Commediografo latino. È il primo autore latino di cui ci sia pervenuta in gran parte l'opera.
La tradizione riporta il nome di
M. Accius, con l'evidente riferimento
alla celebre maschera dell'atellana (
Maccus); i filologi sono per altro
concordi sulla forma
T. Maccius. Le notizie biografiche che lo riguardano
sono scarse: in giovane età avrebbe svolto il mestiere di attore e
regista in una compagnia di comici; secondo una leggenda, in seguito a
speculazioni commerciali sbagliate, avrebbe perso tutto il denaro accumulato
come commediante riducendosi a guadagnarsi la vita girando la macina di un
mulino. Le sue prime commedie sarebbero state composte negli intervalli del suo
faticoso lavoro; i primi titoli tramandatici sono
Saturio (L'uomo
satollo) e
Addictus (Lo schiavo per debiti). Queste prime opere gli
avrebbero procurato subito fama e favore del pubblico, tanto da fare di lui
l'autore latino più popolare in assoluto. A
P. vennero attribuite
dopo la sua morte 130 commedie, molte delle quali opera di seguaci e imitatori;
Varrone Reatino, erudito dell'età di Cesare, ne individuò 90
sicuramente spurie, 19 di dubbia autenticità e 21 sicuramente plautine
(le cosiddette "varroniane"), assicurandone in tal modo la
trascrizione e conservazione attraverso i secoli. I titoli di quelle giunte fino
a noi, pressoché integre, salvo alcune lacunose sono:
Amphitruo
(lacunosa),
Asinaria, Aulularia (incompleta),
Captivi, Curculio,
Casina, Cistellaria (incompleta),
Epidicus, Bacchides, Mostellaria,
Menaechmi, Miles gloriosus (205 a.C.),
Mercator, Pseudolus (191
a.C.)
, Poenulus, Persa, Rudens, Stichus (200 a.C.)
, Trinummus,
Truculentus, Vidularia (frammentaria). I soggetti delle sue commedie sono
desunti da autori della Commedia Nuova greca (Menandro, Difilo, Filemone), con
una predilezione per i soggetti ricchi di intrighi, beffe, equivoci, a scapito
di motivi intimistici, e in ogni caso con una grande libertà nel trattare
il suo modello. L'espressione a lui attribuita di volgere in latino
(
vortere barbare) le opere degli autori greci si concretizza in
una fittizia trasposizione ambientale, senza una riproduzione realistica di
ambienti e costumi, bensì con frequenti e comici riferimenti ad
istituzioni, usi e costumi romani. È evitato qualunque impegno sul piano
politico, in favore di un'atmosfera gioiosa, parodistica e disinibita. I
protagonisti delle sue commedie sono servi astuti, giovani innamorati,
cortigiane, padri burberi, ecc., con il ricorrere di elementi convenzionali come
l'astuzia, la paura delle botte, l'amore per i piaceri materiali. Nel mondo da
lui rappresentato i rapporti fra gli uomini sono basati sull'inganno e sulla
frode, (
homo homini lupus, secondo il suo stesso detto), mentre i
sentimenti sinceri sono trattati in maniera parodistica; allo stesso modo le
sentenze, che abbondano in
P., non hanno intento moralistico,
bensì conservano la funzione di parodiare la sentenziosità
caratteristica del teatro comico greco. Rispetto al modello greco,
P.
abolì il coro e introdusse una grande varietà di metri diversi; la
sua originalità si manifesta, tuttavia, nell'impiego di un linguaggio
estremamente ricco e composito, fatto di neologismi e doppisensi, una miscela di
vocaboli solenni e del parlato comune, senza mai scadere nella volgarità,
in effetti creando un linguaggio letterario originale. Tutti gli autori latini a
lui posteriori, eccetto Orazio e Quintiliano, espressero giudizi ammirativi
sulla sua arte; nel Rinascimento il teatro plautino determinò la nascita
della commedia moderna; alcuni suoi tipi, come quello del soldato spaccone,
ebbero vita duratura nella commedia dell'arte (Sarsina, Umbria 250 a.C. circa -
forse Roma 184 a.C.).