Papi e Beati Padre Pio Aneddoti e Ricordi
parte 1^
parte 2^
parte 3^
parte 4^
parte 5^
parte 6^
parte 7^
parte 8^
parte 9^
parte 10^
Sotto la protezione di Padre Pio per tutta la vita Incontro con Padre Pio nella Basilica di San Pietro Incontro con Padre Pio a San Giovanni Rotondo Sotto la guida illuminata del Padre Vieni subito a San Giovanni Rotondo Assiste alla morte di Padre Pio Una dichiarazione di Margherita Hamilton La morte di Margherita Hamilton Con Madre Speranza al Sant'Uffizio Intercedeva per la sua guarigione Padre Pio è venuto a prenderla! Verrà a prendermi il 5 febbraio! Un'immagine di Padre Pio sotto il cuscino Foto Padre Pio con l'On. Aldo Moro (1968) Padre Pio è stato buono con me Se ritarderanno, non mi troveranno più Quindici giorni prima di morire L'ultima grazia dal cuore della Madonna? Padre Pio, uomo di questo Mondo ... continua a leggere ... Papi e Beati Padre Pio Aneddoti e Ricordi p1 p2 p3 p4 p5 p6 p7 p7.0 p8 p09 p10 Padre Pio La Vita e le Opere12 PAPI E BEATI - PADRE PIO - ANEDDOTI E RICORDISOTTO LA PROTEZIONE DI PADRE PIO PER TUTTA LA VITA«Affido a te questa creatura»Nel febbraio del 1905 Padre Pio si trovava di residenza nel convento di S. Elia a Pianisi (Campobasso) come chierico studente di filosofia. Un giorno del suddetto mese descrisse su un foglio di carta una sua bilocazione in un palazzo signorile di una città del Veneto (Udine) e un'apparizione della Madonna, che gli parlò e gli affidò un incarico delicato. Egli così scrisse: «Giorni fa mi è accaduto un fatto insolito: mentre mi trovavo in Coro con Fra Anastasio, erano circa le ore 23 del 18 m.s. (gennaio 1905) quando mi ritrovai lontano in una casa signorile, dove il padre moriva, mentre una bimba nasceva. Mi apparve allora Maria SS.ma che mi disse: "Affido a te questa creatura; è una pietra preziosa allo stato grezzo, lavorala, levigala, rendila il più lucente possibile, perché un giorno voglio adornarmene..."». Padre Pio rispose alla Madonna: «Come sarà possibile, se io sono ancora un povero chierico e non so se un giorno avrò la fortuna e la gioia di essere sacerdote?. - Ed anche se sarò sacerdote, come potrò pensare a questa bimba, essendo io molto lontano da qui?». La Madonna soggiunse: «Non dubitare, sarà lei che verrà da te, ma prima la incontrerai in S. Pietro... a Roma». Padre Pio conclude: «Dopo di ciò mi sono ritrovato nuovamente in Coro». La bimba di cui parla Padre Pio si chiamava Giovanna Rizzani, la quale mi consegnò una fotocopia del foglio scritto dal caro Padre, arricchendolo di preziose notizie. La Signora Giovanna Rizzani Boschi nacque nella città di Udine la sera del 18 gennaio 1905 da Leonilde Serrao e dal marchese Rizzani Giovanni Battista mentre questi moriva. Cresciuta negli anni, non aveva mai sentito parlare di Padre Pio: quindi ignorava del tutto lo scritto del caro Padre che riguardava la sua nascita e il suo futuro. Il foglio fu conservato gelosamente dal M.R. Padre Agostino da S. Marco in Lamis, Direttore spirituale di Padre Pio e Superiore del Convento di S. Giovanni Rotondo, il quale, dopo molti anni lo consegnò alla Signora interessata. Questa, dopo averlo letto e meditato, ne parlò con Padre Pio, ne ebbe assicurazione dell'autenticità e, fattene alcune fotocopie, lo riconsegnò al Padre Superiore del Convento di S. Giovanni Rotondo, perché fosse a disposizione della Curia Arcivescovile di Manfredonia, dove la signora Giovanna è stata chiamata a testimoniare ed è stata ascoltata dal Vescovo Cunial, Amministratore della Diocesi, e da alcuni Canonici. Quando nel settembre del 1923 Giovanna Rizzani non più bimba, ma giovanetta di 18 anni e studentessa di liceo, per divina disposizione si recò la prima volta a S. Giovanni Rotondo e s'incontrò con Padre Pio, venne a conoscenza dei fatti misteriosi che accompagnarono la sua nascita. Il padre della ragazza era iscritto alla Massoneria e viveva da vero massone. Nella malattia che doveva portarlo alla tomba, il palazzo, sito in Via Tiberio De Ciani, n. 33, attualmente adibito a Collegio Toppi, fu sorvegliato giorno e notte dai fratelli massoni, perché non vi entrasse alcun sacerdote. Qualche ora prima della morte, la moglie Leonilde, religiosa e pia, era presso il letto del moribondo, raccolta in lacrime e in preghiera, quando all'improvviso vide uscire dalla camera ed allontanarsi attraverso la galleria del palazzo la figura quasi evanescente di un Frate cappuccino. Si alzò subito, lo chiamò e lo seguì nella galleria, mentre il Frate si dileguava. Era addoloratissima, pensando che il marito stava morendo senza l'assistenza religiosa. In quel momento sentì il cane di guardia, legato presso l'ingresso del palazzo, ululare e guaire lamentosamente, presentendo prossima la fine del padrone. La donna, non potendo sopportare quel continuo guaire del cane, scese la scalinata per slegarlo e dargli la libertà. Fu precisamente in quell'istante, che, presa dalle doglie del parto, con incredibile celerità, diede alla luce una graziosa bimba con l'aiuto del castaldo, come veniva chiamato in quei tempi l'amministratore del palazzo. Appena la giovane madre partorì, ancora sanguinante, ebbe tanta forza e coraggio, da prendere nelle sue braccia la neonata, risalire la scalinata, posarla sul letto e correre presso il marito moribondo. Alla scena del parto assistettero da lontano alcuni massoni di guardia e il Parroco di San Quirino, accorso per assistere il moribondo, ma impedito di entrare nel palazzo. Il castaldo, sapendo che presso l'ingresso vi era il sacerdote, in attesa di potere entrare, vedendo la nascita prematura della bimba, e la prepotenza dei massoni, preso da forte sdegno, gridò: «Fate entrare il sacerdote. Voi potete impedire che vada ad assistere il moribondo, ma non avete alcun diritto d'impedirgli che vada a battezzare la fragilissima bimba, nata or ora prematura». Così si permise al sacerdote di entrare nel palazzo e di amministrare i sacramenti al moribondo, che implorava perdono, ripetendo: «Mio Dio, mio Dio, perdonami». Spentosi serenamente il signore Giovanni Battista Rizzani, il sacerdote si affrettò a battezzare la fragile bimba, appena nata. La giovane vedova, rimasta sola coi suoi bimbi, decise di trasferirsi a Roma presso i genitori. Qui la piccola Giovanna crebbe sotto lo sguardo vigile della mamma e dei parenti nella bontà, nella pietà e negli insegnamenti della religione cattolica. Frequentò con profitto le scuole ginnasiali e liceali. Durante l'ultimo anno di liceo, fu molto tormentata da dubbi di fede, istillati da professori agnostici e increduli. Non trovò mai un sacerdote disposto ad illuminarla e a dissiparle i dubbi. Incontro con Padre Pio nella Basilica di San PietroUn tardo pomeriggio dell'estate 1922, Giovanna si recò insieme con un'amica nella Basilica di S. Pietro, sperando d'incontrare un dotto e santo sacerdote, che l'avesse illuminata nei dubbi di fede, che tanto la molestavano. Ma a quell'ora non vi era servizio di sacerdoti. Avanzando con l'amica lungo la Basilica, quasi deserta, incontrò uno dei sacristi, al quale domandò dove trovare un sacerdote. Il sacrista, rispose che, data l'ora tarda, quasi della chiusura, i sacerdoti, addetti al servizio, erano andati via. Poi aggiunse: «Ci vuole ancora una mezz'ora per chiudere... girate... potrebbe darsi che ne incontriate qualcuno...». Le due giovanette, giunte nel centro della Basilica, dove comincia la crociera, si diressero a sinistra e qui incontrarono un giovane sacerdote cappuccino. Giovanna lo avvicinò e gli chiese se potesse ascoltarla, per rasserenare il suo animo. Il Padre rispose di sì ed entrò nel secondo confessionale. La ragazza disse: «Padre non sono venuta per confessarmi, ma per essere illuminata in tanti dubbi di fede, che mi tormentano, specialmente quello sul mistero della SS. Trinità». Il Padre con parole semplici e facili, cominciò a dissiparle le ombre del dubbio. Le disse: «Figlia mia, chi può spiegare i misteri di Dio? Si dicono misteri, perché non si possono comprendere con la nostra piccola intelligenza. Possiamo farci qualche pallida idea dalle similitudini. Hai visto qualche volta ammassare la pasta per fare il pane? La massaia che cosa fa? Prende la farina, il lievito e l'acqua. Sono tre elementi distinti: la farina non è lievito, né acqua; il lievito non è farina, né acqua; l'acqua non è farina, né lievito; li ammassa insieme e da tre elementi, distinti l'uno dall'altro, forma una sola sostanza. Quindi, tre elementi distinti ammassati insieme, danno una sola sostanza. Con questa pasta fa tre pani, che hanno la medesima e identica sostanza, ma sono distinti nella forma l'uno dall'altro. Quindi tre pani distinti l'uno dall'altro, ma un'unica sostanza. Da questa similitudine portiamoci a Dio. Dio è Uno nella Natura, Trino nelle Persone, eguali e distinte l'Una dall'Altra. Il Padre non è il Figlio, né lo Spirito Santo; il Figlio non è il Padre né lo Spirito Santo; lo Spirito Santo non è il Padre, né il Figlio. Il Padre genera il Figlio; il Figlio è generato dal Padre; lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Sono tre Persone uguali e distinte e un solo Dio: perché unica e identica è la natura divina». Soffermandosi su questo concetto, il dotto sacerdote, illuminato dalla grazia, seppe dissipare con facilità i dubbi dalla mente della giovane, la quale, raggiante di gioia, dopo avere ricevuto la benedizione, si tolse dallo sportello del confessionale e si avvicinò all'amica, esclamando: «Quanto è buono questo Frate! È un sacerdote dotto e santo. Mi ha dissipato ogni dubbio... Aspettiamo che esca dal confessionale per chiedergli l'indirizzo della sua residenza, così quando avremo bisogno di confessione e di consigli, andremo da Lui». Il Padre cappuccino non usciva dal confessionale. Ripassò il sacrista e disse: «Signorine, siete pregate di uscire dalla Basilica, perché bisogna chiudere. Venite domani mattina e vi confesserete». Giovanna rispose: «Nel confessionale c'è un Padre cappuccino: aspettiamo che esca per baciargli la mano». Il sacrista, temendo di chiuderlo dentro, si avvicinò, aprì lo sportello e non vide nessuno... «Signorine, qui non c'è nessuno!...». Giovanna, turbata e sbalordita, esclamò: «Da dove è uscito? Siamo state qui senza muoverci e non l'abbiamo visto uscire!... È un mistero...».Incontro con Padre Pio a San Giovanni RotondoNelle vacanze estive del 1923, la giovane universitaria Giovanna, insieme con una zia e con delle amiche, si recò la prima volta a S. Gio- vanni Rotondo per conoscere Padre Pio. Era di pomeriggio. Il corridoio, che dalla piccola sacrestia immette nella clausura del convento, era gremito di fedeli, fra cui alcune distinte personalità. La signorina Giovanna si trovò davanti nella prima fila. Padre Pio, passando, la guardò, si avvicinò, le porse a baciare la mano e le disse: «Giovanna! io ti conosco, tu sei nata il giorno in cui morì tuo padre». A queste parole, la ragazza rimase sbalordita. Come poteva sapere Padre Pio il giorno della sua nascita in coincidenza con la morte di suo padre? Il mattino seguente, Padre Pio confessava le donne senza la prenotazione. Dopo la confessione della zia, Giovanna si avvicinò allo sportello. Padre Pio, la benedisse e cominciò subito: «Figlia mia, finalmente sei venuta! Da quanti anni ti sto aspettando...». La ragazza immediatamente rispose: «Padre, che cosa volete da me? Io non vi conosco. È la prima volta che vengo a S. Giovanni Rotondo. Ho accompagnato la zia. Forse avete preso un abbaglio, mi avete scambiata con qualche altra ragazza». Padre Pio: «No: non mi sono sbagliato, né ti ho scambiata con un'altra ragazza. Tu già mi conosci». Giovanna: «No, Padre; ripeto: non vi conosco. Non vi ho mai visto». Padre Pio: «L'anno scorso, in un pomeriggio d'estate, ti recasti con un'amica nella Basilica di S. Pietro, in cerca di un sacerdote che ti avesse illuminata nei tuoi dubbi. È vero?». Giovanna: «Sì, Padre è vero». Padre Pio: «Si presentò un Padre cappuccino, il quale ti ascoltò, dissipò i tuoi dubbi e ti ridonò la serenità; ricordi?». Giovanna: «Sì, Padre, ricordo benissimo». Padre Pio: «Quel cappuccino ero io». Alle parole di Padre Pio, la ragazza rimase emozionata e allibita. Ecco svelato il mistero della scomparsa del Padre cappuccino dal confessionale in S. Pietro di Roma. Padre Pio si era bilocato, come già molti anni prima gli aveva predetto la Madonna, quando disse: «Non dubitare, sarà lei che verrà da te, ma prima la incontrerai in S. Pietro». Padre Pio continuò: «Figlia mia, ascoltami. Quando tu stavi per nascere, la Madonna mi ha portato a Udine nel tuo palazzo. Mi ha fatto assistere alla morte di tuo padre, dicendomi: "Vedi, in quella camera sta morendo un uomo: è il capo della famiglia. Egli è salvo per le preghiere e per le lacrime della moglie e per la mia intercessione. Tu prega per lui". La Madonna poi riprese: "La moglie dell'uomo che muore sta per dare alla luce una bimba. Affido a te questa creatura. È una pietra preziosa allo stato grezzo: lavorala, levigala, rendila il più lucente possibile, perché un giorno voglio adornarmene". Figlia mia, disse Padre Pio, tu mi appartieni. Sei stata affidata alle mie cure dalla Madonna. Quando io risposi alla Madonna che mi sarebbe stato impossibile prendermi cura della tua anima, a causa della lontananza, Ella mi disse: "Non dubitare, sarà lei che verrà da te, ma prima la incontrerai in S. Pietro". L'anno scorso t'incontrai in S. Pietro: ora sei venuta qui, a S. Giovanni Rotondo spontaneamente, senza che io ti avessi chiamata. È ora che io prenda cura dell'anima tua, come vuole la Mamma celeste». La ragazza, emozionatissima, scoppiò a piangere; poi rispose: «Padre, poiché io vi appartengo, prendete cura di me. Ditemi che cosa debbo fare. Mi devo fare suora?». Padre Pio: «Nulla di questo. Tu verrai spesso a S. Giovanni Rotondo; io avrò cura della tua anima e conoscerai la volontà di Dio». La ragazza, benedetta da Padre Pio, si tolse dal confessionale con le lacrime agli occhi, tra la meraviglia e la curiosità della zia, che voleva sapere la ragione della lunga confessione e delle lacrime. Giovanna conservò gelosamente il suo segreto; si mise sotto la direzione spirituale di Padre Pio, e spesso da Roma intraprendeva il viaggio per S. Giovanni Rotondo, per essere diretta ed illuminata dal caro Padre nelle vie della perfezione. Un giorno, dopo la confessione, con l'animo pieno di gioia, esclamò: «Padre, mi volete bene davvero?». Padre Pio: «Come non dovrei volerti bene! Tu sei il primo parto del mio cuore. Ama Gesù. Ama la Madonna, che ha pensato a te, prima di nascere».Terziaria FrancescanaDopo qualche tempo, Padre Pio disse alla figlia spirituale, affidatagli dalla Madonna: «Figlia mia, desidero tanto che tu entri a fare parte della Famiglia Francescana nel Terz'Ordine. Qui potrai attingere e vivere lo spirito evangelico del Serafico Padre. È mio ardente desiderio che tutti i miei figli spirituali appartengano ad una delle Famiglie Francescane, per sentirmi vero Padre e Fratello». La ragazza, con l'animo sovrabbondante di gioia, rispose all'invito del caro Padre, il quale le impose lo scapolare e il cordone all'altare della Madonna delle Grazie, dandole il nome di Suor Iacopa. Quando la signorina sentì il nome di Iacopa, impallidì e disse: «Padre! che brutto nome. Non mi piace. Datemi il nome di Suor Chiara». Padre Pio: «No. Ti chiamerai Suor Iacopa». La ragazza: «Perché mi date questo nome?». Padre Pio: «Hai letto la vita di S. Francesco? In un capitolo si legge di una nobile matrona romana, Iacopa de' Settesoli, chiamata da S. Francesco "Madre carissima del nostro Ordine" e "nostro fratello Iacopa" per la sua grande carità e generosità verso i Frati e per il suo carattere forte nel proteggere e difendere l'Ordine: ebbene, questa signora ebbe il privilegio di assistere alla morte del Serafico Padre S. Francesco. Ricordati che un giorno tu assisterai alla mia morte». Giovanna tacque.Sotto la guida illuminata del padreUn giorno si recò nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma per ascoltare la S. Messa ed avvicinarsi alla S. Comunione. Volle prima riconciliarsi e si accostò al confessionale del P. Innocenzo Taurisano, Penitenziere Domenicano. Questi, conoscendo la delicatezza e la bellezza dell'anima di Giovanna, le disse: «Cara figliola, la tua vita non è fatta per la famiglia e per le cose di questo mondo, ma per il Signore. Ti consiglio di abbracciare la vita religiosa in un monastero o in un Istituto di Suore». La giovane non rispose, ma restò perplessa e disorientata. Il consiglio del P. Taurisano era in contrasto con le direttive di Padre Pio. Decise di partire subito per S. Giovanni Rotondo e parlarne al suo Padre Spirituale. Padre Pio, senza esitazione, con parole chiare e distinte le disse: «Figlia mia, non sul Tabor, ma sul Calvario ti vuole Gesù. La vita religiosa è il Tabor. Il matrimonio è il Calvario. Sul Tabor si cerca, si trova e si vive l'unione con Dio nella preghiera e nella contemplazione. Sul Calvario si trova la sofferenza nella crocifissione con Gesù». La signorina Giovanna, rasserenatasi alle parole di Padre Pio, ritornò lieta a Roma. Ormai non aveva alcun problema della sua vita, che era nelle mani di Dio e sotto la guida e la responsabilità di un santo Sacerdote e grande maestro di spiritualità. Questa prediletta figlia spirituale di Padre Pio, un giorno gli chiese una preghierina da recitare prima del pranzo e della cena. Padre Pio le raccomandò il «Padre Nostro» e poi le dettò questa preghiera: «O Signore, tu che provvedi e pasci gli uccelli dell'aria, provvedi e pasci anche noi, che non sappiamo né seminare, né mietere e né raccogliere. Vieni, benedici il nostro cibo e dànne anche a chi non ne ha». La signora Leonilde Serrao, nota scrittrice dei suoi tempi, non aveva mai conosciuto Padre Pio. Ne sentì parlare, ma non si recò mai a S. Giovanni Rotondo. Un giorno, incoraggiata dalla figlia, intraprese il viaggio per S. Giovanni Rotondo. Volle confessarsi con Padre Pio, il quale, dopo la confessione le disse: «Signora, quel monacello che tu vedesti allontanarsi per la galleria nel palazzo di Udine, mentre moriva tuo marito, ero io. Ti assicuro che tuo marito è salvo. La Madonna che mi apparve nel palazzo e che mi esortò a pregare per il moribondo mi disse che Gesù gli aveva perdonato tutte le sue colpe e che era salvo per la sua materna intercessione». Così Padre Pio spiegò il mistero del fraticello che usciva dalla camera del moribondo e si dileguava nella galleria del palazzo.Una testimonianza di umiltàLa signora Giovanna Rizzani mi ha consegnato un foglio, in cui ha scritto un giudizio del Padre Taurisano riguardo all'umiltà ed alla sottomissione di Padre Pio alla S. Chiesa. Riporto fedelmente il suo scritto. «Posso attestare che quanto dichiaro mi fu narrato da Padre Innocenzo Taurisano, domenicano, penitenziere di S. Maria Maggiore in Roma, che per diversi anni è stato mio confessore. Durante il periodo che il nostro venerato Padre Pio non scendeva in Chiesa e celebrava la santa Messa nella Cappellina interna del Convento (allora noi si andava a San Giovanni Rotondo solo per riconoscere i suoi colpi di tosse in Coro), Padre Innocenzo Taurisano fu inviato a interrogare il Padre. Egli mi disse: "Ero partito prevenuto". (So che Padre Taurisano era discorde da Padre Pio anche nell'indirizzo da dare alla mia vita). Dopo averlo interrogato, gli dichiarò: "Padre, sa che ho avuto la facoltà di farla sospendere a divinis?". Egli umilmente, chinando commosso la testa, rispose: "Basta che non mi tolgano la S. Eucaristia". A questa risposta Padre Taurisano disse: "Hic est digitus Dei". Dopo un mese, il 16 luglio 1933, Padre Pio riapparve in Chiesa a celebrare la santa Messa. Ho voluto dichiarare quanto sopra in fede per un'ennesima dimostrazione dell'infinita umiltà del venerato ed amato Padre». Giovanna Rizzani 7Giovanna sposa e madreUn giorno si presentò alla signorina Giovanna Rizzani un giovane di bell'aspetto della nobile famiglia dei Principi Chigi di Roma. La chiese in sposa. A Giovanna fece subito colpo e piacque l'aristocratico e nobile giovane, ma prese tempo per dargli la risposta. Partì per S. Giovanni Rotondo a consigliarsi col suo Padre spirituale, al quale disse che il giovane apparteneva ad un'ottima famiglia cattolica, molto vicina al Vaticano, che era ben formato moralmente, religiosamente e intellettualmente. Padre Pio le rispose: «Figlia mia, se ti senti di abbracciare la croce, fai pure il passo: è questo il giovane che ti affida la divina Provvidenza; altrimenti non ci pensare più». Giovanna, sposando il giovane marchese, sapeva che il suo matrimonio doveva essere una missione di bene ed un calvario; ma la donna forte, sorretta dalla grazia del Signore, dai consigli e dalle preghiere di Padre Pio abbracciò con generosità la croce e non vacillò mai. Con una grande fede, con l'amore e coi sacrifici, seppe formarsi una famiglia secondo il cuore di Dio. Non lasciò mai solo il marito. La sua presenza e compagnia gli era di grande aiuto e conforto. Lo seguì in diverse città, dove egli aveva impegni di lavoro. Peregrinando di qua e di là per l'Italia non cambiò mai il suo programma di vita. Da sposa docile e fedele fu sempre pronta a seguirlo nei continui spostamenti. La sua vita cominciò ad essere dura e insostenibile. Un giorno trovandosi sola in una villa incantevole dell'isola di Rodi, stanca della solitudine, decise di ritornare a Roma presso i suoi cari di famiglia. Mise qualche indumento nella valigia e si avviò verso l'uscita, dove le apparve Padre Pio, e le disse: «Dove vai? Hai dimenticato la tua missione? Torna indietro». La visione scomparve. Confortata dalla vista e dalla voce del suo Padre spirituale, rientrò rasserenata in casa. Ritornata a Roma, riprese le sue peregrinazioni a S. Giovanni Rotondo per corroborare il suo spirito dalla viva voce di Padre Pio. Ogni mattina andava ad ascoltare la S. Messa e a ricevere Gesù Sacramentato nel suo cuore. Delicata di coscienza, si confessava con frequenza. In ogni confessionale soleva ripetere, contro la volontà di Padre Pio, i medesimi difetti e peccati, già confessati tante altre volte. Un giorno Padre Pio le disse: "Se non smetti di ripetere continuamente gli stessi difetti, dovunque ti troverai, verrò e ti darò un ceffone, che ricorderai per tutta la vita". La penitente promise che non li avrebbe più confessati, ma erano vane promesse.Uno schiaffo sonoroLa signora Giovanna, trovandosi a Napoli per impegni di lavoro del marito, una mattina si recò nella chiesa dei Padri Missionari del Sacro Cuore a Marechiaro di Posillipo per confessarsi. Alla fine della confessione, dimentica della promessa fatta a Padre Pio, accusò nuovamente i soliti peccati e si accostò all'altare del SS. Sacramento per soddisfare alla penitenza. Mentre stava pregando, ricevette da una mano invisibile uno schiaffo così sonoro, da essere avvertito in tutta la Chiesa. Il confessore, alla risonanza dello schiaffo, sporse il capo fuori del confessionale per vedere che cosa fosse successo; ma si rassicurò, non vedendo altra persona, presso l'altare del sacramento, che la penitente in ginocchio. Quando la signora Giovanna ritornò da Padre Pio, gli disse: «Se non smetti di accusare sempre le stesse colpe, avrai un altro schiaffo più tremendo di quello che hai ricevuto». D'allora in poi la penitente non osò più ripetere i peccati già confessati.«Vieni subito a San Giovanni Rotondo»Nell'ultimo anno della vita terrena di Padre Pio, Giovanna per alcuni mesi si assentò da S. Giovanni Rotondo. Un giorno Padre Pio le fece sentire la sua voce: «Vieni subito a S. Giovanni Rotondo, perché me ne vado. Se ritardi, non mi vedrai più». L'anziana signora, senza perdere tempo, accompagnata dall'amica Margherita Hamilton, si recò subito a S. Giovanni Rotondo e prese alloggio presso una pensione vicina al Convento. Quattro giorni prima della morte di Padre Pio, ebbe la fortuna e la gioia di confessarsi per l'ultima volta. Il Padre, quando la vide, disse: «Questa è l'ultima confessione che fai con me. Ora ti do l'assoluzione da tutti i peccati commessi dall'uso di ragione fino a questo momento». La signora: «Perché, Padre?». Padre Pio: «Già te l'ho detto che non posso più confessarti, perché me ne vado... È arrivata l'ora mia... Gesù mi viene incontro». La signora capì subito che Padre Pio stava per lasciare questa terra e con le lacrime agli occhi si tolse dallo sportello; si fece davanti per baciargli la mano e per offrirgli cinquantamila lire a beneficio dell'ospedale. Padre Pio: «Ti ho detto di tenerti il denaro, perché ne avrai bisogno... ti tratterrai qui ancora parecchi giorni», alludendo alla permanenza prolungata a causa della sua morte e dei funerali. La signora scoppiò a piangere.Assiste alla morte di Padre PioNel pomeriggio del 22 settembre 1968, mentre sul piazzale del convento si commentavano in varie lingue le stazioni della Via Crucis, in programma in occasione del Congresso Internazionale dei Gruppi di Preghiera, riconosciuti ufficialmente dalla Sacra Congregazione dei Religiosi, la signora Giovanna si trovava con l'amica Margherita presso l'entrata centrale della grande Chiesa. Passandole io dinanzi, mi fermò e mi disse: «Padre Alberto, posso chiedervi un favore?». Le risposi che, se potevo, ben volentieri, l'avrei fatto. Ella soggiunse: «Vorrei una di quelle rose, che sono nei vasi di cristallo sull'altare, dove Padre Pio questa mattina ha celebrato la sua ultima S. Messa». In quell'istante non feci riflessione alle parole «la sua ultima S. Messa» pensando che fosse l'ultima in ordine di tempo, e non nel senso pronunziato dalla signora, che già era a conoscenza della prossima morte di Padre Pio. Risposi che l'impresa si presentava difficile, dato che la Chiesa era gremita di fedeli e che Padre Pio già si trovava in preghiera sul matroneo dell'Altare Maggiore, ma avrei fatto il possibile per accontentarla. Andai direttamente sull'Altare, finsi di preparare l'occorrente per la celebrazione della S. Messa; poi allungando la mano, tirai due rose, incurante delle proteste di alcune donne. Portai le due rose alla signora Giovanna, che attendeva all'ingresso della Chiesa. Mi ringraziò e pianse. Quella medesima sera, Padre Pio, dopo avere benedetto più volte le migliaia di figli spirituali acclamanti, venuti a S. Giovanni Rotondo da varie parti del mondo, si ritirò nella cella per prepararsi all'incontro con la sorella morte. Fu allora che Suor Iacopa si trovò in spirito nella cella di Padre Pio per assistere al suo beato transito, come le aveva predetto il caro Padre molti anni prima, quando la vestì Terziaria francescana e le impose il nome di Suor Iacopa. La pia signora assistette minuto per minuto alle ultime ore del Padre. Lo vide soffrire; lo vide pregare... confessarsi con Padre Pellegrino... rinnovare i voti religiosi... lo vide alzarsi da letto e portarsi da solo sulla veranda... vide poi i tre medici in camice bianco che lo assistevano. Vide Padre Paolo che gli somministrava l'Olio Santo. Quando Padre Pio spirò, la signora emise un forte grido: «È morto Padre Pio! È morto Padre Pio!». Si svegliò l'amica Margherita che riposava nella medesima camera, dicendole di smettere di gridare, che era un sogno, un incubo. Si svegliarono tutti nella pensione. Suor Iacopa si vestì frettolosamente, uscì dalla pensione e corse sul piazzale del Convento, dove già si erano radunate molte persone, mentre un Padre Cappuccino dava l'annunzio ufficiale della morte di Padre Pio. La signora Giovanna, qualche giorno dopo, mi chiamò alla pensione, dove alloggiava, e mi raccontò quanto ho scritto su questi fogli, concludendo che si trovò nella cella di Padre Pio nelle ultime due ore della sua vita e assistette al suo beato transito. Io non ci volli credere. Allora la signora mi disse: «Padre Alberto, io vi descriverò la cella di Padre Pio nei minimi particolari: voi mi dovete rispondere semplicemente: "Sì" o "no"». Quando la signora mi descrisse la cella del Padre e tutto ciò che vi era dentro, nei minimi particolari, esclamai: «Basta signora! Sì, io credo che lei è stata nella cella di Padre Pio ed ha assistito alla sua morte». Debbo chiarire che la cella di Padre Pio prima del dicembre 1969 non era mai stata fotografata e che nessuna donna vi era entrata. La signora Giovanna Rizzani, nel Terz'Ordine Suor Iacopa, è un'anima molto pia, mite, umile e caritatevole. Schiva del chiasso, del mondo e dei facili entusiasmi delle anime superficiali, soffre quando si presentano a lei persone fanatiche, che si dicono figlie spirituali di Padre Pio ed avanzano strane ed insulse proposte. È stata chiamata dalle Autorità Religiose a testimoniare su quanto ho narrato per il processo di beatificazione di Padre Pio.Una dichiarazione di Margherita HamiltonMargherita Hamilton, deceduta nell'aprile 1974, ha lasciato scritto su un foglio la scena dolorosa che si stava verificando nella camera di una pensione in S. Giovanni Rotondo, dove alloggiava insieme con l'amica Giovanna, durante le ultime ore della vita terrena di Padre Pio. Con semplicità e con verismo descrive la trepidazione, la paura, la sofferenza di Giovanna, che, già presente la fine del caro Padre, si ritrova in spirito nella sua cella, come le predisse quando le impose il nome di «Iacopa» nella ammissione al Terz'Ordine Francescano. Riporto fedelmente quanto la Hamilton ha scritto a matita. «Il 23 settembre 1969, primo anniversario del transito di Padre Pio, una mia amica cara ed io ci recammo a S. Giovanni Rotondo per prendere parte alle onoranze tributate al nostro amatissimo Padre spirituale. Furono una vera apoteosi e, finite le imponenti funzioni, ci ritrovammo con altri figli spirituali per una commemorazione più ristretta, nella quale alcuni di loro narravano il proprio ricordo personale del Padre. Finita anche questa, mentre uscivamo dalla sala, venne chiesto alla mia amica se anch'essa non avesse qualcosa da raccontare. Nella sua modestia ella non volle parlare, ma m'incaricò di scrivere quanto avvenne nella notte della morte del Padre, essendo io stata testimone di quanto le era accaduto. Il 20 settembre l'affluenza delle persone, venute per il 50mo anniversario delle Stigmate del Padre e per la riunione dei Gruppi di Preghiera nei giorni seguenti, fu grandissima e non si trovava più un posto per dormire in tutto il paese. Per carità cristiana, noi che normalmente dormiamo in camere singole, fummo pregate di accontentarci di una sola camera, lasciandone una per quelli che non avevano alloggio e noi lo facemmo volentieri. La sera del 22 ci coricammo stanchissime e addolorate per l'aspetto sofferente del Padre e continuammo a discorrere tra noi fin verso la mezzanotte quando spegnemmo il lume. Dopo circa mezz'ora Giovanna si lagnò con me per i cani, che guaivano. Io non li avevo sentiti, ma quando essa me lo disse, prestai orecchio ed udii distintamente i cani guaire a morto (come suol dirsi in Toscana), come se dialogassero tra loro; pensai e dissi che forse c'era la luce e che per questo mugolavano così. Finalmente ci addormentammo. Improvvisamente fui destata di soprassalto da un grido della mia amica. Accesi il lume, vidi l'ora e dissi: "Ma che ti piglia! Sono le 2.25..." Ma lei, agitatissima: "O Dio mio, il Padre sta malissimo! Ero nella sua cella e c'erano tanti frati! e tristi!...". "Quanti?" "Credo cinque, e mi pare che uno avesse un saio sul braccio e due vestiti di bianco..." "Ma il Padre dov'era?". "Non l'ho visto, perché erano tutti chinati, guardando in giù. Il Padre sta male, ne sono certa". Io tentai di calmarla, dicendo che era un incubo, che aveva fatto un brutto sogno, che si calmasse; ma lei continuò a dire: "L'ho visto, ti dico che l'ho visto...". Dopo pochi minuti, saltò giù dal letto, dicendo: "devo sapere... io vado a vedere... a sentire...". Si vestì frettolosamente ed uscì. Io restai a letto, persuasa che sarebbe tornata presto tranquillizzata. Invece pochi minuti dopo, sentii delle grida fortissime e, pur non percependo le parole, conobbi la voce della mia cara amica. Saltai giù dal letto e così come stavo mi precipitai verso l'ingresso della pensione, giungendovi proprio mentre lei stava arrivando urlando: «ll Padre è morto! è morto! siamo tutti orfani... Come faremo a vivere senza di lui?». A questa notizia provai un acutissimo dolore al cuore e pensai: "Adesso mi viene un infarto; ma non posso, devo occuparmi di lei". La presi tra le braccia, la trascinai sul letto e la sgridai severamente, facendole presente che il Padre non avrebbe mai approvato una simile disperazione, perché Lui ci voleva come le bibliche donne forti. Pian piano si stava calmando e riuscì presto a dominarsi. Ma una cosa resta da dire, la cosa più importante, che mi era stata detta da Giovanna circa nel 1955, oltre dieci anni prima della morte del Padre. Quando Giovanna nel 1926 divenne Terziaria Francescana chiese a Padre Pio che nome dovesse prendere, sperando nel suo cuore che fosse «CHIARA», invece si sentì dire: "IACOPA... Iacopa!". "Padre, perché IACOPA?". "Non ti rammenti che IACOPA dei Settesoli fu presente alla morte di San Francesco?... Tu sarai presente alla mia morte". Così è stato». Margherita HamiltonLa morte di Margherita HamiltonIl 29 aprile 1974, passando per Roma, telefonai alla signora Giovanna Rizzani per sapere se avesse ricevuto una mia lettera. Mi rispose emozionata, comunicandomi la notizia della recente ed improvvisa morte della sua amica Margherita Hamilton, che io conoscevo da parecchi anni. Mi disse che l'Hamilton la notte precedente alla morte aveva visto Padre Pio, in sogno, presso il letto, che, sorridendole, la benedisse tre volte. La mattina di buon'ora, svegliatasi con l'animo pieno di gioia, le telefonò, dicendo: «Giovanna, questa notte ho sognato Padre Pio sorridente presso il mio letto e per tre volte mi ha benedetta». Giovanna: «Beata te, che hai fatto un bellissimo sogno! Io non l'ho mai fatto così bello». Margherita: «Sì, il sogno è bello e consolante, ma io ora sono tormentata da un cruccio. Ti ricordi quando ci confessammo l'ultima volta con Padre Pio?». Giovanna: «Si, mi ricordo molto bene. Ci confessammo alcuni giorni prima del suo beato transito. Mi confessai prima io e dopo ti confessasti tu». Margherita: «Dopo la confessione, chiesi a Padre Pio di venire ad assistermi nel momento della morte, ed egli mi rispose col sorriso sulle labbra: "Figlia mia, non abbandonerò mai i miei figli spirituali. Quando arriverà l'ora tua, certamente verrò. Ricordati, ti benedirò tre volte". Questa notte Padre Pio è venuto, mi ha sorriso e mi ha benedetta tre volte, dunque è arrivata l'ora della mia morte!». Giovanna: «Ma no, stai tranquilla; è un sogno. Non bisogna dare importanza ai sogni. Nel pomeriggio verrò a trattenermi un po' con te e ne riparleremo». Nel pomeriggio, Giovanna si recò a fare visita all'amica Margherita; si riprese il discorso su Padre Pio e sul sogno della notte. Mentre si stava discorrendo, improvvisamente Margherita impallidì, si sentì venire meno, colpita da un violento collasso cardiaco, che la stroncò in pochi minuti. Si spense serenamente nelle braccia di Giovanna senza un grido, senza un gemito. - Giovanna, dinanzi alla morte dell'amica, rimase turbata e impressionata. Dopo tali notizie la signora Giovanna aggiunse un altro particolare, dicendomi: «Padre Alberto, vi debbo ancora dire qualche altra cosa. Durante la nostra lunga amicizia, parecchie volte ci scambiammo la promessa, non per tentare il Signore, ma per scherzo, che chi fosse morta prima, sarebbe apparsa all'altra per assicurarla dell'altra vita. La terza sera dopo la sepoltura di Margherita, mentre mio marito si tratteneva nel salotto, io, seduta sul letto, con la corona nelle mani e con la luce accesa, stavo recitando il santo rosario in suffragio dell'anima benedetta della mia cara amica, allorché, fissando lo sguardo sul seggiolone, dove mio marito nel pomeriggio è solito fare il pisolino, vidi seduta Margherita. Non volevo credere a tale visione, pensai subito ad una allucinazione o ad un'autosuggestione; mi stropicciai gli occhi, per fare svanire l'immagine, ma Margherita non si muoveva, era lì seduta che mi guardava. Mi feci coraggio e gridai: "Margherita, sei tu?". Margherita, alzandosi rispose: "Sì, Giovanna, sono io. Non temere. Il Signore nella sua infinita bontà mi ha permesso di venire a dirti che sono in luogo di salvezza; ma tu prega, prega per me. Non puoi immaginare quanto mi è stata dolce la morte. Padre Pio mi fu vicino ad assistermi". Pronunziate queste parole, l'immagine della mia cara amica, svanì nel nulla, lasciandomi in una grande serenità di spirito. Scesi subito dal letto e andai nel salotto a raccontare l'accaduto a mio marito, che rimase impressionato e pensoso».PROFEZIA E BILOCAZIONE«Cinquant'anni dinanzi a noi»Alle prime ore del 23 settembre 1968, si avverarono le parole profetiche di Padre Pio, dette cinquant'anni prima al signore Vinelli Modesto, giovane fotografo ambulante, che, nel 1918, quando il Padre ricevette le sacre stimmate, riuscì a scattare qualche foto e, stampandone parecchie copie, le vendeva a chi ne volesse. Avvenne un increscioso incidente a Rodi Garganico, dove un uomo, vedendo le foto di Padre Pio, cominciò a imprecare e a bestemmiare, chiamandolo impostore ed avutane una nelle mani, la strappò e la calpestò sotto i piedi. Il Vinelli reagì immediatamente con calci e ceffoni. Si accese una zuffa violenta, in cui quell'uomo fu ferito, Vinelli fu chiuso in carcere per quaranta giorni. Uscito dalla prigione, ritornò a S. Giovanni Rotondo e presentatosi a Padre Pio, gli disse: «Padre, per causa vostra, sono andato in galera». Padre Pio: «Per causa mia? Che cosa hai fatto?». Vinelli gli raccontò l'accaduto. Padre Pio lo riprese, dicendogli di tenere le mani a posto e di essere più paziente. Poi, ringraziandolo dell'affetto e del coraggio nel rimproverare il bestemmiatore, gli disse: «Modesto, ricordati, abbiamo cinquant'anni dinanzi a noi». Vinelli non capì il significato delle parole di Padre Pio; ogni anno immancabilmente, il 20 settembre, porgeva gli auguri per l'impressione delle stimmate. Nel venticinquesimo anniversario, secondo il solito, dando gli auguri, si sentì rispondere: «Modesto, sono passati venticinque anni! Abbiamo ancora venticinque anni dinanzi a noi!...». Vinelli cominciò a preoccuparsi e a pensare agli anni che passavano velocemente. La scena degli auguri si ripeteva ogni anno; Modesto con trepidazione sempre crescente, man mano che passavano gli anni, cominciò a contare alla rovescia. Alcuni giorni prima del cinquantesimo anniversario delle stimmate di Padre Pio, Vinelli mi raccontò questo piccolo episodio della sua vita, che iniziato nel 1918, stava per concludersi dopo cinquant'anni. Mi espresse il timore della sua prossima fine. La mattina del 20 settembre, prima che Padre Pio vestisse i paramenti sacri per la celebrazione della S. Messa, vidi entrare in sacrestia Vinelli. Mi meravigliai come fosse entrato, essendo le porte chiuse. Mi disse che lo aveva fatto entrare un Padre. Avvicinatosi a Padre Pio, s'inginocchiò, baciò la mano e diede gli auguri. Padre Pio, vedendolo, disse: «Modesto sono passati i cinquant'anni». Per poco Modesto non cadde morto a terra. Lo aiutai a rialzarsi: tremava come una foglia. Lo incoraggiai, dicendogli che le parole di Padre Pio non erano rivolte a lui, come immaginava, ma alla prossima fine del venerato Padre. Il 1918 nel dire che vi erano cinquant'anni dinanzi, Padre Pio voleva alludere ai cinquant'anni della sua crocifissione e nello stesso tempo fargli capire che per cinquant'anni avrebbe beneficiato dei meriti delle sue sofferenze, delle sue SS. Messe, delle preghiere, delle benedizioni e dei consigli. Infatti, due giorni dopo, Padre Pio si spense serenamente. Modesto, purificato dalla sofferenza e dalla preghiera, ha raggiunto Padre Pio nella patria celeste, il 2 marzo 1983.«Ritornerete a Pietrelcina!»Nell'aprile del 1960 incontrai sul piazzale di S. Maria delle Grazie a S. Giovanni Rotondo due figlie spirituali di Padre Pio e insigni benefattrici del convento di Pietrelcina, Grazia Pannullo e Lucia Iadanza, le quali, dopo avermi salutato, dissero: «P. Alberto, l'anno venturo ritornerete a Pietrelcina, ce lo ha detto Padre Pio». Risposi: «Non è possibile. Sono Parroco a S. Severo e non credo che i superiori mi vogliano trasferire ora che ho preso conoscenza di tutta la Parrocchia e mi trovo in piena attività di lavoro e di apostolato. Non ci verrei neppure volentieri, perché mi dispiacerebbe cambiare lavoro ed abitudini per ritornare indietro». Le donne soggiunsero: «Padre Alberto, vi abbiamo voluto sempre bene, perché non volete più venire a Pietrelcina? La popolazione vi ricorda con stima e con affetto e desidera che torniate a Pietrelcina». «Sono sempre grato alla popolazione pietrelcinese per la stima e per la benevolenza prestatami in tutti i momenti, nei tre anni di residenza. Ormai sono passati tanti anni, tutto è cambiato. Del resto, sono Religioso e in caso di trasferimento, dinanzi all'obbedienza, non potrò rifiutarmi». Le donne: «Vi attendiamo in mezzo a noi, come ci ha assicurato Padre Pio». Nel settembre del 1961, alla distanza di un anno e mezzo, la profezia di Padre Pio si avverò. Nella congregazione capitolare fui trasferito a Pietrelcina come Vicario e l'anno dopo fui nominato Superiore, riprendendo tutta l'attività del primo triennio nel Terz'Ordine, nella Gifra e nella stessa Parrocchia, assistita da noi Religiosi, per una lunga malattia del vecchio Parroco. Padre Pio era prodigo di consigli e di incoraggiamenti nelle varie iniziative per il bene del suo paese nativo. La permanenza a Pietrelcina questa volta durò poco, due anni e tre mesi. Con la venuta dell'Amministratore Apostolico, P. Clemente da S. Maria in Punta, in Provincia ci fu uno spostamento generale di tutti i Frati ed io fui trasferito per la seconda volta a S. Severo come Superiore del convento. Non tutti i mali vengono per nuocere. Il Signore, nei disegni della sua divina bontà, aveva disposto che negli ultimi anni della vita terrena di Padre Pio gli fossi vicino. Infatti, gli incontri col venerato Padre divennero settimanali. Potevo dire che gli ero sempre vicino, ora per un motivo, ora per un altro, per accompagnare persone, per domandare consigli per me, e per tutti quelli che non potendo avvicinare il Padre, venivano a chiedere il mio aiuto. Ordinariamente andavo a chiedergli consigli per gli infermi, che non sapevano quale decisione prendere, in casi difficili di discordanza dei medici; o per risolvere situazioni delicate; o per tranquillizzare anime tormentate da dubbi e da scrupoli; o per preghiere. Quante volte Padre Pio mi disse: «Rispondi tu... dagli tu il consiglio... Tu non sai dare il consiglio?». «Padre, temo di sbagliare». Padre Pio: «Prima di scrivere o di dare a voce il consiglio, prega. Il Signore ti assiste e non puoi sbagliare». Spesso mi capitava che, quando davo un consiglio, autorizzato dal caro Padre, mi sentivo inquieto e timoroso di avere sbagliato, mi recavo subito da lui a riferire il consiglio dato. Padre Pio mi rinfrancava con poche parole: «Hai consigliato bene... avrei dato anch'io lo stesso consiglio». I consigli di Padre Pio erano illuminati e sapienti. Qualche volta le sue parole sembravano errate e, alle osservazioni, rispondeva: «Non sono il Padre eterno. Do il consiglio secondo ciò che mi dicono e mi raccontano... secondo il modo di espormi e di presentarmi i casi... Se travisano le mie parole, che colpa ho io!...».«Pensasse alla morte»Un episodio conferma l'asserzione di Padre Pio. In una città dell'Italia centrale, una vedova mi diede l'incarico di chiedere a Padre Pio se poteva risposarsi con un vedovo. Entrambi di età sulla cinquantina, avevano una figlia ciascuno sui diciotto anni. Recatomi a S. Giovanni Rotondo, riferii il desiderio della vedova a Padre Pio, che mi rispose: «Pensasse alla morte». Soggiunsi:«Padre, che cosa devo rispondere?». Padre Pio: «Ti ho dato la risposta». Scrissi alla signora addolcendo l'espressione, dicendo di pensare a santificarsi. La signora, non soddisfatta della risposta per corrispondenza si rivolse al Cappellano di Casa Sollievo della Sofferenza e ad una suora, pregandoli d'interrogare Padre Pio sul suo secondo matrimonio. I due incaricati le risposero, l'uno che Padre Pio benediceva il matrimonio ed augurava numerosa prole, l'altra che Padre Pio approvava e benediceva il matrimonio. L'anno successivo, recatomi nella stessa città e incontrata la signora, non sapendo che ella si fosse rivolta ai due Religiosi per lo stesso incarico dato a me, chiesi scusa della risposta negativa di Padre Pio. La signora sorridente mi disse: «Padre non si offenda, se dopo la sua risposta, mi sono rivolta a Padre S. e a Suora M., ai quali Padre Pio disse che benediceva il mio matrimonio». Io: «Non credo che Padre Pio ci abbia ripensato...». La signora, per convincermi, mi presentò le due lettere, che io lessi stupito ed incredulo, per gli auguri espressi in una delle lettere. Pregai la signora di darmele, per portarle a Padre Pio; ma si rifiutò, dicendomi che non era il caso, dato che si era già sposata. Ritornato a S. Giovanni Rotondo, andai da Padre Pio e gli dissi:«Padre Spirituale! Che figuraccia mi ha fatto fare!». Padre Pio: «Che cosa è successo?». «Se ben ricorda, l'anno scorso, venni a chiedere un consiglio per incarico di una vedova, che voleva risposarsi con un vedovo, Lei mi rispose: "Pensasse alla morte"». Padre Pio: «Sì, mi ricordo bene». «Perché a Padre S. e a Suor M., che ebbero lo stesso incarico dalla vedova, lei disse di sposarsi e benedisse anche il matrimonio?». Padre Pio: «Da me sei venuto solo tu e nessun altro. Mi fanno dire tante cose, che non ho mai dette». Recatomi all'ospedale, parlai prima col Cappellano e poi con la Suora; sia l'uno che l'altra mi risposero che per non importunare il Padre non lo interrogarono affatto, ma si regolarono secondo il pensiero di Padre Pio in simili circostanze.Con Madre Speranza al Sant'UffizioNel febbraio 1970 mi recai a Terni per una conferenza su Padre Pio al Gruppo di preghiera. Fui ospite dell'Avvocato Giordanelli Guglielmo, che m'invitò ad una gita a Collevalenza, dove viveva in concetto di santità Madre Speranza. Visitai il grandioso complesso di costruzioni e di opere, eseguito per volere della Madre a scopo di bene per le anime. Dallo stesso Avv. Giordanelli e dal Superiore P. Gino, fui presentato a Madre Speranza, che mi accolse con grande semplicità ed umiltà. Cominciai subito un discorso: «Madre, sono un Cappuccino di S. Giovanni Rotondo: non voglio farle perdere tempo; le chiedo soltanto di pregare per me e per la glorificazione di Padre Pio». Madre Speranza, piccola di statura e curva, alzando gli occhi e guardandomi, rispose: «Lei ha conosciuto Padre Pio?». «Sì; l'ho visto molte volte». «Dove? A S. Giovanni Rotondo?». «No: non sono mai venuta a S. Giovanni Rotondo». «Allora, dove lo ha conosciuto?». «A Roma». «Madre, lei non ha potuto conoscere Padre Pio, perché questi a Roma è stato solo una volta, quando, giovanissimo, il 17 maggio 1917, accompagnò la sorella a farsi monaca di clausura nel Convento di S. Brigida. Lei in quel tempo si trovava in Spagna. Certamente ha preso un abbaglio, scambiando Padre Pio con qualche altro Frate Cappuccino». «No, non mi sono ingannata. Era Padre Pio». «In quale località di Roma lo ha visto?». «L'ho visto tutti i giorni al S. Uffizio per un anno intero; portava i mezzi guanti per nascondere le piaghe. Io lo salutavo, gli baciavo la mano e qualche volta gli rivolgevo la parola, ed egli mi rispondeva». «In quale anno è avvenuto questo incontro giornaliero?». «Quando io ero a disposizione del S. Uffizio. Sono stata per tre anni: dal 1937 al 1939». «Madre, mi sembra strano e inverosimile il suo racconto: stento a crederci...». «Padre, debbo confessarle che non sono mai andata soggetta ad allucinazione. Anzi, debbo aggiungere che spesso veniva in aereo da Milano un personaggio misterioso con la barba bianca, brutto di aspetto, che mi faceva tremare». «Chi era?... Un Frate?...». «Non lo so, al solo vederlo ero presa da grande timore e volevo fuggire. Mi sembrava il demonio». «Che cosa veniva a fare al S. Uffizio?». «Veniva a deporre contro Padre Pio». «Madre, non si offenda, se le dico che non credo a quanto mi ha raccontato». Madre Speranza, senza alcun segno di risentimento, con dolcezza mi rispose: «Padre, lei è libero di pensare come vuole. Le ripeto che ho visto Padre Pio per un anno, tutti i giorni a Roma. Ho sempre pregato per lui ed ora prego per la sua glorificazione». Che Madre Speranza abbia potuto conoscere Padre Pio è possibile: dato che il venerato Padre era insignito del dono della bilocazione. Infatti le bilocazioni di Padre Pio sono state molto numerose. Ne abbiamo riferite alcune in questo nostro lavoro.Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. GRAZIE E FAVORI CELESTIIntercedeva per la sua guarigioneNel maggio del 1970, la signora Lilia Glorioso di Castelbuono (Palermo) m'invitò per un ritiro spirituale ai suoi due Gruppi di preghiera. In quella circostanza mi disse che doveva la sua salute alle preghiere di Padre Pio. Mi narrò infatti che era ammalata di ematuria renale, dovuta ad un grosso calcolo, e che si era ridotta ad uno scheletro, per una grave forma di anemia, per cui si rese impossibile l'operazione chirurgica. Nonostante le cure consigliate dai medici locali e dai professori specialisti di Palermo, si era sempre più aggravata. In un consulto medico, si decise per l'intervento chirurgico. Ricoverata nell'Ospedale di Palermo per le analisi e per l'operazione, mentre tutto era pronto, venne a mancare il Primario chirurgo, che avrebbe dovuto operarla. Allora, uno dei chirurghi presenti, non assicurando l'esito dell'atto operatorio, consigliò l'inferma di ritornare a casa. Un'amica, recatasi a visitarla, la consigliò di scrivere una lettera a Padre Pio per impetrare la grazia della guarigione. Era il 1967. La Glorioso, a tale consiglio, si ribellò, protestandosi devota della Madonna, dalla Quale sola aspettava la grazia. L'amica soggiunse che Padre Pio era prediletto e devotissimo della Madonna, dalla Quale otteneva grazie e miracoli con le sue fervide preghiere e con le sue grandi sofferenze, quindi gli sarebbe stato facile ottenerle la guarigione e la salute. Convinta da queste parole, la Glorioso scrisse una lettera a Padre Pio; ma l'indomani si aggravò. Nel pomeriggio, stando a letto, circondata dalle persone care e trepidanti, le sembrò di vedere Padre Pio ai piedi della Madonna, che intercedeva per la sua guarigione. La sera cominciò a migliorare e in piena lucidità di mente raccontò ai parenti la visione. Il giorno successivo si sentì bene e si alzò dal letto. Nella lettera indirizzata a Padre Pio, non chiedeva la guarigione, ma un miglioramento per potere subire l'operazione. Dopo tre mesi, precisamente il 6 gennaio 1968, si recò a S. Giovanni Rotondo. Nel pomeriggio del giorno successivo, mentre Padre Pio si recava a confessare gli uomini, vedendo la signora Glorioso in mezzo alla folla, la fece avvicinare e le disse: «Che cosa vuoi?». La Glorioso: «Padre, sono venuta a chiedervi un consiglio se debbo operarmi o curarmi». Padre Pio: «È bene che ti faccia operare. Io pregherò per te». La Glorioso, piena di fede, ritornò a Castelbuono; si ricoverò in un Ospedale di Palermo, fu operata e guarì completamente. In segno di gratitudine ha formato due fiorenti Gruppi di preghiera, che tanto bene operano nella cittadinanza di Castelbuono.«Padre Pio è venuto a prenderla!»Nell'ottobre del 1972 ero stato invitato dalla Capo Gruppo di preghiera, Signora Lilia Glorioso, a tenere una «Tre sere» ai Gruppi di Castelbuono, d'accordo col Rev.mo Parroco della Chiesa Matrice. Quindici giorni prima della data fissata, la signora Glorioso mi telefonò, pregandomi di anticipare di una settimana la mia andata per partecipare alla celebrazione del venticinquesimo anniversario di matrimonio. Dati i molteplici impegni che avevo in altre città della Sicilia, risposi che mi era impossibile spostare le date, ma che avrei partecipato alla festa di famiglia, quando sarei andato nei giorni fissati. Giunto a Palermo, appresi la dolorosa notizia della tragica morte della figlia Marianna di 23 anni al termine della festa, in un incidente automobilistico; a causa del gravissimo lutto, non si faceva più nulla. Telefonai al Parroco della Chiesa Matrice per sapere notizie più dettagliate. Il Parroco mi rispose con voce emozionata che la cittadinanza era in lutto e non era il caso di tenere la «Tre sere». Alcuni giorni dopo, accompagnato dal Rag. Di Girolamo Umberto e dalla Sig.na Gaudesi Giovanna, mi recai a Castelbuono per porgere alla famiglia Glorioso le condoglianze e dire una parola di conforto. Ammirevole e dignitoso è stato il comportamento di Lilia Glorioso, la quale, nel vederci, pur prorompendo in lacrime e singhiozzi, disse: «Padre Alberto, se mi vedete ancora in vita, lo debbo alla fede che mi ha sorretta e a Padre Pio che mi ha assistita. Il mio atroce dolore mi avrebbe fatto commettere un atto insano, mi sarei suicidata, se il Signore e Padre Pio non mi avessero assistita». Calmatasi, cominciò a raccontarci tra le lacrime lo svolgimento della funzione religiosa, tenutasi in Chiesa con la partecipazione di una folla di parenti e di amici; poi ci parlò del tragico incidente. La Glorioso volle rimarcare un episodio molto significativo. Prima di recarsi in Chiesa, i cinque figli prepararono ed offrirono un dono ai genitori a ricordo del loro venticinquesimo anniversario di matrimonio. La mamma, nell'accettare il dono, disse: «Figli miei, il dono più gradito e più prezioso, che ci potete fare, è di accostarvi quest'oggi ai sacramenti insieme a noi...». Tutti risposero affermativamente, ad eccezione della figlia primogenita Marianna, impiegata a Palermo, fidanzata e prossima al matrimonio, che rispose di non essere disposta. Ma dietro le insistenze della mamma, si decise anch'ella a confessarsi e a comunicarsi. Terminata la funzione religiosa, ci furono i rinfreschi per i partecipanti e la cena per gli intimi. A sera inoltrata, Marianna, contenta e gioiosa, disse ai genitori: «È bene che torniamo ora a Palermo, così domani ci troveremo riposati e pronti per andare in ufficio». Si decise di partire subito. Salirono in macchina il fratello di Marianna e una signorina giapponese, che si accomodarono nei sedili posteriori. Nei posti anteriori, si sedettero Marianna e il fidanzato alla guida. Si era giunti alla periferia di Palermo, quando il giovane autista, preso da un colpo di sonnolenza, perdette il controllo e andò a schiantarsi violentemente contro un muro, riducendo la macchina in rottami. Marianna, che sonnecchiava poggiata sulla spalla del fidanzato, scossa dall'urto tremendo, gridò: «Che cosa è successo?», chinò il capo e morì. I due giovani, seduti dietro, furono estratti gravemente feriti e sanguinanti dalle lamiere contorte. Il giovane autista uscì quasi illeso con poche contusioni ed escoriazioni. Trasportati ad uno degli ospedali di Palermo e controllati i loro documenti, si telefonò alle famiglie. Il fatto straordinario e significativo è il sogno, che stava facendo, nel momento dell'incidente, una signorina di Castelbuono, Concetta Di Garbo, amica della famiglia Glorioso, che io intervistai in una seconda andata a Castelbuono nel maggio 1974. La signorina Concetta Di Garbo stava sognando di camminare lungo il corso principale di Castelbuono per recarsi a casa di una sorella ammalata, quando incontrò una macchina, che si fermò dinanzi a lei. L'autista la chiamò e le disse che nella macchina vi era Padre Pio. Infatti, aperto lo sportello, la signorina vide Padre Pio, che la invitò a sedersi a fianco a Lui e la interrogò: «Concetta, dove vai?». Concetta: «Vado da mia sorella, che è molto malata». Padre Pio: «Vengo anch'io». Giunta la macchina presso la casa dell'inferma, Padre Pio uscì e preceduto dalla ragazza, salì la scalinata, dirigendosi verso la camera dell'inferma, la benedisse e le posò la mano sulla parte malata. Poi andò ad affacciarsi alla finestra prospiciente la casa della famiglia Glorioso e disse a Concetta: «Chiama Marianna, perché deve venire con me. Su, grida, dille di fare presto, perché non posso aspettare». Al grido di Concetta, si presentò sul balcone una donna vestita di nero con le lacrime agli occhi. Padre Pio vedendola, esclamò: «È la mamma! È Lilia!... povera mamma, quanto deve soffrire!...». Dette queste parole, scomparve. Concetta si svegliò di soprassalto, spaventata e madida di sudore. Non potendo ripigliare il sonno, scese dal letto, andò ad aprire la finestra della camera e, nel silenzio della notte, sentì grida e pianti. Si vestì in fretta, uscì di casa e si diresse verso l'abitazione dei Glorioso, da dove provenivano le grida. Qui apprese la notizia della morte di Marianna, avvenuta nello stesso tempo in cui faceva il fatidico sogno. La signora Glorioso terminò il suo racconto con queste parole: «Padre Alberto, mi sorregge e mi conforta il pensiero che Padre Pio è venuto a prendersela e se l'ha portata in Paradiso. Marianna era tanto buona e comprensiva, sempre attenta a non arrecarci un dispiacere. Quella sera in cui chiesi a tutti i miei figli di accostarsi alla santa comunione, mi rispose che non era disposta, ma poi subito mi ubbidì. Dopo la funzione religiosa si mostrò la più contenta e la più felice di tutti. Il Signore la volle per sé e Padre Pio venne a prenderla». La signorina Concetta Di Garbo, nella tarda mattinata si recò dalla sorella gravemente inferma, e quale non fu la sua sorpresa nel vederla molto migliorata!... L'inferma le disse di sentirsi bene e che le erano scomparsi anche i dolori che la tormentavano e non la lasciavano riposare un'ora. Poi aggiunse: «Non ho mai riposato così tranquillamente, come questa notte. Ora sento appetito, dammi qualche cosa da mangiare». Concetta le raccontò il sogno, la visita e la benedizione di Padre Pio e poi le comunicò la morte dell'amica Marianna, avvenuta mentre ella sognava. Quindi, il miglioramento e la guarigione dell'inferma si devono all'intercessione di Padre Pio. Qualche mese dopo questo misterioso avvenimento, Concetta accompagnò la sorella a Palermo e la fece ricoverare in un ospedale per controlli ed analisi. Il risultato fu negativo. Non fu trovata alcuna traccia di malattia. Dopo due anni dalla guarigione, recatomi di nuovo a Castelbuono, volli vedere e intervistare la donna miracolata, la quale mi confermò quanto mi aveva narrato la sorella Concetta, assicurando di godere ottima salute, di essere aumentata di peso e di avere ripreso il suo lavoro e la sua attività,, senza avvertire alcun disturbo della malattia sofferta.«Verrà a prendermi il 5 febbraio!»Un pomeriggio del giugno 1973, ero sul sagrato di S. Maria delle Grazie a S. Giovanni Rotondo, quando una signora di Roma si avvicinò e mi disse: «Padre, io sono una figlia spirituale di Padre Pio, sono venuta da Roma a ringraziarlo per la morte di mio marito». Incuriosito dallo strano linguaggio della donna risposi: «Signora, lei desiderava la morte di suo marito, forse perché non lo amava più?». La signora risentita, soggiunse: «Ma no, Padre, non è così, come pensa lei. Io ho sempre amato con tenerezza mio marito ed ho tanto sofferto per la sua morte. Mi ascolti. Mio marito era affetto da un tumore maligno. Soffriva molto, notte e giorno, senza tregua. Noi di famiglia ci prodigavamo per lui; pregavamo la Madonna per la sua guarigione e lo raccomandavamo all'intercessione di Padre Pio. Un giorno, mio marito, dimesso dall'ospedale, perché incurabile, mentre era a letto in condizioni gravissime, cominciò a gridare: "Cacciate via quel frate... cacciate quel frate... mi dice di andare con lui... cacciatelo... non voglio andarci". Io ed altre persone di famiglia, non vedendo in casa alcun frate, rispondemmo che non c'era nessuno. Mio marito agitatissimo, continuava ad urlare: "Non lo vedete? eccolo ai piedi del letto... insiste di andare con lui, mandatelo via...". Pensammo che delirasse e cercammo di rasserenarlo. Dopo qualche minuto, calmatosi, disse: "È un frate cappuccino... ha la barba bianca... ora se ne sta andando... mi ha detto che verrà a prendermi il 5 febbraio". Preoccupati, non sapevamo spiegare il mistero. Pensammo allora a Padre Pio, alla cui intercessione raccomandammo l'infermo. Gli presentammo una foto di Padre Pio e lo interrogammo se fosse il frate, che lo aveva invitato di andare con lui. Mio marito, vista la foto, esclamò: "Sì, è proprio lui". Noi: "Ma questo frate è Padre Pio". Da quel momento cominciò la miglioria dell'infermo da sembrare quasi guarito. Per due mesi si sentì bene, usciva di casa, ogni mattina andava alla S. Messa in chiesa, si comunicava, pregava. Verso la fine di gennaio 1973 si aggravò improvvisamente. Questa volta era sereno. Pregava quasi ininterrottamente. Riceveva ogni giorno la santa comunione. Aspettava il ritorno di Padre Pio, che lo avrebbe accompagnato dinanzi al Signore. Il 5 febbraio 1973, Padre Pio, puntuale alla promessa, ritornò a prenderselo. Mio marito spirò serenamente col nome di Gesù sulle labbra. Ora sono venuta a sciogliere il mio voto. Sono venuta a ringraziare Padre Pio di avere assistito mio marito sul punto di morte».Un'immagine di Padre Pio sotto il cuscinoIl 30 novembre 1973 mi recai a Mistretta in Sicilia per la predicazione del novenario dell'Immacolata. Prima di andare nella Casa Canonica, il Parroco P. Longo Filadelfio mi accompagnò all'ospedale civile per benedire un ammalato grave. Entrato solo in una cameretta, trovai una giovane donna, che piangeva ai piedi del letto, su cui era disteso un uomo in gravissime condizioni. All'apparenza mi sembrava vecchio, ma in realtà era molto giovane, appena quarantenne. Chiesi alla donna il nome dell'infermo, mi disse: Antonio Indovino. Mi avvicinai presso il letto e lo chiamai ad alta voce, ma non si scosse. Aveva l'aspetto cadaverico, le labbra bluastre, il respiro rantoloso. Feci una preghiera, impartii l'assoluzione e la benedizione con l'indulgenza plenaria in articulo mortis, rivolsi parole di conforto alla giovane consorte e le diedi un'immaginetta di Padre Pio, pregandola di porla sotto il cuscino dell'infermo e dicendole: «Padre Pio voglia assisterlo e intercedere per lui! Il Signore può fare tutto se vuole, può ridonare la guarigione e la salute a suo marito per i meriti e l'intercessione di Padre Pio... Noi, questa sera, nella Chiesa parrocchiale di S. Nicola, pregheremo tutti insieme per l'ammalato». La donna prese l'immaginetta e la mise sotto il cuscino del marito, che non si accorse di nulla. Uscito dalla camera dell'infermo, trovai nel corridoio P. Longo con un medico, al quale rivolsi la parola per sapere notizie più dettagliate circa la malattia e le condizioni dell'infermo, che avevo visitato. Mi rispose: «Padre, il signore Indovino sta molto male, si trova in gravissime condizioni ed in pericolo di vita. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per strapparlo alla morte. Ora sta a Dio fare il resto». Mi trattenni dieci giorni a Mistretta e in quei giorni l'infermo, sebbene in gravi condizioni, non morì. Dopo qualche mese, il Parroco P. Longo, in una lettera, mi comunicò la notizia che il signore Antonio Indovino, da me visitato nell'ospedale, era perfettamente guarito. Esclamai: «Dio sia benedetto! Il Signore nella sua bontà ha fatto il miracolo per fare conoscere, amare e glorificare Padre Pio». L'anno seguente, precisamente nel maggio 1974, ritornai a Mistretta per preparare con un triduo di conferenze i Gruppi di preghiera all'acquisto del Giubileo. Avevo del tutto dimenticato l'infermo, guarito miracolosamente. L'ultima sera il Parroco mi pregò di partecipare insieme ad altri due sacerdoti ad una visita presso una famiglia. Mi dettero la precedenza nel salire la scalinata. Sul pianerottolo mi venne incontro un simpatico uomo, molto giovane, di bella presenza che, sorridente, mi invitò ad entrare. Vidi nel centro della camera su un tavolo, coperto da una candida tovaglia, vassoi di dolciumi, bottiglie di liquori, bicchieri, tazze... Pensai subito ad una festa di famiglia e domandai: «Fate festa? Per quale ricorrenza?...». Il signore, che mi ricevette, sempre sorridente, rispose: «Sì, Padre, abbiamo organizzato una festicciuola per voi». Io, stupito: «Per me? Io non vi conosco. Non vi ho mai visto...». Il signore: «Padre, voi mi avete strappato dalla morte, mi avete guarito». Sentendo questa asserzione, pensai subito ad uno scherzo e, risentito, rivolgendomi al Parroco ed ai Sacerdoti, dissi: «Mi avete preso in giro». I Sacerdoti sorridevano di compiacenza. Non ancora mi rendevo conto dello scherzo. Allora il padrone di casa spiegò il motivo della festicciuola. «L'anno scorso, disse, io ero gravemente malato nell'ospedale di Mistretta. Avevo perduto la conoscenza; mia moglie, quando migliorai, mi raccontò ciò che avvenne. Voi, accompagnato da P. Longo, siete venuto all'ospedale a visitarmi. Avete pregato, mi avete benedetto e poi avete fatto mettere sotto il cuscino un'immaginetta di Padre Pio. Da quel momento cominciò la miglioria. Ora, come vedete, sono perfettamente guarito. Sono stato due volte a Palermo per analisi e controlli: il risultato è stato sempre negativo, senza alcuna traccia della mia grave malattia. Sono aumentato di peso, ritornando al normale, ho ripreso il mio lavoro e sto benissimo. Dato che voi siete ritornato a Mistretta, in segno di gratitudine vi abbiamo organizzato questa piccola festa». Indi, preso il portafoglio, estrasse l'immaginetta di Padre Pio e la mostrò: «Ecco, Padre, l'immaginetta miracolosa, che io porto sempre addosso». Risposi: «Sì, è l'immaginetta che io diedi alla vostra consorte e feci mettere sotto il cuscino. Permettete, caro Antonio, di dirvi che non sono stato io che vi ho guarito, ma il Signore mediante l'intercessione di Padre Pio. Dovete ringraziare anzitutto il Signore poi Padre Pio. Raccogliete i documenti e le cartelle mediche della vostra malattia, della sua gravità e della vostra guarigione e portateli o spediteli a S. Giovanni Rotondo per la Causa di Beatificazione di Padre Pio. Anzi, farete bene, quando verrete nel continente, di arrivare anche a S. Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio presso la sua tomba»Padre Pio con l'On. Aldo Moro (1968)
«Padre Pio è stato buono con me»Una mattina del settembre 1974 ero di turno per le confessioni delle donne nella Chiesa di S. Maria delle Grazie, quando si presentò dinanzi al confessionale una distinta signora, Giancarla M. di Milano, che mi disse: «Padre, prima di confessarmi ho bisogno di parlarle. Debbo anzitutto dirle che io ho sempre avuto nell'animo una inspiegabile animosità contro Padre Pio e ne ho anche parlato male. Non so se Padre Pio vorrà perdonarmi». «Signora, Padre Pio ha sempre perdonato e perdonerà anche lei. Perché ha avuto tanto risentimento contro Padre Pio? Forse ha ricevuto qualche sgarbatezza?». «No. Non sono mai venuta a S. Giovanni Rotondo. Ora è la prima volta. Non so neppure io, perché abbia preso posizione contro Padre Pio. Forse, perché si parlava molto di lui, della sua santità, che per me era un rimprovero ed un richiamo. Invece di venire a conoscerlo, ne sentivo antipatia e ripugnanza». «Signora, parlare male di una persona che non si conosce, è da stolto. Perché, ora che Padre Pio non c'è più, si è decisa di venire a S. Giovanni Rotondo?». «Padre, non lo so. Anche questa mia venuta quassù, per me, è un mistero. Appartengo ad una famiglia benestante. Nella vita non mi è mancato nulla. Mi sono presa tutte le soddisfazioni, ma non ho mai goduto un giorno di pace. Ieri, litigai ancora una ennesima volta con mio marito, gridando che me ne sarei andata via. Infatti, uscita di casa, non sapendo dove andare, mi diressi alla stazione centrale. Dinanzi a me presso lo sportello vi erano alcune donne allegre e ciarliere che chiesero il biglietto per Foggia. Avvicinatami, l'impiegato mi chiese: "Signora, per dove?". In quel momento, ancora agitata, senza riflettere risposi: "Per Foggia". Mi recai ai marciapiedi e salii sul treno già pronto senza rivedere le donne che mi precedettero. Questa mattina, arrivata a Foggia, scesa dal treno, mi sono interrogata: "Che cosa sono venuta a fare a Foggia? Qui non conosco nessuno e non so dove andare. Ma sono diventata matta?..." Mentre stavo così fantasticando, mi è passato dinanzi il gruppetto delle donne, che si dirigevano verso un pullman. Le ho seguite, sono salita anche io sul pullman, che mi ha portato a S. Giovanni Rotondo ed ora sono qui, nella Chiesa di Padre Pio. Mai avrei pensato di venire sul Gargano, di venire da Padre Pio. Questa mattina, entrando in Chiesa ho sentito tanta pace da sfogare in pianto. Sono scesa nella cripta, mi sono inginocchiata presso la tomba di Padre Pio, ho chiesto perdono, ho pianto e per la prima volta, dopo tanti anni, ho pregato. Padre, ho bisogno di riconciliarmi con Dio. Da molti anni non entro in una chiesa». La signora fece la sua confessione tra un profluvio di lacrime. Poi disse: «Padre, sono tanto contenta di essere venuta presso la tomba di Padre Pio: qui ho ritrovato Dio». «Cara signora, ringrazi il Signore e Padre Pio di tanta bontà e benevolenza. Lei sentiva antipatia e animosità contro Padre Pio e il caro Padre sentiva pietà, tenerezza ed amore per la sua anima. Padre Pio è venuto a Milano, l'ha presa per mano e l'ha accompagnata nella sua dimora per ridonarle la serenità e la pace». Signora: «Padre Pio è stato tanto buono con me. Mi ha ridonato la fede e Gesù; la serenità e la pace. Questo luogo è un lembo di Paradiso. Ritornerò altre volte insieme con la mia famiglia».ALLA VIGILIA DELLA SUA MORTE«Non lasciarmi solo!»Un giorno di aprile del 1968, venne a trovarmi in convento l'amico Dr. Francesco Ricciardi, il quale mi disse: «Padre Alberto, sono stato a S. Giovanni Rotondo per le feste della S. Pasqua, ho rivisto ed ho potuto avvicinare e scambiare poche parole con Padre Pio. Sono rimasto impressionato per le condizioni di salute in cui si è ridotto. Oltre a non poter più muoversi, è molto consumato dalle sofferenze e dall'estenuante lavoro delle confessioni. Penso che non duri a lungo. Sarebbe bene che lei gli fosse vicino». Risposi: «Ho sempre desiderato di stare vicino a Padre Pio, che ho sempre amato sin dalla mia fanciullezza, ma non dipende da me. Sto pregando il Signore ogni mattina nella S. Messa, che mi faccia trovare presso il caro Padre negli ultimi giorni della sua vita terrena». Il Signore infatti dispose, in un modo a me non gradito, sotto l'aspetto umano, ma provvidenziale, che nel maggio fossi trasferito nel convento di S. Giovanni Rotondo, dove trascorsi circa quattro mesi vicino al caro Padre. Ogni pomeriggio, dalle tredici alle quindici e mezzo, gli facevo compagnia sulla veranda insieme con alcuni confratelli addetti al turno di assistenza. Sono state le ore più belle fra i tanti incontri avuti con Padre Pio. Ho potuto parlargli con calma tante e tante volte. Un pomeriggio per circa un'ora rimasi solo col Padre. Era tormentato dall'asma bronchiale e da una tosse molesta. Io ero seduto a fianco, pronto a porgergli la sputacchiera. Ci fu un momento, in cui ebbe ripetuti e violenti colpi di tosse, da sentirsi soffocato, fino a quando emise un abbondante e vischioso spurgo. Allora, sollevato, esclamò: «Non ne posso più! Signore, che cosa faccio più sulla terra... vienimi a prendere!...». Mi ero alzato per andare a svuotare la sputacchiera, il Padre mi disse: «Dove vai? Non lasciarmi solo!». Temeva la solitudine.«Mi hanno tradito tutti!»Un altro giorno con le lacrime agli occhi proruppe: «Signore, quante sofferenze! Mi hanno tradito tutti!». Non so a chi volesse riferire l'espressione, né ebbi il coraggio d'interrogarlo. Certamente doveva alludere a persone che facevano il doppio gioco, che pensavano ai propri interessi, che non gli dicevano la verità. Negli ultimi mesi ci furono momenti di angosce, di timori, di sofferenze inaudite. Man mano che si avvicinava sorella morte, Padre Pio, che tanto l'aveva desiderata ed invocata, sentiva la ripugnanza e lo spavento della separazione. Spesso esclamava: «Pregate per me: ho paura di incontrarmi con Cristo... non ho corrisposto al suo amore e alle sue infinite grazie...». Anche Gesù, alla vigilia della sua dolorosa passione e morte, sentì tale ripugnanza, da esclamare: «Padre, se è possibile, allontana da me questo calice...».«Se ritarderanno, non mi troveranno più»Nel luglio del 1968, trovandomi a Genova di passaggio, fui pregato dai coniugi Ing. Sergio e Augusta La Torre, miei amici e figli spirituali di Padre Pio, d'interpellare il caro padre, se potevano accompagnare a S. Giovanni Rotondo la figlia Maria Pia, per ricevere dalle sue mani la prima comunione. Ne parlai con Padre Pio, il quale mi rispose: «Se vogliono che faccia io la prima comunione alla bambina, vengano al più presto». Comunicai la risposta affermativa e si fissò la data del 25 agosto, ultima domenica del mese. Dieci giorni dopo, mi giunse una lettera espressa dai coniugi La Torre, i quali mi annunziavano la notizia, che, per motivi di famiglia, erano costretti a rimandare la loro venuta a S. Giovanni Rotondo e la prima comunione della bambina alla primavera dell'anno successivo. Riferii al venerato Padre il rinvio della prima comunione di Maria Pia. Padre Pio mi rispose: «Se vogliono che faccia io la prima comunione alla bambina, vengano per la data fissata. Se ritarderanno non gliela potrò più fare». «Padre spirituale, perché non gliela potrà più fare?». Padre Pio: «Chissà... Se sarò ancora vivo!». «Padre, chissà... quanti anni vivrà ancora! Il Signore la conserverà a lungo in mezzo a noi. Io gliene auguro tanti...». Padre Pio: «Fai sapere che vengano ad ogni costo per la data fissata; se ritarderanno, non mi troveranno più». Infatti telefonai immediatamente alla famiglia La Torre, riferii il pensiero e le parole pressanti del Padre e insistetti di non rimandare la prima comunione della bambina, ma di venire a S. Giovanni Rotondo il sabato 24 agosto. Così fecero. La domenica mattina, appena aperta la Chiesa, la bimba bianco-vestita, insieme coi genitori e con le altre due sorelle più grandi, era già presso il presbiterio alla S. Messa del Padre per ricevere dalle sue mani la S. Comunione. Dopo la Messa, Padre Pio posò le mani sul capo della bimba, la esortò a conservare sempre candida la veste dell'innocenza e della purezza e ad amare Gesù. La benedisse insieme coi genitori e con le sorelle. Ripartirono per Genova con la pienezza della gioia nel cuore e con la gratitudine verso di me, che avevo tanto insistito, perché non avessero rimandato la prima comunione della bimba.Quindici giorni prima di morireNelle prime ore di domenica, 8 settembre 1968, ero di turno per le confessioni delle donne, nella Chiesa grande. Avevo terminato di confessare una penitente, quando questa mi disse: «Padre, vi chiedo un favore. Vi prego di farmi baciare la mano a Padre Pio». Risposi che, data la grande folla, non era possibile per quel giorno, ma che l'avrei accontentata il giorno seguente. La donna, insistendo, mi disse: «Padre, ho fatto un lungo viaggio. Sono venuta dalla Sicilia con tanti sacrifici! Sono povera e non ho denaro per andare all'albergo. Vi prego di farmi almeno il favore di vedere da vicino Padre Pio». Soggiunsi: «Scusi, signora, se lei non ha denaro per andare all'albergo e trattenersi qualche giorno, dopo un sì lungo viaggio, e se, per venire qui, ha fatto tanti sacrifici, perché è venuta?». La donna: «Padre, nella mia vita, ho sempre desiderato vedere Padre Pio: ma non ho mai avuto la possibilità di venire a S. Giovanni Rotondo per mancanza di denaro. Pochi giorni addietro, Padre Pio mi è venuto in sogno e mi ha detto: "Se vuoi vedermi, vieni subito a S. Giovanni Rotondo, perché fra pochi giorni morrò". Mi sono data da fare per avere un po' di denaro in prestito e sono venuta. Non posso trattenermi, perché non mi basterebbero i soldi per il ritorno». «Signora, lei mi sta raccontando delle fandonie per commuovermi. Non mi dica più che Padre Pio è venuto in Sicilia ad annunziarle la sua prossima fine». La donna scoppiò in pianto. Allora, considerando i suoi sacrifici e la sua particolare situazione, per accontentarla, le dissi: «Ora io esco dal confessionale e vado in sacrestia, lei mi segua». L'accompagnai presso l'ascensore, dove s'inginocchiò e la raccomandai di non muoversi da quel posto. Ritornai in Chiesa per riprendere le confessioni. Dopo dieci minuti, rividi la donna con le lacrime agli occhi dinanzi al confessionale. Venne a ringraziarmi e a dirmi che Padre Pio, quando le fu vicino, sostò qualche minuto, la guardò con dolcezza, le rivolse alcune parole di conforto e, posandole la mano sul capo, la benedisse con paterna bontà. Nella stessa giornata, incurante della stanchezza, con l'animo traboccante di gioia per l'incontro e per la benedizione di Padre Pio e nello stesso tempo col cuore ricolmo di amarezza per le parole udite nel sogno, intraprese il lungo ed estenuante viaggio di ritorno a Catania. Mentre mi baciava la mano, le dissi: «Signora, Padre Pio ha premiato i suoi desideri e i suoi sacrifici: può partire contenta, ora è sotto la sua protezione; ma non ripeta più che Padre Pio deve morire presto». La donna, ancora emozionata, soggiunse: «No, Padre, non voglio che Padre Pio muoia. Il Signore lo lasci ancora per molti anni sulla terra». Quindici giorni dopo, Padre Pio se ne volava al cielo.La rosa ridiventata boccioloQualche mese prima della morte di Padre Pio, Don Bruno Botto, Parroco di Crosa Biellese, mi fece interpellare il caro Padre, se volesse aderire al messaggio della Madonna di Lourdes di offrirsi vittima per la Chiesa, per il Papa, per la santificazione dei Sacerdoti, per la salvezza delle anime e per la pace del mondo. Padre Pio mi fece rispondere che benediva il movimento, che avrebbe pregato per il suo sviluppo e che ben volentieri rinnovava l'offerta della sua vita, già fatta altre volte. Il Signore questa volta l'accettò. La Madonna volle dimostrare il gradimento dell'offerta del suo servo prediletto, con un episodio singolare e significativo. Il 19 settembre 1968, nel primo pomeriggio, Padre Pio era seduto nella veranda, assorto in preghiera, quando venne un distinto signore di Napoli, con un fascio di bellissime rose rosse, che gli offrì per il cinquantesimo anniversario delle stigmate. Io ero presente con altri due confratelli. Padre Pio guardò quelle rose, ne prese una, la consegnò al figlio spirituale e lo pregò di portarla alla Madonna di Pompei. Il gentile signore, emozionato, prese la rosa dalla mano di Padre Pio e promise che all'indomani l'avrebbe portata al Santuario di Pompei. Il mattino seguente portò la rosa a Pompei, la consegnò ad una Suora dicendole che la mandava Padre Pio e pregandola di metterla dinanzi all'effigie della Madonna. La Suora, sentendo che la mandava Padre Pio, prese la rosa e la infilò in un vaso di cristallo, insieme con altri fiori. La mattina del 23 settembre, quando Padre Pio era volato al cielo, la suora, vedendo che i fiori dinanzi alla Madonna erano appassiti, prese il vaso per gettarli, ma, con suo grande stupore e gioia, notò che la rosa di Padre Pio si era richiusa e ridiventata un bocciolo fresco e profumato. Si gridò al miracolo, ma non fu un miracolo. Fu un segno eloquente della predilezione e dell'amore della Madonna verso Padre Pio, che tanto l'aveva amata e l'aveva fatta amare da centinaia di migliaia di fedeli. La notizia del simbolico episodio arrivò subito alle orecchie del vescovo del Santuario, Mons. Signora, figlio spirituale di Padre Pio, il quale volle vedere la rosa, ritornata bocciolo, la prese, la mise in un astuccio col vetro e la fece esporre alla vista dei visitatori nella camera del Beato Bartolo Longo. Un anno dopo, accompagnai, il pellegrinaggio del Terz'Ordine Francescano di S. Giovanni Rotondo a Pompei; tutti vedemmo la rosa conservata nell'astuccio, ancora fresca con lo stelo leggermente ingiallito.L'ultima grazia dal cuore della Madonna?Per la ricorrenza del cinquantesimo anniversario delle stimmate di Padre Pio, il 20 settembre 1968, venne a S. Giovanni Rotondo il signor Gino Pin, conosciuto ed amato dal venerato Padre per la sua instancabile attività a favore dei Gruppi di Preghiera del biellese. Col Pin venne pure la sua famiglia, per passare alcuni giorni presso il caro Padre e per prendere parte alle varie manifestazioni, che si sarebbero svolte in quei giorni. Essendo io obbligato al signor Pin, per le tante gentilezze avute da lui durante le mie predicazioni a Biella, pensai di fargli cosa gradita donandogli un'immaginetta sacra con a tergo un pensiero scritto da Padre Pio. Nel pomeriggio del 21 settembre, alle ore 14, mentre Padre Pio era seduto nella veranda, lo avvicinai e lo pregai di scrivermi un pensiero dietro un'immaginetta della Madonna col Bambino Gesù. Non gli dissi, però, che quella immaginetta era destinata al signor Pin. Il Padre la prese, la guardò, la baciò e la benedisse; poi scrisse: «Gesù e Maria addolciscano sempre i tuoi dolori». Quando lessi il pensiero, rimasi turbato. Conoscevo bene le continue ed incessanti prove, mortificazioni, sofferenze e malattie, che da anni pesavano gravemente sulla famiglia e sul lavoro del signor Pin. Pensai quindi di non dargli l'immaginetta, per risparmiargli un'altra dolorosa emozione. Alle ore 14,30, accompagnai Pin da Padre Pio, il quale si trovava sulla veranda, in compagnia di P. Mariano da S. Croce. Padre Pio si mostrò buono, paterno e comprensivo verso il signor Pin. Gli chiese notizie della famiglia, gli rivolse parole d'incoraggiamento, lo rassicurò che avrebbe pregato per lui e per la sua famiglia; poi gli posò le mani sul capo e lo benedisse. Il Pin era molto emozionato. Nel riaccompagnarlo verso l'uscita del Convento, gli diedi l'immaginetta, precedentemente benedetta e scritta da Padre Pio. Quando il Pin lesse il pensiero di Padre Pio, con le lacrime agli occhi, mi disse: «Padre Alberto! Avete letto che cosa ha scritto Padre Pio?». Gli risposi: «Coraggio! Padre Pio è con te». Ritornò all'albergo, dove lo attendevano le persone care di famiglia. La sera me lo vidi ritornare, piangendo. «Padre Alberto! mi disse, le parole di Padre Pio si sono avverate! Mia figlia Maria Pia è stata ricoverata urgentemente in Ospedale con febbre altissima, con atroci dolori addominali e con rigetto. I medici non sanno a che cosa attribuire il malessere. Pensano ad una appendicite acuta, o ad una peritonite perforante, o a un tumore. Domani, terranno un consulto». Cercai di tranquillizzarlo. Il mattino del 22 settembre, dopo la Messa solenne e dopo lo svenimento di Padre Pio, circa le ore 8, il Pin, addolorato e disfatto per la notte insonne, venne da me e mi disse: «Padre Alberto! Maria Pia è grave... sta molto male. Sono tanto addolorato per il malessere del caro Padre Pio e di mia figlia. Non so che cosa fare. Vorrei partire subito per Biella e portarmi la ragazza a casa. Se dovesse succedere qualche disgrazia, già mi troverei a casa mia. Vorrei un consiglio da Padre Pio come regolarmi. Forse, in questo momento, chiedo una cosa impossibile...». Gli risposi: «Vado a vedere se Padre Pio si è riavuto e se è in condizioni di darmi il consiglio». Andai sulla veranda, dove Padre Pio era seduto ed assorto in preghiera con la corona del rosario nelle mani, assistito dal Padre Onorato. M'inginocchiai e lo chiamai; ma non rispose. Era assorto, sembrava fuori di sé. Allora gli diedi, con le dita, un colpetto su un ginocchio e il Padre, come se avesse ricevuto una scossa, abbassò lo sguardo verso di me e disse: «Che cosa vuoi?». Gli raccontai in breve quanto era accaduto al signor Pin e poi dissi: «Padre, il Pin vuole un consiglio. Che cosa deve fare? Deve portarsi la ragazza a Biella o deve lasciarla ricoverata in questo Ospedale?». Padre Pio, senza esitare, mi rispose: «Resti in questo Ospedale. Se è necessaria l'operazione, sia operata qui e non a Biella. Io pregherò». Soggiunsi: «Padre! Il signor Pin è povero e non può sostenere tante spese per trattenersi con la famiglia a San Giovanni. Perché non strappa dalle mani della Madonna la guarigione della ragazza, senza l'operazione?...». Padre Pio, guardandomi con uno sguardo profondo, rispose: «Sì... pregherò». Gli baciai la mano e andai giù, dove mi aspettava il Pin, il quale, sentita la risposta del Padre, si rasserenò. Alle ore 11, il dottore Gusso, Direttore dell'Ospedale, ed alcuni medici andarono a visitare la ragazza; ma, con loro meraviglia, constatarono che non aveva più nulla. La dimisero subito dall'Ospedale. Prima di volare al cielo, Padre Pio aveva strappato, forse, l'ultima grazia dal cuore della Madonna. La sera del 22 settembre, vigilia del suo sereno transito, la folla immensa dei figli spirituali, ammassati nel campo dirimpetto alla finestra della sua cella, cominciò a cantare inni religiosi e ad invocare Padre Pio. Il caro Padre, sorretto dal Superiore si avvicinò alla finestra, con le lacrime agli occhi, rivolse a tutti una buona parola e impartì la benedizione. Un grido formidabile si elevò al cielo: «Padre Pio, ti vogliamo bene; ancora per molti anni con noi!...Vita!...Vita!...Vita!» Padre Pio emozionato rispose: «Vi aspetto tutti in Paradiso». Alle ore due di notte, Padre Pio si sentì male. Padre Pellegrino gli diede l'assoluzione e la sacra unzione. Padre Pio esclamò: «Vedo due mamme... quanto sono belle! Vengono a prendermi». Spirò dicendo: «Gesù, Maria». La salma di Padre Pio esposta per tre giorni nel centro della Chiesa, fu portata in processione per le vie principali della città di S. Giovanni Rotondo, sotto una continua pioggia di fiori, accompagnata da alcuni Vescovi, dalle Autorità Religiose e Civili, da centinaia di Sacerdoti e di Frati e da migliaia di fedeli.PADRE PIO, UOMO DI QUESTO MONDONessun grande santo - è stato scritto - è un sognatore ozioso; al contrario, gli autentici amanti di Dio sono intensamente personali, perfettamente naturali, umani e appassionati. In essi la loro esemplare umanità è sublimata, ma non cancellata dalla grazia: la santità fiorisce, se Dio aiuta, dappertutto ed ogni ambiente le può giovare, ogni condizione di vita le può essere propria, quando «l'incontro delle due volontà divina e umana» vi provocano la vittoriosa «scintilla della carità»; mentre da maldestri agiografi l'elemento umano sovente è mortificato, quando non lo si lascia addirittura cadere come un fastidioso ingombro, che obnubila lo splendore del proprio eroe. È un conforto sapere che tutti i santi non sono nati santi, e che sono creature anch'esse come noi, «nutriti con lo stesso cibo, curati con gli stessi mezzi, riscaldati e raffreddati dalle stesse stagioni estive ed invernali», e che lottano per risolvere lo stesso problema umano del peccato e della tentazione che ogni giorno aggredisce noialtri. Soltanto non si deve accentuare troppo la nota umana, perché «è una sciocchezza», anche se intesa a fin di bene, esagerare le doti naturali di un santo. In tal modo si finisce di relegare in penombra l'elemento costitutivo della stessa santità: «l'azione di Dio nella creatura». Padre Pio a noi sembra è un modello perfetto: «gronda» spiritualità e umanità.Faccia gialla di poca luceSeduto in uno stallo del coro - racconta Antonio Baldini - di lato alla finestra che dava sulla valle, c'era tutto solo un fraticello che a sentirci entrare volse ridente verso di noi «una faccia gialla di poca luce con due occhietti interrogativi. Pregava? Dormiva? Conversava cogli angioli? [...]. Con quegli occhietti interrogativi di sotto una fronte quadrata di coscritto [...] e poi con un fil di voce ci chiede donde venivamo e dove eravamo diretti [...] come se ci confessasse e con un'espressione esagerata di meraviglia [...]. Poi volle sapere con chi e perché eravamo venuti sul Gargano, ma tutto questo ce lo domandava col tono assente e manierato del maestro elementare che parla con uomini che già furono suoi scolari con le stesse inflessioni di voce di trent'anni prima». Antonio Baldini stese questo «servizio», da noi appena accennato, nel lontano 1925 e lo rimise in circolazione nel 1942. Giudicato, da un altro giornalista e scrittore, «pezzo» di mirabile prosa, è un documento prezioso, perché indicativo del metro che i giornalisti e letterati usano per valutare il «fenomeno» Padre Pio. Veramente Padre Pio non ha mai avuto «una faccia gialla di poca luce»: a S. Elia a Pianisi, appena dopo il noviziato, appare «molto bello» «di volto e di compostezza»; passato allo studio teologico di Montefusco (1908), nonostante il suo male persistente ed una grande debolezza generale, «si manteneva sempre roseo in viso ed in apparenza ben nutrito», come ce lo mostra una fotografia di tre anni dopo (1911). Un altro giornalista lo vede così: «Avrà trentacinque o trentasei anni ed è molto diverso dal suo ritratto che si vende in paese e che si direbbe stampato dal demonio tanto è brutto. Questo monaco che parla con noi è invece un bel giovane. Ha la barba di un colore biondo scuro, i capelli grigi alle tempie, lo sguardo sereno e mite, la voce dolce; una voce che appena udita scende nell'anima e non si dimentica più. Ho l'impressione, udendolo e guardandolo, che egli solo, semplice come il più semplice dei frati, ignori la fama di santità che lo circonda». E un anno dopo (1924) ad un corrispondente de «Il Messaggero» non sembrò proprio che Padre Pio avesse «un vocino senza timbro - sempre secondo il Baldini - di grillo parlante»; ma ne constatava, al contrario, «la regolarità e la pienezza del suo volto, su cui i capelli, la barba ed i baffi da forti riflessi, cari al pennello di Tiziano, aggravano il perlaceo pallore; la statura media [...]; occhi neri, di una dolcezza raramente colta in altri occhi [...]; voce che ha tutte le armonie della più squisita e raffinata seduzione». Padre Pio non è un santo impastato di zucchero e miele (esiste realmente un tale santo?) ma ha la taglia di un antico guerriero: «Lo scrutai. Un frate come gli altri. Un cappuccino con la barba brizzolata come se ne vedono parecchi in giro [...]. D'un tratto, avvertendo un certo brusìo alle spalle, si voltò e disse, forte, con voce che non ammetteva disubbidienza: "Silenzio. E in ginocchio"». Era all'altare per iniziare la celebrazione della santa Messa. «Pensai: questo è un uomo deciso, che sa farsi ubbidire [...]. Mi venne in mente l'immagine di un altro cappuccino; piccoletto, quasi rattrappito dagli anni, tutta dolcezza; padre Leopoldo, avvicinato a Padova in tempi per me dolorosissimi. Se volevo cercare un'antitesi totale, assoluta nei confronti suoi, l'avevo trovata in questo Padre Pio, che mi era apparso all'improvviso di fronte di statura attorno alla media, robusto, forte, nella persona e nei modi» (1). Giambattista Angioletti confessa candidamente (agosto 1950) di essersi formata l'idea di un Padre Pio «fraticello» ed invece vede venirsi incontro «un antico guerriero dalla tonaca scura aperta sul collo» e rimane «attonito a guardare quell'uomo inaspettato, così impreveduto, pieno di energia e di vigore, e che invece di cose sacre parlava di cose terrene, della politica di oggi, della riforma agraria, infierendo contro i fiacchi, contro i pavidi, fustigando con la parola quel nostro amico trasecolato, sol perché non si era mostrato animoso e inflessibile quanto lui». Quello, dunque, era Padre Pio: il santo sacerdote, il taumaturgo, il portatore di stigmate! «Fulmineamente ebbi la certezza che la vera grande fede scaturisce dall'energia, anzi - ma non vorrei essere frainteso - dalla violenza, da un indomabile spirito battagliero; e che a scacciare il male dal cuore degli uomini due sono le armi adeguate, la dolcezza prima e poi, insostituibile, la forza; né l'una disgiunta dall'altra può far nulla». E guardando l'«antico guerriero dalla tonaca scura aperta sul collo», il giornalista letterato si figurava S. Francesco d'Assisi simile a lui, cioè lontanissimo dall'immagine esaltata dagli esteti dell'umiltà e della povertà apparente, bensì tenace, deciso, instancabile. Il volto del frate «era affascinante: la fronte possente e priva di rughe malgrado l'età avanzata, le sopracciglia scure e spesse, lievemente volte all'insù, sopra gli occhi lunghi percorsi da un lampeggiare continuo, occhi di una purezza di diamante». Il naso largo, la barba bianca e nera tutto intorno alla guancia e al mento robusto, accentuavano l'impressione di trovarsi di fronte a un «rustico condottiero». E la sua voce «squillante nell'accento meridionale, non aveva mai timore di farsi udire perché nulla trovava da travisare, né mai era fermata da un attimo di pentimento». Sempre parlando - era tempo di ricreazione serotina - e camminando in su e in giù per l'orto, Padre Pio si tirava dietro altri confratelli e laici e gli altri visitatori occasionali, «come se quel corpo, non alto eppure dominante su tutti gli altri, avesse il potere di una calamita». «Quest'uomo che porta nella sua carne, apparse un giorno ormai lontano dopo una breve estasi, le cinque piaghe di Gesù crocifisso e trafitto», par quasi non accorgersene, o almeno li considera fatti privati dei quali la gente non si dovrebbe interessare: «Se fosse possibile, nei santi, qualche barlume di vanità, questa certo non apparirebbe mai in Padre Pio. Quello che invece lo esalta e lo accende ogni giorno, è la dedizione agli altri, la passione per i problemi concreti degli uomini. Operare per il bene dei viventi, specie quelli che soffrono, è la sua unica missione». Non è «uggioso», «retrivo», «moralista» e neppure «un utopista». «Gli basta che gli uomini, anziché perseguire una impossibile perfezione sulla terra, si astengano dal compiere il male, soprattutto il male dettato da astratte ideologie o da sfrenata cupidigia di sopraffazione. Inutile aggiungere che in ciò consistono anche le sue opinioni politiche, le stesse che egli, contro tutti se è necessario, mai si astiene dal proclamare». Rivela un carattere, un temperamento, una individualità così potenti, che anche chi non militi fra le schiere dei devoti deve arrestarsi davanti a lui con animo reverente. Non ci colpisce tanto la spiegazione - conclude il giornalista - più o meno ortodossa, o più o meno scientifica dei suoi miracoli, «quanto il rivelarsi costante di una personalità così completa, così aliena dagli interessi che fanno meschina la folla degli abitatori della terra. Che Padre Pio sia un santo, nessuno di noi ha il diritto di sostenerlo, oggi [1950]. Certo è un uomo. Un vero uomo, che abbiamo avuto la ventura di incontrare, in tempi di inganni e di paure, in uno sperduto villaggio del Sud». Chi ha avuto la fortuna di conoscere Padre Pio e di incontrarsi con lui più di una volta restava affascinato dalla sua persona: nella sua umiltà vi scorgeva «qualche cosa di principesco»; dalla voce «ben timbrata, pastosa, dolce», che a volte cercava di essere «dura», mezzo scherzando mezzo ridendo, per nascondere la dolcezza del suo cuore, così puro, amante; dagli occhi «grandi, neri e belli», «illimpiditi da un lungo fiducioso pianto versato nel grembo di Dio», che conservavano fino all'ultimo giorno terreno la freschezza vivida della gioventù, splendenti di grazia: in quelle pupille vi «si contemplava la grazia di Gesù Cristo».Costante serena coerenzaAll'età di trentatre anni, al dottor Giorgio Festa Padre Pio appare di costituzione «esile ed emaciata», ma senza dimostrare un'età superiore a quella che ha; di statura un po' al di sopra della media, non offre «nessuna anormalità a carico delle articolazioni e dei muscoli degli arti», ed ha tuttavia «un'andatura, ora più ora meno, manifestamente incerta» per le sofferenze che gli procuravano le lesioni che presenta ai piedi: «I lunghi anni trascorsi dal tempo delle mie prime visite non hanno minimamente cambiato in lui le linee del volto, gli atteggiamenti della persona, il carattere, lo stato interiore ed apparente dello spirito. Il suo volto pallido, in contrasto col colorito roseo delle labbra, è incorniciato da una barba breve, bruna, appena ravviata; ed illuminato da uno sguardo sempre limpido, dolce sorridente. La fronte alta, diritta e spaziosa, rispecchia la serenità dell'anima e la intelligenza della sua mente» (2). Cuore normale, polso piuttosto frequente nello stato di riposo (90 battiti al minuto), respiro vescicolare normale in tutto l'ambito toracico, salvo una certa debolezza respiratoria nella regione dell'apice polmonare destro, dove però non si sentono rantoli né altri rumori polmonari anormali, Padre Pio fu esonerato dal servizio militare con la diagnosi di infiltrazione apicale, in seguito ad esame radiologico, ma tale diagnosi non trova riscontro nell'indagine clinica, per quanto più volte, ed anche in epoca recente, accuratamente eseguita. Per ciò che più particolarmente può riferirsi alle funzioni del «sistema nervoso centrale», Padre Pio «non ha mai avuto convulsioni, non deliqui, non paresi, neppur transitorie, in nessuna regione del corpo, non fenomeni di eccitazione, né di depressione psichica. Nulla, dunque, dalle ricerche eseguite appare che permetta di supporre in lui una disposizione, sia pur lieve, a manifestazioni neuro o psicopatiche di qualsiasi natura. Al contrario, durante le indagini compiute sulla sua persona e nel corso delle nostre lunghe conversazioni, ho più volte avuto modo di raccogliere le prove della costante e serena coerenza che caratterizza ogni suo atto, ed il perfetto completo equilibrio del suo sistema nervoso, le facoltà della sua mente e le speciali prerogative delle quali il suo spirito si mostra dotato» (Festa G., Padre Pio o.c., p. 151). Pensieri, giudizi e scritti rivelano un equilibrio così perfetto nelle prerogative della sua anima e una dirittura così rettilinea della sua mente, «da far escludere in modo perentorio l'esistenza in lui di una qualsiasi delle pretese tare psicopatiche colle quali dalla sdrucita retorica di certi maestri di psicologia si vorrebbero anche oggi spiegare le più sorprendenti manifestazioni di una vita che, sfuggendo misteriosamente alle indagini della scienza, si svolge in modo incontrollabile, al di fuori e al di sopra delle ordinarie leggi della natura» (ivi, p. 141). In lui si osservano fenomeni che, oggettivamente parlando, sfuggono al controllo di ogni legge naturale e scientifica: le notevoli «ipertermie» da far salire con tanta rapidità la colonnina mercuriale sino alla temperatura di 48°; C.; il «profumo» fine e delicato che emana dal sangue sgorgante dalle ferite che presenta sulla sua persona; il fenomeno, ancor più interessante, della «stigmatizzazione». Inoltre, per la nutrizione estremamente scarsa e per la mancanza anche di quel minimo di tempo che la natura avrebbe il diritto di reclamare a ristoro della fatica giornaliera, manca una «ragione» di equilibrio nel bilancio delle sue forze organiche, «e tuttavia l'energia del suo spirito, della sua mente e della sua volontà si conservano meravigliose, tanto che, tranne una breve ora di riposo che egli si concede dopo il pasto meridiano per meglio potersi concentrare nella solitudine della sua cella, dalle prime ore del mattino all'imbrunire, spesso anche a notte alta, dedica tutto il suo tempo alla confessione e alla conversazione coloro che si recano a visitarlo» (ivi, p. 124 s; cf. anche pp. 138-140).Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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