Scrittore greco. Le notizie sulla sua vita si ricavano principalmente dalle sue
opere. Figlio di Autobulo e appartenente a una nobile famiglia della Beozia,
studiò ad Atene, come discepolo del filosofo platonico Ammonio nel 66;
viaggiò in Egitto, in Asia Minore, in Italia meridionale e a Roma, dove
soggiornò a più riprese, tenendo lezioni di argomento filosofico e
politico e stringendo amicizia con importanti personaggi, fra cui il console Q.
Sosio Senecione, cui sono dedicati alcuni suoi scritti. Dopo aver ricoperto la
carica di procuratore d'Acaia sotto Adriano, esercitò nella sua patria,
Cheronea, i più alti uffici pubblici. Dal 95 venne eletto sacerdote del
santuario di Apollo a Delfi; rimase nel collegio sacerdotale per 20 anni. A
Cheronea fondò una scuola privata, dedicandosi all'educazione dei propri
figli e di altri giovani. Alla sua morte i suoi concittadini gli eressero un
monumento, come testimonianza dei meriti che lo scrittore si era guadagnato in
patria. Vastissima è la produzione di
P., e la grande fama che
egli acquisì presso i suoi contemporanei fece sì che ben poche
delle sue opere andassero perdute. Il
corpus plutarcheo, come riportato
dal cosiddetto
Catalogo di Lampria (III-IV sec.) è costituito da
227 scritti, a cui vanno aggiunti altri pervenuti o testimoniati da frammenti,
per un totale di 260 titoli, compresi alcuni scritti apocrifi. Già dal
Medioevo essi vennero divisi in due grandi sezioni:
Moralia, 78 opere di
carattere filosofico-morale, su argomenti molto diversi, in forma di dialogo o
di dissertazione;
Vite parallele, 50 biografie di famosi personaggi
storici e politici. Il titolo
Moralia appare riduttivo, in quanto solo
alcuni scritti riguardano problemi di ordine etico-filosofico. Altri si occupano
di pedagogia e di storia. Le opere di carattere filosofico in particolare
rivelano la formazione platonica del pensiero di
P.; significativo
è il suo atteggiamento polemico verso gli stoici e soprattutto gli
epicurei. Le
Vite, dette "parallele" perché 46 biografie
sono ordinate in coppie comprendenti un personaggio greco e uno romano (quattro
sono raccolte in un'unica narrazione), riguardano eroi e personaggi storici del
mondo greco e romano dall'età mitica fino all'epoca immediatamente
precedente quella di
P. (V. VITE PARALLELE). Un giudizio comparativo, che intende sottolineare
affinità e differenze fra i due personaggi, segue di norma le biografie.
Talora la somiglianza fra i due è evidente, altre volte l'accostamento
risulta piuttosto artificioso; lo schema comparativo risponde comunque alla
convinzione di una profonda unità del mondo classico, di cui ellenismo e
romanità rappresentano due aspetti complementari. La novità di
P., rispetto, ad esempio, alle
Vite di C. Nepote, consiste
nell'accentuare, attraverso la giustapposizione dei due personaggi,
l'integrazione delle due culture nell'Impero romano. L'opera, per la sua
ampiezza, finisce per essere una sorta di storia universale, anche se non
organicamente sviluppata, il cui intento, però, come sottolinea lo stesso
P., dicendo di voler scrivere "vite", non "storie",
è retorico-moralista: mostrare l'esemplarità di queste vite in
quanto suscitatrici di imitazione ed emulazione. Le vicende storiche altro non
sono se non lo sfondo su cui campeggia l'individualità dell'uomo,
mostrato attraverso le sue virtù, l'amor di patria, la devozione al
dovere, la lealtà, il coraggio, ma anche attraverso le sue debolezze che
lo rivelano nella sua umanità, e lo fanno meritevole di ammirazione
perché capace di elevarsi a una ideale grandezza. Rinnovando la
tradizione biografica,
P. presenta la vita come conquista di una
perfezione, secondo le possibilità di ciascuno. La sua concezione della
storia, che rivela anche l'influsso della tragedia, si evidenzia continuamente
in un drammatico confronto fra la necessità del destino che sta per
compiersi e l'eroe che, pur intuendolo, non può sottrarvisi. Idealizzando
i caratteri e le passioni umane secondo le categorie tradizionali dei filosofi e
dei retori,
P. insiste nella drammatica rappresentazione di eroi
abbattuti dalla fortuna, ma indomiti nell'animo sino alla morte, privilegiando
la rappresentazione di tratti umani e personali più che il racconto delle
azioni e delle gesta da loro compiute. La fortuna di
P., che sovrappone
alle sue fonti (Sallustio, Livio, Polibio, Dionigi di Alicarnasso per le vite
romane, Erodoto, Tucidide, Senofonte, Teopompo, per quelle greche) la propria
concezione storico-filosofica, è testimoniata a partire dall'età
umanistica, quando fu considerato maestro di vita e di virtù civili, per
la sua esaltazione dell'etica dell'onore e della magnanimità. Ai grandi
eroi plutarchei si ispirarono Shakespeare, Montaigne, Rousseau, Alfieri,
Schiller (Cheronea 46 circa - 127 circa).