Operazione di separazione dei componenti di una miscela per mezzo di una
parziale evaporazione di questa e recupero separato di una fase gassosa e di un
residuo liquido. Essa si basa sulla diversa
volatilità
(cioè tendenza ad evaporare) che hanno i diversi componenti di una
miscela: quelli più volatili (o più leggeri) vengono estratti
nella fase gas, mentre quelli più
pesanti (cioè meno
volatili) vengono recuperati nella fase liquida residua. La
d. è
quindi un caso particolare della vasta operazione di
frazionamento di
miscele. Occorre premettere che la separazione non può mai essere
completa. è possibile spingerla fin che si vuole, almeno da un punto di
vista teorico, cioè fino a recuperare un componente puro al 99% o 99,9% o
99,99% e così via, ma mai fino ad avere un componente puro al 100%. Per
far ciò occorrerebbe un'apparecchiatura di grandezza infinita, cosa
evidentemente impossibile. In pratica ogni componente della miscela è
recuperato con la purezza minima indispensabile per l'uso cui è
destinato. è evidente d'altra parte che una stessa sostanza deve avere
una purezza ben diversa secondo la sua destinazione (ad esempio per la
fabbricazione di concimi o di medicinali); naturalmente nei due casi alla
diversa purezza corrispondono prezzi ben diversi. Innanzitutto è
necessario chiarire la terminologia propria dell'impiantistica chimica, in modo
da evitare equivoci. Citiamo alcuni esempi. è noto a tutti che da una
soluzione di cloruro sodico (il comune sale da cucina) è possibile
recuperare il sale contenuto evaporando tutta l'acqua. Questa operazione viene
detta propriamente
evaporazione, in quanto solo uno dei componenti della
miscela (l'acqua) è volatile. L'evaporazione riguarda quindi la
separazione di miscele nei loro componenti volatili da quelli non volatili
(generalmente solidi a fine operazione). Se la separazione non è completa
si parla di
concentrazione. La
d. è invece l'operazione di
separazione di miscele di componenti tutti volatili (alcuni più, alcuni
meno). Essa si differenzia ancora dall'operazione di
assorbimento e
deadsorbimento o
stripping in quanto la fase vapore presente
è generata per riscaldamento del liquido, onde il gas ed il liquido a
contatto contengono gli stessi componenti, anche se con concentrazioni diverse.
Ad esempio si consideri una soluzione di ammoniaca in acqua, quale potrebbe
essere la comune ammoniaca (liquida) in commercio in soluzione al 37%. Se
attraverso questo liquido si fa passare una corrente d'aria (che è
praticamente insolubile in acqua) questa estrae l'ammoniaca dalla soluzione,
onde si è realizzata una separazione. Si tratta però di uno
stripping o deadsorbimento, in quanto si ha alla fine un gas che contiene
componenti (l'ossigeno e l'azoto dell'aria) che non erano presenti nella
soluzione; il recupero dell'ammoniaca pura si presenta poi complesso. Se invece
la stessa soluzione di ammoniaca viene riscaldata in un ambiente chiuso, la fase
gassosa che si forma contiene solo ammoniaca e vapor d'acqua, ma le proporzioni
di NH
3 e H
2O sono diverse da quelle presenti nella
soluzione; precisamente il gas è molto più ricco di ammoniaca,
onde si è realizzata una certa separazione. In questo caso si tratta di
una
d. Se si pensa di condensare completamente il gas ottenuto e poi di
ripetere di nuovo sul condensato l'operazione di
d., si ottiene una fase
gassosa più ricca in NH
3 di quella ottenuta la volta
precedente; facendo quindi molte operazioni successive è possibile
ottenere NH
3 alla purezza voluta (ad es. 98%), le impurezze essendo
sempre vapore d'acqua. Nella maggior parte dei casi questo metodo è poco
usato perché lungo e costoso. Esso ha però un'applicazione nota da
secoli: la produzione di acquavite dal vino o dalle vinacce. Per
d.
successive si ha una fase acquosa, poverissima in alcool ed una fase gassosa (o
liquida, dopo condensazione) che è ricca in alcool, cioè nel
componente più volatile della miscela, e costituisce la grappa
distillata. Insieme all'alcool vengono distillate anche altre sostanze molto
volatili, che conferiscono al prodotto il caratteristico odore e sapore. Nella
maggior parte dei casi la
d. è accoppiata alla rettifica.
L'operazione di rettifica è ancora un'operazione di separazione di
miscele: consiste nella condensazione parziale di una miscela gassosa. Si ha un
fenomeno parallelo a quanto avviene nella
d.: se la condensazione
è parziale si ottiene una fase liquida ed una gassosa, ma le
concentrazioni dei diversi componenti non sono uguali nelle due fasi.
Precisamente: la fase gassosa è più ricca nel componente
più volatile della miscela di partenza, mentre la fase liquida ne
è più povera (cioè è più ricca nel componente
più pesante). Lo stesso discorso vale naturalmente per miscele a
più di due componenti, salvo che i calcoli sono più complessi.
Viene quindi naturale pensare ad un accoppiamento di queste due operazioni,
cioè la realizzazione di quanto viene detto
d. con rettifica. In
questo caso viene sfruttata la separazione parziale realizzata sia con la
d. che con la rettifica; di conseguenza la separazione finale viene fatta
in un minor numero di stadi globali. La
d. con rettifica è
un'operazione comunissima nell'industria chimica; allorché è
applicabile è quasi sempre il metodo più economico per frazionare
le miscele liquide e gassose (previamente condensate). Le grandi torri in cui si
fa questa operazione costituiscono il simbolo delle raffinerie e dell'industria
chimica in generale. Per il calcolo delle apparecchiature di
d. e
d. con rettifica sono necessari i dati termodinamici sulle miscele da
trattare, e precisamente in primo luogo le
relazioni di equilibrio
liquido-vapore. Queste relazioni (espresse in una forma qualsiasi) dicono
quale è la composizione della fase liquida e della fase gassosa fra loro
in equilibrio in certe condizioni di temperatura e di pressione. Se sono poste
in forma grafica si dicono
diagrammi di stato liquido-gas. Tali relazioni
sono essenzialmente sperimentali. è possibile in qualche caso farne un
calcolo approssimato con certe formule, ed in casi rarissimi avere una legge
generale da applicare. Si parla allora di
miscele ideali, che obbediscono
alla
legge di Raoult. Per miscele a due componenti, che diremo A e B,
questa si enuncia così: "la pressione parziale di ogni componente in una
fase gassosa in equilibrio col suo liquido è data dal prodotto della
tensione di vapore del componente (nelle stesse condizioni della miscela)
moltiplicata per la sua frazione molare nella fase liquida". Esprimiamo questa
legge in forma matematica. Anzitutto la frazione molare di un componente in una
fase è data dal numero di moli di quel componente nella fase divisa per
il numero di moli totali della fase. Nel nostro caso, se
nA e
nB sono il numero di moli di A e di B nella fase liquida
questa sarà costituita di
n = nA +
nB
moli. Pertanto le frazioni molari
xA e
xB di
A e di B saranno date da:
è evidente che
xA +
xB = 1, cioè la somma delle frazioni molari dei
componenti di una miscela è l'unità. Se
PA e
PB sono le tensioni di vapore di A e B nelle condizioni della
miscela (cioè le pressioni sotto le quali bollirebbero A e B puri, in un
recipiente che contenga solo vapori di A e B puri nelle condizioni di
temperatura della miscela e pressione pari a quella sopra la miscela) e
pA e
pB sono le loro pressioni parziali nel
vapore sopra la miscela, sarà
pA +
pB
=
P pressione totale sopra la miscela. Allora la legge di Raoult si
esprime così:
pA =
xA
PA;
pB =
xB
PBDette
yA e
yB le frazioni molari del gas nella fase vapore (riservando
xA e
xB a quelle nella fase
liquida), se anche la miscela gassosa è ideale (cosa che si verifica se
vale la legge di Raoult) si ha che:
yA =
pA/P;
yB =
pB/P
onde, sostituendo nelle relazioni viste sopra
si trova:
yA =
xA
(
PA/
P);
yB =
xB
(
PB/P)
che legano la concentrazione di A e B nel
vapore a quelle nel liquido, dato che le tensioni di vapore dei componenti sono
constanti (a temperatura e pressione fissate). Se il componente A è
più volatile di B si ha che
PA >
PB onde si può facilmente dimostrare che
yA >
xA mentre
yB <
xB. Si vede pertanto che la fase vapore è più
ricca di A e più povera di B della fase liquida, come si è
già detto. Per i calcoli si suole introdurre anche la
volatilità relativa α che - se vale la legge di Raoult - si
esprime come α
AB=
PA/PB,
mentre nel caso generale vale:
Sulla
volatilità relativa sono basati i calcoli delle colonne di
d.; se
si è in presenza di più componenti, si usano le volatilità
relative di tutti meno uno rispetto a questo. I casi in cui la
d. diventa
impossibile (cioè non sortisce il suo scopo di frazionare la miscela)
sono due: componenti a volatilità circa uguale o formazione di azeotropi
(che è un caso particolare del precedente). Nel caso in cui le
volatilità siano molto prossime all'unità, la separazione che si
realizza ad ogni stadio di
d. è molto bassa; al limite è
nulla se le tensioni di vapore sono uguali e quindi α è unitario.
Occorrerebbero allora un numero molto grande di stadi, al limite infinito. Si
può allora modificare le volatilità relative introducendo altri
composti, opportunamente scelti; naturalmente questi devono essere poi separati
a loro volta onde il processo diviene più complicato. Questo caso
sarà trattato più avanti. Una separazione difficile, che si fa per
d. e rettifica con colonne molto alte è il frazionamento della
miscela propano-propilene nei suoi componenti, i quali hanno volatilità
circa uguale come si può vedere dai punti di ebollizione (propilene
-47,0°C; propano -42,5°C). Essa richiede colonne con un centinaio di
piatti. Nel caso in cui i componenti di una miscela formino un
azeotropo si ha in quel punto volatilità relativa unitaria, e la
miscela distilla e condensa invariata, onde non è possibile realizzare
alcuna separazione mediante
d. o rettifica. Anche in questi casi si
ricorre ad artifici. Prima di passare alla trattazione dei vari tipi di
d., occorre premettere che molto spesso essi vengono condotti per via
grafica, utilizzando i diagrammi di stato liquido-vapore (di solito a P
costante, cioè a pressione costante), cioè i cosiddetti diagrammi
T-x (temperatura-composizione). Da questi diagrammi si ricavano per
comodità di calcolo altri diagrammi, e precisamente i cosiddetti
y-x, che danno la frazione molare di un componente in fase vapore (che
è la
y) in funzione di quella fase liquida (che è la
x). Un esempio del passaggio da un diagramma
T-x ad uno
y-x
è dimostrato in figura; sono pure illustrati i diagrammi nel caso di
formazione di un azeotropo. Esaminiamo ora i casi più comuni di
d.
║
D. semplice discontinua o batch: in questo caso - che è
quello della
d. per produrre la grappa citato sopra - una
caldaia
(o
alambicco) viene caricata con un liquido e portata all'ebollizione. Il
vapore che si sviluppa viene condensato facendolo passare in un serpentino
raffreddato ad esempio con acqua. L'operazione procede fin che il distillato o
il residuo hanno una certa composizione prefissata. Il frazionamento può
essere reso più completo ripetendo più volte questa operazione;
ogni volta si avrà però una quantità sempre minore di
distillato. L'apparecchiatura necessaria è estremamente semplice. Per il
calcolo si può usare la formula:
in cui: F = carica iniziale; L = quantità di residuo
presente al tempo considerato;
x = frazione molare nel residuo dello
stesso relativa al componente che interessa; y' = frazione molare dello stesso
gas in equilibrio col liquido; W = quantità finale di residuo;
xF
e
xW = frazioni molari del complesso che interessa
rispettivamente nell'alimentazione e nel residuo finale. La relazione, detta di
Lord Rayleigh, può servire per determinare F, W,
xF
o
xW (una delle quattro, quando sono note le altre
tre). ║
D. semplice continua o flash distillation: in questo caso
si tratta di un'operazione continua, come dice il nome. Il principio però
è lo stesso del caso precedente. L'alimentazione passa in un
pipe
still, cioè in una tubazione riscaldata in una caldaia, indi viene
inviata in un separatore. Da questo viene estratto in testa il gas, mentre dalla
coda si ottiene il liquido. Si possono porre molte di queste apparecchiature in
serie, con ricicli di liquido per ottenere una buona alimentazione. Il
separatore gas-liquido è del tipo
a ciclone. L'operazione
può anche essere condotta sotto pressione ridotta; è usata
abbastanza spesso per effettuare un primo "taglio" di una miscela in due
frazioni, che vengono poi purificate separatamente, soprattutto nelle miscele di
idrocarburi leggeri. ║
D. in corrente di vapore: si tratta ancora
di una
d. semplice, nella quale il calore necessario per l'evaporazione
è fornito iniettando nella miscela vapore vivo. La temperatura alla quale
avviene l'operazione può essere regolata in un ampio intervallo agendo
sulla portata del vapore e sulla quantità di surriscaldamento con cui
esso viene alimentato. Questa
d. ha un grande vantaggio, che è
quello di permettere la
d. di componenti sensibili al calore ad una
temperatura inferiore a quella che li danneggerebbe, ma senza avere gli
inconvenienti che derivano dall'operare sotto vuoto. Infatti in questo caso la
pressione totale dell'apparecchiatura è data da quella del vapore e dalla
tensione di vapore dei componenti che distillano; si può quindi operare
ad esempio ad un'atmosfera di pressione totale anche se essi hanno una tensione
di vapore di qualche decina di millimetri di mercurio. Naturalmente si deve poi
operare una separazione nella fase gassosa per ottenere i componenti voluti
senza acqua. Ciò può essere fatto nella maggior parte dei casi in
modo semplice; dato che questa
d. si usa pressoché solo con
componenti immiscibili con l'acqua allo stato liquido, basta condensare il
distillato per realizzare con pochissima spesa la separazione. Questo tipo di
d. è molto usato nell'industria petrolchimica, farmaceutica e
alimentare.║
D. frazionata discontinua (o
d. discontinua con
riflusso o
d. e rettifica discontinua con riflusso): basilarmente si
opera come nella
d. semplice discontinua, ma il condensato che si ottiene
in testa alla colonna non viene estratto completamente, bensì una parte
viene rinviata (liquida) in testa alla colonna di
d. Essa scende in
questa verso il basso, costituendo quello che si dice un riflusso (di liquido).
La colonna è in generale riempita di corpi di forma opportuna o contiene
altri dispositivi in modo da aumentare la superficie di contatto fra il liquido
che scende ed i vapori che salgono. Si ha punto per punto un effetto di
d. e uno di rettifica: lungo tutta la colonna si ha evaporazione dei
componenti più volatili presenti nel liquido, mentre si ha condensazione
nei prodotti più pesanti contenuti nel vapore. Di conseguenza il liquido
che scende verso il basso si va arricchendo dei componenti più pesanti,
mentre il gas che sale si va arricchendo in quelli più leggeri. La
d. di questo tipo realizza quindi una buona separazione, tanto migliore
quanto più alta è la colonna e quanto maggiore è la
frazione di distillato che viene rimandata in colonna a costituire il riflusso.
Si definisce un rapporto di riflusso R come il valore della frazione:
R = L
o/D
dove L
o è la
portata di liquido di riflusso e D è la quantità di prodotto
distillato che esce istantaneamente dalla colonna. ║
D. e rettifica
continua (o
d. e rettifica): si opera come nel caso precedente, salvo
che l'alimentazione non viene fatta alla base della colonna ma ad una certa
altezza (a 3/4 o a metà altezza circa); dalla testa è estratto in
continuità il vapore che, condensato, costituisce in parte il prodotto
leggero e in parte il riflusso; dalla coda è estratto invece, sempre in
continuo, il prodotto pesante. Di solito il riscaldamento del liquido presente
in fondo alla colonna non è fatto direttamente ma in un'apparecchiatura a
parte detta ribollitore. L'alimentazione può essere liquida, gassosa o
mista; il tratto di colonna che sta sotto l'alimentazione viene detto di
stripping o
di esaurimento, mentre quello soprastante viene detto
di rettifica o
di arricchimento. Le apparecchiature in cui avviene
questa operazione sono sempre delle torri, di diametro variabile da qualche
decimetro a qualche metro e di altezza che può arrivare a 50 e più
metri. Esse possono essere riempite di materiale adatto per il contatto
gas-liquido oppure essere divise da
piatti. Nel primo caso l'operazione
avviene lungo tutta la colonna; nel secondo avviene solo sui piatti, onde
è detta
intermittente o
a stadi. Esaminiamo un semplice
metodo di calcolo per le colonne a piatti. Il risultato di questo calcolo,
essendo assegnata una certa miscela di cui sono noti i dati termodinamici e la
purezza voluta dei prodotti di testa e di coda è il
numero di piatti
teorici che essa deve avere. Da questo calcolo, tenendo conto che i piatti
sono tali per cui non si realizza mai su di essi l'equilibrio completo fra gas e
liquido, cioè dividendo per un fattore minore di uno detto
efficienza
del piatto, si ha il numero di piatti reali che deve avere la colonna. Dalla
produttività che essa deve avere e da altre considerazioni si fissa
quindi il suo diametro e la distanza fra i piatti, e quindi la sua altezza
totale. Il risultato è quindi il dimensionamento della colonna dal punto
di vista dell'ingegneria chimica. Nel calcolo esposto si fa riferimento ad una
miscela a due componenti aventi volatilità abbastanza diversa in tutto il
campo di composizioni che interessano; inoltre si faranno varie ipotesi
semplificative. è superfluo ricordare che esistono altri metodi di
calcolo; quello esposto fa uso di una costruzione grafica relativamente semplice
ed è detto
metodo grafico di Mc Cabe e Thiele. Questo metodo si
basa su un bilancio materiale e termico di una sezione di colonna; a sua volta i
bilanci sono basati sul principio di conservazione della massa e dell'entalpia.
è evidente che quanto entra nella colonna (a regime) deve essere uguale a
quanto ne esce, e quindi vale la relazione:
F = D + W
in
cui F è l'alimentazione, D è il distillato e W è il
residuo, tutti espressi in una certa unità (ad es. kg/ora oppure
kmoli/ora). Lo stesso si può scrivere su un tronco di colonna: la massa
di vapore che entra (dal basso) più la massa di liquido che entra
(dall'alto) è uguale alla massa di vapore e di liquido che escono
(dall'alto e dal basso rispettivamente). Gli stessi bilanci valgono ancora se
riferiti alle
entalpie di quanto entra e di quanto esce, tenuto conto di
apporti termici per riscaldamenti o dispersioni termiche. In generale le colonne
lavorano a temperatura vicina all'ambiente o sono coibentate, onde le perdite
termiche si trascurano; inoltre si fa l'ipotesi semplificativa che i calori
molari di evaporazione dei componenti siano fra loro uguali. Scrivendo il
bilancio materiale ed entalpico fra una sezione della colonna posta sopra
l'alimentazione e la testa della colonna, con opportune trasformazioni
analitiche si ottiene l'equazione di una retta detta
retta di lavoro del
tronco superiore della colonna che è precisamente:
in cui R = L
o /D
= rapporto di riflusso;
xD = frazione molare del componente
più volatile nel distillato;
x ed
y = coordinate del
diagramma di stato
x-y. Questa retta può essere riportata nel
diagramma
x-y per la miscela in esame, e sta fra la curva di equilibrio e
la retta
x = y (cioè la retta a 45°). Questa retta interseca
la
x = y nel punto
x = xD ed interessa solo nel campo
detto. Analogamente per il tronco inferiore della colonna gli stessi bilanci
portano ad una retta, detta
retta di lavoro del tronco inferiore della
colonna, che ha equazione:
in
cui i simboli hanno il valore noto, e inoltre: F = alimentazione; W = residuo di
fondo colonna;
xW = frazione molare del componente più
leggero nel fondo colonna. Anche questa retta nel diagramma
x-y sta, nel
campo che interessa, fra la retta
x = y e la curva di equilibrio; essa
interseca la
x = y nel punto di ascissa
x = xW. Una
volta fissato R (ad es. come tentativo) le due rette sono determinate, e si
incontrano in un punto ben preciso. I due tratti di retta per il tronco
superiore e inferiore costituiscono la linea di lavoro di tutta la colonna.
Partendo da uno dei due estremi e tracciando successivamente dei segmenti
orizzontali e verticali fra la linea di equilibrio e quella di lavoro ci si
sposta fino a giungere od oltrepassare l'altro estremo (cioè si parte dal
punto
y = x = xD e si va fino ad
y = x =
xW o viceversa). Questi tratti hanno un significato
ben preciso, ed esprimono delle condizioni di equilibrio e bilancio materiale
fra piatto e piatto, di cui omettiamo la dimostrazione. Il numero di gradini
così tracciato ha però un significato più preciso, in
quanto è pari al numero di piatti teorici necessari per realizzare la
separazione richiesta, cioè per avere un distillato avente frazione
molare
xD e un residuo avente frazione molare
xW (sempre per il componente più leggero). Dai piatti
teorici si passa quindi a quelli reali tenendo conto dell'efficienza. La
costruzione serve anche a determinare su quale piatto va inviata
l'alimentazione: è quello in corrispondenza al quale si ha l'intersezione
fra le due rette di lavoro (del tronco superiore e di quello inferiore). Si
può anche vedere che ponendo
xD = 1 oppure
xW = 0 si ottiene un numero infinito di piatti, il
che significa che una separazione del tutto completa è impossibile (come
si era già detto). Il rapporto di riflusso è molto importante per
quanto riguarda il numero di piatti necessari; esso diminuisce infatti
all'aumentare di R, ma contemporaneamente aumenta il consumo di calore per il
ribollitore e di freddo per il condensatore, onde si deve trovare (a tentativi)
un rapporto di riflusso opportuno. Molto spesso questo va da 2 a 5. Un altro
metodo di calcolo spesso usato è il cosiddetto
step by step o
piatto a piatto. Esso ha il vantaggio di essere molto preciso e di
fornire la composizione su tutti i piatti, dato che si parte dal piatto di testa
(o di coda) e si calcola successivamente la composizione su tutti gli altri uno
per uno ordinatamente. Richiede una mole notevole di calcolo, ma è molto
adatto alla risoluzione mediante calcolatore elettronico, onde è di uso
comune. Nel caso in cui si abbiano molti componenti, il calcolo diviene molto
più complesso; si usano dei metodi approssimati. Questo caso è
assai comune nella petrolchimica. Se necessario è possibile derivare da
piatti a diverse altezze della colonna delle correnti laterali aventi una certa
composizione. Ad esempio nella
d. del petrolio grezzo, oltre al prodotto
di testa e di coda della colonna si usa estrarre da 3 a 6 correnti laterali che
forniscono miscele di idrocarburi aventi diverso punto di ebollizione. ║
D. azeotropica: è usata per miscele che presentano un azeotropo, e
che non possono pertanto essere separate completamente. In questo caso,
distillando e rettificando una miscela di composizione non azeotropica si
ottengono due fasi: una composta da un composto praticamente puro, e l'altra
composta dall'azeotropo. Il caso che si presenta spesse volte è che
l'azeotropo, condensato, si smisceli in due fasi, cioè nei due componenti
i quali sono poco solubili l'uno nell'altro. In questo caso è possibile
separarli per decantazione: uno viene estratto tale e quale, mentre l'altro
viene rinviato nella colonna (ed è poi estratto dal fondo di questa, se
l'azeotropo è di massimo, caso più solito). Se il composto
ottenuto per smiscelazione dell'azeotropo non è abbastanza puro, si
può purificare ancora per
d. e rettifica; si ottiene il composto
puro e di nuovo l'azeotropo, che viene mandato al separatore di cui si è
parlato prima. è questo il caso di molte miscele binarie, una delle
più importanti è quella di acqua e n-butano. Se l'azeotropo non
è smiscelabile, caso anche questo molto comune nella tecnica (ad es.
acqua ed alcool etilico) non si può fare questa separazione, a meno di
trovare un terzo componente che formi coi due un azeotropo ternario smiscelabile
in due fasi che vengono poi trattate separatamente. è questo proprio il
caso della miscela acqua-alcool etilico, che forma un azeotropo ternario con il
benzene. ║
D. estrattiva: serve quando una miscela è
composta di due (o più) componenti aventi circa la stessa
volatilità, oppure che formano un azeotropo. Consiste nell'aggiungere
alla miscela un terzo componente di natura tale da avere una volatilità
molto diversa dai due, e tale da modificare la volatilità relativa dei
due, di solito abbassando quella del meno volatile. Si differenzia dalla
d. azeotropica con aggiunta di terzo componente per il fatto che non vi
è formazione di azeotropo ternario, e che pertanto il componente aggiunto
esce senz'altro in coda alla colonna, in miscela con un componente dal quale
viene separato in una colonna a parte. Questa operazione è molto diffusa.
Fra i casi più importanti ricordiamo la separazione del benzene dal
cicloesano (aggiunta di fenolo), la separazione butene-butano (aggiunta di
acetone e furfurolo), la separazione butadiene-butene (aggiunta acetone e
furfurolo), la separazione isobutano-normal butene-1 e n-butano da n-butene-2
(aggiunta di furfurolo), la separazione isoprene-pentene (aggiunta di acetone),
la separazione degli isoamileni, che servono per produrre isoprene, dalla
frazione degli idrocarburi a 5 atomi di carbonio (aggiunta di acido solforico),
la concentrazione dell'acido nitrico e cloridrico (aggiunta di acido solforico)
e così via. Per quanto riguarda la scelta del terzo componente da
aggiungere è possibile dare delle direttive generali, sulla base della
polarità delle varie molecole; i dati definitivi per la progettazione
devono però essere anche in questo caso sperimentali. L'apparecchiatura
si calcola come una colonna di
d., naturalmente a più componenti,
dato che ve ne sono almeno tre. ║
D. molecolare: forma di
d.
applicabile a quelle sostanze che sono estremamente sensibili a un
riscaldamento. Si opera sotto vuoto spinto fino a 0,001 mm Hg, benché
nella pratica industriale le pressioni comuni siano comprese fra 0,003 e 0,03 mm
Hg (cioè fra 3 e 30 micron di mercurio). è noto che il fenomeno
dell'evaporazione di una sostanza avviene al livello molecolare come il distacco
di molecole singole dalla massa liquida, allorché queste - trovandosi
alla superficie del liquido - ricevono per effetto dell'agitazione termica
un'energia cinetica sufficiente a vincere le forze di coesione che legano la
molecola alla massa liquida. In tal modo un certo numero di molecole per
unità di tempo passa nel gas che sovrasta il liquido, e si allontana da
questo per diffusione. Non tutte le molecole però si comportano
così; alcune, urtando contro molecole di gas, vengono "riflesse" verso la
superficie liquida ed, entrando a contatto con questa, sono di nuovo "catturate"
dal liquido. Questa riflessione, che in definitiva rende minore la
velocità di evaporazione, può essere evitata in massima parte
facendo avvenire la
d. sotto un vuoto spinto. A 0,003 mm di mercurio il
libero cammino medio delle molecole si approssima ad 1 cm, e gli urti detti
divengono molto rari. Inoltre è ben noto il
principio della parete
fredda. Se un recipiente chiuso contiene una massa di liquido posta in una
zona mantenuta calda mentre un'altra zona del recipiente è mantenuta
fredda, pian piano il liquido evaporerà dalla zona calda e
condenserà nella zona fredda fin che si sarà tutto raccolto in
questa zona. Sullo stesso principio si basa la
d. molecolare, solo che
essa avviene alle pressioni bassissime dette. Inoltre perché essa avvenga
bene si deve avere la zona fredda (o condensatore) molto vicino alla zona calda
(o evaporatore). In pratica se il libero cammino medio delle molecole si
approssima ad un centimetro, la distanza fra superficie di evaporazione e di
condensazione può essere anche di 3÷4 cm senza che molte molecole
evaporate ritornino al liquido da cui si sono staccate. L'apparecchiatura
necessaria a realizzare la
d. molecolare consiste essenzialmente in una
superficie evaporante, riscaldata elettricamente, sulla quale si distende un
sottile strato di liquido fermo o in moto laminare. Nelle immediate vicinanze vi
è la superficie condensante opportunamente refrigerata. La costruzione
può essere quanto mai varia secondo il tipo di lavoro; oggi però
nella pratica industriale si sono affermate le apparecchiature centrifughe, in
cui il liquido alimentato è disteso sulla superficie evaporante ad opera
della forza centrifuga; la stessa serve per lo scarico del condensato e del
residuo. Il tutto naturalmente è chiuso in un recipiente a tenuta in cui
entra l'albero del rotore. Dato che la tenuta non è mai perfetta, il
recipiente va naturalmente collegato sempre con una pompa a vuoto. Una di queste
apparecchiature è illustrata in figura le dimensioni variano da pochi
centimetri a circa 150 cm (di diametro); la velocità di rotazione
è compresa fra 400 e 500 giri/minuto. Lo strato di liquido evaporante
è compreso fra 0,005 e 0,1 mm di spessore. La capacità di
d. va di solito da 100 a 1.000 litri/ora di alimentazione. Da un punto di
vista impiantistico, questa
d. si può considerare come una
d. semplice continua. La
d. quindi potrà essere più
o meno spinta (cioè sarà possibile evaporare una quantità
maggiore o minore del liquido alimentato) secondo il tempo di permanenza del
liquido da evaporare sulla piastra riscaldata; a questo scopo si può
effettuare una regolazione ad esempio variando il numero di giri del rotore.
Naturalmente è anche possibile accoppiare più di queste
apparecchiature, ponendole una in serie all'altra allorché si voglia una
separazione tanto spinta da non essere ottenibile in un solo stadio. Questa
d. è estremamente costosa; è quindi impiegata in quei campi
in cui il costo del prodotto può ripagarla ampiamente, come ad esempio
nella purificazione di medicinali e vitamine. Negli altri casi, allorché
si ha un prodotto sensibile al calore, si ricorre alla
d. in corrente di
vapore mista, oppure alla
d. sotto vuoto (cioè ad una
d. e
rettifica condotta a bassa pressione, ad es. a 100 ÷ 500 mm Hg). ║
D. distruttiva:
d. che consiste in un forte riscaldamento fuori
dal contatto dell'aria, al quale si sottopongono certe sostanze solide (legno,
carboni fossili, scisti oleosi, ecc.) per liberare da essi sostanze volatili. Il
termine
distruttiva è usato perché spesso la liberazione di
queste sostanze comporta una distruzione più o meno spinta del solido che
le tratteneva, oppure addirittura una decomposizione termica di questo, con
liberazione appunto di sostanze volatili. è questo il caso ad esempio
della
d. del legno; questo viene carbonizzato (cioè trasformato
nel carbone di legna, costituito essenzialmente da carbonio) con liberazione di
acqua, alcool metilico, acido acetico, ecc. La
d. del carbon fossile
è pure un'operazione quanto mai comune; si ottiene come residuo il
coke (usato come combustibile od in metallurgia come riducente) ed il
gas illuminante, usato come combustibile (il comune gas di città,
che però di solito è miscelato con altri gas). La
d. degli
scisti oleosi porta all'ottenimento del cosiddetto olio di scisto, il quale per
successivi trattamenti può essere trasformato ad esempio in olio
lubrificante. La
d. distruttiva è compiuta in storte. Per la
descrizione delle apparecchiature usate per la
d. e rettifica
(V. DISTILLAZIONE, COLONNA DI).
Apparecchio per distillazione molecolare