Magistratura succeduta al consolato nei Comuni dell'Italia centro-settentrionale
tra gli ultimi decenni del XII sec. e i primi del XIII sec. • Encicl. -
Diffusasi in momenti e in modi diversi nei vari luoghi, spesso non
sostituì in modo radicale l'istituto precedente: talvolta, infatti,
consolato e podesteria si alternarono, a volte si trovarono a coesistere. Solo
verso la metà del XII sec. si assistette a una stabilizzazione della
nuova magistratura, le cui origini storiche non risultano molto chiare; sembra
che in alcune città fosse sorta come evoluzione dell'istituto del
consolato, mentre in altre si fosse definita come creazione assolutamente nuova,
modellata sugli antichi esempi della dittatura romana o del baiuolo meridionale.
Nei secc. XIII-XIV, l'istituto era caratterizzato da alcuni elementi costanti:
l'unicità; la temporaneità della carica (che variò, in
genere, da due anni a un semestre); la cittadinanza forestiera del
p.;
l'elettività, la responsabilità. La nomina del
p., inoltre,
attraversò fasi storiche diverse: dapprima probabilmente il
p. fu
designato dal predecessore, più tardi fu invece acclamato dall'arengo
oppure nominato dal consiglio maggiore o da un collegio di uffici comunali
assistiti da
sapientes. Il
p. era nella maggior parte dei casi
nobile, o comunque di posizione sociale eminente, uomo d'armi o giurista, e
aveva l'obbligo di costituire la propria
curia e
familia (giudici,
notai,
milites, ecc.) con elementi forestieri, che conduceva con
sé e pagava personalmente. Il passaggio dei poteri al
p. era
segnato con il suo ingresso solenne in città e con la cerimonia della
consegna del bastone. Egli, insieme a tutti i collaboratori e dipendenti,
formulava il proprio giuramento, a cui seguiva il giuramento di fedeltà e
sudditanza (
sequimentum) che il
p. riceveva da parte dei consigli
presenti nella città, degli ufficiali e del popolo intero. La funzione
principale del
p. era quella giudiziaria, esercitata direttamente o
attraverso giudici delegati: il
p. era dunque il supremo organo esecutivo
del Comune, con attribuzioni che corrispondevano sostanzialmente ai poteri
precedentemente esercitati dal conte, cui il Comune si era sostituito. Quando la
carica giungeva al termine, il
p. e i suoi giudici avevano l'obbligo di
rimanere in città per essere sottoposti al giudizio di un sindacato.
║ Con il nome di
p. furono anche indicati capi di fazione, capi di
corpi di mercanti o di artigiani e, più tardi, capi di amministrazioni
locali privi di giurisdizione. ║ Negli anni del regime fascista, capo
dell'amministrazione comunale. A differenza della precedente figura del sindaco,
la cui nomina avveniva in base al principio della rappresentanza elettiva degli
organi comunali, il
p. era di nomina governativa e raccoglieva in
sé tutte le funzioni fino ad allora attribuite al sindaco, alla giunta
municipale e al consiglio comunale, realizzando così il principio di
concentrazione dell'autorità su cui si fondava la concezione fascista
dello Stato. Tale istituto venne abolito con il D.L. 7-1-1946, n. 111, che
affidava nuovamente al sindaco il ruolo di capo dell'amministrazione comunale.
║ Fig. -
Fare come il p. di Sinigaglia: frase proverbiale, con cui
si intende dire, specialmente in rimprovero verso chi ha frainteso o eseguito
male un nostro ordine, quanto sia meglio fare da sé piuttosto che
affidarsi ad altri.