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Tradizione.

(dal latino traditio: consegna, trasmissione, der. di tradĕre: consegnare). Trasmissione nel tempo, attraverso le generazioni, di notizie, memorie, testimonianze; il termine è riferito anche alle memorie conservate in tal modo. ║ Trasmissione nel tempo, attraverso le generazioni, di costumi, usi, consuetudini, norme, modelli; il termine è riferito anche a costumi, usi, ecc. trasmessi in tal modo: in Italia c'è la t. di mangiare il panettone a Natale. Nel significato generico di consuetudine, abitudine, il termine prescinde dal riferimento a una trasmissione attraverso le generazioni: è diventato ormai una t. per loro il soggiorno a Venezia agli inizi di settembre. • Dir. - Nel linguaggio giuridico, particolarmente in relazione al diritto romano, il termine viene impiegato nel significato etimologico di consegna, riferendosi alla consegna di un bene mobile o immobile. La t. si configura, pertanto, come un atto giuridico che comporta il trasferimento del possesso di una cosa. Si distinguono una t. effettiva, che consiste nella consegna materiale della cosa, e una t. simbolica, che si ha quando viene consegnato un elemento che consenta di prendere possesso del bene (è il caso delle chiavi di un edificio). Nel diritto romano la t. (traditio) è da intendersi come acquisto di proprietà a titolo derivativo, messa in atto con la consegna del bene. Nel diritto classico l'acquisto di proprietà per t. richiedeva l'esistenza di determinati requisiti: la iusta causa, vale a dire l'esistenza di un negozio che giustificasse, nelle parti in causa, la volontà di perdere o acquistare la proprietà; l'accordo delle parti sul negozio, sulla cosa e sulla iusta causa; la consegna della cosa. In tutta l'età classica, la traditio, configurandosi come atto a struttura possessoria, non poteva riguardare cose incorporali. Diverse erano le modalità previste per la consegna: la traditio corporale, vale a dire la consegna da mano a mano di cosa mobile; la traditio longa manu, che consisteva nell'indicazione con messa a disposizione del bene, per lo più immobile, che veniva trasferito; la traditio symbolica, che comportava la consegna delle chiavi del magazzino, implicando anche quella delle merci in esso contenute; la traditio brevi manu, che si caratterizzava per l'assenza di consegna ed era costituita dall'inizio del possesso sulla cosa, con il consenso del proprietario precedente; il constitutum possessorium, che comportava la perdita del possesso della cosa e il mantenimento del bene per altri. La struttura possessoria della traditio divenne meno marcata nel diritto romano successivo all'epoca classica, in virtù della diversa concezione giuridica diffusa nel mondo elleno-orientale; in questo ambito, dopo la Constitutio antonina, si arrivò a un'applicazione del diritto romano, in base alla quale le parti che compivano il negozio obbligatorio credevano, o fingevano di credere, di soddisfare la condizione del trasferimento di proprietà attraverso il trasferimento dei documenti. L'operazione in questione (traditio ficta) si fondava su una distinzione meno rigida, rispetto a quella romana vera e propria, tra atto costitutivo di obbligazione e negozio traslativo di proprietà. Questo tipo di evoluzione venne accolta da Giustiniano soltanto in misura parziale. Significativa fu anche, in questo contesto, l'ammissione di una quasi traditio di beni incorporali. Con Giustiniano si giunse poi all'abrogazione della distinzione tra res mancipi e res nec mancipi (del resto già dimenticata nei fatti), in virtù della quale la traditio si affermò come modalità generale di acquisto della proprietà. Altro aspetto della traditio in quest'epoca era la pubblicità dei trasferimenti immobiliari; gli atti di alienazione dovevano essere, infatti, inseriti in registri tenuti dal praeses e successivamente da funzionari municipali. In età medioevale si ebbe nella t. dapprima una fase più primitiva, legata all'immigrazione di nuovi popoli in Italia, e caratterizzata da consegna del materiale e pubblicità del trasferimento, con adempimento di solenni formalità; successivamente si affermò in sostanza il principio, in base al quale la traditio ficta (per chartam) era sufficiente per il trasferimento. Con l'affermare che il trasferimento di proprietà si attua con il semplice consenso, il Codice napoleonico non fece altro che sancire una pratica ormai secolare. ║ T. documentale: t. effettuata mediante la consegna di documenti che assumono una funzione rappresentativa del bene. ║ Titolo di t.: titolo rappresentativo di merci, che conferisce al possessore il diritto alla consegna delle merci in esso indicate e al loro possesso, e il potere di disporne tramite trasferimento del titolo. • Etn. - T. orale: complesso delle testimonianze orali, quali racconti storici, poesie, formule sacre, miti, tramandate da una generazione all'altra; testimonianze di questo genere sono ritenute basilari per le ricerche degli etnologi e si differenziano dalla storia orale (complesso delle informazioni, raccolte per mezzo di testimoni oculari, intorno a eventi di storia contemporanea). • Filol. - Nell'ambito della critica testuale, trasmissione di un testo dall'autore a tempi successivi; in concreto si parla di t. diretta con riferimento all'insieme dei manoscritti e delle stampe. La t. indiretta è costituita, invece, da citazioni, traduzioni e attestazioni di altro genere da cui il testo è tramandato. Attraverso l'esame della t. diretta e di quella indiretta si può eseguire, al caso, la ricostruzione critica del testo originario. • Teol. - Nella religione cattolica la t. è una delle due fonti della Rivelazione insieme alla Sacra Scrittura, ed è costituita dal complesso delle dottrine rivelate non comprese nella Sacra Scrittura stessa, ma trasmesse oralmente da Dio alla Chiesa. La t. si articola in divina, attribuita direttamente a Cristo, e apostolica, derivante dagli apostoli ispirati dallo Spirito Santo. In relazione alla Bibbia la t. è inesiva o completa, quando espone cose già presenti nella Sacra Scrittura; declarativa, quando chiarisce cose presenti nella Bibbia in modo oscuro; costitutiva, quando reca dei contributi nuovi, di cui non si trova cenno nella Scrittura. Nella dottrina cattolica sono contemplate, oltre alla t. vera e propria, una t. ecclesiastica, che comprende le norme e gli insegnamenti della Chiesa, e una t. apostolica, che fa capo agli apostoli, ma non in quanto direttamente ispirati dallo Spirito Santo. Queste altre due t. non sono infallibili, né immutabili. Il concetto di t. nel Cristianesimo delle origini trova fondamento nell'insegnamento orale di Cristo, nel mandato conferito agli apostoli (Matteo 28, 18-20 e in Marco, 16, 15-16) di portare i suoi insegnamenti a tutte le popolazioni fino alla fine del mondo, e nell'assistenza dello Spirito Santo promessa agli apostoli stessi. Essi, del resto, non esaurirono nei loro scritti tutto l'insegnamento di Gesù (un riferimento esplicito in questo senso è in Giovanni, 21, 25); nelle epistole paoline (in particolare nella II Lettera ai Tessalonicesi, 2, 15 e nella II a Timoteo, 1, 13, 14; 2, 1-2) troviamo, del resto, precisi inviti ai destinatari a tramandare ai successori nell'episcopato l'insegnamento trasmesso loro oralmente. La t. fu considerata nel Cristianesimo delle origini come norma di fede tanto in relazione all'interpretazione della Sacra Scrittura, quanto nella materia dottrinale e nelle questioni di culto. Alla t. si richiamarono i Padri della Chiesa (sant'Ireneo, per esempio), nelle polemiche intorno alla dottrina degli apostoli, contro gli eretici sorti in seno al Cristianesimo. Un richiamo alla t., sempre in chiave anti-ereticale, venne, nel III sec., anche da Tertulliano. Importante fu il sostegno dato da sant'Agostino al principio della t., la cui autorità, a partire dal V sec., fu riconosciuta sia in Occidente sia in Oriente. La Chiesa d'Oriente, del resto, non disconobbe il valore della t. neanche dopo lo scisma del 1054, pur individuando nei soli vescovi l'organo della t. stessa. La negazione della t., cominciata alla fine del Medioevo con S. Wycliffe, divenne uno degli argomenti principali dei riformatori protestanti. In Lutero e Calvino, che riconoscevano la Sacra Scrittura come unica fonte della Rivelazione, la negazione del valore della t. era legata alla negazione dell'autorità della Chiesa; questa posizione divenne comune a tutto il Protestantesimo. Netta fu la reazione della Chiesa cattolica che, nel Concilio di Trento, riconobbe uguale autorità alla t., rispetto alla Sacra Scrittura, come fonte della dottrina rivelata. In tempi più recenti, nella contrapposizione tra cattolici e protestanti intorno al valore della t. si sono registrate posizioni più concilianti; nella teologia protestante non sono mancate voci in favore di una maggiore considerazione della t.: è il caso, per esempio, di O. Cullmann e dei seguaci del metodo delle forme. In alcuni settori del Cattolicesimo, del resto, è emersa la tendenza ad allargare l'ambito della t. dalle definizioni conciliari e dal magistero della Chiesa all'intera vita religiosa dei fedeli nelle sue varie espressioni. Secondo questa corrente di pensiero, le cui origini risalgono al XVIII sec., il contenuto della t. è sì fissato dalle formule teologiche, ma non si esaurisce in esse. Questa posizione, la cui diffusione è stata favorita dalla crescente importanza degli studi storici nella teologia, ha trovato particolare sostegno, verso la metà del XX sec., tra i teologi francesi della “nuova teologia”. Un momento fondamentale nel dibattito sulla t. nel mondo cattolico si è avuto con il Concilio Vaticano II; il punto d'arrivo è stata la costituzione Dei Verbum, con la quale si è definito il ruolo della t. nell'ambito della dottrina della Rivelazione. La dottrina della t. è inquadrata nella storicità della Rivelazione che accompagna la Chiesa fino alla fine dei tempi. Nella suddetta costituzione è stata sottolineata, quindi, la continuità della Rivelazione nella t. e soprattutto si sono messe in evidenza la comune origine, la contiguità, lo stretto legame tra t. e Sacra Scrittura, rivolte al medesimo fine, sotto l'azione dello Spirito Santo; esse, infatti, “costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa”, vale a dire all'intera comunità dei fedeli, partecipi della Rivelazione. La t. deve intendersi, infatti, come una t. viva, in quanto attraverso essa Dio continua a comunicare con la Chiesa. Il magistero della Chiesa è il solo autentico interprete della parola di Dio scritta o altrimenti trasmessa, ma è a essa subordinato e deve porsi al suo servizio.
"Tradizioni popolari: la corsa dei ceri a Gubbio" di Carlo Laurenzi