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Psicopatìa.

In un'accezione generale il termine viene usato per indicare qualsiasi disturbo della personalità; in modo più specifico si riferisce a un'anomalia psichiatrica della personalità, studiata per la prima volta nel 1835 da J.C. Prichard e da lui battezzata "follia o imbecillità morale", corrispondente allo "squilibrio mentale" descritto da V. Magnan e alla "predisposizione costituzionale a delinquere" di cui parla C. Lombroso. Il comportamento psicopatico è caratterizzato da gravissimi problemi della sfera morale, senza che ciò comporti necessariamente una subnormalità dell'intelligenza. Molti autori annoverano fra i caratteri discriminanti della p. i seguenti aspetti: assenza di sintomi nevrotici, incapacità di amare e di rapportarsi in modo positivo verso il prossimo, insincerità, mancanza di sensi di colpa o rimorso, antisocialità costante, attribuzione agli altri delle proprie responsabilità. L'assenza di scrupoli morali e l'insensibilità verso i diritti altrui molto spesso sfociano in condotte criminali attuate con totale freddezza e indifferenza verso i codici etico-sociali. Proprio per il suo carattere marcatamente antisociale, la p. viene chiamata da molti studiosi, soprattutto in ambito anglosassone, sociopatia. L'eziologia della p. è ancora pressoché sconosciuta; mentre in passato è prevalsa l'ipotesi organicistica (danni cerebrali, difetti genetici), oggigiorno essa sembra essere divenuta minoritaria rispetto a quella psicogena, anche se quest'ultima trova diverse espressioni a seconda degli autori. Secondo alcuni, infatti, la p., in quanto caratterizzata dalla mancata integrazione dell'affettività durante la prima infanzia, sarebbe da considerare come una forma di psicosi. La scuola freudiana riconduce la p. all'influsso, nella prima infanzia, di una figura materna ambigua e priva di consistenza. La presenza di un Io debole accompagnata da quella di un Super-Io arcaico e di un ideale dell'Io informe sarebbero i tratti caratteristici di tale patologia; a completare il quadro si aggiungerebbe la completa assenza dei meccanismi inconsci responsabili della nevrosi. La psicoanalisi esclude dal trattamento analitico, ossia da un trattamento psicoterapeutico che richiede un certo grado di intelligenza e di sviluppo morale e sociale, coloro che presentano un deficit di coscienza tale da essere definiti psicopatici. Pur non essendo state chiarite le cause della p. essa risulta presente fra le categorie diagnostiche nell'ambito della psichiatria criminale e della medicina legale.