La Linea di Condotta.
La linea di condotta. Dramma didascalico scritto e rappresentato nel 1930 da Bertolt Brecht. È una sorta di drammatizzazione di come dei rivoluzionari insegnino il modo giusto d'insorgere contro le strutture borghesi; l'azione è commentata, passo dopo passo, da un coro che rappresenta la voce del Partito Comunista, inteso da Brecht come un monolite dalla linea indistruttibile. Il testo, infatti, risulta il più dichiaratamente comunista in senso staliniano fra tutti quelli scritti da Brecht. (dal greco drama: azione). Termine risalente ad Aristotele, indicante in origine qualsiasi opera letteraria le cui vicende, anziché essere raccontate e commentate dall'autore (come nella narrativa e nell'epica), sono svolte solo attraverso i dialoghi e i conflitti dei personaggi. In particolare, composizione teatrale caratterizzata da un intreccio doloroso. - Teatro - Nato dalla fusione della commedia con la tragedia (la forma seria del teatro aristocratico e feudale) il d. si distingue da quest'ultima per alcuni elementi esteriori ed anche per alcune caratteristiche intrinseche. Tra i primi: il d. non è necessariamente in versi, non racconta storie di dei o di eroi, non si conclude obbligatoriamente con la catastrofe (e con la catarsi), ma può essere in prosa, presenta personaggi rintracciabili nella vita quotidiana, svolge vicende che possono far parte dell'esperienza di ognuno, può sfociare in conclusioni amare o liete e comunque non sempre tragiche. Tra le seconde: la sorte dei protagonisti non è decisa in partenza da un decreto del fato o da una passione indomabile, ma determinata dal contesto nel quale essi agiscono; inoltre è assai più esplicito l'intento di educare lo spettatore, traendo dalle vicende una morale. Gli antecedenti di questo genere furono le cosiddette domestic tragedies elisabettiane: Arden of Feversham (1592), Una donna uccisa con la bontà, Una tragedia nello Yorkshire; suo prototipo appare il d. Il mercante di Londra (1731) di G. Lillo, che incontrò in Inghilterra un notevole successo. Fu comunque in Francia che si affermò in età illuministica il vero d. moderno, derivato dalla comédie larmoyante, volta a suscitare la trepida partecipazione degli spettatori alle patetiche vicende dei protagonisti. Spetta a D. Diderot il merito di aver esposto la teoria del nuovo genere nelle Tre conversazioni su "Il figlio naturale" (1757) e nel Discorso sulla poesia drammatica (1758). Dai propositi, d'orientamento realistico, di Diderot trassero ispirazione numerosi autori francesi, da Voltaire (La scozzese, 1760), a Mercier (Il carretto dell'acetaio, 1774) che nel Nuovo saggio sull'arte drammatica (1773) diede una definitiva consacrazione al termine d. In Germania i primi capolavori drammatici furono firmati da Lessing: Minna di Barnhelm (1763), Emilia Galotti (1772). Il d. dominò il teatro europeo dell'Ottocento fino a Ibsen e Strindberg; poi col nuovo secolo e il superamento dei vecchi generi, è iniziata la storia, completamente diversa, del teatro moderno. ║ D. pastorale: genere teatrale, affermatosi negli ultimi decenni del Quattrocento, che si rifà all'idillio, alla bucolica e all'egloga e trasforma il dialogo in vera e propria struttura drammatica. Esso è tuttavia condizionato dalle corti, che esigono dal poeta un teatro raffinato, pieno di fasto e di garbo. Il d. pastorale viene così a fondere il sentimento tragico a quello comico, con il lieto fine di rigore, per non turbare la serenità del gioco festivo, in cui abitualmente questo genere veniva rappresentato. Dalla favola pastorale il teatro riprende gli stessi personaggi: ninfe, satiri, pastori e cacciatori. L'esempio primo di questo genere si ha nella Favola di Orfeo di Poliziano, rappresentata nel 1480. Fino alla metà del Seicento il genere continua ad avere fortuna e tra le opere più significative sono da ricordare il Tirsi di Baldassarre Castiglioni (1506), l'Egle di G. B. Giraldi Cinzio (1545), l'Aminta di T. Tasso (1590), mentre l'Endimione di A. Guidi (1692) segna la fine di una formula ormai priva d'interesse, che egualmente si era andata spegnendo in Spagna e in Inghilterra, dove aveva trovato, specie in Garcilaso de la Verga, Juan de Encina ed E. Spencer, i migliori cultori. - D. satiresco: uno dei tre grandi generi del teatro classico greco; ha in sé i caratteri della tragedia e della commedia e assunse preciso carattere proprio per la dinamica grottesca su temi tragici. Nel d. satiresco il vecchio Sileno guida il coro dei satiri - esseri dai particolari animaleschi - osceni crapuloni, allegri, la cui azione fa da controcampo all'intervento del protagonista: Odisseo, contrapposto al leggendario Ciclope, nell'omonimo d. satiresco di Euripide, l'unico testo pervenutoci completo, o i tradizionali eroi della tragedia greca, rappresentati in dimensioni grottesche, dove comico e tragico si fondono in una parlata popolare, sboccata e cruda, ricca di vis comica. Al genere, che ebbe in Pratina (secc. VI-V a.C.) il suo perfezionatore, si dedicarono anche Eschilo e Sofocle con opere di cui restano frammenti. ║ D. liturgico: azione drammatica religiosa cantata su testo latino (talvolta misto a volgare). Il testo è sempre la parafrasi dialogata di un episodio evangelico; la sua rappresentazione che in origine aveva spesso maggiore affinità con un rituale processionale più che con uno svolgimento teatrale vero e proprio, si svolge in chiesa. Il periodo di maggior fioritura del d. liturgico si ebbe nel XII sec., ma le origini risalgono alla fine del IX sec.; lo sviluppo si protrasse fino al XIV sec. è probabile che l'origine del d. liturgico vada ricondotta alla fioritura dei tropi in epoca carolingia: si ritiene anzi che un primo breve ed embrionale esempio di d. liturgico possa essere stato il dialogo, interpolato al testo della Messa di Pasqua, tra l'angelo e le pie donne che trovano scoperchiato il sepolcro di Cristo. Il d. liturgico è legato alla solenne celebrazione di una festa: la Pasqua, il Natale, la resurrezione di Lazzaro, la conversione di Paolo. Non rientra quindi in senso stretto nella categoria di Planctus, lamento della Vergine sul corpo di Cristo, genere affine ma legato al Venerdì santo e avente carattere doloroso. - D. musicale: nel Seicento, e anche in seguito, fu talvolta sinonimo di melodramma o di opera seria. Ma un significato più preciso fu assunto dal termine dopo la teorizzazione wagneriana dei concetti di opera e di dramma. L'opera è quella caratterizzata dalla distinzione (consueta al tempo di Wagner) tra recitativi e arie, duetti, concertati; dalla presenza insomma di pezzi chiusi in cui le ragioni del testo dovevano adeguarsi a quelle della musica e in un certo senso subirle. Il rapporto si invertì nel d. musicale teorizzato da Wagner, in cui spettava al testo condizionare la forma musicale, liberata dalle esigenze del "pezzo chiuso". Dopo Wagner molti compositori evitarono nel loro teatro musicale le forme chiuse dell'opera (Strauss, Debussy, Verdi nel Falstaff e numerosi altri), senza che i loro lavori potessero tuttavia qualificarsi come d. in senso wagneriano. Relativo all'insegnamento e all'educazione. ║ Letteratura d. o d.: genere letterario cui appartengono componimenti, in versi o in prosa, finalizzati alla diffusione di insegnamenti o istruzioni di carattere morale, scientifico, religioso, filosofico, storico, tecnico. La cultura greca non aveva coscienza della d. come genere autonomo, in quanto una funzione di questo tipo era sentita come intrinseca ad ogni tipo di produzione letteraria; infatti l'intera epica omerica può essere vista come un veicolo di conservazione e trasmissione del patrimonio socio-culturale di un gruppo etnico. Tuttavia la grande imitazione delle opere esiodee cui l'epoca alessandrina si dedicò, indica proprio nella Teogonia e in Le opere e i giorni i più antichi esempi di natura d. Pur essendo annoverabili nel genere i trattati filosofici in esametri del periodo presocratico e parte della letteratura in prosa del IV sec., la d. assunse grande vitalità con gli autori alessandrini della prima metà del III sec., mediante la ripresa di temi astronomici, geografici, etologici, scientifici o presunti tali. Fra molti autori è possibile citare Arato di Soli, che lasciò un poemetto di imitazione esiodea Le opere e uno di argomento astronomico I Fenomeni, o Nicandro di Colofone, che fu autore di poemetti farmacologici quali i Veleni o gli Antidoti, ma anche delle Georgiche e delle Metamorfosi. Attraverso la d. greca, che ebbe in seguito un momento di rifioritura durante l'età adrianea, il gusto per la poesia erudita fu assorbito dalla cultura latina. L'indole pragmatica della civiltà romana si era rivolta già in epoca arcaica al genere gnomico e della trattatistica - si pensi a Catone il Censore con il De Rustica o il Carmen de moribus - ma in seguito molti suoi poeti si impegnarono nella traduzione o nell'imitazione delle dotte opere d. alessandrine: tale fu Ennio in tante sue opere minori (Epicarmus, Euhemeros); tali furono i poetae novi, con le traduzioni di Varrone Atacino o la sua Chorografia; tale fu Cicerone che tradusse i Fenomeni di Arato di Soli. La d. latina raggiunse però il suo apogeo con le opere di Lucrezio e di Virgilio. Nel De rerum natura Lucrezio rielaborò in versi le dottrine materialistiche di Democrito, mentre nelle Georgiche Virgilio rivendicò apertamente Esiodo di Ascra come suo modello, ma ebbe di sicuro ben presente anche l'opera di Nicandro di Colofone. Lo stesso Nicandro fu una delle fonti cui si ispirò Ovidio nella composizione delle Metamorfosi, lui che, pur con una facezia sui generis, alla d. appartenne ad esempio con gli Halieutica, sulla pesca, l'Ars amandi, i Remedia amoris e i Medicamina faciei o l'incompiuto poema dei Fasti. L'Ars poëtica di Orazio, trattazione tecnica del genere poetico, fu un altro altissimo esempio della d. latina. Decaduta come genere letterario in età tardo-antica, la d. non ebbe maggior fortuna in età paleocristiana, dal momento che gli autori di quella fede si affidarono con maggior fortuna all'apologetica. Significativo d. cristiano può tuttavia considerarsi Prudenzio, autore di un'Apotheosis in difesa del dogma della Trinità e di un Contra Symmachum, in polemica con il Senato di Roma. Nel Medioevo la d. ebbe larghissima diffusione nelle compilazioni dedicate alle proprietà e agli influssi degli animali (bestiari), delle pietre (lapidari), delle erbe (erbari), come anche nelle opere didattico-allegoriche di tipo enciclopedico quali il Roman de la Rose o il Tesoretto di Brunetto Latini. Anche la Commedia di Dante ebbe legami col genere d.: basti pensare alle "visioni", alle "finzioni" e alle "allegorie" di cui è tributaria e, dall'altra parte, alle numerose imitazioni, spiccatamente d., che ispirò (Dittamondo, Quadriregio). Nel Quattrocento la tradizione italiana della poesia d. trovò i suoi interpreti nel Petrarca dei Trionfi, o in F. Berlinghieri, autore della Geografia o in M. Palmieri, autore del poema filosofico Città di vita. Nel Cinquecento la spinta all'imitazione della classicità portò, oltre ad una fioritura di poemi d. in lingua latina, a composizioni in volgare di alto livello quali la Coltivazione dei campi di L. Alamanni, la Nautica di B. Baldi, la Caccia di E. di Valvason, Le api di G. Rucellai, Il podere e La balia di L. Tansillo. In quello stesso secolo anche la Francia vide un fiorire del genere d., mostrando però maggior difficoltà ad affrancarsi dall'allegorismo medioevale. Estranea al gusto barocco (possiamo comunque ricordare del Seicento lo Stato rustico di G.V. Imperiali e la Creazione del mondo di G. Murtola), la d. si riaffermò con grande vitalità nel Settecento, quale risposta all'esigenza illuminista di un'arte socialmente utile. Fiorì un gran numero di poemi, per lo più in versi sciolti, di argomento georgico, tecnico, scientifico, metafisico, filosofico, teologico, economico, che ora attribuiamo però più alla storia della cultura che non a quella della poesia. Il gusto della composizione di poemi d. continuò nel XIX sec. con autori quali C. Arici (La coltivazione degli ulivi), o P. Costa (Arte poetica). Alla poesia d. può, per certi aspetti, essere accostato il poema di Parini Il Giorno, nel quale tuttavia il prevalere del tono ironico toglie consistenza al motivo d. che, anzi, viene parodiato nei suoi aspetti maggiormente stucchevoli e ripetitivi. Per quanto riguarda le letterature straniere, si può affermare che il genere raggiunse ovunque il suo culmine durante il Settecento: ricordiamo in Francia il Discours en vers sur l'homme di Voltaire o, in Inghilterra, le opere di Pope e le Seasons di Thompson, o ancora, in Spagna, il poema Arte nuevo de Hacer comedias di Lope de Vega. Della d. tedesca si può ricordare il poema controriformista Cherubinischer Wandermann del gesuita A. Silesius (1657). Il Romanticismo e le teorie letterarie che affermarono l'autonomia dell'arte, e perciò anche della poesia, rispetto alle altre dimensioni della cultura, sancirono il declino definitivo del genere d. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Drammaturgo e poeta tedesco. Figlio di un alto dirigente di una cartiera, iniziò a scrivere giovanissimo, durante la scuola e poi durante la prima guerra mondiale, nel corso della quale prestò servizio come infermiere in un ospedale militare. L'esperienza della guerra influì notevolmente sulle sue prime opere letterarie compiute, risalenti al 1919: il dramma Baal e la commedia Tamburi nella notte, rappresentata con successo a Monaco nel 1922 e insignita del premio Kleist. Sempre nel 1922 sposò l'attrice Marianne J. Zoff dalla quale ebbe una figlia. Dapprima cronista di teatro in un giornale socialista, B. abbandonò definitivamente gli studi di medicina per dedicarsi al teatro, dove collaborò con i registi Max Reinhardt ed Erwin Piscator a Berlino. Nel 1926 scrisse il dramma antimilitarista Un uomo è un uomo e all'anno successivo risale la raccolta di liriche Libro di devozioni domestiche, che affronta il tema della lotta tra affermazione e negazione dell'essere. Nel 1927, dopo aver divorziato dalla Zoff, sposò l'attrice Helene Weigel, dalla quale ebbe altri due figli. Nel 1928 B. si dedicò al rifacimento dell'Opera del Mendicante dell'inglese J. Gay. Ne scaturì L'opera da tre soldi, un lavoro geniale che ebbe un enorme successo grazie anche alle musiche di K. Weill e che fece di B. il più famoso commediografo tedesco. Ambientata nella Londra di inizio secolo, è questa la prima opera di B. che introduce un'interpretazione della condizione umana nella società costituita dalle classi sociali. Dopo essersi dedicato per un lungo periodo allo studio della dottrina marxista, vi aderì completamente come è possibile rilevare in Ascesa e caduta della città di Mahagonny (1928-29), storia di una città infernale basata sul capitalismo. Altre opere di questo periodo sono i drammi didattici, La linea di condotta (1930), La madre (1930-32), L'eccezione e la regola (1930), in cui B. si chiede il motivo dell'esistenza del bene come eccezione alla regola del male. Le sue posizioni ideologiche lo posero in violento contrasto col nascente Nazismo, e lo costrinsero a un prolungato esilio, che si protrasse dal 1933 al 1949. Durante l'esilio toccò gran parte dell'Europa, attraversò l'Unione Sovietica, visse lunghi anni negli Stati Uniti d'America. Tornato in patria, si stabilì a Berlino, dove fondò con la moglie Helene il grande complesso teatrale del Berliner Ensemble, la cui vitalità e importanza sono tuttora rilevanti. Le opere più importanti risalgono al periodo dell'esilio; fra queste, Terrore e miseria del terzo Reich (1935), L'anima buona di Sezuan (1937), Vita di Galileo (1938-39), Madre Coraggio e i suoi figli (1939). In tali opere, ispirate a una profonda solidarietà verso gli oppressi, a una critica spietatamente ironica nei confronti delle storture della società, a una lucida volontà di indagare sotto la superficie esteriore della storia, B. manifestò un genio drammatico di altissimo valore, che lo pone fra i pochi autori essenziali del teatro contemporaneo. La stessa vena insieme lirica e disincantata si trova nelle sue poesie, che sotto il loro aspro sapore popolaresco rivelano una dolente meditazione sulle vicende dell'uomo contemporaneo, e sono attraversate da una sofferta esigenza di riscatto. L'aver saputo fondere un accentuato impegno ideologico con una genuina e forte capacità di tensione poetica è forse il merito fondamentale di B., che si sforza, contro tutti i decadentismi e contro tutti i residui del romanticismo, di trovare una più autentica e storicamente fondata immagine dell'uomo del nostro tempo. Nel febbraio del 1956 B. venne in Italia, a Milano, in occasione della prima dell'Opera da tre soldi con la regia di Giorgio Strehler (Augusta 1898 - Berlino 1956). Che costituisce o attua una rivoluzione politica e sociale. ║ Che combatte per una rivoluzione. ║ Fig. - Che porta mutamenti radicali in qualsiasi ambito: una scoperta r. Classe sociale, espressione economica e politica del sistema capitalistico. All'interno di tale classe sussiste una stratificazione piuttosto complessa di tipo piramidale. Alla sommità si trovano infatti coloro che detengono la proprietà dei mezzi di produzione e alla base la massa dei piccoli commercianti e impiegati di grado inferiore. A grandi linee si tende a distinguere un'alta b., e una piccola b. La storiografia moderna indica spesso come b. anche le classi medie dell'antichità greca e romana e la classe dei cavalieri dell'età medioevale. È però solo con la nascita e l'ascesa del capitalismo che si è venuta formando la classe propriamente borghese, anche se il termine burgenses, per designare gli abitanti del borgo, in contrapposizione a quelli del contado, cominciò a essere usato in Fiandra già nella seconda metà dell'XI sec. Infatti le classi, nel senso moderno del termine, sono venute costituendosi in seguito a quel complesso di fenomeni che generalmente vanno sotto il nome di "rivoluzione industriale". Si venne così distinguendo una classe dei latifondisti, sorta dalla trasformazione del vecchio ordinamento feudale; una classe borghese, composta dai commercianti e dai maestri artigiani divenuti capitalisti; una classe proletaria, formata da quei piccoli proprietari contadini che erano stati costretti a lasciare la terra e a trasferirsi in città in seguito alla formazione di latifondi, dagli ex artigiani divenuti subalterni e dai garzoni operai, che costituirono il primo esercito dei salariati delle manifatture. È a partire dal XIII sec., che si cominciò lentamente a demolire la struttura delle istituzioni feudali e a sviluppare le linee fondamentali di quella che sarebbe poi divenuta la struttura economica capitalistica. Tale struttura è già chiaramente individuabile alla fine del XV sec. nella presenza di grosse imprese commerciali, nella speculazione sui titoli, nell'alta finanza, ecc. Si ebbe così l'ascesa della b. commerciale, finanziaria e industriale che avrebbe modificato radicalmente la struttura della società europea. Nella propria ascesa, il capitalismo si trovò tuttavia costretto a dover operare entro la vecchia intelaiatura sociale ancora dominata dalle classi feudali, così che la b. in ascesa, nonostante la costruzione dei grandi Stati nazionali, fu costretta a rimanere ancora per alcuni secoli sottomessa alle vecchie gerarchie feudali. Ne risultò una struttura politica non corrispondente a quella sociale ed economica. Essa tendeva infatti soprattutto a sfruttare la classe borghese, mentre la classe dei proprietari terrieri aristocratici rimaneva il cardine del sistema sociale e politico. Tuttavia, in tutti i Paesi europei, i governi, per quanto di struttura non borghese, appoggiavano e proteggevano gli interessi della classe imprenditoriale. Si dovette attendere fino alla rivoluzione francese per assistere al trionfo dapprima in Francia e poi in tutta Europa della b. La società francese prerivoluzionaria, assai più di quella inglese, era un tessuto di privilegi che rendeva particolarmente evidenti e irritanti le divisioni di classe. Il clero possedeva ancora circa un quinto di tutto il territorio francese, godendo di un'enorme rendita e di privilegi di ogni genere. La nobiltà godeva di privilegi analoghi e poiché l'agricoltura francese non offriva le possibilità di sviluppo capitalistico, di cui godeva invece quella inglese, le rendite feudali della nobiltà costituivano un'emorragia di capitale che non offriva nessuna contropartita economica o politica. Perciò, tanto il clero quanto la nobiltà apparivano alla b. classi parassitarie, protette da privilegi sociali e da esenzioni fiscali di ogni genere. A differenza di quella inglese che non aveva mancato di investire capitali nell'agricoltura, la classe media francese era una tipica b. urbana. Essa possedeva quasi tutto il capitale liquido e costituiva il principale creditore della corona che versava in disperate condizioni finanziarie. Le spese di governo aumentavano continuamente e quelle belliche non potevano essere sostenute con le fonti abituali di reddito, e ciò finì col rendere la situazione insostenibile. Uno dei risultati socialmente più importanti della Rivoluzione francese fu la creazione in Francia di oltre cinque milioni di contadini-proprietari, politicamente inerti, che identificavano i loro interessi con quelli della b. In opposizione a queste due classi, si sviluppò, per la prima volta in Europa, un movimento operaio proletario che avrebbe poi fatto propria la dottrina marxista della lotta di classe. In Inghilterra, invece, la frattura tra le classi sociali ed economiche non coincise mai perfettamente con le divisioni dei partiti politici e, anche nella sua fase iniziale, il liberalismo inglese, per quanto le sue dottrine economiche rappresentassero chiaramente gli interessi della b. industriale, fu sempre, almeno nelle intenzioni, la dottrina del "bene comune", riferita all'intera società. Questa caratteristica si accentuò negli stadi successivi di sviluppo quando vi fu uno sforzo considerevole per trasformare l'ideologia degli interessi borghesi in una filosofia il cui ideale era la protezione e la conservazione di tutte le classi, compresa quella lavoratrice. Ma a cominciare dal decennio 1880-90 sia in Inghilterra che negli altri Paesi europei, il liberalismo politico andò rapidamente perdendo la sua presa sugli elettori, mentre cominciarono ad affermarsi le forze ostili al laissez-faire borghese. Questo periodo vide infatti, in quasi tutti i Paesi europei, lo sviluppo e l'ascesa di gruppi e partiti radicali borghesi e soprattutto dei partiti marxisti. Secondo Marx, caratteristica di ogni società non costituita su basi di uguaglianza economica è la divisione in classi che si contendono il predominio sui mezzi e sulle risorse economiche. Il trionfo della b. ha profondamente rivoluzionato la politica, l'economia e la società, ma ha anche semplificato ed esasperato la lotta di classe, così che nel seno del sistema borghese capitalistico viene a determinarsi dialetticamente la situazione di antitesi che porterà al suo crollo e al suo superamento: si manifestano contraddizioni, crisi e squilibri tali che l'ordinamento esistente finirà col non essere più in grado di assicurare esistenza e convenienza ai membri della società. Ciò in quanto è venuta sviluppandosi una nuova classe sociale, il proletariato, in condizione di oppressione e di sfruttamento. La situazione, in dialettico sviluppo, viene posta così di fronte all'alternativa di precipitare nel caos o di provocare, attraverso una rivoluzione sociale, l'avvento di un nuovo ordinamento a base collettiva, che attui la società senza classi e senza oppressione economica. A condurre questa rivoluzione è il proletariato, in quanto impegnato contemporaneamente nell'attuazione della propria emancipazione sociale, politica e umana e nella liberazione dell'intera società per sottrarla al circolo vizioso degli antagonismi di classe. Secondo Marx, la democrazia borghese viene quindi a porsi in contraddizione con se stessa, dato che le classi la cui subordinazione sociale essa deve perpetuare, ossia proletariato, contadini, piccoli borghesi, sono messe nella condizione, mediante il suffragio universale, di usufruire di una certa forza politica, così da costringere il dominio politico della b. entro condizioni democratiche che facilitano la vittoria delle classi subalterne e mettono in discussione le basi stesse della società borghese. Tra gli studiosi che, sulla scia di Marx, hanno approfondito il problema della contrapposizione di classe tra b. e proletariato figura G. Lukàs, secondo cui b. e proletariato sono le uniche classi pure della società borghese, dato che solo esse poggiano esclusivamente "sullo sviluppo del moderno processo di produzione e solo a partire dalle loro condizioni di esistenza è in generale pensabile un piano per l'organizzazione dell'intera società". Al contrario, il comportamento delle altre classi (piccolo-borghesi, contadini) è oscillante e infecondo per lo sviluppo, infatti tali classi non cercano in genere di promuovere lo sviluppo capitalistico in modo da spingerlo oltre se stesso, ma di farlo retrocedere o almeno di impedire che esso si dispieghi in tutta la sua pienezza. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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