(dal latino
populatio). Complesso di persone, che vivono in un
determinato territorio, considerate nella loro totalità e consistenza
numerica:
p. urbana. ║ In senso lato, agglomerato umano di varia
grandezza e omogeneità, i cui membri condividono, indipendentemente
dall'esistenza di una comune appartenenza a entità nazionali o etniche,
una o più caratteristiche specifiche:
p. alpine. ║ Per
estens. - Popolo, Nazione. ║ Con accezione generica, gli abitanti di una
zona o regione. ║
P. assoluta: numero totale degli abitanti un
delimitato territorio in un momento dato. ║
P. relativa o
densità di p.: rapporto tra
p. assoluta e l'area del
territorio in esame espressa in chilometri quadrati. ║
Crescita di p.
zero:
locuzione indicante in una
p. equilibrio tra numero di
nascite e numero di morti, calcolato su base annua e all'interno di un
territorio dato (in genere uno Stato). ║
Movimento della p.:
variazione numerica della
p. domiciliata in un dato territorio.
║
P. civile: insieme dei cittadini residenti in territorio
nazionale che, in periodo bellico, non sono attivi nelle forze armate.
║
P. attiva: insieme, su base territoriale, di tutti gli
individui che svolgono direttamente un'attività produttiva o sono in
grado di svolgerla. ║
P. elettorale: insieme dei cittadini aventi
diritto al voto. • Stat. - Insieme di elementi aggregati in base a uno o
più dati comuni che ne determinano l'omogeneità in un periodo
circoscritto o in un momento dato. Ad esempio, per
p. scolastica si
intende l'aggregato di tutti i giovani che frequentano le scuole, dell'obbligo e
secondarie. Dalla
p. statistica nel suo complesso si estrae il campione
da sottoporre a indagine e su cui svolgere le analisi. ║ In demografia,
aggregato stabile di individui, aventi in comune un patrimonio storico e
culturale, e in grado di elaborare un'organizzazione sociale autonoma. Le
variabili principali che definiscono una
p. umana sono: grandezza in
relazione al territorio, densità media, distribuzione in relazione alle
caratteristiche morfologiche dello spazio geografico, composizione per sesso ed
età, tasso annuo di natalità e mortalità, tasso annuo di
crescita o declino. Il territorio stanziale di una
p. ha naturalmente
grande importanza come fattore di coesione, pur esistendo gruppi, come gli
zingari o altri aggregati di tipo diasporico, la cui identità culturale
prescinde dal riferimento geografico. In relazione alla stanzialità, la
p. passibile di rilevazione si distingue in:
residente o
legale, cioè iscritta nelle liste della circoscrizione
amministrativa di riferimento;
presente, cioè avente residenza
legale altrove, ma di fatto domiciliata e operante nel territorio oggetto di
studio. Per quanto riguarda invece la
struttura di una
p., essa si
definisce in base a: sesso, età e dati sociali (stato civile, nucleo
familiare di appartenenza, ecc.). Gli studiosi hanno rilevato come,
affinché una
p. possa organizzarsi secondo un equilibrio naturale
fra sessi e classi d'età, debba sussistere un
minimum numerico,
stabilito in circa 500-600 individui. Il variare delle principali coordinate
demografiche di una
p. (e perciò della sua struttura) è
dunque in rapporto biunivoco con il mutamento complessivo della
p.
stessa. Di norma, sulla base dell'età, si definiscono tre fasce di
p.: giovani (fino ai 16 anni), adulti (dai 16 ai 65) e anziani (dai 65 in
poi). La proporzione che intercorre fra esse è significativa dello stadio
di evoluzione demografica della
p. rilevata (cioè dell'andamento
dei tassi di natalità, mortalità, ecc.), ma anche dei caratteri
locali dello sviluppo sociale e del mercato del lavoro. La fascia centrale per
esempio, cui in genere appartiene la quasi totalità della
p.
attiva, gestisce il mantenimento e la cura delle altre due e si attesta
prevedibilmente intorno al 50-60% del totale. Tuttavia, se il tasso di
natalità sale o diminuisce lentamente (come in molti Paesi dell'Asia o
dell'Africa), il primo gruppo d'età raggiunge proporzioni assai alte,
anche del 50% del totale: questo dato, frequente in Paesi a economia depressa,
è infatti spesso connesso ad alti indici di mortalità e bassa
attesa di vita per i singoli individui. Al contrario, Paesi industrializzati e
sviluppati economicamente, presentano una transazione demografica caratterizzata
da decremento del tasso di natalità e incremento dell'aspettativa di
vita, segnalati dalla crescita proporzionale della fascia d'età degli
anziani rispetto sia alla
p. in generale sia alla fascia mediana.
Inoltre, comunità stanziali in aree a popolamento recente, mostrano in
genere una netta prevalenza percentuale di individui giovani e di sesso
maschile, a fronte di una scarsa presenza di anziani, donne e bambini. La
situazione è inversa nelle aree di spopolamento, dove la
p.
residuale è costituita in prevalenza da anziani e, dunque, anche il tasso
di natalità è molto basso. Al crescere dell'età, inoltre,
nei Paesi sviluppati corrisponde una più alta percentuale di donne, che
godono di una maggior sopravvivenza. La
dinamica demografica di una
p. corrisponde alla sua variazione numerica in un dato periodo,
variazione che, peraltro, incide anche sulla struttura della
p. stessa.
In una
p. chiusa (priva cioè di scambi con gruppi ad essa
esterni), la variazione corrisponde ai soli dati di bilancio tra nascite e
morti; tale eventualità è tuttavia poco più che teorica, in
quanto, seppur in varia misura, in pratica tutte le
p. mondiali sono
aperte. Ciò significa che la variazione di una
p., in un
periodo di tempo finito, è data, oltre che dal saldo naturale, anche da
quello migratorio, cioè dalla risultante dei movimenti di immigrazione ed
emigrazione. È possibile dunque leggere, almeno approssimativamente,
l'andamento di una
p. in un periodo stabilito, secondo l'equazione:
Pf = Pi + (Ni-f -Mi-f) +
(Ii-f - Ei-f), dove la
p. finale è il
risultato della somma algebrica della
p. iniziale con il saldo nati/morti
e immigrati/emigranti del periodo in esame. Nei Paesi sviluppati, il saldo
naturale attualmente si avvicina o coincide con lo zero, perciò le
variazioni numeriche di
p. sono dovute quasi esclusivamente ai fenomeni
migratori, cioè ad eventi di
dinamica orizzontale o di
mobilità.
Essi sono considerati dagli studiosi quali
indicatori significativi (su scala regionale, nazionale o mondiale) dei
mutamenti economici, in quanto dipendenti in buona misura dall'andamento della
produzione e del mercato del lavoro, anche se, naturalmente, i flussi migratori
sono parimenti legati a fenomeni squisitamente socio-ambientali, quali guerre o
carestie. I tassi di natalità e mortalità, come già
accennato sopra, sono ulteriori indicatori del contesto socio-economico, per cui
il tasso di nuovi nati risulta vicino allo zero in Paesi ad economia avanzata,
mentre se ne allontana in quelli a medio o basso reddito. Anche il tasso di
mortalità interna induce elementi di conoscenza assai utili a proposito
della
p. in cui è rilevato, in quanto le cause che limitano la
longevità degli individui sono di tipo sociale non meno che biologico.
Infatti, ove siano applicate continuativamente e diffusamente la medicina
preventiva e terapeutica, tende a ridursi, nelle varie regioni del mondo, le
differenze quantitative relative alla durata di vita media. Tuttavia i dati
raccolti dalle organizzazioni sanitarie su base mondiale indicano che, nelle
regioni del Terzo Mondo, l'aspettativa di vita di un uomo risulta ancora assai
inferiore rispetto a quella attribuita a un cittadino dei Paesi occidentali: per
il primo si toccano appena i 50 anni, mentre per il secondo si superano
ampiamente i 70, sfiorando gli 80. Per quanto riguarda la distribuzione delle
p. nello spazio geografico mondiale (variabile che influisce tanto sul
dato quantitativo e numerico quanto sugli aspetti qualitativi di struttura,
etnia, istruzione, occupazione, reddito, consumi, ecc.), si possono utilizzare
misurazioni assolute o in rapporto alla superficie interessata alla rilevazione.
Si prevede che la
p. mondiale raggiungerà i 6 miliardi e 260
milioni di persone nel 2000 (stima delle Nazioni Unite), mentre l'insieme delle
terre emerse presenta una densità di
p. di 35 ab./kmq: tuttavia in
gran parte dell'Europa questo rapporto è di 100 ab./kmq. Gli studi
demografici si occupano di rilevare (a fini economici, ecologici, sociologici,
ecc.) la concentrazione o dispersione di
p., il grado di
continuità della densità per unità di superficie, la
frequenza di insediamenti abitativi, ecc. Le caratteristiche ambientali
rappresentano ancora, su scala mondiale, la chiave interpretativa più
efficace della distribuzione di
p. nelle aree più densamente
abitate, benché essa non risulti valida per quanto riguarda le grandi
realtà urbane e le megalopoli (soprattutto terzomondiali) in cui si
avvera la tendenza (attestata già nei primi fenomeni di urbanizzazione
della storia umana) delle grandi concentrazioni di crescere su se stesse.
Inoltre, nel XX sec., non sono stati registrati significativi cambiamenti nella
distribuzione geografica delle
p. che, a fronte di una scarsa espansione
verso nuove sedi abitative, sono cresciute ovunque nei luoghi già
occupati. ║
Teorie della p.: il problema dello sviluppo
demografico, in quanto relativo anche alla dimensione politica, economica, etica
e religiosa, è stato avvertito fin dai tempi più antichi, quando
la prosperità numerica di una
p. era insieme frutto e risorsa
della potenza bellica ed economica di un'entità statale. In riferimento a
una consistenza ideale di
p. si cercò di individuare leggi che
permettessero di regolarne lo sviluppo. Se Confucio si rivela ai moderni come
l'antesignano, nell'antica Cina, di un equilibrio armonico tra
p. e
ambiente, in Grecia Platone e Aristotele affermavano i vantaggi di una
p.
stazionaria (in cui la stabilità di tutti i parametri demografici
assicurasse anche la costanza nel tempo della
p. stessa). Per i Romani,
in funzione della politica di espansione, l
'optimum di
p.
coincideva con il
maximum, lasciando in eredità all'epoca
medioevale un assoluto disinteresse per qualsiasi riflessione in ordine al
controllo demografico. Solo con il Rinascimento la questione cominciò a
essere posta in termini di rapporto tra crescita di
p. e conseguenze
economiche. Nel Settecento molti intellettuali, e i mercantilisti in
particolare, adottarono posizioni
popolazioniste, affermando che
l'incremento naturale rappresentasse un fattore di ricchezza: in effetti,
durante il XVIII sec. (quando la disponibilità di più persone in
grado di lavorare era un elemento positivo e determinante), l'aumento di
p.
avviò un processo di crescita generale e il potenziamento delle
capacità produttive, per cui, a una maggiore richiesta di derrate
alimentari si rispose con la bonifica e lo sfruttamento di nuovi territori, con
maggiore mobilità della mano d'opera e innovazioni tecnologiche. Alla
fine del XIX sec., tuttavia, l'economista inglese T.R. Malthus
(V. MALTHUS, THOMAS ROBERT) sostenne la posizione
contraria, cioè la necessità di contenere le nascite, affermando
che la
p. aveva una crescita in progressione geometrica a fronte della
progressione aritmetica della produzione alimentare, disparità che
avrebbe avuto ripercussioni negative sui livelli di sussistenza. A quella
malthusiana seguirono altre teorie ad essa collegate, caratterizzate
dall'applicazione di modelli matematici per l'interpretazione e la proiezione di
scenari demografici futuri e perciò dette "deterministe". Il
Marxismo, invece, individuando la causa dell'indigenza nell'ingiustizia sociale
e non nell'andamento demografico, interpretò l'incremento di una
p. come
acquisizione di forza da parte del suo proletariato e come
tale auspicabile. Il XX sec. vide la diffusione tanto di teorie neomalthusiane
(in prevalenza di matrice ecologista, il cui riferimento concettuale è
l'individuazione del livello di
p. sostenibile da parte dell'ecosistema)
quanto neopopolazioniste, alimentate queste ultime, più che da criteri
scientifici, da timori tutti occidentali di carattere eugenetico e di sicurezza
nazionale. A partire dalla metà del secolo, tuttavia, gli studiosi,
grazie all'analisi di campioni significativi, hanno potuto riconoscere
l'andamento dei tassi di natalità e mortalità come funzione dei
cambiamenti economici e sociali, derivando da ciò alcune proposizioni
generali inerenti le sequenze attestate di sviluppo demografico, utili non solo
a una lettura dell'evoluzione delle
p. umane nei secoli passati, ma anche
a una ragionevole previsione del movimento futuro. Tale modello interpretativo
è detto di
transizione demografica o
del ciclo di vita e
contempla quattro fasi. La prima (propria delle civiltà premoderne)
mostra alti tassi di natalità al fine di bilanciare tassi di
mortalità ugualmente alti e si caratterizza per un basso incremento di
p. (posto che un decremento sufficientemente ingente e continuativo, o
improvviso a causa di eventi quali carestie, guerre, catastrofi, ecc.,
soprattutto a carico di gruppi vicini al
minimum, ne comporta
l'estinzione); la seconda, per effetto del miglioramento delle condizioni
generali di vita, è caratterizzata dall'innalzarsi del tasso di crescita
per il duplice effetto degli indici di mortalità e natalità, basso
il primo e alto il secondo; nella terza fase, concomitante a fenomeni di
urbanizzazione, industrializzazione ed emancipazione culturale, la
p. si
caratterizza per un tasso di crescita generale via via in diminuzione e infine
stazionario, in quanto diminuisce oltre al tasso di mortalità anche
quello di natalità; se non intercorre una ripresa del tasso di
natalità la
p., durante la quarta fase, diminuisce. Il modello, se
applicato ad alcune
p. occidentali, appare verificato ampiamente fino
alla terza fase e, in alcuni casi come in Italia, anche per la quarta. A livello
mondiale, invece, i tassi di crescita esplosivi degli anni Settanta (2,05%) e
Ottanta (1,7%) stanno regredendo, ma il realizzarsi della stazionarietà
è previsto intorno al 2100, a fronte di una
p. mondiale vicina ai
10 miliardi di individui. ║
Movimento della p. umana:
si
calcola che la consistenza numerica di tutte le
p. umane in Età
paleolitica fosse nell'ordine delle decine di migliaia, durante il
Neolitico dei milioni; per le
p. storiche e dell'epoca moderna sono
attestate cifre di centinaia di milioni, mentre l'era industriale ha portato la
p. mondiale a toccare i miliardi di individui. Si stima infatti che, al
principio dell'era cristiana, la
p. mondiale contasse tra i 200 e i 400
milioni di persone e che da tale cifra non si scostasse significativamente per
lungo tempo, dal momento che durante il Medioevo le vicende storiche ed
economiche, le epidemie e le guerre invalidavano in breve qualsiasi evento di
espansione demografica, producendo una sostanziale stagnazione del numero totale
di individui. Al di fuori dell'Europa crebbero le
p. di Cina e Giappone,
e anche quelle africane, che furono però drasticamente ridotte dalla
tratta degli schiavi. Incidenza negativa ebbero anche i genocidi dei popoli
indigeni operati dai conquistatori delle Americhe nei secc. XVI-XVII. Con la
rivoluzione industriale, l'uomo si affrancò dall'automatico ostacolo che
la limitazione delle risorse immediatamente disponibili aveva imposto per secoli
a ogni espansione demografica, inibendo ogni sviluppo significativo della
p.
L'evento dell'industrializzazione innescò una crescita demografica
"esplosiva", cui si associarono interventi efficaci sul fronte medico
sanitario (lotta alle grandi epidemie, diffusa educazione all'igiene, ecc.), che
comportarono nel breve periodo (prima in Europa e poi nel resto del mondo) un
netto eccesso del numero delle nascite su quello delle morti. In 250 anni circa,
la
p. mondiale si moltiplicò per 4, come dimostrano i 600 milioni
di individui stimati al principio del Settecento e i 2 miliardi e mezzo censiti
nel 1950. • Astron. -
P. stellare: insieme costituito da stelle di
natura omogenea, secondo la classificazione introdotta nel 1944 dall'astronomo
statunitense W. Baade, basata sulla loro composizione chimica, che prevede due
categorie principali, a loro volta declinabili in sottoclassi più
dettagliate. Lo studioso definì stelle di
p. I quelle osservate
fino ad allora, e cioè quelle più vicine al Sole e posizionate nel
braccio della nostra galassia a spirale: esse disegnano nel diagramma di
Hertzsprung-Russel (V. HERTZSPRUNG-RUSSEL, DIAGRAMMA DI) due sequenze principali che le identificano come stelle rosse,
giganti rosse e nane bianche (V. STELLA),
mostrando una relazione tra temperatura superficiale, massa e luminosità
assoluta. Utilizzando un diagramma analogo per studiare e posizionare le stelle
del nucleo della galassia di Andromeda, Baade scoprì una distribuzione
diversa e chiamò
p. II i corpi da lui osservati. La sua
classificazione pone in relazione inversa l'età stellare con l'abbondanza
di metalli pesanti tra gli elementi costitutivi del nucleo, dal momento che al
crescere dell'età di formazione di una stella diminuisce la
quantità di metalli e viceversa. Infatti, nel diagramma di Baade la
sequenza principale non presenta giganti blu, che sono appunto stelle di
recentissima formazione, mentre comprende stelle rosse e giganti rosse, che sono
più antiche. Tale relazione è sostenuta anche dalla localizzazione
nelle galassie dei corpi stellari appartenenti alle due
p.: nelle braccia
delle galassie spiraliformi, ricche di gas interstellari e nebulose che
concorrono alla formazione di nuove stelle, si incontrano stelle di
p. I;
nel nucleo e negli ammassi galattici poveri di gas interstellari sono presenti
stelle di
p. II. Tale distribuzione è stata confermata per tutte
le galassie a spirale studiate, mentre nelle galassie ellittiche sono state
rilevate per ora solo stelle di
p. II. • Biol. - Insieme di
individui (sia animali sia vegetali) di una specie determinata, in varia misura
isolati dagli altri individui appartenenti alla medesima specie e abitanti una
regione definita. Le caratteristiche ambientali del territorio occupato da una
p. biologica possono influire significativamente sulla
p. stessa
(fa in parte eccezione la specie umana per la grande capacità di
apportare modifiche all'ambiente circostante secondo le proprie
necessità). ║
P. mendeliana: definizione del modello teorico
applicato alle
p. naturali, costituito dall'insieme degli individui che
si riproducono tra loro sessualmente (esclusi cioè gli organismi che si
riproducono per via agamica, autofecondazione e partenogenesi) secondo un
incrocio casuale che permetta una libera circolazione dei geni. L'unità
di
p. mendeliana più vasta è la
specie (che infatti
si definisce come un gruppo di individui in grado di riprodursi tra loro).
L'utilità di tale modello è massima negli studi dei fenomeni
microevolutivi, attinenti cioè alle variazioni delle frequenze geniche,
ai polimorfismi, alle speciazioni, ecc. La genetica è infatti la
disciplina maggiormente applicata alle
p. biologiche (seguita da
statistica ed ecologia), in quanto consente indagini sui rapporti tra variazioni
genetiche e parametri demografici, sulla selezione naturale, sulle modificazioni
indotte dall'ambiente e sulle prospettive evolutive e quantitative della
p.
esaminata. All'inizio del XX sec. alcuni studiosi avviarono infatti alcune
ricerche da cui ebbe origine la
genetica di p., quale branca disciplinare
atta allo studio della cinetica dei geni non più solo a livello di
scambio tra individui, ma all'interno di grandi aggregati. • Fis. -
P.
elettronica: totale complessivo degli elettroni presenti in un dato sistema
e in determinate condizioni. • Dir. internaz. - La IV Convenzione di
Ginevra firmata nel 1949 (su stimolo delle gravi sofferenze e delle drammatiche
perdite subite dai civili durante la seconda guerra mondiale) e il protocollo ad
essa addizionato nel 1977 esprimono la massima competenza in tema di tutela
della
p. civile dagli effetti della guerra. Tali documenti stabiliscono
le norme generali cui sono tenuti i belligeranti nel trattamento della
p.
residente in territori occupati, impongono la garanzia dei diritti fondamentali
dei cittadini, limitano i poteri dell'occupante, distinguono tra obiettivi
militari e civili e fanno divieto di effettuare azioni belliche contro questi
ultimi. Inoltre, introducono l'obbligo al rispetto di donne, bambini e categorie
deboli, obbligo di soddisfare i primari bisogni di sopravvivenza della
p.
e divieto di distruggere i beni indispensabili alla sua sussistenza. Il
protocollo, infine, istituisce la responsabilità penale personale per
crimini perpetrati contro la
p. civile.