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Policromìa.

Molteplicità, varietà di colori. ║ Il peculiare effetto ottico prodotto da una superficie provvista di più colori oppure da una serie di oggetti di diversi colori. ║ L'impiego di vari colori nella decorazione di opere di scultura o di architettura. • Graf. - Particolare stampa a colori attuata attraverso l'uso dei tre colori fondamentali e del nero. • Arte - L'architettura antica mostra un vasto impiego della p., ottenuta sia mediante l'accostamento di materiali di diverso colore, sia con rivestimenti dipinti, sia infine attraverso la decorazione diretta dei materiali da costruzione. In Egitto le membrature architettoniche e i bassorilievi vennero dipinti con vari colori, in Mesopotamia e in Persia, invece, i muri furono rivestiti di mattoni coperti di smalti vivaci. Nel mondo greco riccamente policrome furono sia l'architettura minoica sia quella micenea, in cui si faceva uso di lastre di gesso, marmi dalle sfumature rosse e verdastre, fregi realizzati con una particolare pasta vitrea e intonaci dipinti. Effetti policromi si ottenevano nel tempio greco arcaico mediante l'applicazione di decorazioni fittili o attraverso la pittura delle pareti di pietra. Similmente, le parti in legno del tempio etrusco italico venivano ricoperte di terrecotte colorate. La p. fu una caratteristica anche del periodo classico, in cui l'architettura greca mostrò negli elementi della trabeazione e della decorazione l'impiego di colori quali il rosso e l'azzurro, oppure applicazioni metalliche o dorature. L'architettura romana fece un uso più limitato della p. artificiale, che apparve soltanto nell'impiego di stucchi policromi con cui erano rivestiti mattoni e pareti. Ampio fu invece l'uso di materiali caratterizzati da vivaci colori, come marmi, pomici, mattoni e pietre colorate, con cui in età antoniniana si realizzavano anche mosaici parietali. Nei periodi paleocristiano e medioevale la p. fu ancora presente in ambito architettonico, in cui l'impiego di materiali dai colori molteplici si riscontra sia in elementi strutturali sia nei rivestimenti di superfici murarie o di pavimenti. Tra gli esempi più alti di decorazione policroma degli interni spicca la chiesa di San Vitale a Ravenna dove, alle caratteristiche cromatiche dei materiali, sono affiancate le decorazioni pittorica o musiva, ornamentale o figurativa. Effetti policromi negli esterni, invece, apparvero nell'architettura merovingia e carolingia, di cui significativi esempi si scorgono rispettivamente nel battistero di St.-Jean a Poitiers e nel Torhalle di Lorsch. A partire dal IX sec. la p. trovò ampia espressione nel mondo bizantino, in cui l'esterno dei monumenti è caratterizzato per lo più dal gioco della dicromia di marmo o pietra da un lato, e laterizio dall'altro. L'architettura islamica, da parte sua, ricercò raramente effetti di p. mediante il contrasto tra i materiali pietrosi bianchi e rossi oppure bianchi e neri. In età romanica frequente fu l'uso della dicromia nei paramenti murari, evidente nella decorazione a fasce orizzontali o a motivi geometrici tipica di monumenti quali il duomo di Pisa, il duomo di Orvieto o il battistero di Firenze. Nel XIV sec., sia in Francia sia in Italia si assistette alla coloritura degli incarnati anche delle statue d'oro. Nel XVI sec. è documentato l'uso di marmi policromi e bronzo. Rilievi di marmo vennero spesso campiti d'azzurro e lumeggiati d'oro, come nel caso della facciata di San Bernardino a Perugia o nel tempio malatestiano di Rimini. A differenza delle statue in marmo, in questo periodo storico le statue in legno o in terracotta vennero arricchite di vari colori. Ruolo fondamentale gioca la p. nelle terrecotte invetriate di artisti come Luca della Robbia e di suoi allievi e imitatori. Con la fine del XIX sec., e il definirsi delle caratteristiche del Liberty nelle sue molteplici manifestazioni, l'arte propose una sostanziale commistione di materiali diversificati, con una particolare predilezione per un repertorio figurativo geometrico-floreale. In seguito, la p. venne riportata alle antiche campiture di colori fondamentali dal gruppo facente capo alla rivista “De Stijl”, mentre Le Corbusier ne teorizzava l'impiego su scala urbana, con l'idea di piani di colore negli esterni delle unità architettoniche. Anche nelle manifestazioni “pop” del secondo dopoguerra o, più tardi, nell'architettura postmoderna, la p. trovò applicazione su scala urbana. ║ Nell'ambito della scultura, la p. appare come un tratto tipico dell'arte primitiva. Largamente impiegata fu infatti nelle opere scultoree egizie, sia in legno, sia in calcare sia in pietra dura levigata, materiali tutti dipinti con colori minerali. Policrome, inoltre, furono la scultura mesopotamica e persiana, insieme a quella greca, in cui il passaggio dall'arte arcaica a quella ellenistica segnò un progressivo attenuarsi dei toni dei colori. Dall'impiego dei rossi e degli azzurri iniziali, infatti, l'arte greca mosse verso effetti policromi più lievi, ottenuti ad esempio con il ricorso a fondi scuri nei rilievi e toni chiari per le figure. La tecnica criselefantina era fondata su rapporti di colore; effetti policromi si cercavano nei bronzi, in cui spesso si utilizzavano materiali come smalti, avorio, rame ageminato o pasta vitrea per colorare particolari quali gli occhi, le ciglia o le labbra. Una p. vivace e totale, invece, durò a lungo nella scultura etrusca. Anche l'arte romana impiegò la p. nella scultura, in particolare facendo uso di vivaci colori nei dettagli delle teste o nei panneggi delle vesti, ma anche nella tecnica decorativa di oggetti di vetro e dei sarcofagi. Nel XVI sec. tornò, nella statuaria e nella decorazione barocca degli interni, l'uso di accostare marmi di diverso colore, tecnica pienamente rispondente al gusto per la ricchezza cromatica tipico di questo periodo. Nell'ambito della scultura spagnola barocca la p. giunse a effetti di illusione realistica. L'arte neoclassica, con riferimento alla supposta e falsa acromia dell'arte greca classica, limitò notevolmente l'impiego della p. in scultura. Nel corso del secolo successivo si delinearono nuove associazioni di colori e l'affermarsi di tinte nuove, come l'accostamento del bianco e dell'azzurro (ceramica di Wedgwood), l'introduzione del “rosso pompeiano”.