Pietro Ettoreo.
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Ettoreo, Pietro. (nome italianizzato di Hektorovic, Petar). Poeta dalmata. Nato in una delle più nobili famiglie locali, E. fu educato secondo le migliori tradizioni umanistiche dell'epoca. Ce lo prova, oltre alla sua vasta cultura umanistica, una giovanile versione dei Rimedi d'amore di Ovidio. Si dedicò con passione al restauro della fortezza di Tvrdalj. Quando nel 1539 le forze ottomane occuparono l'Isola di Lesina, E. riparò con la famiglia in Italia. Ritornato in patria, nuovamente dedicò le sue cure alla riparazione della cittadella di Tvrdalj. Nel 1555 compose l'opera che più doveva dargli gloria: il realistico idillio La pesca. Nel 1571, venti vascelli turchi attaccarono di nuovo Lesina e E. dovette riparare a Traù. L'anno seguente, rientrato a Lesina, vi moriva (Lesina 1487-1572). Chi compone poesie. A seconda del genere trattato, si parla di p. lirico, tragico, epico, satirico, ecc. - P. maledetti: V. MALEDETTO. - Per estens. - Avere un animo da p.: detto di chi possiede un innato gusto estetico, una propensione a ricercare l'ideale e ad impiegare la fantasia. Della Dalmazia, abitante della Dalmazia. - Zool. - Razza d.: razza di cani da guardia, adoperati un tempo come cani da caccia. Agli inizi del XX sec. era molto diffuso in Inghilterra come cane da compagnia. L'altezza varia dai 50-55 cm, per le femmine, ai 55-60 cm per i maschi, con un peso compreso tra i 23 e i 25 kg; il mantello è a pelo fitto, lucente, piuttosto duro, bianco con macchie nere o marrone scuro. La testa e il muso sono lunghi, gli occhi neri o marroni. Dalmazia. Regione (11.750 kmq; 1.000.000 ab.) della penisola balcanica divisa amministrativamente fra le tre Repubbliche di Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro. La popolazione è concentrata per il 60% nelle città costiere, dove sono attivi i porti e gli scali marittimi. Città principali: Zara, il porto più importante della D.; Spalato, il maggior centro industriale; Arbe e Pago, importanti centri artistici nelle rispettive isole; Ragusa. ● Geogr. - La D. confina a Nord con la catena del Velebit, a Sud con il fiume Boiana, a Est con le catene delle Alpi Beble e Dinariche. Si estende lungo la costa prospiciente il Mar Adriatico e comprende numerose isole (861) e isolotti distribuiti parallelamente alla costa, di cui le principali sono l'Isola Lunga, Lesina, Curzola, Lagosta, Meleda. La costa è pianeggiante e molto frastagliata, caratterizzata da profonde insenature, dette valloni, che si allungano da Nord-Ovest a Sud-Est, parallelamente ai rilievi. La zona interna è, invece, prevalentemente montuosa, con cime che raggiungono i 1.500 m a Nord (catena del Velebit) e i 2.000 m al centro (Alpi Dinariche). I rilievi sono di natura calcarea e ricchi di doline: pertanto risultano permeabili alle acque superficiali che vengono assorbite e danno origine ad un'intensa circolazione sotterranea. I fiumi principali sono la Cherca, la Zermagna, la Cetina e la Narenta. Il clima è mediterraneo, con abbondanti precipitazioni che favoriscono lo sviluppo di una ricca vegetazione. - Econ. - Poco coltivabile per la natura calcarea del terreno, la D. produce essenzialmente viti, ulivi, tabacco, frutta. Le vaste foreste della zona interna favoriscono l'industria del legno e dei suoi derivati. Nell'interno si pratica inoltre l'allevamento del bestiame (ovini, bovini). Lungo la costa, fruttuosa e redditizia è la pesca del tonno e delle sardine. Il sottosuolo offre bauxite e rocce asfaltiche che alimentano l'industria del cemento, dell'alluminio e stabilimenti chimici. - St. - Abitata anticamente da Traci, Illiri e Celti, fu occupata dai Greci dopo il IV sec. a.C. Conquistata dai Romani nel I sec. a.C., la D. costituì dapprima la provincia illirica dell'Impero e in seguito Ottaviano ne fece una provincia senatoria (27 a.C.). Dopo una breve parentesi di indipendenza (V sec.), fu assegnata ai Goti durante l'età bizantina, fu invasa nel VII sec. dagli Avari e dagli Slavi e nell'VIII sec. subì le devastazioni di Saraceni, Croati e Nerentani. Cadde quindi sotto l'influenza di Venezia (XI sec.) che, dopo aver lottato a lungo con l'Ungheria per il possesso della regione, riuscì ad ottenerla nel 1409 mediante il pagamento di 100.000 ducati a Ladislao, re di Napoli e d'Ungheria. Crollata nel 1797 la Repubblica Veneta, in seguito alla Pace di Campoformio, la D. venne annessa all'Austria, a cui rimase, tranne durante la breve parentesi napoleonica (1806-14), fino al 1914. Durante il Risorgimento si costituirono in D. i movimenti politici degli annessionisti croati e degli autonomisti, dai quali si sviluppò in seguito l'irredentismo italiano. Nel 1915, con il patto di Londra, la D. venne promessa all'Italia, ma alla fine della prima guerra mondiale il Trattato di Rapallo (1920) la assegnò alla Jugoslavia, lasciando all'Italia solo le isole del Quarnaro e di Zara. Nel ventennio tra le due guerre la regione fu teatro di incidenti e zona di attrito tra l'Italia e la Jugoslavia fino a che, nel 1941, venne divisa tra il Regno di Croazia e l'Italia. Rioccupata dai partigiani slavi nel 1945, passò definitivamente alla Jugoslavia con il Trattato di pace del 10 febbraio 1947. Quando nel 1991 la Federazione jugoslava si sciolse, la D. risultò divisa fra Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, secondo i vecchi confini federali, e fu teatro di violentissimi scontri, specie a Zara e Dubrovnik (V. CROAZIA). - Arte - All'epoca paleocristiana risalgono i resti di alcune cellae memoriae e della basilica di Manastirine nei pressi di Salona. Evidenti sono i richiami alla coeva architettura ravennate (strutture murarie, valori spaziali), così come sono rintracciabili influssi ravennati anche nella scultura (sarcofagi, capitelli). Il periodo preromanico è testimoniato nella Rotonda di San Donato a Zara (IX sec.), ma anche in piccoli edifici sacri quali la cappella di Santa Croce a Nona e la chiesa di San Pietro a Zara, entrambe dell'XI sec. Dall'XI sec. in poi cominciò a manifestarsi l'influenza veneziana, dapprima unita a motivi dell'arte ravennate (San Donato di Zara), lombarda (facciata della cattedrale di Zara) o veronese (portale del duomo di Traù), poi più diretta e predominante (battenti lignei del duomo di Spalato, 1214) specialmente con l'introduzione delle forme decorative tipiche del Gotico fiorito. Nel XII sec., inoltre, grazie anche alla penetrazione benedettina, si diffuse l'arte romanica, soprattutto a Traù e a Zara. Il tardogotico veneziano ebbe notevoli influssi durante il XIV sec. (palazzi a Traù, Sebenico, Spalato, Curzola), che si manifestarono con l'introduzione negli edifici di elementi quali logge e trifore, tipicamente veneziani. Tra gli artisti di questo periodo spicca l'architetto e scultore Giorgio Orsini da Sebenico (duomo di Sebenico), che ebbe spesso quali collaboratori Andrea Alessi (battistero della cattedrale di Traù) e Niccolò Fiorentino. Anche la pittura subì profondamente l'influenza di Venezia e furono addirittura artisti veneziani ad affrescare le chiese dalmate nel XVI sec. Nel secolo successivo l'influsso del barocco veneziano ispirò la chiesa di San Biagio a Ragusa, mentre il barocco romano si rispecchia nella chiesa dei Gesuiti. Dell'Umanesimo o degli umanisti, relativo al periodo dell'Umanesimo: cultura u. ║ Relativo alle lettere classiche o che trae da esse fondamento: imprimere ai propri studi un indirizzo u. ║ Relativo agli studi letterari e a quelle discipline che si occupano del pensiero, della conoscenza e dell'attività spirituale dell'uomo. - Ord. scol. - Facoltà u.: corsi di studio universitari che raggruppano le materie letterarie, storiche, filosofiche (distinte, quindi, dalle facoltà scientifiche, in cui si studiano matematica, fisica, ecc.). - Paleogr. - Scrittura u.: scrittura che, in seguito alla riforma scrittoria voluta dagli umanisti italiani, venne utilizzata nei manoscritti del XV sec. Nata come reazione alla scrittura gotica dominante, su impulso dapprima di F. Petrarca, poi di G. Boccaccio, di N. Niccoli e di P. Bracciolini, tale scrittura riproduceva, con l'uso della littera antiqua (alfabeto minuto e tondeggiante), la grazia e la chiarezza della minuscola carolina dei secc. IX-XII. Da Firenze si irradiò negli altri centri di cultura d'Italia, differenziandosi in due tipi: l'u. libraria o rotonda e l'u. corsiva, utilizzata per lo più nei documenti, che rappresentava l'evoluzione della gotica corsiva, sotto l'influsso della tonda. Umanésimo. Movimento culturale sviluppatosi dalla metà del XIV sec. al XV sec. ad opera di intellettuali attivi soprattutto in alcuni centri dell'Italia centro-settentrionale (Padova, Vicenza, Firenze, Arezzo). Da qui il fenomeno si diffuse in Europa, animando il dibattito culturale, assumendo atteggiamenti e producendo esiti molto diversi in funzione dei luoghi e delle personalità che ne accolsero l'influenza. Elemento caratterizzante dell'U. è una concezione dell'uomo quale autore della propria storia, punto di riferimento costante e centrale della ricerca e della conoscenza del mondo. In tale generale accezione il termine è usato per designare indirizzi o correnti di pensiero di tutte le epoche, che riprendano il senso e i valori affermatisi nell'U. storicamente definito; si parla quindi di U. di Socrate, U. di Cicerone, U. del Settecento, U. politico, U. scientifico. In relazione, poi, al Classicismo, che accompagnò la nascita e lo sviluppo dell'U. rinascimentale, si parla anche di U. carolingio (o Rinascita carolina) per indicare il fervore di studi corrispondente al regno di Carlo Magno, e di U. bizantino con riferimento al periodo della letteratura bizantina compreso tra il XII e il XIV sec. Il termine italiano U., nell'accezione di privilegio riconosciuto agli studi classici per la formazione dell'individuo, è stato introdotto dalla storiografia ottocentesca probabilmente derivandolo dal tedesco Humanismus, e trova il suo fondamento nel concetto latino di humanitas, ovvero di condizione dell'uomo nel suo operare intellettuale e civile. Del resto, il termine humanista, impiegato dagli studiosi sin dal Quattrocento per designare se stessi, attesta in loro la consapevolezza di perseguire uno specifico ideale culturale ed educativo; gli studia humanitatis, secondo un'espressione ciceroniana, divennero lo strumento per la formazione e l'elevazione morale e spirituale dell'uomo. Il fatto che il rinnovamento culturale sia avvenuto soprattutto nell'ambito degli studi letterari e dell'esegesi dei testi antichi, ha in passato avvalorato un concetto di U. come fenomeno eminentemente retorico ed erudito. Invece, l'esigenza di ricollocare l'U. rinascimentale in una più esatta prospettiva ha fatto sì che ne venisse riconosciuta la complessità dei caratteri distintivi, determinandone l'allargamento da un piano puramente grammaticale-filologico a un piano più generale, che coinvolge ogni disciplina (ars dictandi, ma anche arti figurative, architettura urbanistica, tecniche e scienze) e che modifica alla radice il modo stesso di concepire la realtà e la vita. Se è pur vero che durante il Medioevo non si era persa la memoria degli autori antichi (come Virgilio, Ovidio, Cicerone e Seneca), né della mitologia classica (sia pure trasformata e mascherata), e che in ambito filosofico la Patristica aveva ripreso Aristotele e le nuove traduzioni dal greco, ciò che muta è l'atteggiamento con il quale gli umanisti si pongono nei confronti dei classici (includendo tra questi anche Dante o Petrarca). Per la cultura scolastica medioevale, infatti, le opere dell'antichità classica avevano costituito modelli di perfezione formale, nei quali ricercare elementi di verità che le accomunassero alla morale cristiana; per la cultura umanistica, l'opera degli scrittori greci e latini era espressione in sé compiuta di un momento ben definito della storia dell'umanità, alla quale attingere per ripristinare la continuità del cammino dell'uomo stesso entro la storia. Uno dei più importanti risultati del cambiamento prodotto dall'U. fu l'apparizione e poi la netta prevalenza dell'intellettuale “laico”, non appartenente cioè a nessun ordine ecclesiastico, in coincidenza con lo sviluppo della società comunale e mercantile. Questi intellettuali giunsero alla consapevolezza che la conoscenza della cultura classica consentiva loro di allargare notevolmente il campo della propria competenza, facendone non solo dei critici di testi del passato, ma dei critici del costume, degli uomini e delle istituzioni. Un esito essenziale della riflessione degli umanisti fu la presa di coscienza della dignità propria e della dignità delle arti, non solo delle arti del discorso, ma della morale, della politica e della poesia, derivando tale dignità non dalla nobiltà del suo oggetto (la teologia da Dio), ma dal rigore dei suoi procedimenti e dal grado di certezza raggiungibile. Questo nuovo modo di concepire il sapere porterà, alla fine, a collocare non solo la matematica e la logica, ma anche la poesia e le arti, ben al di sopra della metafisica e della teologia. Precursori di questo nuovo atteggiamento furono gli intellettuali della scuola padovana, rappresentati esemplarmente da Albertino Mussato. Egli, all'inizio del XIV sec., oltre a comporre la prima tragedia modellata sull'esempio dei classici, teorizzò il recupero e lo studio dei testi antichi in prospettiva preumanistica. Negli stessi anni Marsilio da Padova argomentò il principio della laicità dello Stato, contribuendo alla dissoluzione della cultura medioevale, monopolizzata dalla Chiesa e inquadrata nella dogmatica cristiana, e alla costituzione delle basi della cultura moderna. La nuova stagione culturale già avviata da Petrarca fu proseguita, in ambito fiorentino, da Coluccio Salutati sul finire del Trecento. Quello di Salutati è stato definito un U. civile, ovvero una forma di classicismo militante fortemente impegnato in un progetto di riorganizzazione del potere politico in un momento storico segnato dal prevalere dell'oligarchia economica cittadina. La generazione successiva di intellettuali fiorentini (Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Ambrogio Traversari) approfondirono la conoscenza critica dell'antico propugnando una sorta di sincretismo tra la lezione civile dei Romani e la caritas cristiana. Si venne affermando anche un nuovo ideale pedagogico grazie a educatori come Vittorino da Feltre e Guarino Guarini: all'impostazione basata sulla rigida precettistica medioevale si sostituì un processo formativo imperniato sull'esperienza e sull'approccio diretto agli autori e alle opere. In ambito filosofico, il più rilevante fenomeno del tempo fu la scoperta di Platone, destinata a influenzare diversi campi dello scibile ben oltre i confini geografici e cronologici dell'U. rinascimentale, costituendo il nucleo originario sia dell'Idealismo sia del Naturalismo, scuole di pensiero destinate a svilupparsi in età contemporanea. Al centro della speculazione degli umanisti (da Marsilio Ficino a Pico della Mirandola, a Nicola Cusano) non c'è solo la questione della dignitas hominis, ma del destino e della funzione dell'individuo nella società, del suo rapporto con il cosmo; la dialettica natura-cultura che emerge da questa riflessione mostra nell'U. l'inscindibilità dei due termini, rivelandone insieme la tensione e il rischio ricorrente di privilegiare l'uno a danno dell'altro. Centri propulsori della speculazione filosofica ed etico-politica dell'U. furono le accademie, così denominate sull'esempio dell'antica accademia platonica: l'Accademia Pontaniana; l'Accademia Platonica, fondata a Firenze da Ficino nel 1463; l'Accademia Romana, sciolta da papa Paolo II nel 1468 per sospetto di eresia. Tuttavia, fra le discipline umane coltivate nell'U. è la filologia ad assumere una posizione egemonica, proprio in base alla convinzione che è dallo studio delle opere del passato che si conquista quel senso dell'umanità, della cultura e della storia che è punto di partenza per un approccio razionalmente critico alla realtà. L'U. filologico, che ebbe i suoi antesignani ancora in Petrarca e Boccaccio, comportò la ricerca, il recupero, lo studio, il confronto e l'immissione nel circuito culturale di opere della letteratura classica fino ad allora trascurate dalla tradizione scolastica. Alla semplice ricezione medioevale si sostituì una lettura critica ad alto livello, che rappresenta il peculiare apporto dell'U. alla storia della cultura. Con la scoperta fatta da Coluccio Salutati nel 1392 delle epistole ciceroniane Ad familiares, si aprì un periodo di enorme fervore di ricerca che permise di mettere insieme il patrimonio attuale di autori latini: tra i ricercatori più alacri ci fu Poggio Bracciolini, scopritore, tra l'altro, del De rerum natura di Lucrezio, di orazioni ciceroniane, delle Selve di Stazio. Risultato eclatante della filologia umanistica fu la scoperta fatta da L. Valla, con l'ausilio dei soli strumenti filologici, della falsità del documento detto Donazione di Costantino, mentre sul finire del Quattrocento, con l'opera del Poliziano, vennero poste le basi metodologiche degli sviluppi più fecondi della disciplina. L'aspirazione a una riscoperta della grecità - di cui antesignani sono ancora Petrarca e Boccaccio - produsse a Firenze, sul finire del Trecento, l'attività di insegnamento di M. Crisolora, umanista bizantino, ma l'U. greco raggiunse la sua piena fioritura con l'arrivo in Italia di studiosi greci in occasione del Concilio di Ferrara-Firenze (1438-39) e dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi (1453). Il classicismo umanista significò una ricostruzione totale della lingua latina, più o meno corrotta durante il Medioevo, dal punto di vista grammaticale e stilistico (Elegantiae latinae linguae di Valla, 1444). Il latino diventò così la lingua letteraria per eccellenza, ma la produzione letteraria in latino, frutto del principio umanistico dell'imitazione, dovette cedere il passo alla nuova, grande letteratura in volgare. Il cosiddetto U. volgare fu una conseguenza naturale della stessa concezione umanistica della storia e della cultura. Dalla seconda metà del Quattrocento quindi il volgare diventò lo strumento linguistico non solo della poesia (Poliziano, M.M. Boiardo, I. Sannazzaro), ma anche della storiografia (N. Machiavelli e F. Guicciardini) e della prosa filosofica. Occorreva però che il volgare fosse sottratto all'arbitrio di ogni scrivente e sottoposto a regole fisse. La questione, già affrontata da Dante e riproposta da Petrarca e Boccaccio, giunse a piena maturazione nel primo Cinquecento con Pietro Bembo, che diede unità e norma grammaticali e stilistiche alla lingua letteraria italiana, in contrapposizione alla lingua popolare e domestica. Intanto, però, la spinta propulsiva dell'U. tendeva a esaurirsi in Italia sotto l'incalzare degli avvenimenti politici e religiosi. Il movimento si irrigidì entro istituzioni, riducendosi spesso a speculazioni di retroguardia. Pertanto, mentre in Italia l'U. rinascimentale andava estinguendosi, esso raggiungeva il massimo sviluppo in Germania, Francia, Inghilterra e in Olanda con Erasmo da Rotterdam. Alla fine del Cinquecento anche il primato filologico passò a Francesi, Olandesi, Tedeschi e Inglesi, ma si trattò di attività filologica nel senso moderno, che escludeva cioè quei fini di costruzione integrale dell'uomo che furono propri dell'U. Umanista. Esponente dell'Umanesimo e della cultura umanistica in senso lato, riferito tanto ad autori che in epoca umanistica diedero impulso alle lettere e alle arti, quanto a coloro che, in epoche successive, dell'Umanesimo rappresentarono gli ideali. ║ Chi condivide gli ideali dell'Umanesimo, pur non essendo di professione letterato: un medico u. Poeta latino. Di antica famiglia dell'ordine equestre, giovanissimo fu inviato dal padre a Roma per studiare grammatica e retorica e per seguire la carriera dei pubblici onori. In contrasto con la volontà paterna, tuttavia, O.N. decise ben presto di dedicarsi alla poesia. Si introdusse così nell'ambiente letterario e raffinato della corte di Augusto e soprattutto nel circolo di Messala, dove conobbe i maggiori letterati e poeti del suo tempo: Cornelio Gallo, Properzio, Orazio. Viaggiò in Grecia, in Egitto e in Asia; esercitò magistrature minori. Si distinse soprattutto come poeta elegiaco, raffinato e giocoso. Dopo un primo tentativo di poesia drammatica con la tragedia Medea, scrisse un canzoniere amoroso, gli Amores, e una raccolta di eleganti componimenti, dedicata all'amata Corinna, personaggio di pura invenzione letteraria, pubblicato per la prima volta nel 14 a.C. Seguirono le Heroides, una raccolta in versi di epistolae, ossia di lettere d'amore immaginate scritte da celebri eroine ed eroi della mitologia (Elena, Paride, Penelope, Fedra, Didone, Medea, ecc.), offrendo una vasta casistica amorosa. Giunse definitivamente alla celebrità con l'Ars Amatoria (V.), una specie di summa erotica destinata alla società elegante della Roma del tempo, a cui seguirono i Remedia amoris, poemetto in cui raccolse i consigli per guarire e salvaguardarsi dalle passioni amorose. Maestro di galanteria e di eleganza, scrisse anche un'opera nella quale raccolse una serie di suggerimenti cosmetici, il De medicamine faciei. Dal 3 d.C. si dedicò a tematiche più elevate e più conformi agli ideali poetici tradizionali e alla propaganda politica augustea. Ne risultò il poema in esametri in 15 libri Metamorfosi, una raccolta di delicate favole eziologiche che, tra le altre, comprendeva anche quella relativa al catasterismo di Giulio Cesare e all'apoteosi di Augusto. Iniziò anche i Fasti, opera che avrebbe dovuto comprendere 12 libri in distici elegiaci, con miti e favole eziologiche relativi alle feste del calendario romano, di cui solo sei giunsero a compimento. Nell'anno 8 d.C. O.N. fu colpito da un decreto imperiale che lo condannò all'esilio a Tomi, in Scizia, sul Mar Nero. Le cause di tale severo provvedimento non sono chiare: forse la composizione di versi eccessivamente licenziosi e soprattutto il coinvolgimento, probabilmente involontario, in qualche scandalo di corte, presumibilmente l'adulterio della nipote di Augusto, Giulia e di D. Giunio Silano. Il decreto non fu mai più revocato né da Augusto né da Tiberio, nonostante le reiterate suppliche di O.: egli rimase a Tomi fino alla morte, trovando consolazione solo nei suoi scritti. Durante il viaggio verso l'esilio compose il poemetto in distici Ibis e i due primi libri dei Tristia, raccolta di elegie a cui seguirono altri tre libri nel 12 d.C. O. scrisse, inoltre, le Epistulae ex Ponto, quattro libri di elegie, in forma epistolare, dedicate ciascuna a un amico a Roma, un carme in lingua getica, in cui magnificò Augusto e la famiglia imperiale. Il poeta esercitò una grande influenza sulle esperienze letterarie successive, sulla cultura medioevale, umanistica e rinascimentale (Sulmona 43 a.C. - Tomi, sul Mar Nero 17 d.C.). (in croato Hvar). Isola (289 kmq; 13.000 ab.) della Dalmazia nel Mar Adriatico, appartenente alla Croazia. Capoluogo: il borgo omonimo. Agricoltura (vini, olio, fichi), pesca, industria turistica. - St. - Abitata fin dall'età eneolitica, come attestano i reperti di ceramica cotta e dipinta ritrovati sull'isola, intorno al 385 a.C. fu colonia dei Pari che la chiamarono Faro. Diventata capitale del regno con Demetrio di Faro (II sec. a.C.), fu distrutta dai Romani nel 219 a.C. che la espugnarono. Tornò ai suoi antichi splendori in età imperiale, quando Faro fu apprezzata a Roma come nelle province, specie per i suoi vini. In età moderna fu una terra contesa e ambita: occupata stabilmente dai Veneziani fino alla caduta della Serenissima (1420-1797), passò all'Austria, salvo la breve dominazione francese (1806-1813). Al Governo austriaco fece capo fino al novembre 1918, quando fu occupata dall'Italia. Assegnata alla Jugoslavia in base ai trattati post-bellici, fu nuovamente occupata nel 1941 dall'Italia, che la restituì alla Jugoslavia al termine del secondo conflitto mondiale. Al frantumarsi dell'impero di Tito, l'isola seguì le sorti della Croazia, diventando teatro, nel corso degli anni Novanta, di aspri scontri tra le diverse etnie coinvolte nella guerra civile jugoslava. (dal latino idyllium, der. del greco eidyllion: quadretto). Breve forma poetica rappresentante in generale, ma non obbligatoriamente, un bozzetto di genere bucolico o pastorale. ║ Fig. - Ideale di vita serena, ispirata allo spirito degli i. poetici. Stato ideale di armonia e di serena convivenza, talvolta in senso scherzoso. ║ Fig. - Tenero sentimento amoroso. • Lett. - Assunto a dignità d'arte con il poeta greco Teocrito (V. IDILLI), il genere fu ripreso dai poeti Mosco di Siracusa (II sec. a.C.) e Bione di Smirne (I sec. a.C.). Per un'accettata convenzione che portò a considerare come "idillica" ogni rappresentazione idealizzata della vita dei campi, se ne può considerare maestro anche Virgilio con le sue Bucoliche. Nella poesia moderna si è soliti designare come i. componimenti che presentano un'intonazione serena, esprimendo una tendenza al sogno e al rifugio nella tranquillità della natura. Soprattutto quest'ultima aspirazione, già presente nell'opera di Petrarca, trovò espressione matura nel Rinascimento italiano (dalle Stanze di Poliziano fino all'Arcadia di Sannazaro), per divenire poi maniera artificiosa e accademica nell'Arcadia del Settecento. Nella lirica leopardiana i. acquistò il senso nuovo di breve canto legato all'espressione dell'intenso mondo sentimentale del poeta: gli Idilli (1819-1821) rappresentarono lo sviluppo ultimo della canzone libera. (in serbo-croato Trogir). Centro (10.200 ab.) della Croazia, in Dalmazia, 15 km a Ovest di Spalato; è situato su un'isoletta, unita da un ponte fisso alla terraferma e da un ponte girevole all'Isola di Bua. • Econ. - Cantieri navali; commercio; pesca. Turismo balneare. - St. - Fondata da coloni di Issa nel IV sec. a.C., T. era ancora sotto il dominio greco in epoca romana. Dopo la disgregazione dell'Impero romano d'Occidente fu annessa dapprima al Regno di Odoacre e poi a quello degli Ostrogoti; riconquistata dall'Impero d'Oriente nel 537, rimase possedimento bizantino fino all'XI sec. Nel VII sec. subì l'invasione avaro-slava, in seguito alla quale fu privata della terraferma; mantenne comunque intatti i suoi caratteri, assumendo nei secoli successivi un assetto comunale. Eretta a vescovado prima dell'anno 1000, nella seconda metà dell'XI sec., con il vescovo Giovanni Orsini passò sotto il protettorato ecclesiastico di Roma, pur riconoscendo di volta in volta l'autorità politica di Venezia o dell'Ungheria. Ceduta all'Austria in seguito al Trattato di Campoformio (1797), fu annessa nel 1806 al Regno Italico e nel 1809 alle Province Illiriche. Il Congresso di Vienna (1815) la restituì all'Austria, che la tenne fino al 1918. Tornata alla Jugoslavia dopo la fine dell'Impero austro-ungarico, il 18 maggio 1941 fu annessa all'Italia, per poi andare nuovamente alla Jugoslavia. Dopo la dissoluzione della Jugoslavia (1991), T. seguì le vicende della Repubblica croata. ║ Presa di T.: nel 1378, durante la guerra di Chioggia, T. fu conquistata e difesa dal genovese Luciano Doria, che costrinse il veneziano Vettor Pisani a togliere l'assedio. • Arte - T. ha conservato i caratteri di cittadina medioevale e un aspetto tipicamente veneziano. Tra i monumenti, degna di nota è la cattedrale romanica di San Lorenzo (secc. XII-XIII); al XV sec. risalgono il grande campanile, completato nel XVI sec., e il battistero. La chiesa più antica è Santa Barbara, sorta nel corso del IX sec. e riedificata in epoca romanica. Vanno menzionate anche la chiesa di San Giovanni Battista (XIII sec.) e la chiesa romanico-gotica di San Domenico (XIV sec.). In stile gotico-venenziano (XV sec.) sono il palazzo Cippico e il palazzo del Comune; tra gli edifici civili, ricordiamo la Loggia Pubblica (1308) e il castello del Camerlengo (1420-37). 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