso: fusione (se la percentuale di coke non supera il 5%), fusione semipiritica (se si aggira sull'8 ÷ 10%); fusione riducente (se è del 14 ÷ 16%). Nel caso che si parta da minerali ossidati, il tenore di coke aggiunto alla carica deve essere molto maggiore, in quanto non si hanno reazioni fortemente esotermiche. In questa fase si ha anche una parziale eliminazione del ferro presente che, reagendo con silice (di solito presente ma a volte aggiunta) passa a silicato di ferro, secondo una reazione del tipo:

2 FeS2 + 5 O2 + 2 SiO22 FeO · SiO2 + 4 SO2

Questo viene eliminato nella scoria che si forma, che porta con sé una piccola parte di r. (0,1 ÷ 0,2% del suo peso) combinato non più recuperato. I forni più diffusi per questa operazione sono del tipo water-jacket (a camicia d'acqua); il loro nome deriva dal fatto che sono costituiti da una doppia parete di ferro nella cui intercapedine circola acqua di raffreddamento (che raggiunge l'ebollizione, e genera quindi del vapore). Ciò è fatto non tanto per recuperare calore (dato che tanto più si raffredda la parete tanto più coke occorre aggiungere alla carica) ma per necessità costruttive, dato che in questo modo si evita di dover ricorrere a pareti di materiale refrattario che in questi forni avrebbero una vita molto breve. Questi forni a tino sono costruiti in modo simile agli altiforni in uso per la produzione della ghisa; hanno anch'essi un crogiolo in cui si raccoglie il prodotto (metallina) fuso, uno sfioratore per le scorie a intermittenza e un tubo collettore intorno da cui si dipartono le tubiere che entrano attraverso le pareti portando l'aria insufflata alla carica.

A differenza di quelli, sono però di solito a pianta rettangolare e molto più bassi. Nel caso di fusione riducente si può lavorare anche in forni a riverbero.

Questi hanno una minore produttività ma permettono una migliore scorificazione e possono essere caricati con minerali in polvere, mentre quelli a tino obbligano ad un minerale in pezzatura opportuna.

Se il minerale è stato macinato, per flottarlo si deve eseguire un'operazione di sinterizzazione.

La metallina viene quindi sottoposta all'operazione di affinazione o conversione, che ha come scopo l'eliminazione del ferro e dello zolfo (oltre ad altre impurità) e la produzione del cosiddetto r. grezzo o r. nero o r. blister (bolla).

Questo prende nome dal fatto che quando è colato mentre solidifica, si ha sviluppo di gas (in particolare anidride solforosa) che resta intrappolato presso la superficie del lingotto (solidificata molto rapidamente perché a contatto con getti d'acqua), formando bolle evidenti anche dall'esterno.

L'operazione di conversione della metallina in r. blister viene compiuta in convertitori analoghi per funzionamento a quelli della conversione della ghisa in acciaio. A differenza di quelli, i convertitori per il r. hanno generalmente una forma di cilindro orizzontale con un'apertura a metà sulla zona superiore. Questi cilindri sono girevoli intorno al loro asse per poter effettuare il carico della metallina e lo scarico del r. blister; lungo due generatrici è posta una serie di ugelli attraverso i quali si manda aria compressa (vento). Nella maggior parte dei convertitori il rivestimento è di tipo basico; per ogni forno a vento vi sono di solito da due a otto convertitori. L'operazione di conversione si svolge nel modo seguente. Si inizia caricando una quantità opportuna di metallina fusa nel convertitore inclinato, quindi lo si raddrizza e si dà inizio al vento, cioè si comincia a soffiare. L'aria è insufflata non nella massa della metallina, ma quasi alla sua superficie, per evitare eccessiva perdita di r. Avvengono in queste condizioni molte reazioni, fra cui principalmente la conversione a ossidi dei residui solfuri di ferro e di r., la scorificazione del r. ad opera della silice, la riduzione a r. dell'ossido di r. ad opera del suo solfuro. Queste reazioni si possono così scrivere:

1) 2 FeS + 3 O2 → 2 FeO + 2 SO2

2) 2 FeO + SiO2 → (FeO)2 · SiO2

3) Cu2S + 2 O2 → 2 CuO + SO2

4) Cu2S + 2 CuO → 4 Cu + SO2

ma non sono ovviamente le sole dato che si hanno anche altri composti quali Cu2O, CuS, CuSO4 Riguardo a tali reazioni, le prime due rappresentano il meccanismo con cui è eliminato il ferro e una parte dello zolfo. Il solfuro di ferro passa a ossido e poi a silicato di ferro ad opera della silice presente nel rivestimento del convertitore (che quindi si consuma, onde viene costruito con pareti spesse da 30 cm ad un metro, e periodicamente rifatte) oppure aggiunta intenzionalmente con la carica di metallina. Le altre due reazioni, cioè la 3) e la 4) rappresentano il meccanismo di trasformazione del solfuro di r. in r. metallo, passando attraverso una ossidazione di parte del solfuro. Se nella carica vi è parecchio ferro, si interrompe periodicamente il vento e si versa via la scoria che nel frattempo si è formata, altrimenti questo viene compiuto solo a fine conversione. La scoria è sempre ricca in r. (1,5 ÷ 4% in peso) e viene quindi recuperata aggiungendola ai minerali di partenza. Le reazioni sopra scritte sono esotermiche, alcune anche fortemente; basta quindi caricare metallina liquida e soffiare perché si abbia riscaldamento della carica fino a circa 1.300 °C; lo scarico del convertitore è molto facile perché basta inclinarlo; il. r. blister è colato in lingotti di grandi dimensioni per le operazioni successive (raffinazione termica, affinazione termica) oppure in lingotti più piccoli destinati alla produzione di sali (ad esempio solfato). Una forma tipica di colata sono le cosiddette placche, ovvero grandi lastre, aventi spessore 10,2 cm, 43,2 cm oppure 68,6 cm. Per le sue scadenti proprietà meccaniche (fragilità, scarsa malleabilità, scarso carico di rottura, disomogeneità, ecc.) il r. blister non è mai utilizzato come tale. Nel caso di minerali ossidati, il processo pirometallurgico può ancora essere impiegato. Rispetto ai minerali solforati si hanno però alcune varianti. Dopo l'arricchimento per flottazione si opera direttamente una fusione di concentrazione o fusione riducente in forni a tino, con una quantità di coke elevata tanto da operare la riduzione degli ossidi di r. a r. metallico e fornire il calore necessario per compensare le perdite del forno, in modo del tutto analogo alla produzione della ghisa. Il prodotto di questa operazione è un r. nero o r. grezzo che non è r. blister, ma presenta più o meno le stesse scadenti proprietà e va quindi anch'esso sottoposto ad affinazione ed eventualmente raffinazione per essere utilizzato; queste operazioni sono identiche a quelle condotte sul r. blister. 2) Processo idrometallurgico o ad umido: è applicato a minerali ossidati a basso titolo, che non potrebbero essere economicamente trattati con la fusione riducente in forno a tino. Questo metodo è applicabile anche a minerali solforati, sempre a basso titolo, previamente sottoposti ad un'ossidazione almeno parziale per arrostimento o esposizione all'aria. Si basa sulla possibilità di attaccare e sciogliere selettivamente il r. presente nei minerali mediante un opportuno reagente chimico in soluzione acquosa e sul successivo recupero del r.. per cementazione, elettrolisi o altri metodi. Il reattivo più comune è l'acido solforico; iniziamo quindi a descrivere il cosiddetto processo ad umido all'acido solforico. Il minerale ossidato viene portato a contatto con una soluzione di acido solforico; gli ossidi di r., come si è già detto, sono da questo sciolti con formazione di una soluzione di solfato di r. secondo la reazione:

CuO + H2SO4 → CuSO4 + H2O

Il metodo più comune per recuperare il r. da questa soluzione è la cementazione con ferro metallico, o meglio rottami di ferro, secondo la reazione:

CuSO4 + Fe → FeSO4 + Cu

Il prodotto è r. metallico fortemente impuro di r., che viene detto r. cemento o r. cementato; esso è utilizzato per la produzione di sali di r. oppure sottoposto a fusione per ottenere un r. grezzo che è successivamente affinato. Una variante di questo processo consente la lavorazione di minerali solforati. Questi vengono lasciati in mucchi all'aria, periodicamente irrorati con acqua, per far sì che una parte anche limitata si trasformi in ossidi di r. Si opera quindi un trattamento con una soluzione di solfato ferrico che attacca anche il solfuro di r. (ad esempio Cu2S) trasformandolo in solfato, secondo la reazione:

2 Fe2(SO4)3 + Cu2S → 2 CuSO4 + 4 FeSO4 + S

in cui il solfato ferrico passa a solfato ferroso, con produzione di zolfo elementare. La soluzione contenente solfato ferroso e solfato rameico va alla cementazione nella quale precipita il r. e si forma altro solfato ferroso. Questa soluzione viene poi ossidata con aria e aggiunta di acido solforico per riformare solfato ferrico. Il solfato ferrico ritorna in ciclo; il complesso delle reazioni equivale ad un'ossidazione del solfuro di r. ad ossido con aria atmosferica, attacco dell'ossido con acido solforico e precipitazione del r. per cementazione. Un'altra variante usata in qualche impianto utilizza acido cloridrico invece del solforico; si può anzi effettuare un arrostimento del minerale con cloruro sodico per trasformarlo in cloruro di r., indi lisciviare questo e cementare la soluzione ottenuta. Il metodo elettrochimico è l'unico che consenta un recupero quasi completo dell'acido, dato che la soluzione di solfato di r. ottenuta per azione del solforico sui minerali ossidati è sottoposta a elettrolisi: si ha deposizione di r. metallico abbastanza puro (ma che necessita sempre di un'affinazione prima dell'impiego) al catodo, mentre nella soluzione si riforma l'acido solforico (tale soluzione può quindi essere riusata per attaccare il minerale). Il processo a umido con acido solforico non è però applicabile in quei casi in cui la ganga alla quale è misto l'ossido di r. è pure essa solubile in acido solforico; in questi casi si ricorre al processo ad umido al carbonato ammonico, che è però più oneroso. Il reattivo per l'attacco del minerale ossidato che si impiega è ammoniaca in soluzione come carbonato ammonico; il r. viene sciolto in forma di complesso cuproammoniacale carbonato, cioè [Cu(NH3)4]++ CO3-- che è molto stabile. Da questa soluzione il r. è recuperato per ebollizione sotto forma di un precipitato di ossido rameico (CuO); nella stessa operazione distillano ammoniaca (NH3) e anidride carbonica (CO2) che vengono assorbite in acqua a riformare la soluzione usata per l'attacco del minerale.

L'ossido rameico viene ridotto a r. grezzo di buona purezza per fusione riducente in forno a uno o a riverbero. ║ Raffinazione: si intendono con questo termine le operazioni compiute sul r. blister o sui diversi tipi di r. nero prodotti, come detto prima, per ottenere una serie di prodotti più o meno purificati, adatti alle specifiche richieste per i diversi impieghi. La raffinazione del r. è di due tipi: termica ed elettrolitica. La raffinazione termica si compie nei forni a riverbero; si porta a fusione il r. grezzo in ambiente mantenuto ossidante per insufflazione d'aria e in presenza di silice per scorificare come silicati il ferro e altre impurezze: questa silice può provenire dal rivestimento del forno o essere aggiunta alla carica. In questa operazione anche una piccola parte del r. si ossida a Cu2O e resta sciolto nel r. fuso. Le impurezze, passate nelle scorie, vengono eliminate rimuovendo queste. Una fase successiva dell'operazione deve provvedere alla riduzione dell'ossido di r. formatosi a r. metallico. Questa riduzione non è però mai completa, anche perché in molte applicazioni un piccolo tenore di ossigeno nel r. non è dannoso. Per creare l'ambiente riducente necessario per la riduzione si effettua l'operazione di poling, cioè si immerge nella massa di r. fuso un tronco di pino verde. Questo brucia generando una grande quantità di gas composto essenzialmente di ossido di carbonio (CO), idrogeno (H2) e vapore acqueo che, oltre a creare l'ambiente riducente, opera anche un vigoroso rimescolamento della massa fusa: la disossidazione avviene dunque in tutta la carica del forno. Il prodotto di questa operazione è il cosiddetto r. tough pitch o r. raffinato a fuoco o r. FRTP (dall'inglese Fire Refined Tough Pitch copper) e ha un tenore di ossigeno dello 0,05% circa o meno. La raffinazione termica può essere eseguita come operazione preliminare a quella elettrolitica; per il r. FRTP destinato alla colata in anodi la purezza può anche essere un po' minore. Per certe applicazioni l'ossigeno presente nel r. FRTP (0,025 ÷ 0,05% in peso) può essere eccessivo; si ricorre allora ad una terza operazione (sempre compiuta nello stesso forno), che consiste in una disossidazione spinta con l'impiego di disossidanti energici, solitamente una lega r.- fosforo. Si ottiene allora un r. detto disossidato e suddiviso in due tipi, detti rispettivamente DLP e DHP cioè disossidato a basso tenore di fosforo (dall'inglese Deoxidised Low Phosphorus) e disossidato ad alto tenore di fosforo (dall'inglese Deoxidised High Phosphorus). I due tipi sono notevolmente diversi in quanto il fosforo ha un notevole effetto sulla conducibilità del r.: ne basta lo 0,25% per ridurla a meno del 30% di quella del r. puro. Il r. disossidato al fosforo per uso elettrotecnico deve essere del tipo DLP con tenore in fosforo non superiore allo 0,012%.

Nell'operazione di raffinazione termica si possono anche fare aggiunte di altri elementi (oltre ai disossidanti, quali fosforo, litio, sodio, calcio) per ottenere alcune leghe di r. ad elevato contenuto di questo metallo. La raffinazione elettrolitica utilizza come materia prima il r. già raffinato (più propriamente si dovrebbe dire affinato) termicamente, cioè un r. FRTP non purificato a fondo, colato in anodi. La raffinazione elettrolitica consente di ottenere un r. di grande purezza a costi accettabili; per questo motivo oltre l'80% del r. oggi in uso è trattato con questo processo. Questa operazione consiste in una normale operazione di elettrolisi: si utilizzano degli anodi di metallo da raffinare e come catodi sottili lamiere di r. puro che si ispessiscono durante l'elettrolisi. La soluzione è costituita da solfato di r. in acqua, con eccesso di solforico (32 ÷ 52 g/l di Cu e 150 ÷ 220 g/l di H2SO4); si opera con tensioni modeste (0,15 ÷ 0,5 Volt) e densità di corrente di 150 ÷ 270 A/m2. Quando gli anodi si sono pressoché consumati si sostituiscono con nuovi; allorché i catodi si sono ispessiti a sufficienza vengono pure sostituiti. Le impurezze contenute negli anodi sono in parte solubili e in parte insolubili; fra queste ultime ricordiamo i metalli nobili (argento, oro, ecc.) e alcuni semimetalli (selenio, tellurio) che precipitano sotto l'anodo formando i fanghi anodici che vengono periodicamente rimossi; analogamente si comporta il piombo che precipita come solfato. Le impurezze che sono solubili tenderebbero a elettrodepositarsi; nel caso di ferro, stagno, nichel, cobalto, zinco, che sono meno nobili del r., la tensione di lavoro non basta per depositarli, onde si accumulano nel bagno (che va periodicamente spurgato, recuperandone il r. per cementazione). Altri metalli o metalloidi quali arsenico, antimonio, bismuto, si sciolgono all'anodo ma con una condotta opportuna dell'elettrolisi non si depositano che in minima parte. Per quanto concerne le celle elettrolitiche, occorre dire che è stato fatto un grande lavoro di ricerca e di sperimentazione per minimizzare i costi.

Fra questi nuovi sistemi il migliore è da ritenere l'impianto a celle multiple, che realizza un sostanziale risparmio nelle spese di impianti riducendo al minimo le barre di conduzione della corrente disponendo una serie di celle e realizzando il collegamento in modo che la stessa barra porti da un lato gli anodi e dall'altro i catodi. Un altro tentativo che però non ha finora trovato grandi applicazioni per le difficoltà che presenta è quello detto a cella multipla unidirezionale. In queste celle elettrolitiche si pongono degli anodi elettricamente isolati fra loro (eccetto per il collegamento tramite elettrolita) affacciati a distanza opportuna; alle estremità si pongono invece un catodo da una parte e un anodo dall'altra. Facendo passare corrente, ognuno degli anodi intermedi si comporta come se fosse anodo su una faccia e catodo sull'altra: mentre una faccia si scioglie, sull'altra si va depositando r. puro. Il r. elettrolitico è venduto in catodi come tali oppure cesoiati in pezzi più piccoli. Prima di utilizzare questo r. per lavorazioni plastiche, lo si deve però sottoporre a una rifusione. Se questa avviene in un forno elettrico a induzione si ottiene un r. del tutto esente da ossigeno, che viene detto OF (dall'inglese Oxigen Free). Esso ha un titolo elevato (99,95 o più) ed è senza ossigeno, senza contenere tracce di disossidanti (a differenza dei tipi DLP e DHP). Nella maggior parte dei casi un piccolo contenuto di ossigeno è invece desiderato. Si ricorre allora alla fusione in forno a riverbero. In questo caso si caricano i catodi in forno, indi si procede alla loro fusione, ossidazione e scorificazione come nella raffinazione termica. Per ridurre il contenuto di ossigeno, che aumenta molto durante queste operazioni, al tenore voluto, si effettua anche qui l'operazione di poling (pinaggio), ottenendo un r. di qualità tough pitch. Se si vuole invece un r. disossidato più a fondo, si possono effettuare le solite operazioni di disossidazione con metalli o metalloidi tipo fosforo, sodio, litio, calcio, ecc.: in questo caso si ottengono le diverse varietà di r. disossidato, come ad esempio il r. DLP e DHP già visti. ║ Trattamento dei rottami: la produzione di r. da rottami è in continuo aumento e, in certi Paesi, fornisce ormai quasi la metà dei consumi di r. Per la loro importanza i rottami di r. sono stati oggetto di una classificazione ufficiale da parte dell'UNI con le tabelle 3.398 (rottami di r.), 3.399 (rottami di ottone) e 3.400 (rottami di bronzo). La tabella 3.398 per i rottami di r. porta una suddivisione in cinque categorie; appartengono alla prima esclusivamente parti di r. rosso in fili, piatti, barre, ecc. aventi diametro o spessore non inferiore a 1,5 mm, non bruciate, con esclusione di parti saldate, verniciate, stagnate, nichelate o comunque rivestite. I rottami di prima categoria sono praticamente i soli che possono essere mandati direttamente alla raffinazione elettrolitica, previa fusione e colata in anodi; quelli delle categorie inferiori devono prima subire anche una fusione e raffinazione termica analoga a quella del r. blister. I rottami di bronzo e di ottone possono essere riutilizzati direttamente in fonderia per produrre altre leghe simili oppure sottoposti a raffinazione termica e poi elettrolitica: se conviene si effettua il recupero degli elementi alliganti. La selezione di rottami di r. e leghe di vario tipo è effettuata a vista (salvo che si tratti di pezzi del peso di molti quintali o tonnellate, come potrebbe essere l'elica di una grande nave) su una sezione pulita, ottenuta per rottura fragile del pezzo, dato che un'analisi chimica sarebbe troppo lenta e troppo costosa. ║ Classificazione: quasi tutte le unificazioni nazionali, oltre alla ISO in campo internazionale, hanno stabilito delle norme e denominazioni a proposito dei vari tipi di r. In Italia la designazione dei vari tipi è contenuta nelle tabelle UNI 5649-65, le quali prevedono sei tipi di r. puro, e precisamente: FTP (elettrolitico tough pitch), FRHC (raffinato a fuoco, ad elevata conducibilità elettrica; è sempre un tough pitch, ma con basso tenore di ossigeno), FRTP (raffinato a fuoco, tough pitch normale), DLP (disossidato, a basso tenore di fosforo), DHP (disossidato, ad alto tenore di fosforo) e OF (esente da ossigeno, indipendentemente da come è ottenuto). La denominazione premette a queste sigle il simbolo Cu per indicare che si tratta di r.; si dirà quindi Cu-FTP, Cu-FRHC, ecc. Questa denominazione è in accordo con quella della ISO ed è anche accettata dal CIDEC (o Copper Data Sheets Committee), un ente che si occupa dell'emissione di tabelle sul r. e sue leghe. La ISO ha definito, oltre a questi, anche altri tipi di r. e precisamente il Cu-CATH (dall'inglese cathodes, cioè catodi) per designare i catodi ottenuti per elettrodeposizione aventi un titolo minimo in r. del 99,90%, il Cu-LSTP (o Low Silver Tough Pitch) cioè tough pitch a basso tenore di argento, detto anche r. all'argento ad alta conducibilità, il Cu-HSTP (o High Silver Tough Pitch), cioè tough pitch ad alto tenore di argento, detto anche r. all'argento a bassa conducibilità. Un'altra classificazione è quella dell'americana ASTM (o American Society for Testing of Materials, Associazione americana per le prove sui materiali) nelle sue tabelle, dette designation, B4-42, B5-43, B115-43, B170-47, B216-49, B22-58; in queste sono inclusi, fra il r. e l'argento, anche i cosiddetti Lake coppers cioè r. dei Laghi. Con questa denominazione si intende sul mercato internazionale il r. estratto dalle miniere prossime al lago Michigan, negli Stati Uniti, e lì raffinato. Esso si differenzia dal r. comune nelle sue varie forme citate per il tenore d'argento particolarmente alto (normalmente 0,05% circa, ma può raggiungere anche lo 0,15%). Ciò è dovuto al fatto che nelle miniere citate il minerale di r. è spesso misto con minerali di argento ed eventualmente di arsenico. Il r. dei Laghi è particolarmente indicato per certe applicazioni (contatti, interruttori, lamelle di collettori, conduttori per circuiti integrati, ecc.); in realtà sarebbe più esatto considerarlo un r. basso-legato ma la classificazione comune lo pone fra i r. puri (anche se è prodotto in fonderia aggiungendo argento ad un altro r., non dei Laghi). ║ Forme commerciali: anche le forme di approvvigionamento del r. sono state oggetto di standardizzazione sia nazionali che internazionali.

In Italia si fa riferimento per questo alla tabella UNI 4244 che prevede i seguenti cinque tipi di forme: 1) Wirebars o lingotti da filo: si tratta di lingotti aventi una forma prismatica a sezione quadrata o leggermente trapezoidale, con raccordi alle estremità, destinati ad essere laminati a piattina o a vergella e poi trafilati a filo. Le loro dimensioni sono fissate minutamente dalla raccomandazione ISO R431-65 per il peso di 90 kg, 113 kg, 120 kg, 125 kg e 136 kg. Sono la forma più diffusa. 2) Placche o slebi: sono dei lingotti a forma di lastra, cioè con sezione rettangolare molto allungata e lunghezza variabile. Le dimensioni non sono standardizzate e il peso può andare da 65 a 1.800 kg. Sono ottenuti per colata orizzontale o verticale e destinati alla produzione di pezzi piatti di grandi dimensioni per laminazione. 3) Lingotti o billette: sono dei lingotti a forma cilindrica con lunghezza fino a 1.300 mm e diametro da 25 a 250 mm, pesanti da 45 a 680 kg. Sono ottenuti a mezzo colata di verticale, eventualmente continua, e destinati alla estrusione o alla trafilatura per produrre profilati, tubi, barre, ecc. 4) Pani e panetti: i panetti sono dei piccoli lingotti (peso da 9 a 16 kg) a forma di prisma a sezione trapezoidale; i pani sono invece simili a panetti fra loro attaccati all'estremità dei prismi e hanno un peso che va da 22 a 32 kg. Sono ottenuti per colata orizzontale e destinati alla preparazione di getti in fonderia, oppure di sali di r. 5) Catodi: sono i catodi che si ottengono dalla raffinazione elettrolitica, sia interi sia cesoiati in quadrotti. Sono utilizzati per produrre le varietà di r. elettrolitico già viste oppure per la preparazione di getti in fonderia. ║ Leghe: quasi il 50% del r. consumato nel mondo è destinato alla produzione di leghe. Caratteristica importante di questo metallo è infatti la facilità di formare leghe con la maggior parte dei metalli e semimetalli della tavola periodica; queste leghe sono poi dotate di proprietà molto diverse l'una dall'altra, che possono coprire necessità quanto mai diverse (conducibilità elettrica e termica; resistenza meccanica, resistenza alla corrosione in diversi ambienti, resistenza all'ossidazione a caldo, bassa resistenza elettrica di contatto, resistenza al creep, facile lavorabilità, sia plastica che all'utensile, ecc.). Le leghe di r. preparate industrialmente sono almeno un centinaio; ci limitiamo a citare le principali.

1) R. basso legato: sono leghe di r. che hanno in generale un'elevata conducibilità elettrica; per convenzione questa si misura come percentuale della conducibilità del campione di r. ricotto internazionale o IACS (ad esempio, una conducibilità di 50% IACS significa che è la metà di quella del campione citato). Fra queste leghe ricordiamo la r.- argento (tipi LSTP e HSTP; presenta minor scorrimento a caldo, minor resistenza di contatto, buona conducibilità), la r. al cadmio e al cadmio-stagno (contiene lo 0,5 ÷ 1,5% di cadmio oppure 0,2 ÷ 1% di cadmio ed una percentuale minore di stagno; la lega Cu-Cd-Sn, detta anche impropriamente bronzo telefonico ha una conducibilità di 80 ÷ 90% IACS e buone caratteristiche meccaniche), le r. allo zolfo e r. al tellurio (sono caratterizzate da facilità di lavorazione all'utensile e da una conducibilità di circa 95% IACS), la r.-arsenico (ha di solito un contenuto di As dello 0,15 ÷ 0,50% accanto ad uno 0,013 ÷ 0,05% di fosforo perché si prepara a partire dal tipo DLP; presenta una buona resistenza all'ossidazione a caldo). 2) Leghe da bonifica o r. bassolegato da bonifica: sono leghe che, come dice il loro nome, possono essere utilmente sottoposte al trattamento di bonifica. I tipi principali sono la r.-cromo (contiene circa l'1% di cromo e ha conducibilità di circa 80% IACS; ha una buona resistenza al creep), la r.-zirconio (contiene circa lo 0,15% di Zr; ha una conducibilità di circa 90% IACS e resiste bene al creep), la r.-nichel-fosforo (contiene circa l'1% di nichel e lo 0,2% di fosforo; la sua conducibilità è di circa 55% IACS; ha buone proprietà meccaniche). 3) R. altolegato: si hanno molte leghe di questo tipo. Le principali sono la r.-silicio-manganese (contiene il 2,7 ÷ 3,5% di Si e lo 0,7 ÷ 1,5% di Mn; ha ottime proprietà meccaniche, resiste bene a molti agenti corrosivi ed è antimagnetica), la r.-berillio (ne esistono di due tipi: a basso berillio e ad alto berillio; hanno un'alta resistenza meccanica), la r.-berillio-cobalto (contiene lo 0,4 ÷ 0,8% di Be, il 2 ÷ 3% di Co e lo 0,5% di Fe + Ni; ha un buon comportamento meccanico, specialmente per la resilienza), la r.-nichel-silicio (contiene l'1 ÷ 4,5% di nichel e lo 0,4 ÷ 1,3% di silicio; ha una conducibilità di 35 ÷ 40% IACS, buona resistenza meccanica, elevata resilienza, ottima duttilità). 4) Ottoni: sono leghe r.-zinco con contenuto fino al 50% di questo secondo elemento e con eventualmente altri alliganti quali piombo, alluminio, stagno. (V. OTTONE). 5) Bronzi: sono leghe r.-stagno contenenti fino al 32% circa di questo secondo elemento ed eventualmente altri elementi quali piombo, zinco, fosforo. (V. BRONZO). 6) Cupronichel: sono leghe r.-nichel contenenti dal 5 al 30% circa di nichel, preziose soprattutto per la loro resistenza alla corrosione. 7) Alpacche: sono leghe r.-nichel-zinco contenenti il 55 ÷ 63% di r., il 10 ÷ 30% di nichel e il resto di zinco. Il carico di rottura si aggira sui 60 ÷ 70 kg/mm2 (a trazione). Sono molto utilizzate per posate, valvole di rubinetti, viti, bronzine, ecc. Un'alpacca contenente anche piombo è usata per parti che richiedono buona lavorabilità, come ad esempio le chiavi per serrature tipo Yale. La conducibilità elettrica del r. varia notevolmente in presenza di elementi alliganti; questo è il motivo per cui le leghe esaminate non sono generalmente utilizzate per l'elettrotecnica, salvo casi particolari (contatti in ottone al fosforo o r.-berillio). L'influenza degli elementi alliganti sulla conducibilità del r. (in % dello IACS) non dipende direttamente dal numero di elementi utilizzati, cioè l'aggiunta di due elementi insieme non provoca una diminuzione della conducibilità pari alla somma delle diminuzioni che provocherebbero i due elementi aggiunti separatamente. ║ Usi: il r. trova impiego in tutti i campi, ma principalmente nella produzione, trasporto e consumo dell'energia elettrica, data la sua elevata conducibilità elettrica, e in termotecnica, sfruttando la sua elevata conducibilità termica. Le leghe di r. sono utilizzate per scopi diversi: scambiatori di calore, eliche o carene delle navi, pezzi di macchine, ecc. Molto r. è consumato anche per la fabbricazione di composti per la ramatura e l'ottonatura di pezzi a scopo estetico o per la resistenza alla corrosione.

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