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Pàride.

Mit. - Mitico figlio del re di Troia Priamo e di Ecuba. Durante la gravidanza, Ecuba, che già aveva partorito Ettore, sogna di generare una fiaccola accesa che appicca il fuoco a tutta la città. Il sogno viene interpretato come un segno di sventura dagli aruspici, che individuano in quel figlio la causa della rovina di Troia. Per sfuggire il fato, Priamo ordina che il neonato venga abbandonato sul Monte Ida. Allattato da un'orsa per cinque giorni, il bambino viene poi raccolto dai pastori. Gli fa da nutrice la ninfa Enone, figlia di un dio fluviale, che sarebbe diventata in seguito la sua sposa. Benché allevato tra i pastori, P. diventa presto, per la sua bellezza e saggezza, un re-pastore e, proprio per la sua eccezionale avvenenza, è incaricato da Zeus di dirimere la questione sorta tra le dee Era (Giunone), Pallade Atena (Minerva) e Afrodite (Venere), che si contendono il pomo che la Discordia (Eris) ha destinato alla più bella. Accettatone il giudizio, Afrodite gli promette il possesso della donna più bella del mondo, Atena l'invincibilità in guerra ed Era la signoria sull'Asia e l'Europa. P. favorisce Afrodite, procurandosi così la sua protezione e attirandosi l'odio delle dee sconfitte. P. si reca a Troia per partecipare a una gara durante la quale riesce a battere Ettore, di cui ignora di essere fratello. Riconosciuto dalla sorella Cassandra e dal padre Priamo, viene riaccolto nella reggia. Inviato come ambasciatore a Sparta, si innamora, ricambiato, di Elena, la bellissima moglie del re Menelao. Con l'aiuto di Afrodite, i due innamorati fuggono e raggiungono Troia, dove vengono celebrate le loro nozze. I principi achei allora si uniscono per vendicare l'affronto subito da Menelao e dichiarano guerra a Troia che viene data alle fiamme dopo un assedio durato dieci anni. Nell'Iliade si narra di un P. impegnato nella guerra come arciere, per quanto venga presentato soprattutto come dedito al canto e all'amore, sotto la costante protezione di Afrodite. La sua più importante impresa, il duello con Menelao, dovrebbe decidere il conflitto; ma lo scontro viene interrotto dall'intervento della dea che mette in salvo il suo protetto mentre sta per essere ucciso dall'avversario. È a P. che tocca poi la sorte di uccidere Achille, scagliando una freccia che, diretta da Apollo, colpisce il tallone, l'unico punto vulnerabile dell'eroe greco. Mentre la guerra sta per volgere al termine P. muore, colpito egli stesso da una freccia avvelenata scoccata da Filottete. Vari figli si dicevano nati da P. e da Elena: Agano, Bunomo, Dardano, Elena, Eleno, Ideo, Corito. Nell'interpretare il mito di P. vari studiosi hanno avanzato l'ipotesi che il giovane, rappresentato nel poema omerico "bello come un dio", spavaldo ma effeminato, neghittoso, vile, fosse l'immagine del dio Dioniso, a somiglianza del quale egli viene raffigurato coperto da una pelle di pantera.