Uomo politico ateniese. La tradizione biografica si intreccia con quella
leggendaria. Figlio di Ippocrate, appartenente alla stirpe dei Filaidi, si
segnalò come polemarco dell'esercito ateniese durante una guerra contro
Megara, riportando la vittoria che consentì ad Atene di impadronirsi
dell'isola di Salamina e del porto di Nisea (565 a.C.).
P. capeggiava la
fazione più popolare e aggressiva della cittadinanza ateniese, il partito
dei diacri, che riuniva gli abitanti della zona più montuosa
dell'interno, i quali reclamavano quella ridistribuzione delle terre che non
avevano ottenuto da Solone. La riforma soloniana, infatti, che aveva organizzato
lo Stato e attribuito le funzioni di Governo su base censitaria, aveva avuto il
pieno appoggio soltanto dei commercianti e dei ceti imprenditoriali
(
paralii), generando malcontento nell'aristocrazia (
pediei),
così come fra gli operai e i contadini dei monti (
diacri). Forte
dell'appoggio della sua parte,
P., comprendendo che solo l'assunzione
della plebe rurale nell'organizzazione politica poteva assicurare la pace
sociale, mirò a impadronirsi del Governo della città per
ricondurre l'ordine nella vita politica dello Stato, e avviare Atene verso una
politica estera di maggior prestigio e potenza. Denunciando insidie dei suoi
avversari, si fece concedere dall'Assemblea popolare una guardia armata
personale di 50 mazzieri, grazie alla quale riuscì a occupare l'Acropoli,
assumendo così il supremo potere (561 a.C.). Il suo rivoluzionario
programma politico provocò il riavvicinamento e l'alleanza dei pediei con
i paralii, finché l'alcmeonide Megacle, capo del partito dei commercianti
e degli artigiani della costa, non riuscì a esiliare
P. (556
a.C.). Precipitata la situazione politica ateniese, anche a causa della
riconquista di Salamina da parte di Megara, con l'appoggio di truppe mercenarie,
P. sbarcò a Maratona e, sconfitti gli avversari a Pallene (546
a.C.), divenne signore assoluto di Atene, conservando il potere fino alla morte.
Nonostante l'appellativo di "tiranno",
P. non abolì le
istituzioni di Solone, ma stabilì un limite alla proprietà
fondiaria, distribuendo le eccedenze dei latifondi agli agricoltori poveri,
trasformandoli così in soggetti politici in grado di partecipare in un
certo grado al Governo. Promosse lavori di utilità pubblica e di
abbellimento cittadino (restauro dell'Ecatompedo sull'Acropoli; costruzione
dell'Olimpieio, della fontana Enneacruno, del ginnasio del Liceo); favorì
l'ingresso di nuove dottrine religiose, come l'Orfismo. In politica estera,
riconquistata Salamina, stabilì il predominio ateniese su Delo, centro
sacro degli Ioni nelle Cicladi, e sottoscrisse un'alleanza con Policrate di Samo
e il re di Lidia. Sotto il suo Governo venne intrapresa una decisa politica
coloniale, con la conquista del promontorio di Sigeo e del Chersoneso tracico. A
P. vanno ascritte alcune innovazioni nella Costituzione di Atene:
l'Attica venne suddivisa in 48 regioni chiamate
naucrarie, ciascuna delle
quali doveva fornire i mezzi necessari all'armamento di una nave, attraverso
l'applicazione di un'imposta del 5% sui proventi: venne così a formarsi
il primo nucleo dell'armata militare ateniese. Venne creato da
P. un
ristretto corpo di ufficiali superiori (
strateghi) alle sue dirette
dipendenze; all'esercito cittadino venne aggiunta una formazione di mercenari
sciiti, incaricati dei servizi di polizia. Politicamente mite e tollerante,
anche secondo i giudizi espressi da Tucidide e Aristotele, il Governo di
P. favorì di fatto il progresso economico e il benessere materiale
dei cittadini, tanto che non vi fu opposizione a che alla sua morte gli
succedesse il figlio Ippia (600 a.C. circa - 528 o 527 a.C.).