Le Arti Figurative Il Settecento.

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ITINERARI - PAROLE E IMMAGINI - LE ARTI FIGURATIVE - IL SETTECENTO

IL RAZIONALISMO NEOCLASSICO

Il mutamento del gusto che verso la metà del Settecento mette in crisi la sensualità ed il virtuosismo esteriore della pittura tardo-barocca (Rococò), si sviluppa parallelamente al rinnovarsi dell'interesse per le civiltà classiche: in primo luogo per la Roma repubblicana e per la civiltà greca quali esempi di armonico sviluppo della personalità umana. Non più quindi solo un interesse culturale per gli antichi come accadeva nel Rinascimento, ma la ricerca di un ideale di perfezione non solo estetico ma anche etico e civile in contrapposizione all'edonismo, alla finzione e all'artificio del Rococò.

Parallelamente si intensificano le ricerche archeologiche: gli scavi di Ercolano iniziano nel 1738, quelli di Pompei nel 1748. Si pubblicano stampe sui monumenti dell'antica Grecia mentre anche l'Egitto viene riscoperto e prima delle campagne napoleoniche come dimostrano le Decorazioni del Caffè degli Inglesi di Giambattista Piranesi (1720-1778) le cui incisioni risalgono al 1769.

Tra il 1752 e il 1767 si pubblicano le Raccolte delle antichità egizie, etrusche, greche, romane e celtiche del francese Caylus.

Non era importante essere greci o romani ma rompere con i pregiudizi e le sovrastrutture tradizionali uscendo dal rigido schema classicità-cristianità e cercando di trovare un insegnamento per il presente attraverso un richiamo alla ragione ed alla libertà.

Mentre la ricerca archeologica diventa disciplina sistematica e, con il Winckelmann (che pubblica due saggi sull'argomento), la civiltà greca e i suoi ideali di bellezza vengono posti in primo piano, in Piranesi l'archeologia si tramuta in esperienza artistica. Le sue raccolte di incisioni esaltano la grandiosità delle rovine romane attraverso effetti esasperati di chiaroscuro e tagli prospettici violenti in cui la figura umana è spesso di ridottissime dimensioni. Le incisioni del Piranesi sono in bilico tra rappresentazione maniacalmente esatta e scientifica della realtà e assemblaggio grafico e scenografico realisticamente impossibile.

Nel loro lungo viaggio in Italia dove studiarono i monumenti dell'antica Roma, di Ercolano e Pompei, James (1732-1794) e Robert Adam (1728-1792) ebbero modo di conoscere Piranesi e le sue incisioni traendone spunti e riflessioni per il loro lavoro futuro.

La loro concezione totale dello spazio architettonico li porta a considerare tutti gli elementi costitutivi dell'abitazione: nella partitura architettonica dello spazio interno, come di quello esterno, vengono rielaborati motivi egizi, greci, romani, etruschi. Le decorazioni a stucco o affresco dei soffitti e delle pareti e quelle marmoree dei pavimenti sono concepite con la medesima unitarietà di stile degli elementi di arredo (cassettoni, specchi, tavoli, vasi, lumi, ecc.), disegnati dallo stesso Adam, e contribuiscono a creare un raffinato neoclassicismo domestico: un'architettura globale che però non è mai monotona.

Essi stessi esaltano il movimento ottenuto mediante aggetti e rientranze, elementi che risalgono e che discendono e altre differenze nella forma e nella distribuzione degli ambienti che avevano derivato, in parte, dallo studio delle terme romane. Tra il 1773 e il 1882 vengono pubblicati i volumi sulle loro opere architettoniche e album di incisioni per costruttori e artigiani: modelli per la ripetizione e la diffusione del loro stile.

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DAVID

L'opera di Jacques Louis David (1748-1825), Il giuramento degli Orazi, venne esposta dall'autore a Roma nel 1785 suscitando grande interesse tra gli artisti ma anche enorme successo tra il pubblico. È un'opera-manifesto: espressione tangibile di quell'ideale neoclassico di «nobile semplicità» e «serena grandezza» a cui aspirava il Winckelmann e che qui si manifesta attraverso l'uso della linea pura, della priorità del disegno quale strumento intellettuale e quindi espressione di una acquisita razionalità in opposizione al virtuosismo morboso e degenerato del Rococò. Vengono qui esaltati nello stesso tempo quegli ideali di semplicità e di severità dei costumi, di aspre virtù, che si riteneva appartenessero alla Roma repubblicana.

Non vi è nessun elemento che non sia funzionale alla declamazione oratoria della scena, nessuna concessione alla piacevolezza pittorica. I toni cromatici e le forme sono estremamente ridotti: il bianco e il rosso in contrapposizione bastano ad esprimere la tensione drammatica, le colonne sono semplici cilindri, gli archi sottolineano i diversi atteggiamenti e i gesti dei protagonisti.

L'enfatizzazione e la teatralità dei gesti e delle espressioni, è finalizzata, in David, alla volontà di educare il pubblico sugli esempi della virtù degli antichi, esaltando i valori di forza morale, del senso del dovere, della fierezza, dell'austerità di vita.

Jacques Louis David: "Il giuramento degli Orazi"

Jacques Louis David: "Il giuramento degli Orazi"

David dipinge il Marat assassinato nel 1793 quando la Rivoluzione era al suo apice e il re Luigi XVI veniva decapitato.

La piena partecipazione emotiva del pittore all'assassinio di Marat, ricordato dai più come un santo, un puro della rivoluzione francese, non è trascritta in termini di contingente rappresentazione cronachistica ma attraverso il tentativo di immettere l'evento in una dimensione astorica e perciò atemporale: è quindi necessario a David il riferimento del Cristo deposto del Caravaggio in cui il senso della morte, l'impotenza del corpo privo di vita viene espressa attraverso la verticalità del braccio abbandonato; ma anche nella rigorosa composizione formale impostata sugli assi cartesiani e schiacciata tra il piano della superficie della cassa e il fondo incombente e monocromo è presente il ricordo del Caravaggio. La descrizione del fatto avviene solo nella parte inferiore del quadro; gli effetti illusionistici degli scorci prospettici sono pressoché assenti. La povertà dei mezzi adoperati dal pittore rispecchia la povertà materiale in cui viveva il martire della rivoluzione.

Le virtù laiche del cittadino Marat sono evidenti negli oggetti che lo circondano: la semplice cassa di legno su cui scriveva, la vasca d'acqua in cui era costretto a causa di una malattia della pelle, la penna e il calamaio, il foglio con la supplica firmata dalla stessa persona che lo assassinerà, il coltello che lo ha ucciso. Un mondo di cose ancor più ridotto di quello degli Orazi testimonia in maniera essenziale ma eloquente le virtù morali di Marat che divengono, nello stesso tempo, modello da seguire ed in cui la descrizione del fatto di cronaca assume il rilievo della pittura di storia.

Jacques Louis David: "Marat assassinato" (1793)

Jacques Louis David: "Marat assassinato" (1793)

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CANOVA

La semplicità e la quieta grandiosità sono il riferimento costante anche di Antonio Canova (1757-1822).

L'artista interpretando i sentimenti di ira, dolore, gioia, speranza, pietà, ecc. ricerca quella compostezza distaccata che ritroverà più tardi nei marmi fidiaci del Partenone, e che egli attua attraverso una misurata gestualità, una levigatezza e finitezza tecnica e formale delle superfici sottilmente sensuale ed evocativa di una bellezza di perfezione classica.

Nella Tomba di Maria Cristina d'Austria rinnova profondamente la tipologia del monumento funerario: lo schema piramidale barocco che prevedeva in cima la statua-ritratto del defunto, viene sostituito da una piramide vera e propria, archetipo del monumento funebre e forma primaria (gli architetti illuministi la useranno spesso nei loro progetti utopistici) che diventa diaframma prospettico di separazione tra la luce ed il buio, la vita e la morte.

L'effige della defunta è scolpita su un medaglione mentre il corteo delle figure dolenti propongono il tema (e la virtù) della pietà e del ricordo come unica possibilità per il defunto di continuare a vivere attraverso la memoria dei vivi entrando nella storia, in alternativa alla metafisica sopravvivenza dell'anima nella religione, così come, per altri versi, aveva fatto David dipingendo il Marat assassinato.

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