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Potestà.

(dal latino potestas, der. di potis: che può, potente). Il diritto, giuridicamente riconosciuto, all'attuazione di un potere e delle funzioni ad esso connesse. ║ Sinonimo di potere. ║ Per estens. - La persona stessa che detiene un potere ed è investita da un'autorità. Definizione che, nel Medioevo, indicava il supremo magistrato cittadino, o, con valore collettivo, le autorità comunali. ║ Nell'angelologia dello Pseudo Dionigi Areopagita, le P. sono gli angeli che formano il coro più basso del secondo ordine (Dominazioni, Virtù, P.). • Dir. - Il concetto di p. è lessicalmente controverso: una parte della dottrina definisce la p. come una specie di potere; un'altra la contrappone al potere e le attribuisce il significato che la prima dà a questo. Comunemente la p. appare come un istituto giuridico, in quanto si profila qualificata da una certa funzione (patria p.; p. maritale, giurisdizionale, di governo, ecc.). Secondo l'art. 30 della Costituzione è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli; secondo l'art. 316 del Codice Civile, con modifiche a seguito della L. 19-5-1975, n. 151, entrambi i genitori, e non più solo il padre, sono interessati all'esercizio della p., che deve avvenire di comune accordo, ma, in situazioni di contrasto, ciascun genitore può ricorrere al giudice. Il padre può adottare provvedimenti urgenti in caso di incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio. Il giudice, sentiti entrambi i genitori e il figlio maggiore di 14 anni, suggerisce le risposte utili per il figlio e l'unità familiare o, in caso di continuo contrasto, attribuisce il potere di intervento al genitore che ritiene più idoneo a curare l'interesse del figlio. In caso di lontananza o di altro impedimento della p. da parte di un genitore, questa viene esercitata in modo esclusivo dall'altro. La p. comune dei genitori non viene meno in caso di separazione, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, anche se il figlio viene affidato ad uno di essi (art. 261 Cod. Civ.). I genitori insieme, o quello che esercita in via esclusiva la p., hanno la rappresentanza legale dei figli e ne amministrano i beni. Atti di amministrazione ordinaria possono essere espletati anche disgiuntamente dai genitori. I genitori hanno l'usufrutto dei beni del figlio: i frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia, all'istruzione e all'educazione dei figli. Secondo l'art. 324 Cod. Civ. non sono soggetti ad usufrutto: a) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; b) i beni donati al figlio in funzione della sua carriera, o del suo studio; c) i beni donati con la condizione che i genitori non ne abbiano l'usufrutto; d) i beni spettanti al figlio in seguito ad eredità, legato o donazione.