(dal latino medioevale
praeludium, der. di
praeludere: esercitarsi
per una gara che deve ancora verificarasi). Mus. - Introduzione strumentale a un
componimento musicale di qualsiasi tipo e di qualsiasi genere e anche, in alcuni
momenti della storia musicale, componimento autonomo liberamente strutturato.
• Encicl. - L'uso di un
p. auletico o citaristico si trova
già nelle prime composizioni elleniche degli aedi e si mantiene fino
all'età imperiale. Dalle civiltà classiche tale uso passò
nelle pratiche dei templi cristiani, nell'arte trovadorica e nelle intonazioni
con cui l'organista di chiesa avviava voci al canto religioso, il più
delle volte improvvisando. Nel XVI sec. tale intonazione si trasformò in
ampio e meditato componimento organistico, svolto con libertà su elementi
del cantico sacro (G. Gabrieli, A. de Cabezón). Nel Settecento il termine
p. passò talvolta a indicare la prima parte di una
suite,
cioè un brano introduttivo alla fuga, e brani di forma libera per
strumenti a tastiera. Dal tardo Settecento in poi, acquistò autonomia
perdendo il carattere improvvisato e virtuosistico e conservando solo quello di
libertà e varietà formale (
p. di F. Chopin e C. Debussy).
Il
p.-corale luterano per organo (D. Buxtehude, J.S. Bach, J. Brahms)
rappresenta una elaborazione, di stampo polifonico, di una melodia corale.
║ In ambito teatrale, introduzione che, pur senza configurarsi come
ouverture o sinfonia, ha però una sua fisionomia autonoma. Ne
forniscono esempi alcuni operisti dell'Ottocento e in particolare G. Verdi
(
Traviata, Ballo in maschera, Aida) e R. Wagner. ║ Per estens. -
Introduzione, esordio di uno scritto, di un discorso e simili:
il p. del
poema. ║ Segno premonitore, fatto o atto che costituisce l'inizio o il
preannuncio di qualche cosa:
il p. della burrasca.