Nome europeizzato di
Tīmūr Lenk.
Sovrano turco. Figlio di un piccolo signore della Transoxiana, apparteneva al
nobile clan dei Barlās, Mongoli turchizzati che, secondo fonti non
accertate, sarebbero i discendenti di Gengis khan. Dapprima prestò
servizio presso il khan mongolo di Djagabai, Tughluq Tīmūr, con
l'appoggio del quale fu nominato governatore di Kish (1360-61). Divenuto
consigliere di Ilyās Khogia, figlio del khan e governatore di Transoxiana,
nell'arco di breve tempo acquisì grande prestigio e autorità.
Quindi, avvalendosi del sostegno dei re di Balkh e di Kābul, fece
estromettere Ilyās Khogia dalla Transoxiana e, insieme al primo, vi
instaurò una sorta di condominio. Scontratosi anche con il suo alleato,
conquistò Balkh (1369), fece uccidere Mīr Husayn e nel 1370 si
proclamò unico re della Transoxiana, successore ed epigono di Gengis
khan. Tuttavia, allo scopo di evitare dissidi con i Mongoli, mantenne
formalmente sul trono un rappresentante della precedente dinastia. Pervaso da
fanatismo religioso, fece della Transoxiana una sorta di Stato teocratico,
adottò lingua e usanze turche, soppiantò la legge mongola con
quella islamica e offrì protezione al clero musulmano. Ertosi a promotore
di una guerra santa,
T. iniziò a occupare i territori che avevano
fatto parte dell'Orda d'Oro nella Russia meridionale: pur non avendo un piano
prestabilito, seppe trarre vantaggio delle guerre intestine che devastavano la
maggior parte degli Stati mongoli sorti dalla dissoluzione dell'Impero di Gengis
khan e, passando ininterrottamente di conquista in conquista, ridiede vita alle
gesta e alle ambizioni di dominio universale del grande condottiero tartaro. Nel
1379 invase il ricco Regno di Corasmia; fu quindi la volta del Mogholistān
(1390) e della Persia che, già indebolita dalle divisioni interne tra
centro dell'Impero e periferia (Mesopotamia, Armenia, Georgia), venne
praticamente devastata: la popolazione vi fu decimata, le città messe a
ferro e fuoco e derubate di ogni ricchezza. Contemporaneamente, intromessosi
nelle lotte dinastiche dell'Orda d'Oro,
T. si schierò a favore di
Tuqtamish che, grazie al suo aiuto, divenne khan dell'Orda bianca (inverno
1377-78) e annesse ai propri possedimenti l'Orda azzurra. Ben presto, tuttavia,
T. mosse guerra anche contro il suo favorito: l'invasione
dell'Azerbaigian, nel 1386, fu infatti solo la prima di una serie ininterrotta
di razzie e devastazioni che si abbatterono su tutte le steppe della Russia
meridionale (1391-95). Nel 1398-99 saccheggiò e distrusse il sultanato
turco di Delhi; nel 1400-01 la Siria, nel 1401 fu occupata e devastata Baghdad.
L'ultimo grande attacco fu sferrato contro il rivale più temibile,
l'Impero ottomano guidato dal sultano Bāyazīd I. Penetrato in Asia
Minore,
T. affrontò e sconfisse il sultano nel 1402,
nella
battaglia decisiva di Ancira (Ankara), arrestando l'ascesa ottomana e divenendo
l'involontario artefice della salvezza della cristianità occidentale.
Proseguì quindi fino a Smirne, dove annientò la guarnigione locale
dei Cavalieri di Rodi. Al suo ritorno in Persia, a Samarcanda, strinse rapporti
con i principali Stati d'Oriente e d'Occidente, ricevendo ambascerie del sultano
d'Egitto, dell'imperatore di Bisanzio, del re di Castiglia, di Carlo VI re di
Francia e della Repubblica di Genova. Nel 1404 iniziò una spedizione
contro la Cina, ma fu colto dalla morte. Il suo immenso Impero si
sfasciò, mentre i suoi discendenti diretti, i Timuridi, furono
rapidamente sterminati ovunque: solo un suo nipote, Bābur (1483-1530),
riconquistò in seguito l'India, dove creò l'Impero del Gran Mogol
e diede inizio a una dinastia che sopravvisse fino al sopraggiungere degli
Inglesi nel 1858. Le devastazioni e i massacri che accompagnarono le immense
conquiste di
T. contribuirono a crearne la figura leggendaria di tiranno
spietato, barbaro e sanguinario. In realtà egli fu anche protettore di
poeti e artisti e attivo promotore della fioritura artistica della sua capitale
Samarcanda (Kish, Samarcanda 1336 - Otrār 1405).
Le
principali spedizioni di Tamerlano