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Pùnico.

(dal latino punicus, der. di Poeni: Cartaginesi). Relativo alla civiltà e alla storia della città di Cartagine e delle sue colonie. ║ Fig. - Fede p.: antifrasi che si riferisce alla presunta slealtà tipica dei Cartaginesi nello storico antagonismo con i Romani. ║ Pomo p.: denominazione latina del melograno, probabilmente dovuta all'origine africana del frutto. • St. - Prima guerra p. (264-241 a.C.): le due potenze romana e cartaginese, che avevano fino ad allora intrattenuto rapporti pacifici quando non addirittura di alleanza in funzione, per esempio, anti-greca, entrarono in conflitto quando l'espansione territoriale romana in Sicilia trovò un ostacolo nella presenza p. sull'isola. L'occasione per muovere guerra fu offerta dalla richiesta d'aiuto contro Cartagine da parte dei Mamertini, i mercenari campani che tenevano Messina. Alcune vittorie ottenute sulla terraferma non furono tuttavia risolutive a causa della supremazia cartaginese sul mare. Così fu allestita una nuova flotta che conseguì un'importante vittoria a Milazzo nel 260 a.C. con Gaio Duilio, e nel 256 a.C. a Ecnomo. Ma la strategia romana di trasferire il conflitto in Africa per colpire al cuore il nemico subì un durissimo colpo con la sconfitta e la cattura del generale Marco Attilio Regolo. La guerra continuò per altri 14 anni in Sicilia, con alterne fortune, finché lo sforzo romano di potenziamento navale fece conseguire al console Lutazio Catulo una vittoria decisiva alle Isole Egadi (marzo 241 a.C.). Costretta alla pace, Cartagine dovette abbandonare la Sicilia, impegnarsi a pagare una forte indennità e sottostare ad altre dure condizioni. ║ Seconda guerra p. (219-201 a.C.): la presa di Sagunto, città spagnola alleata di Roma, da parte del generale cartaginese Annibale fu il fattore scatenante del conflitto e la prima mossa di un piano che mirava alla conquista della penisola italica. Superati i Pirenei e le Alpi, Annibale iniziò una rapida e audace marcia verso Sud, sbaragliando l'esercito guidato da Publio Cornelio Scipione al Ticino e alla Trebbia (218 a.C.); l'anno dopo distrusse l'esercito di Gaio Flaminio presso il Lago Trasimeno (217 a.C.), dopo avergli teso un'imboscata. La tattica temporeggiatrice del dittatore Quinto Fabio Massimo permise ai Romani di riunire le forze e prepararsi a un nuovo sforzo bellico che però fu vanificato dalla schiacciante vittoria di Annibale a Canne (216 a.C.). Quest'ultima catastrofe non valse in ogni caso a smantellare la federazione dei popoli italici, rimasti fedeli a Roma nonostante le defezioni di alcuni di essi e i fermenti di rivolta dei Galli nell'Italia settentrionale. La strategia di logoramento attuata al tempo di Fabio Massimo portò Annibale ad assumere un atteggiamento di difesa e fece ottenere ai Romani i primi successi, come la conquista di Siracusa (212 a.C.) e di Capua (211 a.C.). Publio Cornelio Scipione, detto l'Africano, figlio del console sconfitto nel 218 a.C., riuscì a conquistare la Spagna (210-208 a.C.), con il doppio risultato di rimpinguare le casse dello Stato romano e di impedire alle forze cartaginesi in Italia di ricevere rinforzi. Nonostante fosse riuscito a passare dalla Spagna in Italia, Asdrubale, fratello di Annibale, fu sconfitto e ucciso al Metauro (207 a.C.), prima di potersi ricongiungere al fratello. Riportata in Africa, la guerra volse a favore dell'esercito romano guidato da Scipione l'Africano che, anche grazie all'alleanza con il re della Numidia Massinissa, sconfisse i Cartaginesi ai Campi Magni (204 a.C.). Definitiva fu la vittoria di Scipione contro Annibale a Zama (o Naraggara, 202 a.C.); quindi Cartagine fu obbligata a consegnare la flotta e l'esercito e a pagare 10.000 talenti d'indennità, lasciando Roma dominatrice incontrastata, sul piano militare e commerciale, del Mediterraneo occidentale. ║ Terza guerra p. (149-146 a.C.): rifiorita come centro commerciale, Cartagine ricominciò a essere temuta da Roma, che intanto aveva esteso la sua egemonia su tutto il bacino del Mediterraneo. A innescare la lotta fu la dichiarazione di guerra a Massinissa da parte di Cartagine (151 a.C.) che, così facendo, aveva violato una delle condizioni del trattato di pace stipulato con Roma. Respinta con sdegno la richiesta romana di lasciare la città per fondarne un'altra a dieci miglia dal mare, i Cartaginesi subirono tre anni di assedio prima di arrendersi a Scipione Emiliano, figlio adottivo del figlio di Scipione l'Africano (146 a.C.). Cartagine fu rasa al suolo e trasformata, insieme al suo territorio, nella provincia romana d'Africa. • Archeol. - La ricostruzione della civiltà p. (collocabile storicamente dal VII sec. a.C. circa fino alla distruzione di Cartagine, avvenuta nel 146 a.C.) è stata possibile soprattutto grazie agli scavi archeologici effettuati dagli anni Sessanta del XX sec. in poi, i quali hanno permesso di comprendere nell'area d'influenza di tale cultura il Nord Africa (dalla Libia al Marocco), la Sardegna, la Sicilia occidentale, Pantelleria, Malta, la costa meridionale delle penisola iberica e le Baleari. I ritrovamenti più significativi riguardano il primo nucleo della città di Cartagine (localizzata presso l'odierna Tunisi), una necropoli e, nella zona circostante, alcune fortezze che testimoniano la strategia difensiva e offensiva di Cartagine verso il Mediterraneo. Inoltre, presso Kerkouane sono stati portati alla luce i resti dell'unica città p. finora nota cui non siano state sovrapposte fondazioni romane. In numerose località della Sicilia (Mozia, Palermo, Lilibeo, Selinunte, Erice) sono affiorate testimonianze di insediamenti p., costituite da abitazioni, mura, necropoli; notevole soprattutto la serie di stele votive e funerarie, utili per tracciare l'evoluzione del linguaggio artistico p. In Sardegna, dominata dai Cartaginesi nei secc. IV-III a.C., esistono vestigia della civiltà p. tanto più significative in quanto prive di successive sovrastrutture romane. Tra queste l'acropoli di Monte Sirai, esempio di edilizia civile, nonché un tempio, la necropoli e un tofet, costituito da celle dove venivano deposte e conservate stele e urne contenenti i resti delle vittime sacrificate alle divinità. Altri insediamenti p. in Sardegna sono stati scoperti a Nora, Sulcis e Tharros, quest'ultimo rilevante punto di riferimento per le rotte commerciali tra Africa e Spagna. I ritrovamenti compiuti nel tempio p.-romano di Antas hanno permesso di identificare con il dio p. Sid il locale Sardus Pater. Nell'area dell'Impero cartaginese - abitata, nel periodo di massima espansione, da circa 4 milioni di persone - almeno un quarto della popolazione era di origine fenicia; da ciò deriva la grande influenza che questa civiltà ebbe sulle manifestazioni della cultura p. Altre influenze, spesso notevoli, la popolazione subì da parte delle civiltà egiziana e mesopotamica, greca ed etrusca. I tofet sono riconosciuti come un'istituzione tipica della cultura p. e il corredo di stele da essi provenienti è una preziosa fonte di ricostruzione storica. Dalle iscrizioni, per esempio, redatte in una lingua che rappresenta un'evoluzione di quella fenicia, si evince una sostanziale continuità di culto degli dei fenici; inoltre in esse è evidente una tendenza verso l'astrattismo e il simbolismo: tra i simboli rappresentati, una mano levata in segno di preghiera con funzioni propiziatorie, un disco che sormonta un tronco di cono, figure umane stilizzate. In questo repertorio simbolico appaiono motivi di derivazione egiziana e cipriota, ricreati sotto l'azione ambientale. Le tombe p., a camera ipogeica, rappresentano la continuazione della tipologia tombale fenicia, mentre la pianta tripartita dei templi, diffusa nell'Occidente p., riporta agli edifici religiosi del vicino Oriente. Di gusto peculiarmente cartaginese i rasoi di bronzo dalla particolare forma di accetta, il cui manico raffigura il collo e la testa di un uccello, e le uova di struzzo dipinte. I mosaici rinvenuti in località cartaginesi non sono mai di produzione locale, ma furono importati (o imitati) dalla Grecia.
Le guerre puniche (264-146 a.C.)