Accordo tra i Paesi membri
dell'Unione europea, la cui creazione è stata sancita con la firma del
Trattato di Maastricht (V. MAASTRICHT, TRATTATO
DI) del dicembre 1991 e la cui realizzazione definitiva ha avuto luogo
il 1° gennaio 2002, allorché le banconote e le monete della
valuta europea (l'
euro) vennero messe in circolazione, mentre due mesi
più tardi le valute nazionali cessarono di avere corso legale. L'idea
di creare una unione economica e monetaria in seno all'Unione europea si
concretizzò nell'aprile 1989 con la presentazione, da parte di un
Comitato presieduto da Jacques Delors e composto da tutti i governatori delle banche
centrali degli Stati membri, del cosiddetto
piano Delors che prevedeva la
realizzazione dell'
UEM in tre fasi. Gli obiettivi della prima fase, che
prese ufficialmente il via il 1° luglio 1990, erano essenzialmente il
rafforzamento del coordinamento monetario, l'adesione degli Stati membri allo
SME (V.), la preparazione dei lavori per le
modifiche ai trattati necessarie all'attuazione dell'unione monetaria, e la
realizzazione del mercato interno con una completa liberalizzazione dei
movimenti in seno all'Unione. Il raggiungimento di tali obiettivi fu perseguito
dalla Conferenza intergovernativa di Roma (dicembre 1990) e dal Consiglio
europeo di Maastricht che nel dicembre 1991 approvò il Trattato
dell'Unione europea (conosciuto anche come Trattato di Maastricht) che
comprendeva l'attuazione dell'
UEM e che sanciva l'abolizione delle
frontiere tra gli Stati membri dell'Unione, con conseguente libera circolazione
di merci, persone e capitali. La seconda fase del piano Delors fu avviata a
partire dal 1° gennaio 1994; si poneva gli obiettivi fondamentali di
istituire un sistema europeo di banche centrali, sganciato dal potere politico,
e di perseguire progetti economici improntati ai criteri di convergenza, ossia
alle condizioni a cui uno Stato membro doveva attenersi per accedere
all'
UEM, stabiliti dal Trattato di Maastricht. Da un punto di vista
istituzionale, la preparazione all'
UEM portò alla creazione
(1° gennaio 1994) dell'Istituto Monetario Europeo (IME), precursore della
Banca centrale europea, che aveva il compito di elaborare gli strumenti e le
procedure necessarie per la realizzazione di una politica monetaria e di cambi
comune tra gli Stati membri, i quali erano altresì assistiti da questo
organismo negli sforzi di creare le premesse per l'ammissione alla terza fase.
Nel dicembre 1996 il Consiglio europeo riunitosi a Berlino adottò inoltre
le linee guida del Patto di stabilità e di crescita che prevedeva
sanzioni per i Paesi che non avessero rispettato i criteri di adesione all'euro,
garantendo così una convergenza delle economie degli Stati dell'Unione.
La terza fase del piano Delors prevedeva la realizzazione in termini concreti
dell'
UEM, prefiggendosi il passaggio a tassi di cambio fissi e a una
moneta unica. Mentre alla seconda fase avevano preso parte tutti gli Stati
membri dell'Unione europea, l'ammissione alla terza fase fu invece collegata al
rispetto dei criteri di convergenza fissati a Maastricht. In base a una lista
stilata il 2 maggio 1998 dal Consiglio europeo di Bruxelles, dei 15 Stati
aderenti all'Unione europea solo 11 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia,
Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna) furono
ritenuti idonei ad adottare l'euro a partire dal 1° gennaio 1999 ed
entrarono a far parte del cosiddetto “gruppo di testa”. Per gli
Stati esclusi dall'
UEM, ossia la Grecia che non era riuscita a soddisfare
per tempo i criteri di convergenza, il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca che
avevano volontariamente deciso di non aderire al progetto della moneta unica,
venne istituito un apposito sistema valutario, lo SME2
(V.). Il 1° gennaio 2002, però, anche la Grecia poté adottare l'euro quale propria moneta.