Filosofo e scienziato greco. Scarse e frammentarie e spesso deformate da
leggende posteriori sono le notizie giunteci sulla sua vita e sul suo pensiero,
tanto che appare arduo distinguere
P. dai pitagorici, non avendo egli
lasciato niente di scritto. Già poco dopo la sua morte,
P. aveva
perduto, nella rappresentazione dei discepoli, i caratteri umani, e veniva
considerato e venerato come un dio. Secondo la tradizione nacque a Samo; scolaro
di Anassimandro, sarebbe poi venuto in contatto con la sapienza egizia e il
misticismo orientale. A lui viene attribuito il conio dell'espressione
"filosofia", desiderio di sapere. Da Samo, per dissidi con il tiranno
Policrate, sarebbe emigrato in Magna Grecia, stabilendosi a Crotone (532 a.C.).
Qui fondò una setta iniziatica che ebbe presto grande successo,
acquisendo anche un notevole potere politico, tanto da provocare una violenta
rivolta dell'opposizione che sembra abbia assaltato l'edificio della scuola e
ucciso i suoi più importanti membri.
P. si sarebbe a stento
salvato, trovando poi rifugio a Taranto e in seguito a Metaponto, dove sarebbe
morto. La setta aristocratica che si raccolse a Crotone attorno a
P. era
al tempo stesso un'associazione religiosa (la casa di
P. dove avvenivano
le riunioni venne presto considerata un tempio), i cui adepti ricevevano la
rivelazione del sapere del maestro ed erano vincolati al segreto intorno alle
dottrine più importanti, un centro di studi matematici, e un potente
gruppo politico aristocratico e conservatore, la cui influenza si esercitava in
larghe zone della Magna Grecia. La vita dei membri di tale comunità era
regolata da rigidi precetti di natura etica o semplicemente ritualistica, in
parte derivati da tabù d'ordine religioso. Erano prescritti la
comunità di vita e di beni, la regola del silenzio e del segreto sugli
insegnamenti del maestro, un regime dietetico basato su regole mediche di
purgazione e regole ascetiche di astinenza, mirante a purificare il corpo. I
novizi dovevano solo
tacere e
ascoltare; solo in un secondo
momento potevano porre domande su musica, aritmetica, geometria; da ultimo
passavano allo studio della natura e del cosmo. Il maestro parlava nascosto da
una tenda, a significare la separazione fra il sapere e la persona che lo
comunicava. Il più rigoroso segreto doveva essere mantenuto sulle
dottrine pitagoriche:
P. stesso non scrisse libri, ma trasmise il suo
insegnamento per via orale. Falsificazioni di epoca cristiana sono i
Tre
libri e i
Versi aurei attribuiti a
P. È difficile
determinare quanto delle dottrine pitagoriche risalga al maestro e quanto invece
sia frutto di elaborazione posteriore; l'unico elemento sul quale concordano
tutte le fonti riguarda la dottrina della metempsicosi, attinta presumibilmente
dall'Orfismo. L'anima, la cui natura è divina ed eterna, preesiste al
corpo e continua a sussistere anche dopo di esso. La sua unione a un corpo
è una punizione di un'oscura colpa originaria ed è, insieme,
espiazione di tale colpa, attraverso la reincarnazione in animali via via
inferiori; l'unico modo per sottrarsi a questo destino è condurre una
vita terrena per quanto possibile libera da impurità, una vita che trovi
nella scienza, intesa come conoscenza del divino, del cosmo, la via della
purificazione. Varie testimonianze sostengono che
P. fu il primo a
comprendere la validità generale del teorema che porta il suo nome. Nel
suo pensiero sono fuse insieme due componenti, quella mistico-religiosa e quella
razionalistica. L'indagine razionalistica prende con
P. una strada
matematica, sulla base di alcune osservazioni empiriche, quali quelle effettuate
sulla natura e la genesi dei suoni; le qualità e i rapporti degli accordi
musicali sono esprimibili e sostituibili con numeri, tant'è vero che
quando i martelli battono sull'incudine, l'altezza dei loro suoni (un numero)
varia in proporzione al loro peso (un altro numero). Partendo da questo e da
altri casi analoghi,
P. finì per asserire che in ogni singola cosa
e quindi nell'universo intero c'è una proporzione, una misura, un numero:
il numero di una cosa viene così ad essere la parte fondamentale della
cosa stessa, la sua divina essenza. Questo è il significato originario da
attribuire alla testimonianza di Aristotele, secondo il quale i pitagorici
dicevano che le cose stesse sono numeri. Il numero non era visto nella sua
astrattezza, ma studiato nella sua essenza concreta e nel suo "potere"
reale, a tal punto da avere o da acquistare valore magico. La formula "le
cose sono numeri" significa, in secondo luogo, che ogni materia è
composta di punti materiali, di piccola, ma non nulla, grandezza; dalla
figurazione di questi punti, tra loro identici, qualitativamente indifferenti,
dipendono tutte le proprietà e differenze apparenti dei corpi. La
scoperta di una corrispondenza fra un certo ordine di fenomeni qualitativi e un
processo quantitativo pone le basi della fisica matematica (Samo 570 a.C. -
Metaponto 497 a.C). ║
Teorema di P.: fondamentale teorema della
geometria euclidea piana, che si enuncia nel seguente modo: in un triangolo
rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma
dei quadrati costruiti sui cateti. La tradizione attribuisce a
P. una
dimostrazione generale del teorema che, però, non ci è pervenuta;
nel
Menone di Platone si trova una prova intuitiva, mentre la
dimostrazione rigorosa, basata sull'equivalenza, è data negli
Elementi di Euclide. Il teorema di
P. è invertibile: se in
un triangolo la somma dei quadrati costruiti su due lati è equivalente al
quadrato costruito sul terzo lato, allora esso è rettangolo, e il terzo
lato è l'ipotenusa. Vi sono diverse generalizzazioni del teorema di
P.: ricordiamo, in particolare, il
teorema di Carnot, valido per
qualsiasi triangolo, e l'estensione del teorema al caso tridimensionale.