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Semìtico.

Relativo ai Semiti, ai membri della stirpe di Sem. • Ling. - Lingue s.: locuzione, coniata nel 1781 da A.L. Schlözer per indicare la famiglia di lingue parlate dai popoli che la tradizione biblica faceva discendere da Sem: Assiri, Aramei, Ebrei, Arabi, Yemeniti. La glottologia considera questo gruppo linguistico come il ramo orientale o asiatico delle lingue camito-s. (comprendenti a loro volta s., berbero, ciadico, cuscitico ed egiziano), individuate in base alla condivisione di un certo numero di isoglosse sia morfologiche sia lessicali. Per un certo periodo gli studiosi hanno postulato che tra le lingue s. intercorresse un legame di tipo genealogico, sul tipo di quello supposto nel XIX sec. per le indoeuropee. A partire da un non attestato protosemitico, dunque, esse furono raggruppate in rami: uno orientale, costituito dal solo accadico, e diversi occidentali, sulla cui quantità e definizione il dibattito non trovò mai accordo. La scoperta dell'eblaita (V. EBLA), tuttavia, intermedio tra lingue s. occidentali e orientali, ha reso la classificazione genetica difficile da sostenere, per quanto riguarda sia le lingue s. sia il più ampio gruppo camito-s. Attualmente si ritiene che, nell'ambito afro-asiatico, le parlate s. emersero in autonomia, probabilmente nel quadro delle culture agricole e pastorali dell'area siro-palestinese, tra il V e il IV millennio a.C. Tuttavia queste lingue si caratterizzarono storicamente come s. quando trovarono un loro uso letterario entro le civiltà urbane di Siria e Mesopotamia, mentre la formazione dell'unità statale egizia, geograficamente monolitica, interrompeva a Nord i rapporti di reciproca influenza con le lingue camito-s. d'Africa. È possibile dunque individuare un s. settentrionale - cananaeo, eblaita, accadico - e un meno definito s. meridionale, costituito dalle parlate della penisola arabica e dell'Etiopia, che rimase più fluido sia per la mancanza di una forma scritta e letteraria sia per i contatti non interrotti con il camito-s. africano. La separazione tra le due aree linguistiche è attestata da isoglosse non condivise: ad esempio, i dialetti settentrionali presentano un consonantismo p dove i meridionali hanno invece f; gli uni hanno, nella seconda persona verbale, desinenza base t, mentre gli altri a base k. Durante il II millennio, le popolazioni seminomadi di Siria diedero vita a una parlata del gruppo settentrionale fortemente innovativa: l'amorreo. Le sue principali caratteristiche (consonantismo più ricco, presenza di fonemi enfatici velari, radici bi o triconsonatiche, funzione morfologica dell'apofonia, semplificazione del sistema verbale, ecc.) risultano attestate anche in lingue successivamente sviluppate da altre popolazioni seminomadi (ugaritico, aramaico, arabo) che pertanto sono ascritte dagli studiosi allo stesso ceppo linguistico. La domesticazione del dromedario, inoltre, favorì la penetrazione nella penisola arabica da parte di queste popolazioni e un inedito contatto tra le nuove parlate settentrionali e il s. meridionale: ne conseguì, ad esempio, l'assunzione da parte dell'arabo di caratteri meridionali e un'influenza arabizzante sia sui dialetti sud-arabici sia su quelli etiopici. Ciò a riprova che il modello genealogico non è adeguato a rendere ragione dei complessi rapporti di contiguità, influenza o reciprocità tra le lingue s. Queste ultime, in generale, pur presentando un certo numero di isoglosse comuni, non offrono all'indagine linguistica un numero di elementi comuni sufficiente a legittimare l'idea ottocentesca di un protosemitico da cui tutte le parlate s. sarebbero derivate. Nelle fase più arcaica esse condividevano, a livello fonetico, un forte consonantismo, con prevalenza di consonanti faringali, laringali e uvulari, con punto di articolazione più arretrato rispetto a quello utilizzato nelle lingue indoeuropee. Il vocalismo era in a, e, i, u (ma in amorreo scomparve la e). Le radici (mono o bisillabiche) erano nella maggior parte dei casi di tre consonanti, in fase più matura con vocali apofoniche. Il nome presentava due generi, maschile e femminile, e tre numeri, singolare, duale e plurale (a volte interno); la flessione nominale, in origine assente, consentì più tardi tre casi al singolare e due al plurale: nominativo (caso del soggetto), accusativo (caso del complemento diretto), e genitivo (caso dei complementi indiretti). Il sistema verbale arcaico consisteva di tre tempi: uno con suffissi (stativo) e due con prefissi (passato e presente-futuro); l'amorreo li ridusse a due, con riferimento all'aspetto dell'azione: uno per le azioni incompiute, a prefissi, e uno per quelle compiute, a suffissi. A livello sintattico, infine, le lingue semitiche presentano sia frasi verbali, che esprimono l'azione, sia frasi nominali, che esprimono lo stato; nel primo caso la frase inizia con il verbo, nel secondo caso con il soggetto. Si fornisce di seguito un'essenziale panoramica delle lingue s. Accadico: unico rappresentante del ramo s. orientale, fu parlato e scritto in Mesopotamia dal III millennio a.C. al principio dell'era cristiana. La fase più antica è rappresentata dall'antico accadico del Regno di Akkad (2350-2150 a.C.), mentre successivamente se ne svilupparono due varianti: quella settentrionale assira e quella meridionale babilonese. Ciascuna di esse è attestata in tre fasi cronologiche (antica, media e recente): in particolare, alla fase antica (II millennio a.C.) subentrò quella media (1500 a.C.) che vide il medio babilonese come lingua internazionale di tutto il Vicino Oriente; il neoassiro (1000 a.C.) scomparve con la distruzione di Ninive e fu sostituito (600 a.C.) dal neobabilonese che, fortemente influenzato dall'aramaico, fu abbandonato alla fine dell'era. Tutte le lingue accadiche furono registrate con una scrittura cuneiforme mista (parte sillabica parte logografica) ereditata dai Sumeri. ║ Eblaitico: parlato e scritto in Siria nel III millennio a.C., ne abbiamo conoscenza grazie agli archivi reali di Ebla, rinvenuti a metà degli anni Settanta del XX sec. Durante il II millennio a.C. fu sostituito dall'amorreo come lingua quotidiana e dal babilonese come lingua ufficiale e di registrazione. ║ Amorreo: elaborato dalle popolazioni seminomadi di Siria a cavallo tra il III e il II millennio a.C., nella fase più antica è attestato solo dall'onomastica. Lingua non letteraria, fu parlato in Ebla e in Ugarit nel II millennio a.C. ║ Fenicio: attesta la fase più recente dei dialetti cananei di Palestina e Fenicia del III millennio a.C., a noi noti dalla sola onomastica. Il fenicio è testimoniato dal 1500 a.C. fino al II sec. d.C., in numerose varietà dialettali: una di queste sopravvisse in Sardegna fino al III sec d.C. ║ Ebraico e dialetti cananei minori (ammonnitico, moabitico, edomitico, ecc.): varietà linguistiche del cananeo meridionale assunte dalle popolazioni di nomadi aramei insediatisi in Palestina intorno al 1000 a.C. Tutti i dialetti cananei furono sostituiti dall'aramaico tra il VI e il V sec. a.C., ad opera della conquista babilonese, tranne l'ebraico. Questo sopravvisse per lo più come lingua sacra ma non quotidiana (anche ai tempi di Gesù la lingua più comunemente parlata in Palestina era l'aramaico) e perciò cristallizzata nell'uso rituale. La rinascita dell'ebraico (tentata invano nel II sec. a.C. dagli Asmonei e nel II sec. d.C. dalla seconda rivolta antiromana) come lingua viva e parlata ma anche come lingua letteraria è stata esito di un'inedita e stupefacente pianificazione linguistica e culturale avvenuta nella prima metà del XX sec., ad opera dei coloni ebrei di Palestina prima e dello Stato di Israele poi (V. EBRAICO). ║ Aramaico: aspetto assunto dall'amorreo alla fine del II millennio a.C. È la lingua s. dalla storia più complessa: nella sua fase più antica (1100-700 a.C.) fu propria solo delle città-stato di Siria e Mesopotamia; poi divenne la lingua internazionale del Vicino Oriente. In età romana si divise in numerose varietà dialettali, spesso a base religiosa (giudaico-babilonese, cristiano, samaritano, ecc.), tutte sostituite dall'arabo dopo la conquista islamica. ║ Arabo: sviluppatosi dal ceppo amorreo-aramaico durante il I millennio a.C., è attestato in una fase detta protoaraba (secc. VIII-VI a.C.), in una a grande varietà dialettale (V sec. a.C. - III sec. d.C.) e in una fase classica a partire dal IV sec. d.C. Con la poesia beduina del VI sec., e la lingua coranica del VII sec., trovò anche la sua forma letteraria. L'arabo classico, tuttora vitale come lingua scritta, nell'uso parlato è stato sostituito da dialetti fin dal VII sec. (V. ARABO). ║ Sudarabico: attestato da iscrizioni datate tra il V sec. a.C. e il VI sec. d.C., presenta quattro varietà dialettali: sabeo, mineo, qatabanico e hadramutico. Sopravvive come lingua scritta ma non parlata in alcune regioni della penisola arabica (Oman, Hadramut, ecc.). ║ Lingue s. etiopiche: sono attestate in diverse varietà. Il ge'ez, era la lingua del Regno di Aksum: come lingua parlata scomparve nel 1000 d.C., ma come lingua letteraria era largamente diffusa ancora nel XIX sec. Il tigrè è una forma recente del precedente, lingua parlata ma non scritta delle popolazioni della costa eritrea. Il tigrino, anch'esso forma recente del ge'ez, è la lingua parlata nel Tigrai e, dal XIX sec., è dotata anche di una propria produzione letteraria. L'amarico è un dialetto dell'Etiopia centrale attestato, dal XIV sec., in composizioni eroiche: assurse a lingua letteraria ufficiale nel XIX sec. Harari, guraghè e gafat sono altri dialetti s., parlati ma non scritti, diffusi nei secoli passati e oggi non più vitali.