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Prassìtele.

Scultore greco. Massimo rappresentante della corrente attica del IV sec. a.C., secondo Pausania fu attivo verso il 340 a.C. Pur avendo eseguito qualche opera in bronzo, la sua fama è legata alle sculture in marmo, per le quali introdusse importanti innovazioni, come il progressivo allontanamento dalla stilizzazione del secolo precedente, che raggiunse attenuando i profili netti delle muscolature, e introducendo, mediante il panneggio e le chiome, leggeri chiaroscuri. Il suo ideale estetico è rappresentato da una bellezza giovanile e armoniosa, priva di pathos, resa attraverso un ritmo morbido e sinuoso, un panneggio plastico e l'impiego di una verniciatura trasparente e di leggere velature di colore sugli occhi, le labbra, i drappeggi. Delle sue opere, una quarantina secondo la tradizione, ci è pervenuto un solo originale, l'Ermes di Olimpia, oltre a una decina di copie; per il resto, sopperiscono le monete e le testimonianze letterarie. P. fu attivo principalmente ad Atene, anche se avrebbe lavorato al tempio di Artemide in Asia nel 350 a.C. Fra le sue prime opere si ricordano il Satiro coppiere (370 a.C. circa), originariamente in bronzo, di cui restano copie marmoree ad Anzio e a Torre del Greco: la ferinità del soggetto viene attenuata e ingentilita nei tratti di un efebo. L'Eros di Tespie (copia ne è il torso del Palatino, Museo del Louvre) rappresentò un tipo nuovo per la delicatezza dei tratti. L'opera più celebre di P. è l'Afrodite di Cnido (360 o 340 a.C.), dove, per la prima volta, viene rappresentato il corpo femminile nella sua nudità; per quest'opera, come per molte altre, P. si sarebbe servito dell'etera Frine come modello. Conosciuta in una cinquantina di repliche, la statua spicca per la serenità dei suoi tratti e la linearità delle forme; l'originale, portato a Costantinopoli, finì distrutto in un incendio nel 475 d.C. L'Apollo sauroctono (360 a.C.) rappresenta una fase di maturità dell'artista, per la nuova espressione psicologica, lontana dalla maestà solita delle figure divine: il dio, nell'atto di uccidere con la freccia una lucertola che striscia sull'albero, appare completamente umanizzato. Famoso è anche il Satiro anapauòmeno, (340 a.C.) cioè in riposo, appoggiato a un tronco d'albero, con il volto privo di qualsiasi elemento ferino. Originale è ritenuta la statua raffigurante Ermes con Dioniso, ritrovata a Olimpia: Ermes, mollemente appoggiato a un albero, sorregge il piccolo Dioniso, distraendolo con un oggetto, forse un grappolo d'uva. Autentiche sembrano anche le lastre raffiguranti Apollo e Marsia in lotta, e le Muse, rinvenute a Mantinea. Tra le altre opere attribuite dalle fonti a P.: Dioniso barbuto; Eubuleus, una Tyche di Megara; la Frine dedicata a Delfi (n. Atene inizio IV sec. a.C.). ║ Un P., attivo in Atene all'inizio del III sec. a.C., forse pronipote del precedente, scolpì un ritratto di Nicomaco figlio di Aristotele. Parecchi studiosi gli attribuiscono le basi del monumento di Mantinea.