Osso.

b n Osso Ossa Osseo

Osso.

Ciascuno dei segmenti duri, resistenti, altamente calcificati, che costituiscono lo scheletro dell'uomo e degli altri vertebrati. ║ Fig. - Avere le o. dure: essere molto resistente alle avversità. ║ Fig. - Ridursi a pelle e o.: essere di una eccessiva magrezza. ║ Fig. - È un o. duro: di cosa che presenta grandi difficoltà. ║ L'o. animale utilizzato come materia prima per la fabbricazione di vari oggetti (manici, bottoni, fibbie, ecc.). ║ O. di balena: la sostanza cornea presente nei fanoni della balena; anticamente veniva utilizzata per la fabbricazione di stecche per i busti femminili. ║ O. di seppia: conchiglia delle seppie, ricoperta dei tegumenti dell'animale. Alla morte della seppia, galleggia. - Anat. - Le o. vengono distinte in lunghe (in cui la lunghezza prevale sulle altre due dimensioni, come nelle o. degli arti); piatte (in cui lunghezza e larghezza prevalgono sullo spessore, come nelle o. della volta cranica) e brevi (in cui le tre dimensioni sono pressoché uguali, come le vertebre). Nelle o. lunghe si riconoscono due zone: una parte centrale (diafisi), lunga e cilindrica, percorsa da un ampio canale e formata da tessuto osseo compatto, e due estremità più larghe (epifisi), costituite da tessuto osseo spugnoso. La zona di passaggio tra la prima zona e la seconda prende il nome di metafisi; in corrispondenza di essa ha luogo l'accrescimento dell'o., per tutto il periodo dello sviluppo del corpo. Le o. conservano quasi intatta la loro forma anche dopo i processi di putrefazione che distruggono tutte le parti molli del cadavere. Grazie a questa loro caratteristica, rappresentano il materiale più importante per lo studio degli animali scomparsi. Tutte le o. sono costituite da un tessuto connettivo altamente specializzato, denominato tessuto osseo, in cui si distinguono delle cellule (osteociti) e una sostanza intercellulare, resa particolarmente dura dalla presenza di sostanze minerali. Il tessuto osseo può essere compatto (forma le o. lunghe e piatte), o spugnoso (forma le o. brevi e uno strato interposto tra i due tavolati delle o. piatte). La superficie esterna dell'o. è ricoperta dal periostio, costituito da tessuto connettivo non mineralizzato; l'endostio protegge invece la parte interna dell'o. Tutte le o. sono provviste di propri vasi sanguigni e di propri nervi. Le cellule delle o. sono contenute in piccole cavità da cui si dipartono numerosi canalicoli, più o meno ramificati e comunicanti, che accolgono i prolungamenti delle cellule stesse; altri canali ospitano le diramazioni dei vasi sanguigni che portano il nutrimento alle cellule. La sostanza intercellulare, che costituisce la materia entro la quale si diffondono i canali citati, è disposta a lamelle sovrapposte, e presenta numerose fibre collagene, tipica dei tessuti connettivi. È composta da una sostanza di natura proteica (l'osseina) e da sali minerali, soprattutto calcio e fosforo, a cui l'o. deve la sua caratteristica durezza. Chimicamente sono presenti sotto forma di carbonato e fosfato di calcio, e la loro qualità è regolata dall'ormone paratiroideo: quando la concentrazione del calcio nel sangue si abbassa al di sotto della norma (calcemia), l'ormone paratiroideo richiama calcio dalle o.; effetto contrario, ma minore, ha l'ormone calcitonina. Le sollecitazioni meccaniche che si esercitano sopra un o. ne provocano una maggiore calcificazione; all'opposto, la riduzione delle sollecitazioni (come nei soggetti obbligati a lunghe permanenze a letto) determina perdita di calcio nelle o. e il passaggio del calcio nel sangue. Calcio e fosforo non possono depositarsi nella sostanza intercellulare senza l'intervento della vitamina D, che ha origine alimentare ma che, una volta assunta dagli alimenti, deve essere elaborata dal fegato e dal rene. Il tessuto osseo non viene fabbricato come tale dalle cellule produttrici: all'inizio si forma una sostanza non dura che solo in seguito si indurisce per la deposizione di calcio e fosforo provenienti dal sangue. Il tessuto osseo definitivo costituisce la maggior parte dello scheletro e si trova solamente negli animali superiori.

Tre tipi di ossa: A lungo, B breve, C piatto

Tre tipi di ossa: A lungo, B breve, C piatto

- Patol. - Sono numerose le malattie a carico delle o., soprattutto nella fase di formazione, durante la quale si può verificare il processo di indurimento precoce, che dà luogo al nanismo acondroplastico, o quando è assente l'ormone ipofisario della crescita, in assenza del quale si ha il nanismo ipofisario. A causa di altri errori genetici, l'intero processo osteogenetico può avvenire in maniera imperfetta, dando luogo a una notevole fragilità delle o., con facile predisposizione alle fratture multiple (che si manifesta in forma precoce, fetale, o in una forma più tarda). Una delle patologie più diffuse che interessano le o. è l'osteoporosi, che provoca un indebolimento delle o. stesse, che si presentano bucherellate: può essere determinata dalla semplice involuzione senile, che colpisce le o. come tutti gli altri organi, o insorgere a seguito di traumi o di alcune malattie del sistema nervoso. Vi è poi l'atrofia ossea di Sudeck, che colpisce particolarmente le piccole o. della mano e del piede; si accompagna a dolori spontanei e rigidità articolari ed è originata da infiammazione. Ignota è la causa dell'osteodistrofia deformante (o malattia di Paget) che, oltre alla distruzione del tessuto osseo, porta a una rigenerazione anomala che provoca un incurvamento in avanti della colonna vertebrale (cifosi). Da ricordare è il rachitismo, legato alla carenza alimentare di vitamina D; simile è l'osteomalacia, considerata la forma adulta del rachitismo. Tutte le malattie a carattere infiammatorio che colpiscono le o. vengono comprese nel campo delle osteiti; possono essere causate da parassiti, batteri e funghi. Quando il processo infiammatorio si limita al periostio si parla di periostite; quando si diffonde alla cavità midollare si parla di osteomielite. Vi sono ancora le osteocondriti, di natura non infiammatoria ma degenerativa. Le o., infine, possono venire colpite da tumori di natura benigna e maligna. - Ind. - Le o. degli animali vengono impiegate principalmente nella preparazione di colle e gelatine. Dopo averle sgrassate con un solvente volatile, si opera in autoclave con acqua a temperature superiori a 100°C: in tal caso le proteine formano un brodo gelatinoso. Private della gelatina, le o. vengono ridotte in polvere (polvere o cenere d'o.) che può essere carbonizzata, può venire utilizzata in agricoltura come concime fosfatico o dall'industria chimica come composti fosforati. Per quanto riguarda l'utilizzazione, le o. degli animali vengono selezionate secondo le lavorazioni cui sono destinate. Vengono quindi sgrassate in soluzione calda di soda, per togliere ogni traccia di sangue o di carne, e imbiancate. Trattandole con una soluzione di soda caustica in acqua calda se ne ottiene la disintegrazione, e i pezzi che ne risultano possono essere lavorati, come un qualsiasi materiale, al tornio, con la sega elettrica, con la lima o la fresa. Le o. sono adoperate per fabbricare bottoni, tasti per pianoforte, manici di bastone, oggetti di chincaglieria, anche se attualmente si è diffuso l'uso delle resine sintetiche. Come sottoprodotto della lavorazione delle o. si ottiene il grasso d'o. L'estrazione del grasso dalle o., che ne contengono circa il 15%, avviene con vapore o con particolari solventi (tetra-cloruro o solfuro di carbonio, trielina, benzina). In commercio questo tipo di grasso si distingue in naturale, che corrisponde a quello estratto con il vapore, e grasso d'estrazione. Quest'ultimo viene impiegato per la fabbricazione di saponi e di candele. Esiste anche l'olio d'o., un liquido giallo, inodore, impiegato in conceria e come lubrificante. Si ottiene trattando le o. con acqua calda, oppure spremendo a bassa temperatura il grasso delle o. - Arte - La lavorazione artistica dell'o. sarebbe anteriore a quella della pietra. L'o. è un materiale che ben si prestava alla produzione di oggetti d'uso quotidiano (le clave piatte dei Polinesiani, i pugnali in o. di castoro dei Melanesiani, gli sgabelli dei Fuegini, ricavati dai bacini dei cavalli) e alla fabbricazione di oggetti artistici. La prima utilizzazione dell'o. lavorato risale al Paleolitico inferiore (1 milione di anni fa), anche se solo nel Paleolitico superiore si ebbe uno sviluppo delle tecniche di lavorazione; si iniziarono a produrre pendagli, aghi, punteruoli, spilloni, pendenti di collana. In Italia, nell'Età del Bronzo, si crearono dischi per capocchie di aghi crinali e manici di piccoli strumenti metallici, selle, letti, tavoli. Nelle civiltà mediterranee l'o. fu largamente usato per oggetti di vario uso (cucchiai, manici di coltelli e di strumenti, dadi da gioco, ecc.) e d'ornamento (crinali decorati, pendagli, rivestimenti di cassettine, di mobili, ecc.). - Rel. - L'importanza attribuita alle o. dalle popolazioni antiche è testimoniata dai numerosi rituali magici e religiosi eseguiti sulle o. di uomini e animali. Nell'antichità, molti strumenti musicali, come flauti, zampogne e cetre, erano ricavati spesso dalla lavorazione delle o. e da tendini umani; da qui la tradizione di "sentire le voci" uscire dagli strumenti ricavati dalle o. di essere umani morti. Poiché costituiscono la parte più durevole del corpo, nei riti funebri le o. venivano sottoposte a trattamenti particolari e l'antica considerazione per le o. sopravvive in molte religioni in cui è presente il culto delle reliquie. Anche numerose pratiche magiche sono connesse alla manipolazione delle o., attraverso la quale si crede di poter operare vari incantesimi.

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