Uccelli Longipenni

 

 

    

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Uccelli Longipenni

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VITA DEGLI ANIMALI - UCCELLI - LONGIPENNI

INTRODUZIONE

Nell'ordine dei lamellirostri abbiamo imparato a conoscere i più perfetti nuotatori in genere: in quello dei Longipenni conosceremo i dominatori alati del mare. Ad essi ben si confà l'appellativo di Uccelli Oceanici.
Il loro carattere differenziante principale è dato dallo sviluppo delle ali a spese del piede: ve ne sono bensì alcuni che camminano abbastanza bene, o che talvolta nuotano, ma il loro principale mezzo di locomozione è il volo, nel quale superano quasi tutti gli altri uccelli. Di struttura assai uniforme, hanno di norma corpo robusto, collo corto, testa di media grandezza, becco non molto lungo, compresso ai lati, acuto o uncinato in punta; i deboli piedi hanno le sole dita anteriori unite da una membrana interdigitale, spesso assai ristretta, le ali sono lunghe e acute e la coda di mediocre lunghezza, formata da dodici penne e troncata in linea retta, tondeggiante, acuta o forcuta.
Il dominio, la dimora, la patria dei Longipenni è l'oceano. Essi non si sono accostati al terreno che per nascere, e vi ritornano per compiere le operazioni della riproduzione: per tutto il resto dell'anno vanno errando sul mare, e per riposarsi scendono sulle onde o si soffermano sulle coste.
Quasi sempre socievoli, si riuniscono sovente, specie al tempo della cova, in stormi che comprendono un numero incalcolabile di individui; accorti ed intelligenti, non danno però alcun segno di amore per il prossimo, di abnegazione o di virtù, guardano gli altri volatili con odio e l'uomo con malevolenza ed invidia. Fanno eccezione quelli che vivono costantemente nell'oceano, e che hanno imparato a destreggiarsi nella furia degli elementi, ma si comportano con assoluta stupidità nei confronti dell'uomo.

 

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RONDINI DI MARE

Volendo introdurre nell'ordine dei longipenni una grande divisione tra quelli che vivono in prossimità delle coste e quelli che sono propriamente uccelli oceanici, la famiglia che incontriamo subito nel primo gruppo è quella delle Rondini di Mare, note anche con il nome di Sterne. Si tratta di uccelli piccoli o di mole mezzana, snelli e dotati di becco lungo quanto la testa, duro e dritto o appena incurvato al culmine; hanno piedi piccoli e bassi, ali molto lunghe, strette ed acute, e coda composta di dodici penne e più o meno profondamente biforcuta.
Le Sterne abitano in tutte le zone della Terra, più numerose, tuttavia, in quelle calde e in quelle temperate che in quelle fredde; vivono sul mare e sulle acque dolci, e migrando seguono le coste, oppure il corso dei fiumi. Benché irrequiete ed in continuo movimento dall'alba al tramonto, non si allontanano quasi mai dal lembo di terra che si sono scelto a dimora, e ad esso fanno continuamente capo al termine dei loro movimenti: i quali sono difficoltosi e gonfi, sia sul suolo che in acqua, mentre si svolgono con armonia e velocità nell'aria, loro elemento naturale. Non a caso il nome volgare le avvicina alle rondini: come quelle sanno sfrecciare alzarsi abbassarsi, compiere le evoluzioni più ardite, e insomma consumare l'intera giornata, si potrebbe dire, nell'aria.
Per nidificare, le Rondini di Mare si riuniscono ogni anno negli stessi luoghi: le specie che vivono in mare sulle lingue di terra sabbiose, oppure sulle isole nude o sui banchi di corallo, le altre nell'interno dei continenti, in regioni simili, ma meno nude, oppure in prossimità di laghi e paludi. Ogni specie cova di solito societariamente e separata dagli altri uccelli, non costruendo un vero nido se non tra le paludi: negli altri casi esse si limitano a deporle (in escavazioni poco profonde, le une tanto vicine alle altre che le femmine covanti coprono letteralmente vaste zone di terreno) da tre a quattro uova e, in certi casi, soltanto due. Ve ne sono poi altre che covano sugli alberi, deponendo un unico uovo tra le ineguaglianze della corteccia dei rami o sulle loro biforcazioni. Entrambi i sessi si alternano nell'incubazione, e dopo due o tre settimane i piccoli vengono al mondo coperti di piumino variegato, già abilissimi nei movimenti, ma attentamente sorvegliati dal padre e dalla madre.
I quadrupedi da preda, i corvi, i gabbiani di grandi proporzioni, insidiano le uova ed i piccoli, ed i grandi rapaci anche gli individui adulti. Anche l'uomo talvolta molesta questi uccelli, soprattutto per impadronirsi delle loro uova, dal momento che né le carni, né le penne hanno per lui la minima importanza.

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STERNA MAGGIORE (Hydroprogne caspia)

E' il tipo del gruppo delle sterne maggiori, la specie più grande della famiglia, i cui caratteri sono dati, morfologicamente, dal corpo robusto e tarchiato, dal becco forte e voluminoso, lungo più della testa, dal piede piccolo con palmature poco intaccate, dalle ali lunghe e dalla coda leggermente forcuta. Lunga intorno ai cinquanta centimetri, con un metro e venticinque d'apertura alare, la Sterna Maggiore propriamente detta ha la testa nera, i lati del corpo, le parti inferiori e la parte alta del dorso di un bianco splendente, il mantello azzurro-chiaro; il suo occhio è bruno, il becco rosso-chiaro; il suo occhio è bruno, il becco rosso-corallo ed il piede nero. Nell'abito invernale la testa è mista di bianco e di nero, mentre in quello giovanile il dorso appare bruniccio con macchie trasversali.
La Sterna Maggiore è originaria del centro dell'Asia e delle zone meridionali del nostro emisfero; d'inverno compare sul margine meridionale del Mediterraneo, sui laghi dell'Egitto inferiore, nell'interno dell'Africa, a nord del Mar Rosso, sull'Oceano Indiano e nelle Indie Orientali. Nel periodo estivo le sue sedi di residenza sono principalmente collocate in prossimità delle acque interne, mentre nel corso dell'inverno sembra prediligere le coste marine, dalle quali non si allontana che di poche miglia.
Con la testa nera ed il becco rosso puntato verso il basso, questa sterna si confonde difficilmente con qualsiasi altro uccello quando vola lungo la superficie dell'acqua, l'occhio intento a cercare ogni possibile preda. Per riposare essa va a collocarsi con parecchie altre compagne, in numerosissimi stormi, sulle rive sabbiose, ed in queste comunità regna un'immobilità assoluta.
Per il resto, pensano ognuna per sé, e molto bene: come sa anche l'uomo, che le conosce per animali estremamente timidi e prudenti, rapidi a sottrarsi ai suoi tentativi di accostamento.
Il cibo di questo autentico rapace è costituito principalmente di pesci, cui si accompagnano in minor quantità insetti e crostacei. Esso ha pure l'abitudine di attaccare le uova ed i nidi degli uccelli che covano sulle rive, i quali non appena lo vedono accostare levano alte strida e gli si scagliano addosso nel tentativo di allontanarlo.
Le sterne maggiori non incominciano a deporre le uova prima della metà di maggio. Abbiamo già accennato alla loro abitudine a nidificare in società: queste colonie comprendono un gran numero di nidi, semplici escavazioni del terreno che distano tra di loro cinquanta o sessanta centimetri e contengono non più di tre uova di color gialliccio-sporco con punti e macchie più scuri. Se qualcuno si avvicina, entrambi i coniugi e soprattutto il maschio svolazzano minacciosamente, cercando di allontanarlo; se però la minaccia diviene insistente, è facile che abbandonino la covata, e attendano gran tempo per tornarvi, a causa della loro grande timidezza. I piccoli, appena nati, corrono fuori del nido e vengono subito addestrati dai genitori, che li provvedono di piccoli pesci e di altri teneri alimenti.
Riesce praticamente impossibile anche ai più forti falchi nobili insidiare seriamente questi uccelli, che hanno nel becco un'arma di difesa formidabile e la usano secondo le indicazioni di una natura estremamente battagliera.

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STERNA o RONDINE DI MARE (Sterna hirundo)

Il genere, di cui la Sterna propriamente detta è tipo, si distingue per il becco sottile, alquanto arcuato e corto, per il piede molto basso e per la coda profondamente forcuta. La Sterna è rivestita da un piumaggio simile a quello dell'affine precedente, con l'eccezione delle parti inferiori che sono grige e del piede che è rosso; misura in lunghezza intorno ai quarantadue centimetri, quindici dei quali fanno parte della coda, ed ha un'apertura alare di ottanta centimetri.
L'area di diffusione di questi uccelli comprende tutta la zona temperata settentrionale del vecchio e del nuovo mondo; le loro sedi ideali sono stabilite intorno ai fiumi ed ai laghi d'acqua dolce, più di rado sulle rive del mare, tanto nel corso dell'estate che durante l'inverno, stagione che essi trascorrono nelle regioni meridionali dei rispettivi continenti e, per quelli che abitano l'Europa, anche nel nord dell'Africa.
I luoghi di nidificazione sono le basse isole ed i terrapieni delle coste o degli argini dei fiumi, dove in piccole escavazioni appositamente praticate o rinvenute già bell'e fatte le femmine depongono, verso il mese di maggio, da due a tre uova grandi e colorate di gialliccio-ruggine con macchie e punti più scuri. La femmina cova regolarmente di notte, il maschio la sostituisce al mattino: mentre nelle ore del pomeriggio più caldo le uova vengono lasciate al calore del sole. I piccoli sgusciano dopo sedici o diciassette giorni, crescono rapidamente e nella terza settimana di vita sono in grado di volare.

Rondine di mare

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FRATICELLO (Sterna albifrons)

Il Fraticello si differenzia somaticamente dagli affini unicamente per il becco alquanto più corto e robusto, per le palmature meno intaccate e per la coda meno profondamente forcuta; le sue misure vanno dai venti centimetri circa della lunghezza, ai sette della coda, ai diciotto circa dell'ala ed ai quarantacinque dell'apertura alare. L'abito appare colorato di bianco sulla fronte e sulle parti inferiori, nero sull'alto del capo e sulla nuca, grigio-cenere sul mantello e sulle ali. L'occhio è bruno, il becco giallo ma con la punta nera, il piede giallo-fango.
Il Fraticello, la più piccola specie della famiglia delle rondini di mare, allarga la propria area di diffusione su quattro continenti: Europa, Asia, Africa ed America, nei quali abita di preferenza le acque dolci, senza tuttavia rifuggire completamente da quelle del mare, e dove compie regolari migrazioni stagionali. Molto simile agli affini in tutti i movimenti, specialmente nel volo spiega le migliori qualità: e, quando più individui si incontrano nell'aria, danno spesso vita ad inseguimenti, acrobazie ed evoluzioni eleganti e rapidissime, che solo di rado sfociano in baruffe del resto difficilmente gravide di conseguenze dannose.
Pesciolini, vermi, insetti e crostacei sono il cibo consueto di questi uccelli, che per nidificare scelgono le regioni ghiaiose in vicinanza delle foci dei fiumi oppure le isole dello stesso genere che ne segnano il corso, sempre in posizioni protette al massimo dalle visite dell'uomo. I nidi sono abbastanza distanti l'uno dall'altro, e consistono in semplici escavazioni del terreno: contengono di norma due o tre uova di fondo giallo-ruggine con macchie, punti e ghirigori, alla cui cova si dedicano alternativamente i due coniugi. L'allevamento della prole segue secondo i modi già descritti parlando delle altre sterne.

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MIGNATTINO (Hydrochelidon nigra)

Il Mignattino è una rondine di mare di struttura piuttosto robusta, ma di forme eleganti, con il becco debole, i piedi alti, le ali lunghe e la coda relativamente corta e poco forcuta.
Il Mignattino propriamente detto misura in lunghezza circa ventitré centimetri, ne ha otto di coda, quasi venticinque d'ala e poco meno di settanta d'apertura alare; il suo abito è colorato di nero-velluto sul capo, sul petto e nel mezzo dell'addome, di grigio-azzurrognolo sul mantello e di bianco sul sottocoda, mentre le remiganti sono grigio-cupe con margini più chiari e le timoniere sono grigio-chiare. Il suo occhio è bruno, il becco nero-grigio ma rosso alla radice, e il piede rosso-bruno. Dopo la muta autunnale, solo l'occipite e la nuca mantengono il colore nero, mentre la fronte e tutte le parti inferiori divengono bianche; nell'età giovanile, le piume del mantello e le copritrici delle ali sono orlate di giallo-ruggine.
I mignattini non si muovono sul terreno meglio delle altre sterne, e nuotano più di rado e meno abilmente di esse; trascorrono la loro giornata, attivissimi dall'alba al tramonto, quasi completamente in volo, dimostrando in questo senso doti motorie eccellenti, che solo il tempo cattivo e segnatamente i venti impetuosi riescono a disturbare. E' raro che per procurarsi il cibo si lancino nell'acqua dopo aver avvistato la preda: cibandosi quasi esclusivamente d'insetti, li colgono al volo tenendosi non molto alti dal pelo dell'acqua e calandosi su di essi non di slancio, ma in linea obliqua. Nelle loro battute di caccia, caratterizzate da grande varietà di movimenti, assomigliano perciò più alle rondini vere e proprie che non alle altre rondini di mare, e solo eccezionalmente ammettono nella loro dieta pesciolini o altri piccoli animali acquatici. Molto socievoli tra di loro, non mostrano invece alcun interesse per le altre specie di uccelli.
Il nido di questi uccelli viene quasi sempre costruito nel mezzo delle paludi e dei pantani, non necessariamente galleggiante ma per lo più molto basso, in modo tale da trovarsi facilmente esposto alle variazioni del livello delle acque. Alla sua base si trovano regolarmente delle sostanze vegetali raccolte in notevole quantità ed alcune volte in mucchi veri e propri, e su di esse il nido è formato di materiali secchi, foglie di canne e cannucce, steli di erba, piccole radici e simili, disordinatamente intrecciati. Al principio di giugno vi si possono trovare due, tre, più di rado quattro uova di colore bruno-olivastro con punteggiature più o meno fitte e macchie grige, bruno-rosse o nere. I piccini vengono alla luce dopo un paio di settimane, ed hanno bisogno di altrettanto tempo per imparare a svolazzare ed abbandonare il nido; divenuti abili al volo, seguitano per lungo tempo a restare assieme ai genitori, chiedendo loro continuamente il cibo e molestandoli per questo motivo anche durante la migrazione.
E' soprattutto nelle regioni meridionali, in modo particolare quelle d'Europa, che l'abitudine di tendere insidie d'ogni genere a questi uccelli è diffusa.

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MIGNATTINO ZAMPE ROSSE o ALI BIANCHE (Hydrochelidon leucoptera)

Questa seconda specie si differenzia dalla precedente unicamente per la diversa distribuzione dei colori dell'abito. Le piume del tronco sono d'una cupa e vellutata tonalità nera, le ali sono grigio-azzurre nella parte superiore, le scapolari e la punta delle remiganti secondarie sono grigio-bianche, il groppone e le timoniere decisamente bianchi. Il becco è rosso-ciliegia, ma con la punta nera, ed i piedi rosso-lacca.
Sotto ogni altro aspetto, compresi l'area di diffusione, i luoghi preferiti per abitare, i modi di vita, il cibo e la riproduzione, il Mignattino Zampe Rosse non si discosta che per trascurabili particolari dall'affine.

RONDINE DI MARE PIOMBATA (Hydrochelidon leucopareia)

E' la terza principale specie di mignattino. Nel suo abito, il nero dell'alto del capo e della nuca è separato dall'azzurro-grigiastro della parte inferiore del collo da un'ampia striscia bianca disposta come una redine, mentre il petto è grigio-cupo, il mantello grigio-chiaro e l'addome biancastro.

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GIGE CANDIDA (Gygis candida)

La Gige Candida è un uccello di forme snelle, con il becco lungo, gracile e visibilmente piegato verso l'alto; ha lunghe ali, coda profondamente intaccata e piedi corti con le dita unite da brevi membrane interdigitali. Il suo piumaggio è bianco come la neve e morbido come seta, i suoi occhi sono neri, il becco azzurro-cupo alla radice e nero alla punta, il piede giallo-zafferano.
Questa rondine di mare appartiene all'Oceano Pacifico, e si trova fra le affini su tutta la costa di sud-est dell'Australia, dalla Baia di Moreton fino al Capo York. Innanzitutto, essa sceglie per vivere, e per riposare in particolare, le foreste cupe ed ombrose, posando sugli alberi o scorrendo agilmente sui loro rami. Singolare è poi il modo in cui depone le uova: non sul nudo terreno o in nidi grossolani, come fanno le affini, ma sopra i rami orizzontali dei grandi alberi. Ogni coppia depone un uovo solo, voluminoso e segnato da macchie, punti e ghirigori bruni sul fondo bianco-bruniccio; e si dedica con amore straordinario tanto all'incubazione che all'allevamento dei nuovi nati. Questi ultimi, poiché non possono abbandonare il nido prima di aver imparato a volare, sono esposti al rischio di precipitare dal ramo che li ospita e di fracassarsi le membra.
Vengono nutriti specialmente di piccoli pesci, ma anche di ragni e di insetti raccolti dai genitori sulla corteccia e sulle foglie degli alberi.

NODDY (Anous stolidus)

Il Noddy, o Sterna Stolida, ha come tratto più spiccante del carattere l'ottusità, che si manifesta non solo con un'estrema mancanza di timidezza per cui sovente l'uomo può addirittura coglierlo a mani nude, ma anche in tutto il modo di fare e nel volo instabile e poco sicuro.
Il Noddy è tra le rondini di mare più diffuse, poiché si trova tanto nell'Oceano Atlantico che nel Pacifico, specialmente comune in quest'ultimo: numerose colonie nidificanti si incontrano sulle coste del Messico e dell'Australia.

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RINCOPI

Le Rincopi, o Becchi a Cesoie, stanno alle rondini di mare nello stesso rapporto in cui le civette stanno ai falchi. Uccelli di abitudini notturne, hanno corpo slanciato, collo lungo, testa piccola, ala abbondante e coda di media lunghezza e forcuta. Il loro singolarissimo becco non si può paragonare che alle due lame di una forbice, aggiungendo che la mascella inferiore è molto più lunga della superiore ed aumenta così la stranezza di quest'organo. Le gambe, infine, sono abbastanza lunghe ma sottili e quindi deboli, e le dita anteriori sono congiunte da una palmatura profondamente intaccata.

RINCOPE ORIENTALE (Rhyncops orientalis)

La Rincope Orientale, l'unica specie delle famiglia sulla quale ci fermeremo con qualche cenno, è un uccello della lunghezza di quarantadue centimetri, con coda di sette, ali di oltre trenta ed apertura alare di un metro e dieci. E' colorata di bianco sulla fronte, la faccia, la coda, le parti inferiori e le grandi copritrici delle ali, mentre la sommità del capo, la parte posteriore del collo, la nuca ed il mantello sono bruno-neri; ha inoltre il becco ed i piedi rosso-corallo, e l'occhio bruno-scuro.
Originaria del continente africano è diffusa specialmente lungo il corso dei fiumi e, in numero minore, nei pressi delle acque ferme e sulle coste marine; riunita quasi sempre ad un buon numero di compagne, questa rincope trascorre gran parte del giorno immobile sui banchi di sabbia, per lo più accosciata sull'addome oppure ferma sui piccoli e deboli piedi. Ci vede anche con la luce del sole, ma per indurla a volare è necessario spaventarla. Con il calare delle ombre si mette in movimento, e nel corso della notte svolge le sue cacce scorrendo lungo la superficie dell'acqua, le ali rivolte leggermente verso l'alto e il collo piegato in basso: di tanto in tanto immerge il becco nelle onde, e solcandole ne coglie gli insetti, parte essenziale del suo cibo. Quando i branchi delle rincopi si mettono in volo, fanno sovente udire delle voci singolari e lamentevoli, difficili a descriversi e diverse da quelle di qualsiasi volatile. Le rincopi orientali nidificano in grandi comunità nelle isole sabbiose, l'una coppia vicinissima all'altra e tutte stabilite nei pressi di un nido, che consiste in una semplice escavazione del terreno curiosamente circondata da solchi, che si irradiano in tutte le direzioni e che, evidentemente, sono opera del becco dei costruttori. Le uova sono molto simili a quelle di certe rondini di mare, hanno forma nettamente ovale e sono colorate generalmente di verdiccio-grigio con macchie e striscioline più scure. I piccoli, a quanto pare, crescono molto lentamente, e vengono protetti ed istruiti con grande amore da entrambi i genitori.

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GABBIANI

I Gabbiani costituiscono una famiglia chiaramente delimitata, i cui componenti appaiono conformati e robusti e di mole molto varia. Hanno corpo forte, collo corto, testa piuttosto voluminosa, becco dallo squarcio molto ampio e dalle mascelle fortemente compresse, dritto fino alla metà del culmine della superiore e poi dolcemente piegato al basso; hanno piedi di media altezza, con tarsi snelli e generalmente muniti di quattro dita, di cui le tre anteriori unite dalla palmatura; le ali sono grandi, larghe, lunghe e acuminate, e la coda, formata da dodici penne, è di solito troncata in linea retta e talvolta leggermente forcuta oppure allungata nel mezzo. Il loro colorito è delicato e grazioso, e generalmente molto uniforme.
Diffusi in tutte le regioni del globo, i Gabbiani appartengono tuttavia soprattutto al nord, e il loro numero va diminuendo man mano che ci si allontana dalle coste settentrionali. Poche specie si staccano molto dalle coste, e comunque vi fanno sempre ritorno: i Gabbiani si possono perciò considerare uccelli da spiaggia, e giustamente la loro presenza è giudicata dai marinai come segno della prossimità della terra. Più che il mare aperto, preferiscono le acque interne, lungo le quali si inoltrano seguendo il corso dei fiumi; quasi tutti poi compiono regolari migrazioni, alcuni sono soltanto escursori e nessuno, in pratica, può considerarsi veramente stazionario.
Nel fare e nell'indole dei Gabbiani i lati piacevoli si mescolano a quelli sgradevoli. Camminano bene, nuotano e soprattutto si tengono a galla con leggerezza, volano di norma in modo eccellente, a lenti colpi d'ala oppure scorrendo per lunghi tratti, al modo stesso dei grandi rapaci, ad ali spiegate; come tuffatori non sono tra i più esperti, ma in certi casi si affondano nell'acqua per decine di centimetri, lasciandosi cadere dall'alto, e possiedono una voce generalmente roca e stridula, sgradevolissima a sentirsi. Tra i loro sensi primeggiano la vista e l'udito. Le qualità dell'intelletto sono sempre piuttosto sviluppate, e ne fanno degli uccelli accorti ed intelligenti, di solito diffidenti verso l'uomo, ma non per questo indotti a tenersi costantemente lontani dalle sue case, che spesso sono per essi fonte di graditissimo cibo. Riuniti, specie nel periodo della riproduzione, in masse che possono raggiungere confini sterminati, sono tuttavia molto consci della loro bellezza e della loro forza, portati a signoreggiare e ad attaccare malignamente gli altri uccelli, anche, magari, quelli con cui condividono le stanze di riproduzione.
I nidi del Gabbiano, quasi sempre vicinissimi gli uni agli altri, sono costruiti differentemente a seconda della località - ora composti di materiali vegetali accostati alla meglio, ora semplicemente scavati nel terreno -, e contengono un Sumero di uova variabile da due a quattro, di colore verdastro-bruno o verdiccio-sporco con macchie cinerine o tendenti al nero. La cova, opera comune di padre e madre, si prolunga per tre o quattro settimane, dopodiché vengono alla luce i piccoli rivestiti di un piumino fitto e macchiato. Sono in grado di muoversi appena nati, e lo fanno quando i nidi consentono loro una rapida uscita: ma, se si trovano negli spacchi delle rupi, o sulle loro sporgenze, debbono attendere lo spuntare delle remiganti prima di potersene allontanare. Inizialmente i genitori li nutrono con sostanze a metà digerite, poi con cibi raccolti appositamente tra i più teneri; quando hanno imparato a volare, si trattengono ancora per qualche tempo in famiglia, e poi si sparpagliano in tutte le direzioni.

Gabbiani

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MUGNAIACCIO (Larus marinus)

Il Mugnaiaccio fa parte, insieme con le altre specie maggiori della famiglia, dei gabbiani propriamente detti, i quali hanno in comune tutti i tratti caratteristici e si differenziano l'uno dall'altro unicamente per i colori dell'abito. Parlando di esso, perciò, daremo una descrizione che può essere perfettamente applicata anche agli affini più stretti; relativamente ai quali, ci limiteremo ad indicare i pochi elementi distintivi che li riguardano individualmente.
Lungo oltre sessanta centimetri, il Mugnaiaccio ha un'apertura alare che supera il metro e sessanta centimetri, mentre la sua coda è lunga circa diciotto centimetri e le singole ali toccano i quarantadue centimetri. La testa, il collo, la nuca, tutte le parti inferiori, il basso del dorso e la coda sono d'un bianco abbagliante; l'alto del dorso e le ali sono neri, e le punte delle remiganti bianche. L'occhio è grigio-argento, l'anello perioculare rosso-cinabro, il becco giallo, ma con la mascella inferiore rossa prima della punta, il piede giallo-chiaro.
Il cibo di questo uccello comprende in parte preponderante pesci di varia mole, e poi carogne di mammiferi e di pesci, uccelli giovani o deboli, uova, vermi e piccoli animali di tutti i generi; a volte si impadronisce di molluschi e crostacei racchiusi nel loro guscio, e, se questo è troppo duro, lo lascia cadere dall'alto sulle rupi perché vada in frantumi.
I mugnaiacci nidificano socievolmente, spesso assieme alle specie affini e comunque sempre in società piuttosto numerose; scelgono terreni sabbiosi o palustri, nei quali scavano dei piccoli buchi destinati, così come sono o appena ammorbiditi con qualche lichene, ad accogliere le uova. Queste sono di solito tre di fondo grigio-verdiccio con punti e macchie più scuri; entrambi i genitori si dedicano all'incubazione, e difendono accanitamente, non esitando ad attaccare anche l'uomo, sia le uova che i nuovi nati.

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GABBIANO REALE (Larus argentatus)

Stretto affine del mugnaiaccio, ha quasi la sua stessa mole. Ne condivide ogni particolare caratterologico, e se ne stacca unicamente per il colore azzurro del suo mantello.

ZAFFERANO MEZZO MORO (Larus fuscus)

Si distingue dal mugnaiaccio solo per le dimensioni leggermente ridotte.

GABBIANO BORGOMASTRO o GLAUCO (Larus hyperboreus)

E' alquanto più grande del mugnaiaccio, e si riconosce specialmente per il mantello azzurro-chiaro e per le bianche remiganti.

GABBIANO POLARE o ISLANDICO (Larus leucopterus)

E' leggermente più piccolo del borgomastro, e per il resto molto simile ad esso.

PAGOFILA EBURNEA (Pagophila eburnea)

La Pagofila è caratterizzata dal corpo snello, dalla lunghezza delle ali e della coda e dai piedi bassi, muniti di corta palmatura.
La Pagofila Eburnea, in particolare, è un gabbiano della lunghezza di circa cinquanta centimetri, con apertura alare di un metro e cinque centimetri, coda di tredici e ali di trentacinque, è colorata, come del resto tutte le affini, di un bianco puro che solo sulle ali appare talvolta soffuso di roseo, ed ha inoltre l'occhio giallo, l'anello perioculare rosso-cremisi, il becco azzurrognolo fin verso la metà e poi giallo-rosso, i piedi neri.
In età giovanile la testa ed il collo sono grigiastri, mentre il mantello, le penne remiganti e la punta delle timoniere sono macchiati di nero.
Questo elegante uccello è originario dell'estremo nord della Terra, e non abbandona i ghiacci mobili dei mari artici che in casi molto eccezionali: lo si è osservato regolarmente allo Spitzberg, nel Mar Glaciale Asiatico, in Groenlandia, mentre dall'Islanda è già assente.
Assieme alla procellaria glaciale si trova numerosa dove vengono squartati le foche e i trichechi, di cui divora gli avanzi; ed il suo nutrimento principale, assieme con qualche animale acquatico sorpreso nel corso delle battute di caccia, consiste negli escrementi dei due animali nominati. Le pagofile si soffermano silenziose ed immobili, in gruppi di quattro o cinque individui, intorno ai buchi scavati nel ghiaccio, dai quali sono solite uscire le foche, ed aspettano ch'esse si siano allontanate per cibarsi dei loro escrementi.
I nidi vengono in comunità collocati nelle ripide pareti che scendono verso il mare, nelle screpolature e nelle cavità aperte ad un'altezza raramente inferiore ai trenta metri. Sono quindi delle posizioni quasi inaccessibili, anche se nelle medesime pareti, ad elevazioni largamente superiori, vanno a stabilirsi per nidificare altre specie di gabbiani, evidentemente, ancor più desiderose di assicurare alle loro uova ed alla loro prole una sicurissima difesa. Giungere a questi piccoli fortilizi fu tutt'altro che agevole per i primi naturalisti che tentarono l'impresa: essi poterono tuttavia accertare che il nido delle pagofile è un incoerente ammasso di sostanze vegetali destinate ad ammorbidire la scabra superficie della roccia e ad accogliere le uova, diligentemente covate da entrambi i genitori.

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GABBIANO TERRAGNOLO (Rissa trydactyla)

Il Gabbiano Terragnolo, osservato da vicino, si presenta come rappresentante di un genere particolare, avente come carattere più spiccato la mancanza, pressoché totale, del dito posteriore; possiede inoltre un becco piuttosto debole e piedi relativamente corti. Lungo fino a quarantatré centimetri, ne ha dodici di coda, trenta d'ala e oltre novantacinque d'apertura alare; ed il suo abito è di un bianco abbagliante sulla testa, sul collo, sulla parte inferiore del dorso, sulla coda e sulle parti inferiori; azzurro sul mantello, grigio-bianco sulle remiganti, le cui punte sono, però, tinte di nero. L'occhio è bruno, l'anello perioculare rosso-corallo, il becco giallo e segnato di rosso-sangue agli angoli dello squarcio, il piede nero.
Nel fare e nell'indole il Gabbiano Terragnolo si diversifica dagli affini specialmente per la maggior socievolezza e per l'accentuata smania di gridare. Cammina male e di rado, nuota volentieri, vola con la consueta abilità ed è portato a vivere sempre in compagnia di milioni di suoi simili, con i quali molto difficilmente viene a lite, guidato com'è da una natura estremamente docile e remissiva. La sua voce sonora ed acuta si sente praticamente solo nel periodo della riproduzione, ma si compone allora in concerti veramente clamorosi, come del resto è facile intuire se si pensa al numero degli sgradevoli strumenti che entrano ad immettervi i loro suoni. Il suo cibo viene quasi esclusivamente da quella formidabile, inesauribile miniera che è il mare. Certo, riesce difficile capire in che modo questi milioni di esseri voracissimi riescano a trarre da braccia di mare, a volte anche modeste, quanto è sufficiente per non morire di fame: ma la verità è che un pericolo simile il Gabbiano Terragnolo lo corre soltanto quando si allontana dalle rive amiche e si interna nel continente. Allora è facile imbattersi in qualche individuo morto sulla sponda di un fiume, con il ventricolo perfettamente vuoto. Morto di fame.
Le pareti rocciose, che vengono scelte da questa specie di gabbiani per fissare la propria residenza e per nidificare, rispondono generalmente ad alcune condizioni abbastanza precise: abbondanza di cibo entro un ragionevole perimetro, e soprattutto esistenza di terrazzi e cornicioni posti gli uni sopra gli altri a modo di scalini, di cavità e di sporgenze. In ognuna di queste acconce località vengono stabiliti i nidi, a partire dai piedi della parete e fino alla sua sommità. Appena le coppie sono giunte, al rientro dal viaggio invernale, la parete brulica di movimento e risuona di grida: i gabbiani si tengono l'uno vicino all'altro, esprimendo con la massima tenerezza di atteggiamenti e di azioni l'affetto che li lega reciprocamente, mentre altri incominciano ad andare e venire recando i materiali necessari per la costruzione del nido, materiali che per lo più si riducono a diverse qualità di alghe. Ogni covata comprende da tre a quattro uova, macchiate e punteggiate sul fondo rosso-ruggine o verdiccio, alla cui incubazione le coppie si dedicano con grande cura: e francamente riesce difficile comprendere in che modo i vari coniugi evitino di cadere in confusione nell'enorme congerie di abitanti che popolano la colonia, e seguitino ad indirizzare le proprie attenzioni sempre ed unicamente al proprio nido ed alla propria prole. I nuovi nati restano nel nido fino al mese di agosto, vale a dire fino a che non abbiano imparato a volare. In larghe masse si dirigono poi verso l'alto mare, tenendo, ovviamente, sempre fermo il punto di riferimento costituito dalla loro sede, mescolandosi agli anziani nella ricerca del cibo.

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GABBIANO COMUNE (Larus ridibundus)

E' la specie più nota e più comune tra i cosiddetti gabbiani incappucciati, i quali devono il loro nome al fatto di avere l'abito nuziale tinto di scuro sulla testa e sull'alto del collo, in una macchia che richiama alla mente, per l'appunto, l'immagine di un cappuccio.
Lungo intorno ai quaranta centimetri, con coda di dodici centimetri, ali di trenta ed apertura alare di ottanta, il Gabbiano Comune si presenta con la testa ed il davanti del collo tinti di bruno-noce, con la nuca, le parti inferiori, la coda e le remiganti fin verso la punta bianche, il mantello azzurrognolo e le punte delle remiganti nere; ha inoltre l'occhio bruno-cupo, l'anello perioculare rosso, il becco ed i piedi color rosso-lacca. Come succede anche nelle specie affini, l'abito invernale è soprattutto caratterizzato dalla mancanza del cappuccio; in esso si notano inoltre il colore grigio della parte posteriore del collo, il grigio-cupo di una macchia posta dietro l'orecchio e la tinteggiatura più pallida del becco e del piede. Tutti i gabbiani incappucciati, e naturalmente anche il Comune, abitano le zone temperate della Terra e non si trovano che molto di rado in quelle settentrionali. Loro dimora preferita sono le acque dolci circondate dai colli, intorno alle quali si stabiliscono per nidificare: solo durante la stagione invernale visitano ed abitano il mare. Europa, Asia ed America offrono loro, entro i limiti della zona temperata sedi egualmente convenienti. Dal meridione di questi continenti generalmente non si spostano che per escursioni, si comportano cioè come uccelli stazionari, mentre nel caso in cui scelgano per riprodursi regioni situate più a settentrione il sopravvenire lei primi freddi li induce regolarmente a migrare.
I movimenti e l'indole del Gabbiano Comune non sono diversi da quelli degli affini già menzionati. Anch'esso si destreggia bene nell'acqua, cammina con grazia - sovente lo si vede seguire per giornate intere il contadino, intento ad arare i campi, alla ricerca degli insetti e dei vermi scoperti dal vomere - ed è un eccellente volatore, capace delle più spericolate acrobazie senza mai denunziare stanchezza o fatica. Aperto alla massima confidenza, si mescola spesso agli animali domestici qualora viva in prossimità di qualche villaggio: ma ciò non gli impedisce di badare attentamente ad evitare le insidie, e di conservare ottima memoria di qualunque sgarbo gli venga recato.
L'opera di riproduzione incomincia, per il Gabbiano Comune, verso la fine di aprile. I luoghi prescelti sono naturalmente quelli paludosi, i canneti, le alte erbe ed i cespugli, sempre ben protetti da ogni possibile attacco: qui si stabiliscono le colonie nidificanti, che raggiungono non di rado centinaia di migliaia di individui distribuiti entro perimetri relativamente modesti. Le costruzioni, sempre piuttosto semplici, vengono compiute apportando ed intessendo cannucce, paglia, erbe e giunchi, al centro dei quali è possibile trovare al principio di maggio da quattro a cinque uova di fondo verde-olivastro con macchie e punti di diversa grandezza e colorazione. Ambedue i sessi si alternano nella cova, ma di norma nelle ore notturne, poiché d'istinto essi comprendono che il calore del giorno è sufficiente a mantenere inalterato lo sviluppo dell'embrione; e dopo circa diciotto giorni le loro attenzioni si trasferiscono sui piccoli appena sgusciati, i quali abbandonano immediatamente il nido e incominciano a scorrazzare all'intorno nel caso che la loro casa sia ancorata al solido terreno, mentre sono costretti ad aspettare qualche giorno quando essa sia circondata dalle acque. Tutta la colonia partecipa alle cure dovute ai suoi giovanissimi abitanti, con un senso di solidarietà veramente eccezionale: è sufficiente che un nemico si accosti, per esempio un uccello o un animale da preda, perché immediatamente l'allarme venga lanciato, e miriadi di gabbiani si scatenino violentemente contro l'intruso costringendolo quasi sempre ad una fuga ingloriosa, quando non addirittura condannandolo ad una morte sanguinosa.

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LESTRIDI

Rispetto ai gabbiani, con i quali pure hanno molteplici rassomiglianze, i Lestridi si distinguono soprattutto per la foggia del becco e del piede, per il colorito particolare del piumaggio e per i modi di vita ben differenti. Sono longipenni di corpo robusto, con il collo corto e la testa piccina; il loro becco, che posteriormente è coperto di cera, non è molto lungo, ma è forte, grosso, rialzato ai margini della mascella inferiore e con il culmine della superiore convesso e fortemente ripiegato ad uncino; il piede, piuttosto basso, ha le corte dita riunite da palmature compiute e munite di unghie ricurve, acute ed affilate ai margini; le ali sono grandi lunghe e strette, la coda non è molto lunga ed ha le timoniere centrali allungate, ed il piumaggio ha per colore dominante un bruno-cupo che solo nei giovani, di regola, si schiarisce alquanto.
I Lestridi sono originari principalmente delle zone fredde settentrionali, vivono per lo più in alto mare accostandosi alle isole ed alle spiagge soltanto nell'epoca della riproduzione, in alcuni casi si spostano verso il sud e si dirigono magari anche verso l'interno dei continenti. Dotati di mezzi di locomozione efficientissimi, camminano molto bene e tenendo il corpo orizzontale, nuotano e soprattutto sono invidiabili volatori, capaci di evoluzioni elaborate ed arditissime.
Dotati di una voce sgradevolmente roca e di intelligenza molto sviluppata, non si può dire che nei loro modi di vita entrino tuttavia molti elementi piacevoli, poiché la definizione che meglio loro si adatta sta a mezzo tra quelle che si è soliti dare ai rapaci ed agli uccelli parassiti. Non molto abili nel cogliere le prede di slancio e a tuffo, rimediano a questa lacuna con un coraggio ed una violenza eccezionali, per cui non si peritano di attaccare gli altri uccelli, le loro uova, i piccoli mammiferi e magari anche i giovani agnelli, cui strappano gli occhi e le cervella; ma la maggior parte del cibo la ricavano da una vergognosa attività parassitaria. Essi stanno cioè ad osservare la caccia degli altri uccelli marini, e quando si siano accorti che essa ha dato buoni risultati, si gettano su di loro e, tormentandoli in tutti i modi, li mettono in condizione di liberarsi dei bocconi appena colti: con estrema abilità, a questo punto, si appropriano del cibo altrui e si dispongono a ripetere appena possibile la non troppo onorevole impresa.
Per procreare, i Lestridi si riuniscono in piccoli branchi sui tratti di terreno pianeggiante compreso nelle piccole isole, sulle rive ed anche a notevole altezza sui monti. Il loro nido è una semplice buca scavata nel suolo, nella quale la femmina depone le sue due o tre uova che vengono covate alternativamente dai due sessi. I piccini vengono inizialmente nutriti con sostanze animali parzialmente digerite, e poi con cibi via via più consistenti: si trattengono per qualche tempo nel nido, abbandonandolo quando sono in grado di seguire, svolazzando, i genitori. Nella seconda estate di vita sono già in grado di riprodursi a loro volta.
L'utilità che l'uomo può ricavare da questi uccelli è praticamente nulla; al contrario, li si considera generalmente come esseri dannosi, ed a ragione li si perseguita con i mezzi più diversi.

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SKUA o STERCORARIO MAGGIORE (Stercorarius skua)

La Skua è considerata come la specie più distinta della famiglia. E' un grosso uccello della lunghezza di cinquantacinque centimetri circa, con oltre quindici centimetri di coda ed un'apertura alare che raggiunge il metro e trentacinque centimetri. Il suo piumaggio è di fondo bruno-grigio sulle parti superiori e leggermente più chiaro sulle inferiori, entrambe segnate da strisce longitudinali rossicce e grigio-pallide, e presenta inoltre una macchia bianca alla radice delle penne remiganti, che sono di tonalità più scura; gli occhi sono bruno-rossi, il piede grigio-nero, il becco plumbeo alla radice e nero in punta.
Come patria di questo uccello si indica di solito la zona compresa tra il settantesimo ed il sessantesimo grado di latitudine settentrionale; ma lo si è pure veduto nei mari della zona temperata meridionale. In Europa abita le Isole Shetland, le Ebridi, le Orcadi e l'Islanda, da cui durante l'inverno si sposta fino a raggiungere le coste dell'Inghilterra, dell'Olanda e della Francia: il maggior numero di individui, comunque, resta stazionario anche nella fredda stagione, provvedendosi di cibo nei punti in cui il mare non gela.
La Skua cammina celermente, nuota con abilità e vola più al modo dei rapaci che a quello del gabbiano, compiendo cioè spericolate ed imprevedibili evoluzioni. In coraggio, rapacità, malignità ed insocievolezza non ha rivali nell'ordine dei longipenni: i quali, anche i più robusti, la evitano, per quanto possono, con la massima diligenza, anche se non sempre riescono a sottrarsi alle sue pericolosissime attenzioni.
Per riprodursi, le coppie di Skua vanno a cercare gli altipiani dei monti ed i loro dorsi rivestiti di erba e di muschio. Si riuniscono in colonie che comprendono una cinquantina di famiglie, e dalle quali tutti gli altri uccelli si tengono lontani: il nido è una semplicissima buca del terreno, nella quale le femmine depongono di solito due uova di color verde-olivastro con macchiettature brune. Entrambi i sessi partecipano all'incubazione ed all'allevamento della prole. Si intuisce facilmente che, per difendere i suoi piccoli, la Skua mette alla prova tutte le doti di forza e di violenza che possiede: l'uomo stesso non è al sicuro quando si aggira nella colonia, e si vede minacciato ed attaccato dagli adulti senza la minima incertezza.

STERCORARIO o LABBO (Stercorarius parasiticus)

Notevolmente più piccolo e più snello della skua, lo Stercorario, o Labbo, ha inoltre le due timoniere centrali acuminate e molto più lunghe di tutte le altre. Il suo piumaggio è di color bruno-fuliggine uniforme, eccezion fatta per una macchia frontale e per la gola che sono bianche o bianco-giallicce; ha poi gli occhi bruni, il becco nero, il piede nero-azzurrognolo. La sua lunghezza può anche raggiungere i quarantasette centimetri, la coda i diciotto, le ali i trenta e l'apertura alare può arrivare sino al metro e cinque centimetri. Più che dal modo di camminare e di nuotare, che non sono dissimili da quelli del gabbiano, questo uccello si riconosce da come vola. E' stato detto con ragione che il suo volo è dei più notevoli e variati che sia dato osservare nel regno degli uccelli: ed in realtà si sarebbe a volte portati a paragonarlo a quello di un falco o di un nibbio, poiché si svolge con lenti movimenti delle ali, con volteggi e con librazioni prolungate, mentre in altre occasioni esso stupisce per la sua fulmineità, per gli improvvisi mutamenti di direzione, per le spinte inaspettate e perfette verso l'alto o verso il basso. Nell'indole, lo Stercorario non è troppo diverso dalla skua, della quale ripete la violenza e la malignità, naturalmente ridotte in rapporto alla sua mole.
Le tendenze parassitarie caratteristiche della famiglia si ritrovano puntualmente anche in questa specie, e chi ne fa le spese sono i piccoli gabbiani e le urie. Tuttavia non è probabile che da questi sistemi lo Stercorario tragga la parte più importante del proprio nutrimento, che gli viene piuttosto dalle ricerche che compie autonomamente sulle rive, tra ciò che le onde respingono, i vermiciattoli e gli insetti, nonché dagli improvvisi attacchi portati ai pesciolini che nuotano sotto il pelo dell'acqua.
Verso la metà di maggio, già accoppiato, il nostro uccello si dirige verso l'interno dei continenti e va a riprodursi sulle rive dei pantani e degli stagni, collocando il proprio nido sui rialzi del terreno e limitandone la preparazione ad una semplice cavità. Le covate comprendono due o tre uova di fondo bruno-olivastro con infinite punteggiature e striature, e sono complete di solito nella metà di giugno; padre e madre si comportano, nei riguardi delle uova e dei piccini, allo stesso modo degli affini.

DIOMEDEE

Le Diomedee, o Albatresse, sono uccelli di grande mole, con il corpo robusto, il collo corto e massiccio, la testa grossa ed il becco potente, lungo, compresso ai lati, munito di un robusto uncino terminale; la mascella superiore è ricurva, ed in essa le narici terminano in brevi tubi collocati lateralmente, a partire dai quali due solchi abbastanza profondi si dirigono verso la punta. I piedi di questi volatili sono corti e robusti, e le tre dita sono munite di forti palmature; le ali sono lunghe ed eccezionalmente strette, e la coda, formata da dodici penne, è corta, ora troncata in linea retta, ora tondeggiante ed ora acuta.

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DIOMEDEA ESULANTE o ALBATRO o ALBATRESSA (Diomedea exulans)

La Diomedea Esulante, o Albatressa propriamente detta, è un grande uccello che riunisce nei modi di vita e nell'indole tutti i principali caratteri della famiglia. Il suo corpo arriva in lunghezza al metro e quindici centimetri, l'apertura alare ai tre metri e cinquanta centimetri; il piumaggio è di color bianco puro, ad eccezione di quello delle ali, nelle quali le penne remiganti sono nere; l'occhio è bruno-cupo, la palpebra nuda è verde, il becco generalmente bianco-rosso e gialliccio verso la punta, il piede bianco-giallo-rossiccio. Nell'età giovanile l'abito si presenta spruzzato di bruno-scuro, con fasce arcuate del medesimo colore.
Gli oceani dell'emisfero meridionale costituiscono la patria della Diomedea Esulante e delle sue affini, che solo come individui dispersi ed isolati superano, nell'Oceano Atlantico, il Tropico del Capricorno, mentre con una certa maggior frequenza visitano la parte settentrionale del Pacifico, migrando comunque regolarmente verso sud per andare a compiere le operazioni della riproduzione.
Quasi incapace di muoversi sul terreno, ed abile invece nel tenersi a galla sulle acque e nel percorrerle, questa diomedea offre il meglio delle sue qualità motorie quando procede nell'aria: allora lo spettacolo della sua agilità, della velocità con cui sa scorrere, alzarsi ed abbassarsi senza mai scomporre la posizione allargata e tesa delle ali che sfruttano con mirabile accortezza le variazioni del vento, è veramente dei più suggestivi, e tale da incantare qualsiasi osservatore.
Grida rauche, forti e spiacevoli compongono la voce della Diomedea Esulante, che ha nella vista il senso più sviluppato, e possiede qualità intellettuali che, tutto sommato, non si possono giudicare scadenti. E' vero che è facilissimo catturarla bastando lasciare in mare, in modo ch'essa possa scorgerla, un'esca attaccata ad un amo, ed è anche vero che non si scompone granché alla vista di un uomo: ma bisogna considerare che non ha molte occasioni di sperimentare le insidie umane dal momento che vive regolarmente in alto mare. E non c'è ragione di dubitare che se fosse sottoposta a più frequenti persecuzioni non finirebbe per affinare le doti della sua prudenza. Del resto, certi modi di comportarsi parlano chiaramente a favore della sua saggezza: per esempio il fatto che essa segua regolarmente le navi, sapendo che ne può sempre cadere qualcosa di godibile, ma si rifiuti di seguire oltre un certo tratto quelle che si dirigono verso il nord, rendendosi conto che finirebbe per arrivare in zone climaticamente inadatte. Con gli altri individui della sua specie vive socievolmente solo nel periodo della riproduzione: nel resto dell'anno, anche se si mantiene a loro contatto, se ne disinteressa completamente. Verso gli altri uccelli, poi, si conduce, com'è di tutti gli animali forti con i deboli, affermando cioè, ogni volta che sia necessario, la propria supremazia. Questo accade sovente in relazione alla necessita di cibo: la Diomedea non esita mai ad accorrere laddove ha visto che gli altri volatili hanno scoperto qualcosa di commestibile, e li allontana con la violenza.
Intorno alla riproduzione di questi uccelli, si sa che essa avviene normalmente sulle pendici erbose delle elevazioni che stanno al di sopra delle macchie boscose delle isole, in un nido intessuto di ciperacee, foglie secche ed erbe.
Le coppie si riuniscono in colonie più o meno numerose, e ciascuna di esse bada all'incubazione di un unico uovo, al massimo, e molto di rado, due. Naturalmente non è facile per nessun predone avvicinarsi al nido di una diomedea senza essere scorto e, nel migliore dei casi, messo in fuga: tuttavia non mancano certe specie di lestridi che hanno il coraggio di farlo.

Albatro fuligginoso a dorso chiaro in cova

Albatro urlatore

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ALBATRESSA DAL BECCO VERDE (Diomedea chlororhynchos)

Si distingue dalla precedente solo per essere più piccola, e per avere il piumaggio bianco con le ali ed il dorso nero-bruni, le timoniere bruniccio-ardesia e il becco verde in generale ed arancio vivo alla punta.

PROCELLARIE

Le Procellarie presentano, nella struttura, alcune analogie con i gabbiani, dai quali tuttavia si distinguono per la testa tondeggiante, per la fronte alta e per le ali proporzionalmente più corte. Di robusta costituzione, con collo e testa voluminosi, hanno il becco più corto del capo, forte, duro e lateralmente così solcato che la punta sembra separata dal resto; la mascella superiore si conclude con un uncino molto ricurvo, i due margini sono molto affilati, lo squarcio della bocca giunge fin sotto gli occhi e le narici si trovano in un tubo collocato sul culmine e saldato con esso. I piedi si compongono di tarsi corti e di tre dita anteriori riunite da membrane interdigitali compiute, mentre il posteriore è appena indicato da un piccolo bitorzolo; le ali non sono granché lunghe ed hanno forma acuta, e la coda, formata da dodici o quattordici penne, è ben tondeggiante.
Tutte le Procellarie sono uccelli oceanici, che stanno però riuniti in determinate aree di diffusione: sono meno numerose nella zona calda che nella temperata e nella fredda dei due emisferi, e vivono regolarmente in mare, cercando la terra soltanto per covare. Quasi incapaci di camminare, nuotano leggermente e senza fatica, ma piuttosto di rado, e trascorrono perciò la maggior parte del loro tempo in volo.
Il processo di riproduzione si svolge in prossimità del mare, preferibilmente su scogli isolati ed inaccessibili. La femmina depone sul nudo terreno il suo uovo grande e bianco: il piccino viene al mondo coperto d'un piumino grigiastro e cresce molto a rilento, circondato dalle cure più amorevoli dei genitori.

PROCELLARIA GIGANTE (Procellaria gigantea)

La Procellaria Gigante segna per così dire il passaggio tra le albatresse e le procellarie. Ha una lunghezza di circa ottanta centimetri e un'apertura alare che può arrivare al metro e mezzo, e il suo piumaggio è d'una uniforme tonalità cioccolato-scuro; l'occhio è bruno-nero, il becco corneo e soffuso alla punta di rossastro.
L'area di diffusione di questa specie si estende sulle zone temperate e fredde dell'emisfero meridionale; il suo volo non è graziosamente ondeggiante come quello delle diomedee, ma caratterizzato da frequenti colpi d'ala.
I suoi modi di vita rientrano nelle linee generali tracciate a proposito della famiglia. Si può aggiungere che, per quanto voracissima, la Procellaria Gigante non rinunzia facilmente ad una difesa basata sulla prudenza e sulla cautela, quando abbia a che fare con l'uomo.

PROCELLARIA GLACIALE (Procellaria glacialis)

La Procellaria Glaciale ha una lunghezza poco meno inferiore ai cinquanta centimetri, ali di trenta, coda di dieci centimetri ed apertura alare stabilita intorno al metro. Il suo abito è di colore fondamentale bianco, con l'eccezione del ventre, che è grigio-argento, e del mantello azzurrognolo; ha poi gli occhi bruni, il becco grigiastro sul culmine e verdiccio-grigio alla radice, il piede giallo con qualche sfumatura azzurrastra.
Come tutti gli affini, è un uccello oceanico che si accosta alla terra solo per riprodursi; più delle altre procellarie ama, però, aggirarsi a non troppa distanza dalle coste e dai seni, come sanno bene i marinai che si trovino ad attraversare le acque congelate e riconoscono dalla sua presenza la prossimità dell'approdo.
La Procellaria Glaciale vola assai bene, con le ali espanse e quasi immobili, per lo più a poca distanza dall'acqua; trascorre in aria gran parte della sua giornata, e sa egregiamente lottare contro le condizioni atmosferiche avverse. Anche come nuotatrice è piuttosto valente, mentre il modo con cui si muove sul terreno è assolutamente impacciato, e più che un camminare sembra un penoso strisciare. Dotata di una voce gracchiante e stridula, ha un grande bisogno di sentirsi circondata dalla compagnia delle sue simili, mentre non dimostra il minimo interesse verso gli altri uccelli, e con l'uomo si comporta con la massima confidenza, arrivando perfino ad essere petulante quando si accosta ai marinai che sono intenti a fare a pezzi le balene e le foche, delle cui carni è ghiottissima.
Per procurarsi il cibo, questi uccelli si abbassano e si posano sulle onde, solo raramente tuffandosi per cogliere una preda in rapido movimento; si nutrono di animali marini d'ogni specie e, a quanto pare, il loro boccone preferito è il grasso di balena.
Le isole dell'estremo nord rappresentano la sede ideale per accogliere il processo di riproduzione della Procellaria Glaciale. Verso la metà di marzo le coppie si avvicinano ai crepacci, alle pareti rocciose ed agli scogli, e in aprile o in maggio depongono il loro unico uovo grande, bianco e tondeggiante. Alla fine di luglio i piccini sono già cresciuti a metà, e si presentano rivestiti di un lungo piumino azzurro grigio: un mese dopo hanno appreso a volare, sono grassissimi e mandano un pessimo odore, ad onta del quale gli abitanti delle zone, in cui essi si muovono, li ricercano attivamente e sfidano di buon grado i rischi connessi alla scalata degli impervi siti nei quali dimorano per catturarli a decine di migliaia. Si tratta di una vera e propria decimazione, che non riesce, tuttavia, a far diminuire sensibilmente il numero di queste procellarie; come non vi riescono gli assalti del girfalco bianco, dell'aquila di mare e dei grandi gabbiani, i quali sono disposti ad attaccare tanto i nidiacei che gli adulti, protetti da armi difensive molto limitate.

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PROCELLARIA DEL CAPO (Procellaria capensis)

Lunga poco più di trenta centimetri con un'apertura alare che arriva agli ottanta centimetri, è questa un'altra specie ben nota a tutti i naviganti. Il suo piumaggio è generalmente di un bianco abbagliante, con varie chiazze nere e nero-fuliggine sulle parti superiori e sulla punta delle penne remiganti e timoniere. La sua distribuzione geografica presenta caratteristiche abbastanza singolari, poiché, mentre nell'Oceano Atlantico essa si tiene sempre al di sotto del Tropico del Capricorno, ed è quasi rarissimo che si smarrisca nella zona torrida o nell'emisfero settentrionale, nei mari del sud, e specie in quelli che toccano le coste occidentali dell'America, la si incontra fino a nord dell'Equatore.
Quasi sempre in movimento, sia di giorno che di notte, sulle onde del mare, la Procellaria del Capo nuota bene, ma molto di rado, e non scende che incidentalmente, quando abbia da raccogliere con calma qualcosa di commestibile.
La riproduzione della Procellaria del Capo si verifica, secondo il solito, nelle isole e sugli scogli che spuntano dalle acque marine; i modi di essa non si scostano da quelli che abbiamo indicato a proposito delle specie affini.

PROCELLARIA ANATRINA (Prion vittatus)

La Procellaria Anatrina è originaria, assieme ad alcune affini, dell'emisfero meridionale, ed è particolarmente diffusa lungo le coste del Brasile e nell'Oceano Pacifico. Le sue abitudini di vita, il tipo di alimentazione e i modi di riproduzione collimano abbastanza esattamente con quelli delle altre specie di procellarie fin qui descritte.

OCEANEI

Tutte le specie delle Oceanidi, longipenni molto vicini alle procellarie, rispetto alle quali appaiono più piccole e più graziose, si distinguono per il corpo snello, il collo corto, la testa relativamente grande, le ali molto lunghe e foggiate come quelle delle rondini, vale a dire a falce; hanno poi una coda di mediocre lunghezza, composta di dodici penne ed intaccata a forchetta, oppure tronca in linea retta, e becco piccolo, debole, generalmente dritto e leggermente piegato al basso, alla punta delle due mascelle, di cui la superiore è munita d'un uncino e l'inferiore non è divisa in solchi, come abbiamo visto essere caratteristico delle procellarie; infine, piedi piccini e deboli, con lunghi tarsi e dita anteriormente riunite da palmatura, mentre il posteriore è piccolo e corto ed ha la forma di un bitorzoletto.
Tutte le Oceanidi vivono sul mare, e sono assenti soltanto dalle latitudini estremamente settentrionali e meridionali; dove una specie incomincia a farsi più rara ne subentra una seconda che la sostituisce, e sovente se ne possono osservare due o più specie contemporaneamente frammiste. Sulle coste europee se ne sono contate quattro o cinque, molte di più su quelle americane, poiché l'Oceano Pacifico ne è molto ricco. Tutte si rassomigliano nei modi di vita e nei costumi, per cui, parleremo in linea generale dei tratti dai quali tutti i componenti della famiglia sono accomunati.

UCCELLO DELLE TEMPESTE (Hydrobates pelagicus)

E' lungo poco più di dieci centimetri, ne ha trenta d'apertura alare, cinque di coda e tredici circa per ciascuna delle ali. Il suo piumaggio è di colore generale bruno-fuliggine, con sfumature nere sull'alto del capo, brunicce verso la fronte, nero-brune sul mantello; le copritrici delle ali sono bianche sulla punta, e bianco è pure il groppone. L'occhio è bruno, il becco nero ed il piede bruno-rossiccio.

OCEONODROMA DI LEACH (Oceanodroma leachii)

Riconoscibile per la coda piuttosto lunga e profondamente forcuta, questa seconda specie misura in lunghezza circa venti centimetri, ne ha otto di coda, oltre quindici centimetri per ciascuna delle ali e quarantacinque centimetri d'apertura alare. Il suo abito è di color bruno-fuliggine, scuro sulla testa e bianco sul groppone, e l'estremità delle copritrici delle ali è di tonalità bruno-fulva.

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PUFFINI

Le specie che appartengono a questa famiglia si riconoscono per il corpo snello, le ali relativamente corte, la coda più o meno lunga e tondeggiante, formata di dodici penne, il becco mai molto lungo e con le cavità nasali separate l'una dall'altra, ed infine per le zampe grandi dai lunghi piedi, articolate molto all'indietro del tronco. Nella struttura interna i Puffini hanno molta analogia con le diomedee e con le procellarie.
Nelle abitudini di vita e nella distribuzione geografica i Puffini sono molto vicini alle famiglie di cui ci siamo occupati in precedenza. Anch'essi vivono prevalentemente sul mare, e lo abbandonano del tutto soltanto quando debbano occuparsi delle operazioni della riproduzione: tuttavia hanno una certa maggior tendenza ad avvicinarsi alla terraferma e ad addentrarsi in essa. Normalmente stanno riuniti in branchi, che raggruppano generalmente un'ottantina di individui, ma durante la cova vengono a trovarsi al centro di grandissimi, sterminati stormi che arrivano a ricoprire, letteralmente, l'intera superficie di alcune isole. Quando le migliaia e migliaia di Puffini calano sui lembi di terra che hanno scelto per nidificare, il sole ne viene addirittura oscurato; le singole coppie incominciano freneticamente a scavare nel terreno per predisporre le caratteristiche buche nelle quali dovranno poi essere deposte le uova, ma il numero di queste buche è del tutto insufficiente ad accogliere tutte le famigliuole, cosicché la gran parte di esse è costretta a deporre le uova semplicemente sotto i cespugli. Il numero delle uova, che compongono le singole covate, varia da uno a quattro, ed il suolo ne è a tal punto ricoperto che è impresa assai difficile aggirarsi nelle zone occupate dalle colonie senza calpestarle. Gli abitanti delle isole, scelte dai Puffini per compiere questo ufficio, si considerano fortunati, poiché non hanno che da muoversi in mezzo ai loro ospiti nidificanti per raccogliere migliaia di uova eccellenti, oppure, aspettando qualche tempo, migliaia di teneri pulcini. Pesci e cefalopodi costituiscono il cibo abituale dei Puffini che li colgono tuffandosi o nuotando.

PUFFINO INGLESE o BERTA MINORE (Puffinus anglorum)

L'area di diffusione di questa specie è molto vasta, anche se definirne esattamente i limiti è piuttosto difficile dal momento che distinguere tra di loro le diverse specie, molto simili sia per il colorito che per i costumi, è tutt'altro che agevole: cosicché si corre il rischio di attribuire all'Inglese una zona che spetta invece ad un suo simile, e viceversa. Ad ogni modo pare che essa si estenda dalle Isole Ebridi e Fär Oër e dall'Islanda fino a latitudini molto più meridionali, vale a dire fino alle coste della Francia, della Spagna e del Mediterraneo.
Dai membri delle famiglie affini questi uccelli si distinguono, soprattutto, in ciò che riguarda i movimenti, per la singolarità del volo. Si vedono qualche volta nuotare tranquillamente e tuffarsi nelle onde, ma in questo non esiste nulla di personale: il volo, invece, si svolge in modo impetuoso, con frequenti battiti d'ala, con rivolgimenti a destra ed a sinistra, in alto e in basso, con improvvise impennate verso l'alto ed altrettanto improvvise discese verso il pelo dell'acqua; gli ondeggiamenti, per cui le procellarie vanno giustamente famose, nel volo dei puffini non entrano che casualmente e di rado, poiché essi sembrano aver bisogno d'un moto aereo il più variato, stravagante ed estemporaneo nei suoi sviluppi.
Il Puffino Inglese si moltiplica in buon numero sulle Isole Ebridi e Fär Oër, ma le colonie, in cui lo si trova riunito in questo periodo, non raggiungono mai i limiti eccezionali che sono propri di certe altre specie della sua famiglia. Le coppie giungono a terra ed incominciano ad occuparsi delle prime operazioni, relative alla nidificazione, verso la metà di maggio; loro prima cura è quella di provvedersi di buche sufficienti per quelle che ritengono le minime esigenze loro, per cui, o scavano dei profondi cunicoli, che possono arrivare fino ad oltre sessanta centimetri di profondità, oppure ritornano a quelli che avevano preparato gli anni precedenti. Al fondo del cunicolo, in un leggero slargo ed a diretto contatto con il terreno, la femmina depone il proprio uovo grande e bianco, e si dedica alla cova di esso alternandosi col maschio. Il piccolo viene alla luce rivestito di un morbido e lungo piumino grigio-bruno, e cresce molto lentamente, circondato dalle cure solerti dei genitori che cercano di affrontare per lui i peggiori pericoli. Non riescono, ad ogni modo, ad evitare che ogni anno, nella stagione adatta, l'uomo invada le colonie e ne asporti in gran quantità sia le uova che i nuovi nati; aiutato in quest'opera di distruzione, che, comunque, non sembra avere conseguenze gravi per la specie, dai falchi, dai lestridi, e, quando i puffini siano in mare, anche da certe specie di pesci, che li sorprendono, a volte, mentre si riposano sulle onde.

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