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Terra.

Pianeta del sistema solare (V.), terzo in ordine di distanza dal Sole. Nella sua accezione di nome proprio, il vocabolo è di norma scritto con l'iniziale maiuscola. ║ Parte solida e compatta della crosta terrestre, in quanto massa emersa dalla superficie del mare; con questo significato il vocabolo è usato anche al plurale: t. emerse. ║ Regione, porzione determinata (più o meno vasta) di un territorio. ║ Strato più superficiale della crosta terrestre, in quanto costituito da materiale incoerente e friabile, e il materiale stesso. In questa accezione era indicata dai filosofi della scuola ionica come uno dei quattro elementi fondamentali: aria, acqua, fuoco e t. ║ Per estens. - In generale, la superficie piana sulla quale si cammina e si sta: non sederti per t.; è caduto a t.; ecc. ║ Con valore collettivo, estensione di terreno coltivabile, i campi, la campagna: lavora la t.; ha ereditato la t. dai suoi genitori. ║ Come fonte di vita e di nutrimento, nell'antichità fu divinizzata (V. OLTRE). ║ In espressioni enfatiche o colloquiali: questa cosa non sta né in cielo né in t. ║ Fig. - Contrapposta a cielo, indica la vita mortale rispetto a quella eterna, che segue la morte fisica: le sofferenze di questa t. saranno ripagate in cielo. ║ Fig. - Per mare e per t.: dappertutto. ║ Fig. - T.-t.: locuzione avverbiale, per indicare una posizione quasi a livello del suolo. In senso metaforico, esprime un giudizio di mediocrità e banalità: è una persona t.-t.T. coloranti: polveri naturali utilizzate come coloranti naturali, come le ocre rosse e gialle. ║ T. da fonderia: miscela di materiali di origine silicea con agglomeranti naturali (minerali argillosi) o sintetici, usata nella preparazione degli stampi per la colata di metalli fusi.

• Elettrotecn. - Il terreno, da un punto di vista elettrico, si comporta come un conduttore a potenziale zero. Quando si collegano alcuni conduttori o elementi metallici di un impianto al terreno si esegue la messa a t. dell'impianto stesso, il cui scopo principale, oltre alla garanzia del buon funzionamento dell'impianto, è la sicurezza degli operatori rispetto al flusso elettrico. La messa a t. consiste nello stabilire una condizione di equipotenzialità tra tutte le strutture metalliche dell'impianto e il terreno, per prevenire i rischi di folgorazione in caso di malfunzionamento, favorendo la dispersione della corrente verso t.

• Mil. - Missili t.-t. e t.-aria: testate armate, proiettili di ingenti dimensioni lanciati da t. rispettivamente contro obiettivi terrestri o aerei. ║ T. bruciata: porzione di territorio di cui vengono sistematicamente distrutte tutte le infrastrutture e le coltivazioni a causa dell'avanzata del nemico, cui non si vuole concedere alcun vantaggio che derivi dalla conquista della regione. ║ T. di nessuno: porzione di territorio neutrale, con funzione di interposizione tra le linee di schieramento di forze nemiche. Essa viene mantenuta sgombra dall'azione costante delle due artiglierie contrapposte.

• Econ. - Nelle teorie degli economisti classici, la t. era (con il lavoro, il capitale e l'organizzazione) uno dei fattori di produzione. Dal punto di vista dell'economia, le sue caratteristiche peculiari sono l'immobilità, in quanto fisicamente non è trasferibile perché sede del processo produttivo, e l'indistruttibilità, benché siano necessari tempi e investimenti (lavori di irrigazione, drenaggio, fertilizzazione e sistemazione in generale) prima che una certa t. sia effettivamente utilizzabile. Per quanto riguarda la produttività, le statistiche dimostrano che aumenta in relazione al lungo periodo (in dipendenza dalle innovazioni tecnologiche e dei metodi di coltura) ma nel breve periodo (entro cui tali cambiamenti non hanno effetti significativi) la produttività decresce o, al più, cresce ma con un tasso di aumento decrescente. Il valore della t. tuttavia non dipende solo dalla sua produttività attuale, che comunque concorre alla determinazione del prezzo, ma anche dalla relativa scarsità dell'offerta di t. a fronte della domanda; al rapporto domanda/offerta e alla produttività si aggiungono il valore originario e quello degli investimenti permanenti effettuati sulla t. stessa (infrastrutture, lavori di sistemazione, ecc.).

• St. delle rel. - Nella maggior parte delle culture antiche o etnologiche fondate sull'economia di raccolta o di tipo agricolo la T. viene personificata come Grande Madre, fonte della vita e della fertilità, generatrice del circolo stagionale e del ciclo vita-morte. Se in molte religioni primitive la T. è soggetto di una ierofania di valore globale (in quanto fondamento per l'uomo di ogni esperienza di vita e del sacro), nelle civiltà storiche la caratterizzazione si muove verso funzioni più direttamente generative. In molti casi la T. compare come divinità cosmogonica e teogonica - quasi sempre femminile - in coppia con un principio uranico fecondatore (V. COSMOGONIA e TEOGONIA). Inoltre, numerose popolazioni hanno sviluppato tradizioni (attestate a livello mitologico, cultuale, folclorico, ecc.) di tipo ctonio, in cui il legame sacrale con la t. è più ancestrale e proprio della donna, originariamente depositaria delle pratiche e dei ritmi agricoli. Di qui la connessione rituale e cultuale tra fecondità femminile e fertilità del suolo. Comune a tutte le mitologie e culture del mondo antico, tuttavia, è la marginalità della T. nel sistema teologico: non avendo una caratterizzazione specifica ed essendo piuttosto assimilabile alle divinità primordiali generative o creatrici, la T. rimane ai margini sia dei culti ufficiali sia dello sviluppo mitologico, in cui non riveste alcun ruolo specifico.

• Encicl. - Forma e dimensioni della T.: nell'antichità, la T. era pensata come un disco piatto, coperto dalla volta celeste, intorno al quale scorreva come un fiume circolare Oceano. Alcuni, come Omero, collocavano gli Inferi sul piano opposto a quello dell'ecumene (il mondo abitato). Nel VII sec. a.C., lo ionico Anassimandro descrisse la T. come un cilindro racchiuso in più sfere concentriche contenenti i vari corpi celesti. L'idea che la T. stessa fosse sferica, invece, fu introdotta per la prima volta dalla scuola pitagorica nel VI sec. a.C., ma si impose solo nel IV sec. a.C. con Aristotele (che indicò come prove la forma circolare dell'ombra che la T. proietta sul Sole durante le eclissi, segno inequivocabile di un corpo sferico, e la graduale scomparsa sotto la linea dell'orizzonte di una nave che si allontana). Nel III sec. a.C. Eratostene di Cirene riuscì addirittura a calcolare la misura della circonferenza della T.: misurando l'ampiezza dell'angolo α che si formava ad Alessandria, a mezzogiorno del solstizio d'estate, tra i raggi solari (supposti come tra loro paralleli) e la verticale e sapendo che esso era pari all'angolo al centro sotteso all'arco di circonferenza (AS) compreso tra Alessandria e Siene (sita sul Tropico del Cancro, dove il Sole era in quello stesso momento allo zenit) e lungo 5.000 stadi (787,5 km), calcolò la misura (x) della circonferenza terrestre impostando la proporzione α : 360° = AS : x. Il risultato (39.375 km) fu sorprendentemente vicino al valore oggi calcolato, per la circonferenza del meridiano, di 40.009 km. La decadenza che gli studi astronomici subirono nell'Occidente cristiano in epoca tardo-antica e medioevale fece sì che andasse perduta la nozione stessa di sfericità della T.; al contrario, nello stesso periodo, gli astronomi arabi ottennero misurazioni sempre più precise, ricavando ad esempio un valore per il raggio terrestre (6.400 km) molto vicino a quello oggi indicato (6.378 km). In Occidente, la teoria della sfericità si riaffacciò solo nel IX sec., prese piede tra i dotti dal XIII sec., ma raggiunse le persone comuni solo a partire dal XV sec. I viaggi di circumnavigazione del globo fornirono la prova inoppugnabile della sfericità terrestre, consentendo di pervenire a nuove e accurate misure: il valore della circonferenza di 40.023 km, ottenuto da J. Picard nel 1670, fu quello assunto da I. Newton nei calcoli che sortirono la formulazione della legge di gravitazione universale. Quest'ultimo postulò anche che la T. fosse schiacciata ai Poli: tale ipotesi venne confermata da alcune spedizioni volute nel 1746 dall'Accademia delle scienze di Parigi, allo scopo di misurare la lunghezza di un arco di circonferenza sotteso a un angolo di 1° a tre diverse latitudini (equatoriale, media e polare). Ne risultarono valori diversi, a dimostrazione della non perfetta sfericità della T.: essa è più propriamente definibile come un ellissoide di rotazione, con i due assi situati sul piano equatoriale uguali tra loro, mentre il terzo, diretto lungo l'asse di rotazione terrestre, è più corto di circa 20 km. I valori ottenuti dalle misurazioni ufficiali del 1968, infine, sono stati adottati con una convenzione internazionale e descrivono la T. come un ellissoide detto astrogeodetico. Tuttavia, negli ultimi anni, si è rilevato che anche questo modello non è adeguato per misurazioni particolarmente raffinate, perché la distribuzione delle masse sulla superficie terrestre non è uniforme: ne consegue, ad esempio, che la linea dell'Equatore non è perfettamente circolare e che il raggio polare meridionale è più corto di quello settentrionale di circa 30 m. È stata così elaborata un'ultima approssimazione della forma della T. (le cui misure tuttavia differiscono da quelle dell'ellissoide nell'ordine di poche decine di metri), chiamata geoide (V.): si tratta di un solido la cui superficie è normale in ogni punto alla direzione della gravità e perciò equipotenziale in ogni suo punto al campo gravitazionale. Questa rappresentazione si ottiene assumendo il livello medio dei mari come prolungato anche al di sotto dei continenti.

• Astron. - La T. è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole e disegna un'orbita con raggio medio di 150 milioni di km posta tra quella più interna di Venere e quella più esterna di Marte; essa è inoltre dotata di un satellite, la Luna (V.). Per massa e dimensioni la T. è quinta dopo Giove, Saturno, Urano e Nettuno, ma prima nel gruppo dei pianeti interni o terrestri: Mercurio, Venere e Marte (V. anche SOLARE). Sono tuttavia numerosi gli elementi per i quali il nostro pianeta si differenzia dal resto del sistema solare e che hanno consentito lo sviluppo della vita sulla sua superficie: la massa notevole (che determina anche la più alta densità media - 5,5 - dell'intero sistema) che consente l'attrazione di una densa atmosfera; l'opportuna distanza dal Sole, che garantisce un'irradiazione adeguata, né troppo intensa né troppo debole; un periodo di rotazione sufficientemente veloce da contenere entro limiti accettabili l'escursione termica tra il giorno e la notte; un'orbita moderatamente ellittica che, insieme alla ridotta inclinazione dell'asse terrestre, non produce eccessive variazioni climatiche durante il periodo di rivoluzione. A ciò si aggiunge la presenza di ingenti masse di acqua allo stato liquido che innescarono il processo di evoluzione della vita sulla T.Moti della T.: il nostro pianeta, che gli antichi ritenevano immobile al centro dell'universo, è invece soggetto a un insieme complesso di movimenti nello spazio, come dimostrarono per primi Copernico (V. COPERNICO, NICCOLÒ), Galileo (V. GALILEI, GALILEO) e Keplero (V. KEPLERO, JOHANNES). Il moto più evidente, per l'entità delle sue conseguenze (rotazione apparente della sfera celeste da Est a Ovest e alternarsi del dì e della notte), è quello di rotazione: la T., cioè, ruota intorno a un asse, detto di rotazione o polare o terrestre, inclinato di 23° 26' 21'' sul piano dell'orbita (eclittica). Il periodo di questo movimento è di 23h 56m 4s, pari all'intervallo tra due successive culminazioni rispetto a un punto di una medesima stella sulla sfera celeste (giorno siderale), o di 24h, pari all'intervallo tra due successive culminazioni del Sole (giorno solare); quest'ultimo risulta più lungo perché alle due culminazioni solari si somma lo spostamento della T. lungo l'orbita che modifica le posizioni reciproche dei due corpi celesti (V. anche GIORNO). Il giorno solare, che è stato a lungo considerato di durata costante, invece non lo è: in parte perché la velocità orbitale stessa della T. non è uniforme (donde la necessità di assumere la convenzione di giorno solare medio), in parte perché alcuni fenomeni meccanici influiscono sul periodo di rotazione. Ad esempio, il fenomeno delle maree, che sposta ingenti masse d'acqua, influenza le reciproche attrazioni gravitazionali tra la T. e la Luna e rallenta impercettibilmente ma costantemente la rotazione terrestre (ricerche geologiche condotte sui fondali marini sembrano confermare che nelle passate epoche geologiche la durata del giorno era minore e dunque la rotazione più rapida). Una delle prove dirette di questo moto terrestre consiste nel celebre esperimento del pendolo effettuato da Foucault (V. FOUCAULT, LÉON): dal momento che, in assenza di forze esterne perturbatrici, il piano di oscillazione di un pendolo resta costante, è possibile rilevare che tutti i riferimenti terrestri, in quanto solidali con il movimento della T., ruotano progressivamente intorno ad esso di 360°, a una velocità che è pari a quella di rotazione terrestre. Coerentemente con quanto previsto dalla fisica newtoniana per i corpi soggetti a rotazione, anche la T. è soggetta a due forze cosiddette fittizie, perché indotte dal moto rotatorio: quella centrifuga, cui si deve lo schiacciamento polare e l'accumulo di masse libere sulla linea equatoriale, e la forza di Coriolis, che agisce su corpi in libero movimento in un sistema inerziale. L'azione di quest'ultima è stata individuata nel XVII sec. da G.B. Guglielmini: in presenza di rotazione, un punto elevato T (ad esempio in cima a una torre) percorre, in un medesimo intervallo di tempo, un arco di circonferenza più ampio rispetto al punto B posto al suolo lungo la perpendicolare che li congiunge, cioè T avrebbe una velocità di rotazione maggiore di B. Ciò è verificato, in quanto un corpo che cade liberamente dal punto T in cima a una torre non atterra nel punto B', sulla perpendicolare ai piedi della torre, ma in un punto C spostato verso Est, la cui distanza da B' dipende dall'altezza di T rispetto al suolo. Infatti, per il principio di inerzia, il corpo che cade mantiene costante la componente orizzontale (VT) della velocità del suo punto di partenza, maggiore di quella (VB) del punto B, che nel frattempo ha perciò percorso un arco di circonferenza minore. All'Equatore, dove la velocità di rotazione alla superficie è massima, un corpo che cade da 100 m di altezza si sposta verso Est di 33 mm rispetto alla perpendicolare del punto di partenza. Un altro fenomeno collegato alla forza di Coriolis, e perciò comprovante l'esistenza della rotazione terrestre, è quello descritto dalla legge di Ferrel: le traiettorie di corpi liberi di muoversi da una latitudine a un'altra sulla superficie terrestre o parallelamente ad essa deviano verso destra nell'emisfero settentrionale e verso sinistra in quello meridionale. I movimenti dei venti e delle correnti marine, ad esempio, corrispondono a tale enunciato, che si spiega con la differenza della velocità di rotazione alle diverse latitudini: per il principio di inerzia, essa viene mantenuta costante dalla massa in movimento e la sospinge rispettivamente verso Est, cioè in avanti nel senso della rotazione terrestre, se diretta a latitudini con velocità di rotazione minore, cioè verso i Poli, o verso Ovest, cioè indietro rispetto al senso di rotazione terrestre, se diretta a latitudini con velocità di rotazione maggiore, cioè verso l'Equatore. A causa della rotazione, infine, la T. è costantemente divisa in due zone: una buia e una illuminata dal Sole, separate tra loro da un cerchio massimo detto circolo di illuminazione. Quest'ultimo però, a causa dell'atmosfera terrestre che induce fenomeni di rifrazione e diffusione dei raggi solari, non coincide con una linea netta ma con una fascia (ampia circa 1.000 km), detta zona di crepuscolo, in cui la luminosità si fa via via più tenue, fino a scemare del tutto. A causa dell'inclinazione dell'asse, il circolo di illuminazione non coincide con i meridiani (cioè non passa per i poli), tranne che nei giorni dei due equinozi (V. EQUINOZIO), il 21 marzo e il 23 settembre. ║ Di pari importanza è il movimento traslatorio di rivoluzione della T. intorno al Sole, che determina sul pianeta il ciclo delle stagioni (V. STAGIONE) e il moto apparente del Sole, rispetto a un osservatore terrestre, sulla sfera celeste. Facendo riferimento a una stella abbastanza lontana da poter essere considerata fissa, il periodo di rivoluzione è di 365g 6h 9m 10s (anno siderale), mentre rispetto al Sole è di 365g 5h 48m 46s (anno tropico o solare). La differenza tra le due misurazioni è dovuta ad alcune variabili della traiettoria di rivoluzione: la T. descrive infatti intorno al Sole un'orbita (chiamata eclittica) di forma ellittica, con eccentricità (rapporto tra la distanza dei fuochi e l'asse maggiore) minima (circa 0, 017) e uno dei due fuochi occupato dal Sole. Perciò la distanza tra la T. e il Sole varia durante il periodo di rivoluzione da un minimo di circa 148 milioni di km (perielio) a un massimo di circa 150 milioni di km (afelio). Anche la velocità orbitale non è costante: con un valore medio di circa 30 km/sec, essa è tuttavia maggiore nei pressi del perielio e minore in afelio (V. KEPLERO, LEGGI DI) e concorre, unitamente all'inclinazione dell'asse di rotazione, a determinare la durata del giorno solare nei diversi momenti dell'anno (V. GIORNO). La prima conferma sperimentale della rivoluzione terrestre venne offerta nel 1728 da J. Bradley, che scoprì il fenomeno dell'aberrazione della luce delle stelle (V. ABERRAZIONE), di cui si poteva rendere ragione solo supponendo il moto della T. sulla sfera celeste. ║ Oltre a quelli principali, la T. è soggetta anche ad altri movimenti secondari. Di particolare interesse è il moto conico dell'asse: l'asse cioè, muovendosi in senso retrogrado intorno alla perpendicolare sul piano dell'eclittica, descrive un cono, mantenendo un angolo costante con l'asse del cono stesso di 23°, 30'. Tale moto, che si conclude in un periodo di circa 26.000 anni, è definito più propriamente una perturbazione, in quanto secondario all'attrazione congiunta del Sole e della Luna sul rigonfiamento equatoriale terrestre (a sua volta dovuto alla forza centrifuga; V. SOPRA). La precessione dell'asse comporta anche una variazione della giacitura del piano equatoriale terrestre rispetto al piano dell'orbita, facendo ruotare la linea equinoziale in senso opposto al moto apparente del Sole sull'eclittica: il Sole, perciò, ogni anno incontra i punti equinoziali un po' prima dell'anno precedente (è stato calcolato un anticipo di circa 20' all'anno), fenomeno noto come precessione degli equinozi (V. PRECESSIONE). Al moto conico dell'asse, tuttavia, ne è congiunto un secondo, detto di nutazione: esso consiste di oscillazioni dell'asse stesso, secondarie all'attrazione lunare e con periodo di circa 18 anni ciascuna, a causa delle quali la circonferenza del cono descritto dall'asse presenta in realtà delle ondulazioni. Anche la linea orbitale degli apsidi (cioè la congiungente i due punti estremi dell'eclittica, afelio e perielio) subisce uno spostamento, in senso contrario a quello della linea equinoziale, abbreviando il periodo della completa precessione degli equinozi a 21.000 anni. Questi due fenomeni modificano progressivamente, com'è facile intuire, l'alternarsi delle stagioni sulla superficie terrestre (V. STAGIONE e CLIMA). Infine, la T. partecipa anche ai moti propri del sistema solare, cui è solidale, vale a dire quello di traslazione verso la stella ν della costellazione di Ercole (a una velocità media di circa 20 km/sec) e quello di rivoluzione intorno al centro della galassia, con un periodo calcolato in 250 milioni di anni (V. SOLE). La stessa Via Lattea, per altro, trascina il Sole e il suo sistema planetario in un moto generale di recessione connesso all'espansione dell'Universo (V.).

• Geol. - Età e origine della T: grazie alle moderne tecniche di datazione, basate per lo più sulla misura del decadimento radioattivo dei materiali studiati, è stato possibile attribuire alle rocce più antiche rinvenute (in Groenlandia) un'età di 4,2 miliardi di anni. Questo dato si concilia con le teorie che collocano la formazione del sistema solare a circa 4,6 miliardi di anni fa (V. SOLARE, sistema solare), in quanto la solidificazione del suo livello superficiale presuppone che la T. abbia cominciato a condensarsi prima. Posti questi due limiti temporali (ante quem 4,2 miliardi e post quem 4,6 miliardi) gli studiosi non sono ancora in grado di descrivere con precisione i fenomeni che portarono in quel lasso di tempo alla costituzione della T. A partire dalla teoria della condensazione nebulare, è stata ipotizzata una fase successiva detta accrescimento collisionale: corpi di dimensioni limitate, per effetto dell'attrazione gravitazionale, si unirono a formare i pianeti del sistema solare. Per quanto riguarda la T., tali collisioni ebbero un ruolo anche nella costituzione dell'atmosfera: inizialmente quest'ultima era assai rarefatta, finché la vaporizzazione continua di meteoriti che collidevano ad alta velocità con la massa terrestre costituirono una fascia cospicua di sostanze volatili (vapore d'acqua, ammoniaca, metano, ossido di carbonio, anidride carbonica, ecc.). Lo strato atmosferico produsse un effetto serra che innalzò la temperatura superficiale (impedendo l'irradiamento del calore) e favorì i processi di fusione delle rocce, a partire da un magma a prevalente composizione di silicati. Quando il progressivo raffreddamento del condensato primordiale portò la temperatura superficiale a circa 1.200-1.000 °C, iniziò la fase di solidificazione della crosta e, progressivamente, di uno strato sempre più spesso della massa del pianeta. La formazione degli oceani (per condensazione di grandi masse di vapore acqueo che poterono depositarsi sulla superficie per l'ulteriore diminuzione della temperatura sotto i 100 °C) è fenomeno più recente. ║ Struttura interna della T.: posta l'impossibilità di un'osservazione diretta dei livelli interni del pianeta (mediante i carotaggi e gli altri strumenti di indagine si sono raggiunte al massimo profondità di 15 km - pari a circa 1/400 del raggio terrestre), gli studiosi si sono valsi di analisi deduttive, basandosi sulla geofisica e la sismologia. Infatti la velocità di propagazione delle onde sismiche sussultorie (sia longitudinali sia trasversali) all'interno della T. è legata alla densità e natura dei materiali attraversati: le onde si propagano tanto più velocemente quanto maggiore è la densità del materiale; assumono traiettorie rettilinee entro mezzi fisicamente omogenei e curve in mezzi non omogenei; quando passano da un mezzo a un altro con diverse caratteristiche fisiche (ad esempio, da liquido a solido) o diversa densità (ad esempio, da granito a basalto), le onde subiscono rifrazioni o addirittura fenomeni di assorbimento lungo la superficie di confine tra i due mezzi (superficie di discontinuità). Infine, le onde trasversali non si propagano in mezzi liquidi. In base a questi assunti - e a quelli per cui 1) all'aumentare della profondità aumenta la temperatura, secondo una progressione (gradiente termico) che si riduce però quanto più si scende, fino a raggiungere un massimo di circa 4.000 °C al centro della T.; 2) all'aumentare della profondità aumenta la pressione, contrastando le trasformazioni dei materiali dallo stato solido a quello liquido a quello gassoso connessi all'incremento di temperatura; 3) la più antica fase di consolidamento della T. risponde alla teoria di differenziazione gravitazionale, per cui gli elementi pesanti si sono depositati in un nucleo pesante (di ferro e nichel, nife), seguito da uno strato di ossidi e solfuri (osol), uno di basalti di silicati di ferro e magnesio (sima) e da uno più superficiale di rocce leggere di silicio e alluminio (sial); - in genere si divide la T. in tre livelli: la crosta, il mantello e il nucleo. Sono infatti state individuate due superfici di discontinuità di prim'ordine: quella di Mohorovičic' (o semplicemente Moho), che divide la crosta dal mantello, e quella di Gutenberg, che divide il mantello dal nucleo. Tuttavia, altre discontinuità, benché meno nette e definite (dette perciò di second'ordine), consentono divisioni più dettagliate di questi stessi livelli. ║ Il limite inferiore della crosta, che ha una densità media di 2,8, coincide con la Moho: questa discontinuità però si situa a profondità variabili, di modo che anche la crosta non ha uno spessore costante, ma è di 5-15 km sotto il fondo oceanico, di 30-35 km sotto i continenti e perfino di 70 km sotto le maggiori catene montuose. La crosta continentale, più spessa, è costituita in superficie da rocce sedimentarie, più o meno consolidate, che poggiano sul cosiddetto "strato del granito", cioè su rocce sialiche, in prevalenza silicati di alluminio, comprese tra i 15 e i 30 km di profondità. Tra i 30 e i 40 km, invece, dopo la discontinuità di Conrad si colloca lo "strato di basalto", di natura simatica, costituito in prevalenza da silicati di magnesio. La più sottile crosta oceanica, che costituisce il fondo dei bacini, di norma non presenta lo strato del granito: è formata in superficie da rocce sedimentarie, seguite da basalti e più in profondità da gabbri. ║ Compreso tra le due discontinuità principali, il mantello si estende da una profondità di 15 (sotto gli oceani) -40 km (sotto i continenti) fino a circa 2.900 km sotto la superficie terrestre. La sua densità, che cresce al crescere della profondità per effetto della pressione, ha comunque un valore medio di 5-6. Sulla base degli studi sulla velocità delle onde sismiche, gli studiosi hanno rilevato un salto di densità piuttosto netto, a circa 900 km di profondità (discontinuità di Repetti), che divide il mantello in due livelli: superiore e inferiore. Gli studiosi ritengono (sulla base ovviamente di dati indiretti) che la parte superiore sia costituita da silicati di ferro e magnesio, soprattutto peridotiti, e quella inferiore da ossidi e silicati sempre ricchi di magnesio e ferro, soprattutto olivine. Per quanto riguarda lo stato fisico dei materiali costituivi del mantello, invece, le teorie più recenti utilizzano una partizione differente dei livelli del mantello superiore; la crosta e una prima porzione del mantello (fino a circa 100 km) vengono considerate unitamente come litosfera, cioè come strato solido e rigido, mentre una porzione più profonda (fino a circa 900 km) è detta astenosfera (o mantello astenosferico), in cui il materiale è prossimo al punto di fusione e si comporta come un fluido, di elevatissima viscosità. In pratica la litosfera rappresenterebbe la corteccia rigida del globo, "galleggiante" su uno strato plastico e viscoso. ║ Il nucleo, sottostante la discontinuità di Gutenberg a circa 2.900 km di profondità, è la regione più interna della T. e può essere studiato solo per via indiretta. Anche per questa zona gli studiosi postulano, sulla base delle informazioni sismologiche, un nucleo esterno e uno interno, che si differenziano a circa 5.000 km di profondità: la porzione più esterna si comporta come se fosse allo stato liquido, con densità 9-10, mentre quella interna come un solido, con densità 13. L'aumento di pressione spiega il ritorno della materia allo stato solido nella parte più interna del nucleo: infatti al crescere della pressione si innalza anche il punto di fusione, che la limitata temperatura raggiunta nel nucleo terrestre non riesce a innescare. Sulla scorta degli studi comparativi con l'evoluzione del sistema solare, il nucleo della T. sarebbe costituito in prevalenza da ferro e nichel, probabile sorgente del campo magnetico terrestre, alla cui formazione concorrerebbero anche i moti convettivi della zona nucleare fluida di minerali di ferro, zolfo e silicio. Di particolare interesse, infine, è la zona di transizione nucleo-mantello, i cui movimenti influenzano i moti convettivi dell'astenosfera, responsabili a loro volta dei movimenti litosferici. Per quanto riguarda la dislocazione degli strati e la distribuzione delle t. emerse e per ulteriori approfondimenti, V. anche TETTONICA.
La composizione della crosta terrestre

Il riscaldamento globale della Terra

Il riscaldamento globale della Terra

Il riscaldamento globale della Terra

Il riscaldamento globale della Terra

PRINCIPALI CARATTERISTICHE FISICHE E DIMENSIONALI DELLA TERRA
Raggio equatoriale
6.378,160 km
Raggio polare
6.356,776 km
Schiacciamento polare
1/298,29
Circonferenza media del meridiano
40.009,153 km
Circonferenza equatoriale
40.076,593 km
Superficie totale
510.100.000 km2
Superficie delle terre emerse
149.000.000 km2
Superficie degli oceani
360.700.000 km2
Volume
1.083.227.500.000 km3
Densità media
5,52 g/m3
Massa
5,976 · 1024
Massa in rapporto al Sole
1/332.946
Accelerazione di gravità all'equatore
9,78 m/sec2
Velocità di fuga all'equatore
11,2 km/sec
PRINCIPALI DATI ASTRONOMICI DELLA TERRA
Semiasse maggiore dell'orbita
149.597.870 km (= 1 UA)
Distanza dal Sole al perielio
0,983 UA
Distanza dal Sole all'afelio
1,017 UA
Velocità orbitale media
29.800 m/sec
Eccentricità dell'orbita
0,017
Inclinazione dell'asse terrestre sul piano dell'orbita
23° 26'21"
Velocità di rotazione equatoriale media
465 m/sec
Velocità orbitale media
29,8 km/sec
23h 56m 4/sec
24h

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Mappa dei Terremoti [Earthquakes]

Terremoti di magnitudo superiore o uguale a 2.0 localizzati in Italia e nel mondo.

Rete Sismica Nazionale dell’INGV.