Qualsiasi forma di coercizione fisica violenta cui
viene sottoposto l'imputato di un reato al fine di estorcergli una confessione o
altra informazione utile all'accertamento dei fatti
. ║ Per estens.
- Sevizia, atto di crudeltà in genere
. ║ Grave sofferenza
fisica o morale che si protrae a lungo nel tempo:
il decorso postoperatorio
è stato una vera t. • St. del dir. - La
t.
costituiva normale prassi giudiziaria nel mondo greco e romano: peraltro, essa
era applicata ai soli schiavi, benché le tirannidi greche e numerosi
imperatori romani ne abbiano fatto largo uso soprattutto per i reati politici.
Con le invasioni barbariche, il ricorso alla
t. decadde quasi ovunque in
Occidente, ritornando in auge nel XII sec. con la rinascita del diritto romano e
l'affermazione del processo inquisitorio. La grande importanza che era
attribuita alla confessione del reo spiega la centralità della
t.
in età basso-medioevale e la particolare attenzione che dedicarono a essa
i giuristi dell'epoca; l'elaborazione dottrinaria, che pure sul piano teorico
finiva per costituire una giustificazione della
t., all'atto pratico
contribuì, peraltro, a moderare almeno in parte la tendenza dei giudici a
fare di essa un uso altamente discrezionale e indiscriminato. La
t.
veniva ordinata con una sentenza contro cui era possibile appellarsi.
All'esecuzione della sentenza erano fatte precedere la
territio verbalis
(l'ammonizione da parte del giudice) e la
territio realis (la visione
degli strumenti di
t.); se l'imputato non confessava, si procedeva
all'esecuzione, che avveniva in presenza del giudice, del cancelliere e di un
medico secondo le modalità prescritte nella sentenza (eventuali
violazioni di queste modalità erano severamente perseguite). Le
t.
più comuni erano: il tormento della corda, che consisteva nell'appendere
l'imputato per le mani (legate dietro la schiena) con una corda che passava su
una carrucola infissa nel soffitto; la stanghetta, con la quale si comprimeva la
caviglia tra due tasselli di ferro; le cannette, che si mettevano tra le dita
della mano, stringendo con una corda; il fuoco, con cui si scottavano i piedi
unti di lardo; la veglia, che consisteva nel tenere l'imputato a lungo in
posizioni estremamente scomode; l'acqua, che veniva fatta ingerire in
quantità enormi. La confessione estorta con la
t. doveva, quindi,
essere ratificata in Tribunale, a non meno di 24 ore dai tormenti; era
facoltà dell'imputato revocarla, nel qual caso poteva essere nuovamente
sottoposto a
t. (ma non per più di due volte). Aspramente
criticata da più parti sin dal XVI sec., la
t. finì per
essere abrogata in molti Paesi tra la fine del XVIII sec. e l'inizio del XIX
sec. e per essere espressamente vietata dal diritto internazionale; a questo
riguardo numerose furono le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni
Unite. Non di rado essa continuò, tuttavia, a essere applicata
(soprattutto per reati politici), a volte in spregio, oltre che agli accordi
internazionali, alle stesse leggi interne dei singoli Paesi.